Archive for Dicembre, 2019

Ecco perché Boris ha vinto, ma non è finita qui

venerdì, Dicembre 13th, 2019
/Corriere Tv
Il commento dopo il voto del 12 dicembre : un secondo referendum su Brexit travestito da elezioni politiche
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Boris Johnson trionfa in Gran Bretagna. Brexit, voto prima di Natale

venerdì, Dicembre 13th, 2019
Boris Johnson trionfa in Gran Bretagna. Brexit, voto prima di Natale

Boris Johnson ha stravinto le elezioni e il mandato sulla Brexit è chiaro: il voto sull’uscita dall’Europa avverrà prima di Natale. I conservatori hanno conquistato 363 seggi su 650 e il primo ministro — rieletto nel seggio di Uxbridge — può quindi contare ora su una maggioranza assoluta. Una sconfitta schiacciante per i laburisti, che si fermano a 203 seggi e mettono ora in discussione la leadership di Jeremy Corbyn.

Johnson, ringraziando gli elettori e invocando il «forte mandato ricevuto», ha assicurato: «Con la Brexit andremo fino in fondo e uniremo il Paese. Il lavoro comincia oggi». «Non darò mai il vostro sostegno per scontato. la vostra voce è stata finalmente ascoltata», ha detto parlando ai suoi sostenitori a Londra invitando tutti a ripetere in coro lo slogan della sua campagna «Get Brexit done». «Metterò la parola fine a tutte le assurdità di questi tre anni e realizzerò la Brexit entro gennaio, senza se e senza ma», ha ribadito il primo ministro.

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Brexit, e ora che succede? Dai visti per i turisti allo stop per i lavoratori non qualificati, ecco cosa cambia

venerdì, Dicembre 13th, 2019

di Luigi Ippolito

Brexit, e ora che succede? Dai visti per i turisti allo stop per i lavoratori non qualificati, ecco cosa cambia

Dal nostro corrispondente
LONDRA — Con i conservatori che ottengono la maggioranza assoluta, l’accordo sulla Brexit negoziato lo scorso ottobre con Bruxelles dovrebbe essere rapidamente approvato dal Parlamento: il premier ha intenzione di presentare il testo a Westminster già prima di Natale per un primo via libera, anche se per l’approvazione definitiva occorrerà aspettare gennaio.

L’accordo di recesso

In questo modo Londra uscirà dalla Ue il 31 del mese prossimo, come previsto. E lo farà sulla base delle intese già concordate, che in primo luogo garantiscono i diritti acquisiti dei cittadini europei: per chi già vive e lavora qui non cambia nulla, occorre solo registrarsi al ministero dell’Interno sulla base del «settlement scheme». Allo stesso modo Londra pagherà a Bruxelles un «conto» di quasi 40 miliardi di euro che vanno a coprire gli impegni già assunti in precedenza. Cambiano invece le cose per l’Irlanda del Nord, che sarà soggetta a un regime diverso rispetto al resto della Gran Bretagna, per evitare il ritorno a un confine rigido con la Repubblica d’Irlanda a Sud: l’Irlanda del Nord rimarrà legata al sistema doganale europeo e al mercato unico, mentre il resto della Gran Bretagna ne sarà fuori.

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La Brexit di Boris

venerdì, Dicembre 13th, 2019
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di   Aldo Cazzullo

L’Europa perde Londra, stavolta davvero. La più antica democrazia del mondo era entrata nel labirinto la notte del 23 giugno 2016. Tre anni e mezzo di trattative e ripensamenti; un’elezione anticipata che non aveva risolto nulla; la caduta di Theresa May; l’avvento di Boris Johnson.

La vera notte della Brexit è questa. E se sarà confermato l’exit-poll che dà 368 seggi (su 650) ai conservatori, allora il premier potrebbe avere maggiori margini di manovra: anche per negoziare un’uscita soft, che garantisca i diritti dei lavoratori stranieri e la libertà degli scambi commerciali.

Boris Johnson aveva puntato tutto sulla Brexit, per queste storiche elezioni. Ha vinto. Il suo vantaggio su Jeremy Corbyn è netto, più del previsto. I laburisti crollano rispetto al 2017. Tengono i distretti della capitale, ma perdono quelli del Nord impoverito, favorevoli all’uscita dall’Europa. Il voto conferma che la sinistra non può credere di riconquistare il voto popolare con le ricette del passato: tasse, confische, nazionalizzazioni. Un monito anche per i democratici americani, tentati da leader — come Elizabeth Warren e Bernie Sanders — della stessa generazione e con idee analoghe a quelle di Corbyn.

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COMUNCATO STAMPA :“AIUTACI A CRESCERE. REGALACI UN LIBRO” E PIÙ DI 1200 PERSONE HANNO ADERITO

giovedì, Dicembre 12th, 2019

Da oggi anche le Biblioteche di tutti gli Istituti comprensivi della Vallagarina  saranno arricchi di libri.   Per la precisione sono 1228 libri, 106 in più dello scorso anno.

Questo pomeriggio in Comunità si è svolta la cerimonia di consegna dei libri    (alla presenza dei dirigenti scolastici e degli insegnanti)  coordinata dalla Vicepresidente Enrica Zandonai: “Crediamo molto in questa iniziativa che ci coinvolge come tramite tra la Giunti che raccoglie i libri e le scuole del territorio che li ricevono per rinforzare le loro biblioteche. “

Valentina della Giunti Editori  ha spiegato la nascita di questa  iniziativa in casa Giunti. “È  stato dopo il terremoto dell’Aquila, in quel momento è nata l’idea di ricostruire le biblioteche della città. Poi il progetto si è ampliato perchè piaceva, quindi tutti gli anni raccogliamo libri e i primi a dover essere ringraziati sono i nostri lettori che li donano.” Piaceva perchè la campagna di sensibilizzazione alla lettura diffonde il piacere di leggere a partire dall’infanzia e “promuove la lettura – ha spiegato la Vicepresidente Zandonai – come “buona pratica” in quanto  veicolo di crescita  e cultura.”

L’iniziativa funziona così: in agosto la Giunti chiede al cliente se vuole donare un libro   a scuole o ospedali. Titolo dell’idea “Aiutaci a crescere. Regalaci un libro!” Straordinaria la risposta. E ottimo l’aggancio con la Comunità che si è fatta regista tra tutte le scuole della valle.

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Trump colpisce ancora: con un tweet dà la svolta ai mercati, Milano +1%

giovedì, Dicembre 12th, 2019

di Eleonora Micheli

Le ultime da radiocor

L’ipotesi di un’imminente intesa sul fronte del commercio internazionale tra Stati Uniti e Cina ha spinto le Borse europeee Wall Street. Il presidente americano, Donald Trump, ha dato la svolta ai mercati nel primo pomeriggio parlando via Twitter di una grande intesa e sottolineando: «Lo vogliono loro ed anche noi». Milano è stata la migliore del Vecchio Continente, terminando le contrattazioni in progresso dell’1,02%, con lo spread in calo a 160 punti. I listini, invece, fino al tweet di Trump hanno vissuto una giornata sotto tono, nonostante la batteria di dati macro e soprattutto nonostante Christine Lagarde, numero uno della Bce, abbia garantito una politica monetaria «altamente accomodante» per un lungo periodo di tempo, nel corso della sua prima conferenza al termine del consiglio direttivo dell’Eurotower che ha confermato tassi a zero e acquisti al ritmo di 20 miliardi al mese. Linea tracciata all’indomani dell’annuncio della Fed di lasciare i tassi nell’intorno dell’1,5-1,75% e di prevedere un costo del denaro fermo per tutto il 2020, contro le precedenti indicazioni di un eventuale rialzo.

Dati macro deludenti in Europa e Stati Uniti
Le Borse europee fino al primo pomeriggio sono state dominate dall’incertezza, in una giornata scadenziata da numerosi appuntamenti. In mattinata è arrivata la prima doccia fredda, con l’annuncio che la produzione industriale dell’Eurozona a ottobre è diminuita dello 0,5% rispetto al mese precedente e del 2,2% su base annua. Nel primo pomeriggio, inoltre, sono risultati deludenti anche i dati macro americani, con le richieste alla disoccupazione volate ai massimi da due anni, a 252.000 unità (salite di 49mila unità in una settimana).

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I nuovi assegni delle pensioni. E spunta l’ipotesi ricalcolo

giovedì, Dicembre 12th, 2019

Franco Grilli

Gli assegni delle pensioni per il 2020 sono un vero e proprio rebus. E il motivo è presto detto: in questo momento sono in vigore le regole sulle rivalutazioni volute dall’ultimo governo gialloverde.

Questo tipo di rivalutazione sugli assegni di fatto è strutturato in questo modo: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Ma in questi giorni di frenetiche trattative sulla legge di Bilancio il quadro potrebbe cambiare con un ritocco lieve sugli assegni fino a quattro volte il minimo che da una rivalutazione al 97% passerebbero ad un assegno rivalutato al 100%. Tutto ciò porterebbe un cambiamento minimo sul rateo pagato nei mesi del 2020, ma anche su questo punto potrebbe esserci un aspetto di cui va tenuto conto. L’Inps, come già accaduto lo scorso anno, non avrà il tempo di recepire in modo diretto e già dall’1 gennaio del 2020 le impostazioni della manovra e dunque gli assegni verranno erogati con il “tariffario” previsto dalla manovra del 2019.

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COMUNICATO STAMPA: COP25 – MARSIGLIA (FederPetroli Italia): PAROLE MINISTRO FIORAMONTI GRANDE MANCANZA DI RISPETTO

giovedì, Dicembre 12th, 2019

“Le parole del Ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti sono una grande mancanza di rispetto e una vergogna per le aziende del Mondo dell’Oil & Gas internazionale ed in particolar modo per migliaia di lavoratori che fanno grande la nostra ENI e tutto l’indotto che vive grazie al Petrolio” queste le dure parole del presidente di FederPetroli Italia – Michele Marsiglia dopo le dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione durante il Cop25 a Madrid.

“Con tutto il rispetto, il Ministro questa volta non è stato in grado di comprendere la gravità delle affermazioni inerente un’azienda energetica di uno Stato, come l’ENI. Un Ministro, che rappresenta uno Stato è totalmente irresponsabile nel pronunciare dichiarazioni del genere. Questa è la nostra Pubblica Istruzione? Fioramonti non ha forse pensato ai migliaia di azionisti, a piccoli e medi risparmiatori, alle migliaia di aziende, alle famiglie che hanno investito i loro risparmi da anni nel titolo ENI – continua Marsiglia – penso proprio di no. Bisognerebbe che le Autorità di Controllo dei Mercati e la CONSOB potessero riconoscere un ipotetico reato di ‘interferenze sulle comunicazioni di mercato’, in questo modo il Ministro si assumerebbe tutta la responsabilità penale nel qual caso il titolo ENI nei prossimi giorni crollasse sulle Borse Internazionali”.

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Caccia ai responsabili

giovedì, Dicembre 12th, 2019

Ecco, ci risiamo, quante volte queste mura hanno visto queste scene. Seguite Federico D’Inca, ministro dei Rapporti col Parlamento, uno dei più garbati, sempre tono di voce giusto, mai una decibel di troppo. Lì nei corridoi dietro l’Aula avvicina qualche senatore azzurro: “Beh, insomma, siamo un po’ in difficoltà. Alcuni dei nostri non votano… Qualche assenza vostra ci aiuterebbe”.

Ricapitoliamo, per comprendere la richiesta: si vota il Mes, la risoluzione è una vera supercazzola, in cui il famoso rinvio sembra che ci sia ma non c’è, quattro Cinque Stelle dichiarano che voteranno con la Lega, primo vero smottamento del partito di Di Maio, assente non a caso. La parola esatta da usare è crisi di nervi. Non è eccessiva. Roberta Pinotti, girandosi verso un collega: “Ma l’hai sentite le urla che venivano dal corridoio dove stavano i Cinque stelle? Dissidenti, contrari, lì dentro è un casino”. Poco distante Gianluigi Paragone la fotografa così, è sempre un giornalista: “Se continui a fare un po’ di qua e un po’ di là, è ovvio che non reggi su una roba da azzeccagarbugli”.

È profondo il malessere. Quattro oggi, altri sono in sonno. Capite la richiesta di D’Incà a Forza Italia. È ovvio, una cosa così non è iniziativa solo di un volenteroso ministro. In un capannello questa è la ricostruzione di più di un senatore informato: “Glielo ha chiesto Conte che, non è un mistero, parla con Letta. E infatti Massimo Mallegni è assente”. Massimo Mallegni, inquieto senatore azzurro, già sindaco di Pietrasanta è colui che sta tentando una operazione, che parte col voto di oggi, ma più ambiziosa: un gruppo parlamentare autonomo, che stabilizzi il governo. Assieme all’ex capogruppo Paolo Romani. Negli ultimi giorni ha parlato con parecchi ministri del Pd ma anche con Roberto Calderoli, assicurando che una decina di senatori ci sono.

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Piazza Fontana, 50 anni dopo. “Non chiamiamola strage di Stato”. Intervista a Miguel Gotor

giovedì, Dicembre 12th, 2019

Cinquant’anni fa, come oggi, il 12 dicembre, la bomba deflagrò dentro la Banca dell’Agricoltura e fu strage in Piazza Fontana, a Milano. Un carico di morte e una scia di sangue che grondò sul nostro Paese fino alle stragi del 1993.  Cinquant’anni sono un periodo di tempo molto lungo se rapportato alla vita di una persona, ma certamente non sono così tanti se rapportati alla vita di un Paese, di una Nazione. Eppure in molti non sanno come sono andate veramente le cose quel giorno, a piazza Fontana. Spiega all’Huffpost lo storico Miguel Gotor, che insegna all’Università di Torino, autore per Einaudi del libro “L’Italia nel Novecento. Dalla sconfitta di Adua alla vittoria di Amazon”: “Secondo un sondaggio, oggi tre studenti su quattro pensano che le Brigate rosse abbiano messo la bomba a Piazza Fontana. È come se a distanza di cinquant’anni ancora continuassero nell’immaginario collettivo e nella memoria nazionale gli effetti dei depistaggi e l’attività di disinformazione degli apparati dello Stato che servirono a coprire le responsabilità dei neofascisti, per accreditare al loro posto una pista anarchica o genericamente ‘rossa’. Non ci fu solo la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, che può essere considerato la diciottesima vittima della strage, ma per svariati anni l’anarchico Pietro Valpreda fu additato come responsabile dell’eccidio. Pensi che in un documento dell’epoca era definito ‘ballerino pasoliniano’, quasi con uno stigma antropologico”.

Bisogna allora diffondere la memoria e le conoscenze?

Sì, certo. Per questo sono importanti gli anniversari civili come questo e potrà aiuterà anche la reintroduzione del tema di storia all’esame di maturità. Del resto, la storia è una delle principali forme di educazione civica.

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