Archive for Aprile, 2017

“L’invasione è organizzata”. Si svegliano anche i pm

sabato, Aprile 29th, 2017
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Sbarchi, la sinistra affonda in un mare di menzogne

sabato, Aprile 29th, 2017
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Amazon accusata di aver evaso tasse per 130 milioni

sabato, Aprile 29th, 2017

di EMILIO RANDACIO

MILANO – Dopo Apple e Google, la Guardia di Finanza ha accertato una presunta evasione fiscale a carico del colosso dell’e-commerce Usa, Amazon. Nel quinquennio fino al 2014, su un giro di affari da 2,5 miliardi di euro, Amazon, che come sede legale fino al 2015 aveva il Lussemburgo, è accusata di aver evaso tasse in Italia per circa 130 milioni. La somma risulta inferiore rispetto a quanto contestato alle altre due società – Google ed Apple – semplicemente perché i margini di guadagno sulle vendite, sono inferiori. La società a marzo dello scorso anno è finita anche nel mirino della procura di Milano, guidata da Francesco Greco. Proprio ieri sera il gruppo ha comunicato i dati trimestrali: nei primi tre mesi dell’anno gli utili si sono attestati a quota 724 milioni di dollari, in rialzo del 41% dai 513 milioni di dollari dello stesso periodo del 2016. Dopo aver chiuso la decima seduta record del 2017, ieri Amazon ha raggiunto un nuovo massimo nel dopo mercato a Wall Street successivamente alla pubblicazione dei dati superiori alle attese degli analisti. (altro…)

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Papa Francesco in Egitto: “Populismi sconcertanti. C’è bisogno di costruttori di pace”

sabato, Aprile 29th, 2017

di KATIA RICCARDI

IL CAIRO – È arrivato con un messaggio di pace, papa Francesco, al Cairo. Per le strade sfilano furgoni dell’esercito e soldati. Molti hanno il volto coperto e si notano al Cairo sul viale El-Orouba, quello lungo il quale è passata la Fiat tipo di Bergoglio dopo aver lasciato l’aeroporto.

Il dispiegamento di mezzi per il trasporto truppe, tra camionette della polizia e mezzi della “sicurezza centrale”, c’è anche sul prolungamento del vialone, la Salah Salem Street, e al ponte del “6 ottobre” sul Nilo spicca un blindato con mitragliatrice pesante. Quasi tutte le vie di accesso al viale El-Orouba sono bloccate. Ma dal finestrino dell’auto Francesco legge anche i cartelli colorati delle persone: “Welcome Pope Francis”, “Papa di pace nell’Egitto di pace”, e sente la gioia particolare di un milione di lavoratori di Sharm el Sheik in festa.

TUTTI I VIAGGI DEL PAPA

Il Papa è atterrato puntuale, alle 14. È il secondo Pontefice a visitare l’Egitto, dopo Giovanni Paolo II, che si recò al Cairo e sul Monte Sinai nel 2000. Accolto dal premier egiziano Sherif Ismail, salutato fra gli altri anche dal patriarca della Chiesa cattolica copta, Abramo Isacco Sidrak, da una suora e un bambino, Francesco ha cominciato il suo 18esimo viaggio apostolico Internazionale. Un “protocollo d’accoglienza veloce”, perché subito dopo il pontefice si è recato al palazzo presidenziale di Ittihadiya al Cairo, nel quartiere orientale cairota di Heliopolis, atteso dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

LEGGI Caso Regeni, i genitori a papa Francesco: “Parli di Giulio in Egitto”

Con occhiali da sole, Sisi ha accolto Francesco sulla porta del bianco palazzo. Al Papa sono stati resi onori militari al suono degli inni vaticano, egiziano e di uno ‘patriottico’. Fra i marmi di una sala riccamente decorata, le formalità, lo scambio dei doni, l’incontro privato, dove il Papa potrebbe aver parlato della famiglia Regeni, che ancora chiede verità sulla morte del figlio Giulio. “L’Egitto ha un compito singolare: rafforzare e consolidare anche la pace regionale, pur essendo, sul proprio suolo, ferito da violenze cieche” ha sottolineato nel discorso alle autorità egiziane. Nell’occasione, pur senza nominare Regeni, il Papa ha parlato del dolore “delle famiglie che piangono i loro figli e figlie” e ha rivendicato “un rigoroso rispetto dei diritti umani”. “Violenze – ha scandito – che fanno soffrire ingiustamente tante famiglie, alcune delle quali sono qui presenti”. (altro…)

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Come salvare il Parlamento

sabato, Aprile 29th, 2017

MICHELE AINIS

I PARTITI sono dipartiti, amen. Ultimi certificati di morte: l’elezione di Trump, nonostante l’ostilità dell’establishment repubblicano; e su quest’altra sponda dell’oceano Macron (che ha sbaragliato i partiti storici francesi con una start up nata un anno fa) o i 5 Stelle (il non partito primo in tutti i sondaggi italiani). Benvenuti al funerale, quindi. E dopo?

Dopo rischiamo d’assistere alle esequie dei Parlamenti. Giacché sta di fatto che la fortuna delle assemblee legislative coincide con quella dei partiti politici, il cui battesimo fu celebrato per l’appunto in Inghilterra, con il Reform Act del 1832. In origine, partiti di notabili; poi partiti di massa, con l’introduzione del suffragio universale; infine partiti personali, dove il faccione del leader tracima in tv. Ma in ogni caso l’astro dei partiti illumina uno specifico modello di democrazia, quella rappresentativa; e infatti la loro disgrazia adesso si riflette sulla crisi che ovunque colpisce i Parlamenti. Tanto che negli Usa il politologo Benjamin Barber suggeriva di rimpiazzarli con un congresso di sindaci, più o meno come proponeva Renzi nella prima bozza del nuovo Senato.

Tuttavia non è detto che si debba chiudere baracca. La democrazia parlamentare può ancora navigare fra i marosi del terzo millennio. Ma a patto d’imbastardirsi, di contaminarsi con elementi di democrazia diretta, d’accogliere in grembo un po’ di fantasia (o d’eresia) costituzionale. Ecco cinque suggestioni. (altro…)

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I delusi del lavoro: la flessibilità non ha vinto, torna la richiesta del posto fisso

sabato, Aprile 29th, 2017

di ILVO DIAMANTI

Il “lavoro” rimane un riferimento importante per la nostra società. Così la “Festa del lavoro” del Primo maggio suscita sempre grande consenso. Lo conferma il sondaggio condotto, nei giorni scorsi, dall’Osservatorio sul Capitale sociale di Demos-Coop per Repubblica. Più di due italiani su tre ritengono, infatti, che “celebrare” il Primo Maggio abbia ancora senso. È un sentimento diffuso in tutta la popolazione. Senza chiare “esclusioni” ideologiche. E quindi anche fra gli elettori di centro-destra e di destra. Celebrare il lavoro, a questi italiani, appare tanto più significativo perché si tratta di una risorsa sempre più scarsa e dequalificata. Una larga parte degli intervistati, oltre 7 su 10, afferma di non aver percepito la ripresa. Secondo loro, l’occupazione non è mai ripartita. E se le statistiche dicono cose diverse, loro non se ne sono accorti. Semmai, pensano che si sia allargato il lavoro “nero”. E, ancor più, il lavoro “precario”. Ne sono convinti 3 italiani su 4. D’altra parte non c’è fiducia nella politica e nelle politiche. Nei risultati delle leggi approvate negli ultimi anni. Meno di 1 italiano su 10 pensa che il Jobs Act abbia prodotto effetti. Mentre l’abolizione dei voucher ha convinto quasi tutti gli intervistati. Ma del contrario: allargherà ancor più il lavoro nero e precario. Il “reddito di inclusione sociale”, invece, per ora, lo conoscono in pochi.

Così, il lavoro resta un riferimento importante, per gli italiani. Almeno, per gran parte di essi. Che celebreranno il Primo Maggio con un sentimento di “attesa”. L’attesa che il lavoro ritorni. D’altronde, si assiste a un mutamento sensibile dei progetti, professionali e di vita, tra gli italiani, rispetto agli ultimi anni. In particolare, ritorna, con forza, la richiesta del “posto fisso”, soprattutto nel settore pubblico. Checco Zalone lo aveva colto – e narrato – con efficacia, nel suo film “Quo vado?”, un anno e mezzo fa. Oggi quell’intuizione appare confermata dai dati di questo sondaggio. Che, a differenza del film di Zalone, non sono divertenti. L’indagine di Demos-Coop, infatti, ci racconta come, nell’ultimo anno, il clima d’opinione intorno alle professioni libere e liberali si sia sensibilmente raffreddato. La quota di persone che, per sé e i propri figli, vorrebbero un’attività in proprio o da libero professionista, infatti, è in calo. Di qualche punto. Mentre l’unica vera “ripresa” convinta, nell’ambito del lavoro e dei “lavori”, riguarda, appunto, il “posto fisso”. Sottolineato dalla crescente importanza attribuita agli Enti Pubblici. Tanto delegittimati (per non dire disprezzati), come soggetti e come istituzioni, quanto apprezzati, come sbocchi professionali. Si ripropone, dunque, uno scenario noto, in un passato recente. Quando il grado di attrazione di “un” lavoro, coincideva con il suo livello di “sicurezza”. Intesa come “stabilità” e “continuità”. (altro…)

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Le scuole italiane e il tabù della bocciatura

sabato, Aprile 29th, 2017

«Se tutti gli studenti avessero i voti che meritano non verrebbe promosso più del 20 per cento». Spetta a un professore di un istituto tecnico commerciale pugliese il merito di aver ancora una volta portato alla ribalta nel modo più clamoroso, con queste parole (Corriere, 23 aprile), la grande menzogna su cui si regge da anni il sistema dell’istruzione italiano: le promozioni d’ufficio. Proprio perché il suddetto professore non stava al gioco, e viceversa dava ai suoi studenti i voti che meritavano, il dirigente della scuola dove insegnava lo ha sospeso a suo tempo dal servizio: sanzione disciplinare che adesso, dopo ben cinque anni, il giudice del lavoro di Lecce ha però annullato dandogli ragione. Le cose in effetti stanno così: nelle scuole italiane la bocciatura è di fatto bandita, così come è bandito ogni autentico criterio di selezione e quindi di reale accertamento del merito. Gli abbandoni scolastici beninteso ci sono (ad esempio negli istituti tecnico-professionali), ma hanno una spiegazione di altro genere, perlopiù legata alla condizione socio- culturale dell’ambiente familiare. Di fatto, dunque, chi nel nostro Paese inizia il corso di studi è pressoché matematicamente sicuro di arrivare al traguardo. E infatti gli esami di diploma finale fanno regolarmente segnare percentuali di promossi che da anni sfiorano il cento per cento (in che senso possa essere considerato tecnicamente un «esame» una prova che dà abitualmente risultati simili resta per me un mistero).

Quale affidamento possano dare in Italia i voti di diploma si capisce, del resto, considerando che nel 2016, per esempio, gli alunni promossi alla licenza in Puglia e Campania con il massimo dei voti sono stati più numerosi di quelli promossi con la stessa votazione in Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana ed Emilia messi insieme. In Italia, insomma, al momento degli scrutini, in una grande quantità di casi, probabilmente la maggioranza, non si valuta l’effettivo grado di apprendimento degli alunni. Si dà un voto che si può ben dire un voto politico. E si promuove.

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Fango e legni, i rifugi di Igor

sabato, Aprile 29th, 2017

MOLINELLA (Bologna) «Avrei giurato che questa storia si sarebbe chiusa in pochi giorni» ammette uno dei predatori. E invece no. La preda — Igor il russo alias Norbert Feher il serbo, 41 anni — è in fuga da un mese dopo aver ucciso due volte e aver lasciato dietro di sé un ferito gravissimo. Ha quasi mille uomini alle calcagna e il vantaggio tutt’altro che secondario di conoscere «molto, molto bene il territorio», come raccontano di lui gli investigatori che in queste settimane di caccia e di indagini hanno messo assieme mille dettagli sul suo conto. Compresi aspetti caratteriali e profilo psicologico. Per esempio si è scoperto che nei suoi quattro anni e mezzo di carcere (dicembre 2010-maggio 2015) la sua unica richiesta al mondo esterno è stata la «Settimana Enigmistica» (in italiano). Oppure che in una delle sue rapine ha chiesto a un uomo 150 euro e gli ha restituito un biglietto da 20 perché quel tizio aveva banconote che per il loro taglio arrivavano a 160 euro. Una personalità doppia, quella di Igor: da una parte stratega capace di sfuggire alla cattura e a volte violento durante le rapine al punto da aprirsi la strada sparando. Dall’altra uomo perennemente alla macchia, sbandato e senza fissa dimora né progetti (nemmeno criminali). Uno che la sera del 29 marzo scorso spara per terra per rapinare della pistola un metronotte e che mentre gliela porta via si informa: «Stai bene? Quando vado via puoi chiamare l’ambulanza».

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I cento giorni di Trump, perché l’America potrebbe crescere di più

sabato, Aprile 29th, 2017

L’economia americana procede bene. La disoccupazione è ai minimi storici, la crescita è tra il 2 ed il 3%, l’inflazione intorno al 2% (l’obiettivo della Fed) ed i tassi di interesse hanno cominciato ad allontanarsi dal pericoloso «zero». Ovviamente tutto ciò non grazie ai primi cento giorni di Trump. A quest’ultimo si può accreditare il balzo di Wall Street; i mercati hanno brindato alle promesse di Trump di deregolamentazione e di riduzione di imposte. Come giudicare la politica economica di Trump nei suoi primi tre mesi? La parola che viene in mente per descriverla è «confusione». Lo stesso Trump ha ammesso in una intervista che fare il presidente è piu complicato di quanto pensasse.

La sua riforma del sistema sanitario (per cambiare Obamacare) è stata un fallimento. Era un progetto fatto in fretta e bocciato anche da parte del suo partito; ora l’amministrazione sta disperatamente cercando un’altra via. In campagna elettorale aveva promesso di uscire dal Nafta (l’accordo di libero scambio con Canada e Messico) ora dice che vuole «negoziare» (non si capisce bene su cosa) ma non uscire. Aveva promesso una guerra commerciale con la Cina che (per fortuna) ora sembra accantonata per motivi di politica estera. Il muro con il Messico pare non si faccia più, non ci sono i soldi nel bilancio e il Messico (che sorpresa!) non vuole pagare. La politica contro gli immigrati da molti Paesi «a rischio» è stata ripetutamente bocciata da vari giudici federali. L’altro ieri Trump ha proposto un taglio delle aliquote sul reddito riducendo gli scaglioni a tre, (10, 25, e 35%) e cancellando qualche detrazione, ma non quella degli interessi sui mutui edilizi. Invece quest’ultima va eliminata perché favorisce un eccessivo indebitamento per case, che tra l’altro, contribuì alla crisi del «subprime». I mercati hanno accolto non bene la proposta fiscale: stavano correndo e all’annuncio sono scesi, sembrerebbe per i pochi dettagli forniti sulla riforma e per un senso di approssimazione nell’operato di governo. Il sistema fiscale americano va riformato. È troppo complicato, ingiusto e pieno di «favori» a questo o quel settore dell’economia (le cosiddette «tax expenditures») e con una infinità di possibili elusioni.

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Salvataggio Mps, il conto per lo Stato aumenta ancora

sabato, Aprile 29th, 2017
alessandro barbera, gianluca paolucci

Sembra ieri, eppure sono già passati quattro mesi. Fu il primo atto del governo Gentiloni, mancavano poche ore a Natale e sembrava non ci fosse tempo da perdere. E invece la pratica Mps è sempre lì, inevasa, in un rimpallo continuo fra Siena, Roma, Francoforte e Bruxelles. L’ultima novità è che il salvataggio pubblico del Monte più antico del mondo si è complicato una volta di più, con il rischio che l’onere per lo Stato salga ancora rispetto ai 6,6 miliardi ipotizzati finora.

 

Che sta accadendo? Sono due i problemi emersi. Nei giorni scorsi la Bce ha recapitato a Siena gli esiti dell’ultima ispezione, conclusa lo scorso febbraio e che riguardava la classificazione dei crediti, i livelli di copertura e la valutazione delle garanzie dei crediti deteriorati. La banca, anche in virtù degli scambi di vedute con il team di ispettori europei, aveva già modificato metodologie e parametri utilizzati per il calcolo nel bilancio 2016. Ma l’esito dell’ispezione ha comunque fatto emergere perdite superiori a quelle calcolate fino a ora e che pesano nel computo dell’intervento statale.

 

Il secondo problema irrisolto riguarda la cessione delle sofferenze. La Bce ha infatti richiesto che il valore venga fissato nel piano sulla base di offerte puntali di soggetti terzi. I prezzi di mercato sono però ancora estremamente bassi. La maxi operazione lanciata da Unicredit ha avuto un prezzo medio di poco superiore al 17 per cento del nominale. Sulla base dei valori delle sofferenze scritte nei bilanci di Montepaschi – sono attorno al 30 per cento – venderle anche solo al 20 per cento comporterebbe un’ulteriore perdita fino a circa 4,5 miliardi, con il quasi azzeramento del patrimonio netto che al 31 dicembre scorso era di 5,4 miliardi. (altro…)

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