Archive for Dicembre 14th, 2019

Sardine a Roma, piazza San Giovanni gremita. “Noi partigiani del 2020”

sabato, Dicembre 14th, 2019

Roma, 14 dicembre 2019 – E’ iniziata alle 15 a Roma, in Piazza San Giovanni, la manifestazione delle Sardine. I partecipanti, arrivati in migliaia, hanno intonato lo slogan “Roma non si Lega”.Secondo fonti della Questurasarebbero 35mila le persone che hanno preso parte all’evento. Gli organizzatori indicano altri numeri: ”Eravamo più di centomila in piazza”. “L’idea era quella di cambiare un po’ la percezione della politica. Direi che l’obiettivo è stato raggiunto”, ha commentato il leader del movimento Mattia Santori.

Santori: “Aggregatori di idee”

“Un mese fa la piazza di Bologna lanciava un segnale, che era un allarme ma anche una voce di speranza. Quando la bestia del populismo arriva nel tuo territorio hai due scelte: o perderti o stringerti. La piazza di Bologna ha scelto di stringersi e dire ‘Da qui non si passa’”. Ha gridato il portavoce Santori, dal palco capitolino. “Oggi siamo a 113 piazze, il segnale si è amplificato e ha preso altre forme, quelle della Costituzione, dell’antifascismo, della lotta contro la discriminazione”, ha aggiunto. “Ma qualcuno non ha capito e da allora ci chiedono in molti: e quindi? Continuano a non capire. Le sardine non sono mai esistite, in piazza ci sono persone, che sanno distinguere tra politica e marketing. E’ lì che diventiamo persone scomode, perchè non abbocchiamo”. E sui loro obiettivi: “Non vogliamo sostituirci a nessun movimento di lotta dal basso, siamo solo un aggregatore di idee”, spiega il leader del movimento.

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Perché il Parlamento (tranne Salvini) non vuole andare a votare

sabato, Dicembre 14th, 2019

di Francesco Verderami

Perché il Parlamento (tranne Salvini) non vuole andare a votare

Più che un gruppo, c’è un intero Parlamento di «responsabili». Che per ragioni diverse, piuttosto di precipitare verso il voto, preferisce tenersi Conte.
Conte dal canto suo vorrebbe far l’americano, ma ha capito che per resistere a palazzo Chigi serve il rito andreottiano. Sul telefonino ha un’immagine di Jfk e in calce una sua frase celebre: «Ogni risultato inizia con la decisione di tentare». Eppure quando parla al cellulare, agli interlocutori pare di risentire l’antico lessico democristiano: «Io farò capire che le porte sono aperte – aveva anticipato a un messaggero dei responsabili – ma di più per ora non potrò dire». Passo dopo passo, giorno dopo giorno cerca di raggiungere la meta: stabilizzarsi attraverso gli stabilizzatori.

Mesi fa, quando andò in Irpinia a esortare «un nuovo impegno dei cattolici in politica», De Mita colse il significato profondo del suo messaggio. «È venuto perché ha bisogno di un gruppo parlamentare in suo sostegno», sussurrò l’ex leader della Dc a Rotondi, che già lavorava a quel progetto: «Parlane con Gianni Letta, perché Berlusconi certe cose non le capisce».

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La manifestazione delle Sardine a Roma, in piazza San Giovanni, in diretta

sabato, Dicembre 14th, 2019

di Virginia Piccolillo

La manifestazione delle Sardine a Roma, in piazza San Giovanni, in diretta

È iniziata alle 15 a piazza San Giovanni, a Roma, la manifestazione delle Sardine (quiil pezzo che spiega chi siano, cosa vogliano e perché abbiano scelto questo nome; qui l’intervsta al loro leader Mattia Santori; qui quella all’organizzatore della manifestazione di Roma, Stephen Ogongo; qui la diretta video). Si tratta del primo meeting nazionale del movimento nato a Bologna lo scorso 14 novembre. L’unico simbolo ammesso è quello della sardina.

Ore 15:47
Un gruppo di ragazzi del quartiere di Roma Quadraro hanno preparato un pesce-cartello con su scritto: «No agli sgombri, meno le sardine». «In tante periferie di Roma ancora c’è il problema della casa, speriamo che qualcuno se lo ricordi».

Ore 15:40
Gli attivisti leggono gli articoli della Costituzione.

Ore 15.33
Ora l’inno d’Italia unisce tutto il piazzale di fronte alla basilica di San Giovanni.

Ore 15.23
Inizia Bella Ciao.

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La Brexit o della fine dell’Impero britannico

sabato, Dicembre 14th, 2019

Come scontato, Boris Johnson vince le elezioni. E vince il popolo britannico chiamato nuovamente a esprimersi sulla Brexit, dato che i cultori della globalizzazione avevano provato ad annullare l’esito del referendum.

Ci hanno provato con la lunga melina, quella che ha impedito a Theresa May, che ha le sue colpe, di dar seguito alla vittoria del Leave.

Certo, aveva trovato il contrappunto dei brexisters, ma soprattutto quello degli ambiti cosiddetti globalisti. Da qui lo stallo, che ha addirittura portato i cittadini della Gran Bretagna a votare per le elezioni europee nonostante avessero deciso di uscirvi.

La speranza-certezza dei globalisti era che quelle elezioni correggessero l’errore, l’incidente di percorso del referendum, ché il popolo britannico è europeo e certo il referendum era stato falsato, addirittura per l’influenza dei russi (Time), come avvenuto per l’elezione di Trump…

Invece le europee hanno ribadito il Leave, che ieri ha vinto per la terza e definitiva volta.

La Brexit e la fine di un mondo

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‘Ndrangheta in Valle d’Aosta, si dimette il governatore indagato per voto di scambio

sabato, Dicembre 14th, 2019
Antonio Fosson, presidente della Regione autonoma Valle d'Aosta (Ansa)
Antonio Fosson, presidente della Regione autonoma Valle d’Aosta (Ansa)

Aosta, 14 dicembre 2019 – Il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, ha annunciato le dimissioni dopo la notizia dell’indagine a suo carico per scambio elettorale politico-mafioso. Fosson ha ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Dda di Torino sul condizionamento delle elezioni regionali 2018 in Valle d’Aosta da parte della ‘ndrangheta

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Via la prescrizione, è bagarre. Conte difende la legge Bonafede

sabato, Dicembre 14th, 2019

di ALESSANDRO FARRUGGIA

Roma, 14 dicembre 2019 – L’ultima mina sepolta sul percorso di guerra del governo Conte bis si chiama prescrizione. La riforma voluta da Bonafede, che cancella la prescrizione dopo il primo grado di giudizio, è una misura radicale e, se non bilanciata da contrappesi, giustizialista. “C’è il rischio di processi infiniti – osserva il professor Filippo Sgubbi, ordinario di diritto penale all’università di Bologna – con danni non solo per gli imputati ma anche per le vittime, perché dovendo celebrare tutti i processi i tempi in corte penale si allungheranno inesorabilmente”.

È osteggiata dai penalisti, da Forza Italia, dalla Lega, da Fd’I, Italia Viva e dallo stesso Pd che però è più cauto per non far cadere il governo. La difendono solo i pentastellati e una parte della magistratura. Se non si arriverà a una modifica, il governo rischia. E Conte, che lo sa, ieri ne ha parlato. “Ritengo la norma sulla prescrizione che prevede lo stop dopo il primo grado – ha detto ad ’Accordi e disaccordi’ sul Nove – assolutamente compatibile con la Costituzione, ce l’hanno anche altri ordinamenti. Ma detto questo, da giurista, stiamo lavorando per introdurre delle norme diciamo correttive. Senza mettere in discussione la norma, introducendo delle garanzie per la durata”.

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Boris Johnson e la Brexit: dai Beatles a Downton Abbey Londra ci appartiene ancora

sabato, Dicembre 14th, 2019

di Aldo Cazzullo, inviato a Londra

Boris Johnson e la Brexit: dai Beatles a Downton Abbey Londra ci appartiene ancora

Sul piano giuridico e politico, s’intende. Un Paese che dà o rifiuta visti, passaporti, permessi di soggiorno. Ma un Paese da cui non potremo e non vorremo mai prescindere per la cultura, quella astratta e quella materiale. La Gran Bretagna è il software dell’Occidente, e pure dell’Oriente. È la terra dove si compongono le musiche, si inventano i mondi, si creano i personaggi, si pensano le serie, nascono i talenti che cambiano il nostro modo di pensare e di sentire. È sempre stato e sempre sarà così, anche se i loro governanti ci tratteranno da estranei.

La generazione degli Anni 60 ha avuto, com’è ovvio, la swinging London e la minigonna, i Beatles e i Rolling Stones, la regina che da tempo era già la stessa ed Elton John che non aveva ancora i capelli. Ma anche la Londra laburista — quando c’era Tony Blair — ha lasciato ricordi formidabili. Subito morì lady Diana. Il diabolico Alastair Campbell inventò per il premier la definizione «princess of the people», il suddetto Elton scrisse prontamente una canzone e la principessa tradita e traditrice divenne un mito. Come il Manchester United del laburista Alex Ferguson e di Beckham, che sposava la più bella delle Spice Girls. Le canzoni di Robbie Williams e i romanzi di Ian McEwan. Gli emiri arabi e gli oligarchi russi, Abramovic contro Berezovskj, spie e omicidi con il veleno. La morbidezza di Kate Winslet e la magrezza di Keira Knightley. Il ciuffo di Hugh Grant e il London Eye, che ispirava l’ennesimo capitolo della saga di James Bond.

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Scozia, lo spettro della Catalogna in una strada in salita

sabato, Dicembre 14th, 2019

di Beppe Severgnini

E Brexit sia. Il lungo equivoco iniziato il 23 giugno 2016 è finito il 12 dicembre 2019: la Gran Bretagna uscirà dall’Unione europea. Accadrà alla fine di gennaio: così ha promesso Boris Johnson, uscito trionfante dalle elezioni politiche, e così avverrà. Dispiace, come sempre quando gli amici se ne vanno. Ma, a questo punto, è opportuno. L’autostima britannica, e la pazienza europea, non potevano sopportare ulteriori incertezze. Le elezioni politiche 2019 hanno rappresentato, di fatto, il «secondo referendum» invocato da tanti: la maggioranza degli elettori del Regno Unito ha confermato di voler lasciare l’Unione Europea, chiudendo una relazione durata 47 anni. Fu un primo ministro conservatore, Edward Heath, a celebrare il matrimonio; è un primo ministro conservatore, Boris Johnson, a sancire il divorzio. Entrambi hanno nascosto la verità ai propri concittadini: il primo disse che l’adesione alla Comunità economica europea non comportava una cessione di sovranità; il secondo nega che la Gran Bretagna abbia tratto benefici dall’Europa. Una relazione non facile finisce qui.

Ma, come tutte le relazioni, anche quella tra Regno Unito e Unione Europea non si potrà sciogliere facilmente: ci sono questioni familiari, legali e patrimoniali da sistemare. Queste ultime, per quanto ostiche, sono le più abbordabili: Londra dovrà rimborsare quanto deve, e negoziare nuovi accordi commerciali (certo non basterà un anno, e dovrà chiedere una proroga). Le questioni familiari — le vicende interne del Regno Unito — sono meno appariscenti, ma più delicate. Che ne sarà delle quattro nazioni che oggi convivono sulle isole britanniche? Inglesi, gallesi, scozzesi e irlandesi del nord riusciranno a restare insieme?

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Popolare di Bari commissariata, il governo pronto a mettere 250 milioni

sabato, Dicembre 14th, 2019

di Fabrizio Massaro

Scatta la rete di salvataggio per la Popolare di Bari. Ieri sera il Consiglio dei ministri ha discusso l’intervento per sostenere l’istituto pugliese in crisi — 3.300 dipendenti, 70 mila soci. In sostanza si va verso una sorta di «nazionalizzazione» parziale con l’intervento della banca pubblica Mediocredito Centrale (Mcc) e del Fondo Interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Il governo dovrebbe versare 250 milioni in Mcc, che a sua volta li userà per l’aumento da 800 milioni-1 miliardo della PopBari, nel frattempo commissariata ieri sera dalla Banca d’Italia. Una specie di schema-Carige, che proprio ieri ha chiuso l’aumento di capitale.

L’accelerazione era nell’aria, nonostante appena nel pomeriggio il premier Giuseppe Conte avesse rassicurato: «Al momento non c’è nessuna necessità di intervenire con nessuna banca», il sistema «è in buona salute». Ieri sera il consiglio dei ministri, cominciato alle 21, non ha emanato un decreto-legge, come era circolato inizialmente. C’è stata un’informativa del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sul commissariamento. Il Cdm — informa una nota — «ha espresso la determinazione ad assumere tutte le iniziative necessarie a garantire la piena tutela degli interessi dei risparmiatori e a rafforzare il sistema creditizio a beneficio del sistema produttivo del Sud, in maniera pienamente compatibile con le azioni di responsabilità volte ad accertare le ragioni che hanno condotto al commissariamento».

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