Archive for Settembre, 2020

Conte, quattro scogli per il governo: Mes, legge elettorale, Recovery plan e decreti Salvini

giovedì, Settembre 24th, 2020

di Enrico Marro

La vittoria del Sì nel referendum sul taglio dei parlamentari e il pareggio (3 a 3) nelle elezioni regionali hanno stabilizzato il governo, con la ragionevole aspettativa — complice anche il «semestre bianco» e l’elezione del presidente della Repubblica nel 2022 — di arrivare alla fine della legislatura, nel 2023. Ma stabilità non significa compattezza. Anzi, i risultati del voto mettono in moto nuove fibrillazioni nella coalizione. Da un lato c’è il Pd di Nicola Zingaretti, che rivendica di essere diventato il primo partito e ha una forte tentazione di passare all’incasso, se non con un rimpasto di governo (ipotesi per ora esclusa dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte) sicuramente imponendo una svolta programmatica. Dall’altro lato ci sono i 5 Stelle alle prese con la resa dei conti interna dopo il brutto risultato delle regionali, che rende il Movimento più imprevedibile del solito. Ai margini Leu e Italia viva, ma sempre in un contesto che, a causa della risicatissima maggioranza di cui gode il governo al Senato, assegna loro un certo potere di ricatto. In mezzo a tutte queste spine c’è Conte.

Mes, Conte stretto tra M5S e Pd si rimette all’Aula

La prima spina di Giuseppe Conte è il Mes. Dopo il voto il pressing del Pd si avvicina all’ultimatum. In ballo prestiti per 36 miliardi che il fondo salva Stati dell’Ue (il Mes, appunto) potrebbe erogare all’Italia a patto che vengano spesi per la sanità. Il Pd e Italia viva vogliono prenderli: in 10 anni, si risparmierebbero 500 milioni l’anno in interessi, dicono. I 5 Stelle restano contrari, temendo che l’Italia finirebbe nella trappola dell’austerity sotto i tecnocrati di Bruxelles. Anche per Stefano Fassina (Leu) il Mes è un «pessimo affare», ma il ministro della Sanità, Roberto Speranza, anche lui di Leu, dice invece che per le spese sanitarie va bene tutto, pure il Mes. Conte inizialmente era in sintonia con i 5 Stelle. Ma con la coalizione divisa, il premier ha deciso di rimettersi a ciò che deciderà il Parlamento.

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Von der Leyen presenta il piano su migranti e asilo: i ricollocamenti non saranno obbligatori

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

«È tempo di gestire le migrazioni insieme, con un nuovo equilibrio tra responsabilità e solidarietà. Il vecchio sistema di gestione non funziona più. Questo è un nuovo inizio per l’Ue. Oggi proponiamo una soluzione europea per ricostruire la fiducia tra Stati membri e per ripristinare la fiducia dei cittadini nella nostra capacità di gestire come Unione». Con un discorso poco più lungo di 4 minuti, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen ha lanciato il nuovo e attesissimo piano europeo su asilo e migrazione. «Bisogna bilanciare molti interessi. L’Europa deve abbandonare le soluzioni ad hoc. Questo pacchetto complesso riflette un ragionevole equilibrio: condividiamo tutti i benefici, condividiamo tutti il fardello. L’Ue ha già dato prova in altri settori della sua capacità di fare passi straordinari per conciliare prospettive divergenti. Ora è tempo di alzare la sfida per gestire la migrazione in modo congiunto, col un nuovo equilibrio tra solidarietà e responsabilità».

Il piano (qui il link a una sintesi del progetto) è stato poi presentato nel dettaglio dal vicepresidente Margaritis Schinas e dalla commissaria Ue, Ylva Johansson. Non prevede trasferimenti obbligatori di migranti sbarcati nelle coste Ue verso gli altri Paesi dell’Unione europea, come invece richiesto dal Governo italiano, ma chiede a tutti uno «sforzo» sul rimpatrio dei migranti di chi li accoglie. L’esecutivo Ue ha elaborato una strategia, da oggi al vaglio del Parlamento europeo, che si regge su tre pilastri.

Screening pre-ingresso

La Commissione propone di introdurre innanzitutto «una procedura di frontiera integrata», che «per la prima volta comprende uno screening pre-ingresso che copra l’identificazione di tutte le persone che attraversano le frontiere esterne dell’Ue senza autorizzazione o che sono state sbarcate dopo un’operazione di ricerca e salvataggio», si legge in una nota. Ciò comporterà «anche un controllo sanitario e di sicurezza, rilevamento delle impronte digitali e registrazione nella banca dati Eurodac», già prevista dalle regole in vigore.

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Masticare l’italiano

mercoledì, Settembre 23rd, 2020
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di   Massimo Gramellini

Della truffa del calciatore Suarez, promosso in italiano senza spiccicarne una parola con la benedizione e addirittura i ringraziamenti del Rettore, mi ha sorpreso soltanto la rapidità, davvero insolita, dell’inchiesta. Il resto era tutto prevedibile, a cominciare dalla spregiudicatezza di chi mette sempre il fine davanti ai mezzi, per finire con la connivenza compiacente e compiaciuta degli esaminatori, talmente sfacciati nella propria rivendicazione di impunità da ridurre a una manciata di minuti una prova che, nella versione non farsesca riservata ai comuni mortali, dura molto di più. Potrei fingermi sconvolto per la giustificazione che si ascolta nelle intercettazioni («Con uno stipendio da dieci milioni l’anno, deve passarlo per forza»), ma basta andare sui social per leggere decine di commenti che la ritengono assolutamente plausibile: evviva se a prendere la cittadinanza è un ricco & famoso «che mastica l’italiano dai tempi del morso a Chiellini» (complimenti al battutista che l’ha scritta su Twitter), perché costui spenderà qui i suoi soldi e farà girare la nostra economia; se invece a prenderla è un ignoto poveraccio, che magari è in Italia dalla nascita e parla la lingua di Dante meglio di un ministro, allora è un guaio perché dopo ci toccherà pure mantenerlo. Quanta ipocrisia in chi predica da tutti i pulpiti che la fama e il denaro non sono poi così importanti, e intanto scrive regole che valgono solo per chi non è abbastanza ricco e famoso da poterle violare.

CORRIERE.IT

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Tesori sommersi: dove sono, quanto valgono e a chi appartengono

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

di Domenico Affinito

Avevano a bordo il carico più prezioso mai ritrovato, oltre un miliardo e mezzo di dollari. Sono i relitti di Nuestra Señora de la Mercedes, Nuestra Señora de Atocha, il galeone pirata Whydah e la SS Gairsoppa. Due sono stati trovati dalla Odyssey Marine Exploration, la più famosa società di cacciatori di tesori sottomarini. Secondo una stima dell’Unesco sarebbero circa 3 milioni i relitti di navi nei mari del mondo, molte affondante con i loro «patrimoni». Per difendere questi gioielli dell’archeologia dai predatori è stata varata nel 2001 la convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, firmata da 64 nazioni, tra queste non compaiono Stati Uniti e Gran Bretagna. L’Italia ha contribuito a redigerne il testo, l’ha ratificata nel 2009 e solo a dicembre dello scorso anno ha annunciato la creazione di una Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Subacqueo che avrà la sede principale a Taranto e due sedi distaccate a Napoli e a Venezia per monitorare il Tirreno e l’Adriatico. Ad oggi, però, è ancora tutto su carta.

Cosa succede a un relitto scoperto?

Quando un relitto viene individuato fino a 200 miglia nautiche dalla costa, la sua proprietà è del Paese in questione. La cosa si fa più complicata quando si trova in quelle internazionali: la nazione proprietaria della nave può rivendicarla, ma di fatto il relitto è di chi lo trova. Un bottino su cui si sono lanciate le società di esplorazione commerciale moderne – soprattutto americane, inglesi, canadesi e brasiliane — autorizzate spesso dagli Stati nelle cui acque è stato trovato il relitto che concedono loro lo sfruttamento commerciale del sito dietro il pagamento di una tassa. Che non sempre pagano: alle Bahamas il governo ha ricevuto un solo pagamento dopo che sono stati rilasciati 71 permessi di recupero in 27 anni. L’Unesco è in prima linea contro queste società perché le operazioni di sfruttamento commerciale non sono eseguite seguendo gli standard scientifici di scavo nei siti archeologici, visto che si concentrano solo sul recupero dei materiali di valore.

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Il dopo Covid è un’occasione per rilanciare la scuola

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

di Mauro Magatti

Buona parte dell’estate è stata spesa a discutere della riapertura della scuola. E finalmente, dopo mesi di incertezze e discussioni, gli studenti sono tornati in classe. I problemi certo non sono finiti. Sarà una battaglia. Ma al di là di tutto, un obiettivo è già stato raggiunto: dopo anni di trascuratezza, il Covid ha riportato alla ribalta la scuola. Oggi c’è più consapevolezza che senza una buona offerta formativa non c’è futuro. Una nuova sensibilità filtrata fin dentro le linee guida approvate dal governo per il Recovery Plan, dove «istruzione e formazione» costituiscono una delle sei macro aree su cui si intendono spendere le risorse in arrivo dall’Europa (le altre sono: digitalizzazione e innovazione; transizione ecologica e rivoluzione verde; infrastrutture per la mobilità; equità, inclusione sociale e territoriale; salute).

Un ottimo proposito. Come un aereo, una società avanzata si regge solo su due ali: l’infrastruttura tecnica e la qualità delle sue persone. La realtà però è un’altra: in questo campo, infatti, abbiamo accumulato un grave ritardo. Nella fascia d’età 25-34 anni, il 44% ha una laurea, ma siamo comunque indietro: in Corea sono al 70% e in Canada e in Irlanda al 60%. Soprattutto siamo ancora lontani da un livello accettabile di efficacia del percorso scolastico: ancora oggi uno studente italiano su quattro non raggiunge il livello 2 di competenza in lettura, che significa riuscire a identificare l’idea principale in un testo, trovare informazioni basate su criteri espliciti, e riflettere sullo scopo e la forma del contenuto proposto (dati test Pisa).

Va male anche per le competenze digitali dove, nel 2018, l’Italia si piazza quart’ultima fra i Paesi dell’Unione Europea (seguita solo da Bulgaria, Grecia e Romania). Si stima che, ad oggi, il 40% dei lavoratori non è nelle condizioni utilizzare in modo efficiente gli strumenti digitali.

Nonostante questi dati, da anni stiamo disinvestendo: secondo Eurostat, nell’ultimo decennio la nostra spesa in istruzione (dalla scuola dell’infanzia all’università) è diminuita ponendoci all’ultimo posto in Europa rispetto alla spesa pubblica totale (circa l’8%, più o meno quanto spediamo per gli interessi sul debito) e al quintultimo posto rispetto al Pil (meno del 4%). Con il Nord — in primis la Lombardia — che ha dati peggiori del Sud. Né le cose vanno meglio se guardiamo il mondo delle imprese, dove la voce formazione dei dipendenti rimane più bassa della media dei paesi Ocse. Senza dir nulla poi del nodo irrisolto della formazione professionale e della difficoltà nell’avvicinare il pensare con il fare.

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Suarez, truffa per la cittadinanza: “Esame concordato”

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

Perugia – L’attaccante del Barcellona Luis Suarez avrebbe dovuto passare, senza incontrare alcun ostacolo, la prova di esame per la lingua italiana. Così era stato concordato. Secondo la procura di Perugia e la Guardia di Finanza, che hanno messo sotto inchiesta anche i vertici dell’Università per stranieri, c’era un accordo illecito che avrebbe consentito al calciatore di superare il test (necessario per avere la cittadinanza italiana da usare poi per motivi professionali) senza dover studiare.

Dall’inchiesta della Guardia di Finanza e della procura di Perugia emerge che la cittadinanza italiana di Luis Suarez è stata dunque ottenuta con una truffaI militari delle Fiamme Gialle stanno acquisendo documentazione nell’università del capoluogo umbro e notificando una serie di avvisi di garanzia. Dalle indagini è emerso che gli argomenti della prova d’italiano, sostenuta dall’attaccante del Barcellona e dalla nazionale uruguaiana il 17 settembre, erano stati concordati prima e i punteggi assegnati prima ancora della svolgimento della prova. 

La sessione straordinaria dell’esame “veniva istituita ad hoc unicamente per consentire il rilascio di una falsa attestazione di conoscenza della lingua italiana a livello B1 al calciatore Luis Suárez”. E quanto si legge nel decreto di sequestro probatorio emesso dalla procura di Perugia. Adesso anche lo stesso Suarez potrebbe essere sentito dagli inquirenti. 

Secondo le indagini, iniziate a febbraio 2020, del nucleo di polizia economica finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia per diversi fatti maturati all’interno dell’Università per Stranieri, risulta infatti che “gli argomenti oggetto della prova d’esame sono stati preventivamente concordati con il candidato e che il relativo punteggio è’ stato attribuito prima ancora dello svolgimento della stessa, nonostante sia stata riscontrata Nel corso delle lezioni a distanza svolte dai docenti dell’Ateneo, una conoscenza elementare della lingua italiana”.

Suarez era arrivato quattro giorni fa da Barcellona a Perugia, dove ha svolto l’esame per ottenere la certificazione necessaria a ottenere il passaporto italiano ed essere tesserato come giocatore comunitario, con la Juventus in prima fila per l’uruguaiano. Ma oggi i militari della Guardia di Finanza, su indicazione del procuratore Raffaele Cantone, “stanno procedendo ad acquisizioni documentali presso gli uffici dell’universita’ finalizzate al riscontro delle condotte sopra descritte nonché alla notifica di informazioni di garanzia per i reati di rivelazione di segreti d’ufficio, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, e altro.

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Caos M5s, Dibba e Fico assediano i vertici. “La peggiore sconfitta della nostra storia”

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

di ELENA G. POLIDORI

In due contro il ’nemico’. Colpendo ai fianchi dall’interno e dall’esterno, perché nulla resti impunito. A poche ore dalla vittoria referendaria e dalla débacle elettorale, il capo politico grillino pro tempore, Vito Crimi, e il capo ombra di sempre, Luigi Di Maio, si sono ritrovati messi all’angolo e processati severamente da chi, in vista dei prossimi stati generali, vuole seppellire definitivamente l’attuale dirigenza. Per dare un nuovo corso al Movimento e non «permettere – sostiene un’alta voce interna grillina – che il Pd possa approfittare di questa ‘Bosnia’ per annetterci senza condizioni». I colpi sotto la cintura di Crimi e Di Maio, quest’ultimo ritenuto corresponsabile del disastro perché «ha lasciato solo Vito, per poi dare la colpa a lui del disastro», sono stati inferti senza sconti dai due principali – e pesanti – outsider degli attuali leader. «Il M5s ha perso le elezioni», ha commentato, lapidario, il presidente della Camera, Roberto Fico. «È la più grande sconfitta nella storia del Movimento», ha invece tuonato dall’esterno l’ex frontman grillino, Alessandro Di Battista. Che ha subito rincarato: «Potremmo mettere anche De Gaulle alle guida del M5s, non cambierebbe nulla. Anche quando avevamo una leadership forte (Di Maio, ndr) abbiamo perso la metà dei voti alle Europee. Serve subito una nuova agenda con gli Stati generali, non possiamo mettere la polvere sotto il tappeto».

La crisi del Movimento 5 stelle è dunque esplosa, in chiaro, in tutto il suo fragore, proprio mentre sotto traccia le truppe dei dem, ma anche quelle di Fratelli d’Italia, visti i dati delle urne di lunedì che certificavano uno sfaldamento ormai incontenibile, avevano già fatto partire la campagna acquisti nei confronti dei parlamentari grillini considerati «vicini» e «reclutabili» a prezzi non impegnativi. Niente di sconosciuto al presidente della Camera, da sempre sponsor dell’alleanza giallorossa di governo, che infatti ha cercato, con una frase, di richiamare i suoi ad evitare strappi consigliati più dai nervi scossi del momento che dalla coscienza. «La responsabilità delle colpe e dei meriti è collettiva – ha tentato di stemperare Fico – no a guerre per bande e a personalismi. Serve una governance collegiale. E io sono sempre disposto a dare una mano». E poi: «La crisi di identità del Movimento nasce da molto prima della sconfitta di queste elezioni, va avanti da troppo tempo. Per questo io auspico gli Stati generali».

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La fuga dei grillini verso il centrosinistra. “Travaso decisivo in Toscana e Puglia”

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

di FRANCESCO GHIDETTI

Ma qual è stato il comportamento dei cittadini di fronte al voto specie rispetto alle Europee del 2019? Le prime analisi confermano l’estrema mobilità dell’elettorato dei Cinquestelle e una sorta di «chiamata alle armi» per difendere i fortini rimasti da parte del centrosinistra. Centrosinistra che, specie in Toscana e in Puglia, ha saputo mobilitare con forza i votanti, agitando lo spauracchio del pericolo-destra al governo.

Due le situazioni speculari, anche se di segno politico opposto: il Veneto, dove Luca Zaia ha trionfato, e la Campania dove ha fatto altrettanto Vincenzo De Luca. Il primo leghista, e appoggiato da una coalizione di centrodestra, il secondo del Pd e portato avanti da una miriade di liste di centro e di sinistra. E i 5 Stelle? Una prima analisi effettuata dall’Istituto Cattaneo mostra una ’fuga’ dal Movimento che non si traduce, rispetto al 2019, nell’astensione, ma verso i candidati di centrosinistra. Il professor Salvatore Vassallo, ordinario nell’ateneo di Bologna e direttore del Cattaneo, analizza così, sulla base dei primi dati raccolti, la specularità fra i casi Zaia e De Luca: «Oltre alla dimensione della loro vittoria, è interessante notare – attacca – la natura dei flussi. Intendo dire che i voti sono arrivati sì dalla loro parte (centrodestra per il governatore veneto, centrosinistra per il presidente campano), ma anche da altri partiti. A esempio, il flusso è stato fortissimo verso De Luca da parte dei Cinquestelle che hanno praticamente ’abbandonato’ il loro candidato non rifugiandosi nell’astensione come spesso accade, ma nel candidato sentito più vicino». E dire, aggiungiamo, che De Luca non è mai stato tenero con Luigi Di Maio, suo conterraneo, e compagnia. A guardare bene, gli stessi leghisti, che in Campania sono della prima ora perché il Carroccio non ha una antica tradizione in quelle zone, non si sono rivolti a Stefano Caldoro (già governatore della Campania ed esponente del centrodestra), bensì verso De Luca.

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La fase nuova di Zingaretti e quella di Conte (che però assomiglia a quella vecchia)

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

Ecco, la fase è cambiata, perché il voto, amministrativo, locale, anche se “non si vota sul governo” è sempre, inevitabilmente un voto politico. Basta vederli e sentirli per capire il punto. Nicola Zingaretti, visibilmente sollevato, poco dopo le cinque, in conferenza stampa, traduce in linea, si sarebbe detto una volta, la spinta che arriva dalle urne. Anche il lessico è rinfrescato. Parla di “nuova agenda”, innovazione semantica rispetto a quando andava di moda il “tagliando” e la “verifica”, di un “patto per le riforme” e di un “cantiere per rinnovare il Pd”. Nuova agenda consiste, innanzitutto, nel mettere un punto fermo sulle grandi incompiute di questi mesi, i decreti sicurezza (già scritti nell’accordo di governo e sempre rinviati), da portare “al primo cdm utile” e il Mes, su cui chiede, quasi dandolo per scontato, al ministro Speranza di preparare i progetti.

Qualche decina di minuti dopo, al termine di un intervento, il presidente del Consiglio, anche lui visibilmente sollevato, mostra disponibilità alla prima sollecitazione, sia pur con cautela e senza avvertirne troppo l’urgenza, ricorrendo al classico repertorio dell’“approfondiremo”, ma comunque lo dice, “li porteremo al più presto al cdm”, parole nelle quali non c’è una scadenza e resta il margine per una dilatazione temporale. Mentre sulla seconda richiesta, che impatta in maniera più traumatica sulla crisi dei Cinque stelle, ci risiamo. La “nuova agenda” di palazzo Chigi assomiglia alla vecchia, fondata sul rinvio come metodo: vedremo, valuteremo, “non mi pronuncio” né con un sì né con un no.

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Il Lazio diventa un caso. Dati record da inizio pandemia

mercoledì, Settembre 23rd, 2020

Per il Lazio è record assoluto da inizio pandemia. Mai prima di oggi si erano contati tanti casi di nuovi positivi: su oltre 9 mila tamponi sono 238, 141 a Roma. Quattro i morti. Ieri, su più di 8 mila tamponi, i nuovi casi erano stati 198. I contagi continuano ad aumentare e dalla Regione, l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, rilancia l’invito “a mantenere alta l’attenzione”.

Un appello che ripete da giorni perché “i numeri non ci consentono di abbassare la guardia”. Numeri che riportano indietro nel tempo, alla fine di marzo, ai giorni critici dell’epidemia. Una situazione non paragonabile a quella di oggi – “il quadro è completamente diverso, prevalgono asintomatici e cluster familiari”, fa notare D’Amato – ma “c’è una ripresa” e con la crescita dei contagi aumenta anche la preoccupazione.

“Fortemente monitorata – ha aggiunto l’assessore – la zona del sud pontino”, mentre dagli ospedali si leva l’allarme per l’incremento dei ricoveri per Covid. “Il nostro reparto Covid è tornato pieno, il numero dei ricoveri è completo. Una situazione al momento tranquilla, ma non si può avere un sovraccarico, che è legato ai comportamenti”, aveva spiegato ieri l’immunologo Francesco Le Foche, responsabile del Day hospital di immunoinfettivologia del Policlinico Umberto I di Roma, invitando a rispettare le regole anti contagio per “non mettere in pericolo la salute degli altri”. Crescono i ricoveri per Covid19 anche all’Istituto Spallanzani: oggi sono 107, due giorni fa erano 99. Torna alla mente quel “dobbiamo proteggere Roma” agli inizi della pandemia sussurrato da scienziati e politici come un mantra, quasi una preghiera perché il virus, che allora cominciava ad imperversare in Lombardia e Veneto, non dilagasse nella Capitale col rischio si aprisse un varco verso Sud. Oggi la situazione a Roma e in Lazio preoccupa e non poco. In tutto, i positivi sono 6030, 482 i ricoverati – 31 in terapia intensiva – 5517 le persone in isolamento domiciliare, 899 i morti.

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