di MICHELE BRAMBILLA
Ieri, poche ore dopo la scossa che aveva fatto tremare il Mugello, a Pieve Torina, in provincia di Macerata, è stata posata la prima pietra per la ricostruzione del centro civico e della palestra. Ed è stata posata grazie alla generosità dei lettori di questo giornale e della Fondazione Francesca Rava, che tra Marche e Umbria ha già consegnato otto nuove scuole. Questa è la buona notizia.
La cattiva è che ancora una volta la ricostruzione poggia sulle
spalle, anzi sui cuori dei privati cittadini italiani: mentre lo Stato
continua a brillare per la sua assenza, per non dire la sua latitanza.
È bastato, ieri mattina, fare un giro per Pieve Torina e scambiare due parole con il sindaco, Alessandro Gentilucci,
per rendersi conto dell’abissale distanza fra i proclami che da Roma si
fecero allora, a terra ancora tremante, e la realtà di oggi. A Pieve
Torina (ma lo stesso discorso vale praticamente per tutti i comuni
colpiti dal sisma del 2016) è andato distrutto il 93% degli edifici
privati e il cento per cento di quelli pubblici. Neppure uno è stato
ricostruito. C’erano, al momento del terremoto, millecinquecento
residenti; oggi ce ne sono mille, e questi mille stanno tutti nelle
“soluzioni abitative emergenziali”, che vuol poi dire casette di legno o
container. Gli altri cinquecento hanno preferito cambiare aria, temiamo
per sempre.Quel poco che è stato fatto, “è stato fatto dai privati”, mi
dice il sindaco.