Archive for Luglio, 2021

Morte Giuseppe De Donno, la procura di Mantova apre un’inchiesta

giovedì, Luglio 29th, 2021

La procura di Mantova ha deciso di aprire formalmente un’inchiesta sulla morte di Giuseppe De Donno, ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma e padre della terapia anti-Covid con il plasma iperimmune. De Donno si sarebbe suicidato impiccandosi nella sua casa di Eremo di Curtatone. Gli inquirenti, che hanno già sentito i familiari e sequestrato cellulari e computer del medico, vogliono valutare eventuali responsabilità di terzi. 

“De Donno un eroe” – Intanto, una cinquantina di manifestanti, che si sono ritrovati in piazza Fontana per la prima delle tre manifestazioni in programma nel centro di Milano per protestare contro il Green pass obbligatorio, hanno reso omaggio a De Donno.

Per il comitato ‘Liberi di scegliere’, il nuovo idolo è proprio l’ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova che per primo l’anno scorso aveva iniziato la cura del Covid con le trasfusioni di plasma iperimmune. Diversi, infatti, i tributi e le dediche riservate al medico, definito “un eroe che ha nobilitato la medicina nel periodo più buio”, mentre alcuni striscioni si chiedono cosa ci sia “dietro il suicidio di De Donno?”, mentre un altro recita “De Donno, sei vivo come chi hai salvato”.

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Una campagna per rassicurare chi ha paura Le piazze No vax

lunedì, Luglio 26th, 2021

di GABRIELE CANE’

Ripartiamo da Mario Draghi: “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire”. Così stanno le cose. Si può arzigogolare quanto si vuole sul modo “pugilistico” con cui si è espresso il Presidente, ma non sul merito che trae la sua forza dalla scienza, quella vera. Il contrario dell’incoscienza che si è diffusa in materia, che sabato ha riempito le piazze, ma che soprattutto non riempie gli ambulatori, i centri vaccinali. Tanti. Troppi per essere tutti granitici no-vax. Per non avere altra bandiera che quella della libertà contro il Green pass. Allora bisogna ragionare, distinguere

Partendo da un presupposto che esce facilmente dalla lettura dei social, dalle chiacchiere nei bar: il rifiuto ideologico c’è, senza dubbio, ma è minoritario. Certo, non hanno una carta di identità, ma il riconoscimento è molto facile: dicono che questo non è un vaccino, ma al massimo una “pozione”; dicono che il virus è roba che potrebbe essere curata anche a casa senza problemi; dicono che sono falsi i dati che circolano, e da cui risulta che i vaccinati sono molto protetti da tutte le varianti e difficilmente finiscono in ospedale; dicono che è tutto un imbroglio di Big Pharma e dei suoi accoliti, che chissà cosa succederà a ognuno di noi fra 10 anni: magari ci spunta la coda. E via discorrendo.

Intendiamoci. Siamo in un campo in cui il dubbio e il timore sono legittimi fino al punto in cui i risultati (veri!) ci raccontano una cosa molto semplice: di Covid si muore in massa, di vaccino può succedere in rarissimi casi. Bene, con il no-vax che ha un convincimento ideologico radicato, non c’è niente da fare. Pazienza. Ma con gli altri sì. Perché è vero che chiedono in piazza quella libertà parziale a cui però hanno rinunciato in modo totale (e senza fiatare) durante il lockdown.

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Incendi Sardegna: mille sfollati. Pm: “Non escludiamo alcuna pista”. Le notizie di oggi

lunedì, Luglio 26th, 2021

di RITA BARTOLOMEI

Oristano, 26 luglio 2021 – Sessanta ore di roghi, 1.000 sfollati, migliaia di uomini impegnati sul fronte del fuoco in Sardegna che ancora non è stato piegato, alimentato dal vento che cambia continuamente direzione, e avrebbe già divorato 20mila ettari, tra l’Oristanese e il Nuorese. Coldiretti lancia l’allarme: ci vorranno 15 anni per rivedere boschi e macchia mediterranea com’erano. E’ stata un’altra notte di lavoro senza sosta. Gli investigatori sono al lavoro sulle cause del disastro. “Al momento non si può escludere alcuna pista – dichiara  Ezio Domenico Basso, il procuratore di Oristano -.  L’origine può essere dolosa o colposa, per negliglenza o imprudenza, ma può trattarsi anche di un fatto assolutamente imprevedibile. Sono in corso accertamernti da parte del nucleo specializzato del corpo forestale regionale, che ha una competenza specifica su questo tipo di reati. Al momento la priorità è contenere una situazione che è tutto meno che semplice da gestire. L’impatto ambientale è sicuramente devastante. Ci sono piccole realtà imprenditoriali che hanno subito danni enormi”.

Stamane 5 canadair sono tornati in azione, mezzi indispensabili per raggiungere località spesso impervie. Apocalittiche le immagini che arrivano dal luogo del disastro: animali uccisi, case e aziende danneggiate, residenti e turisti in fuga, in cenere simboli come l’olivastro di Cuglieri, una pianta millenaria. Immagini che hanno colpito al cuore l’Italia e non solo. Si è salvato, come ricorda Coldiretti Sardegna, Sa Roda Manna, tra  Scano Montiferro  e Santu Lussurgiu, un ettaro di lecci, agrifogli alti  più di trenta metri, liane, piante centenarie e già sfiorate dal grande incendio del ’94.
Rolando Manfredini, responsabile qualità di Coldiretti, rimarca i numeri: “Quindici anni per la ripartenza è una media rispetto alle essenze vegetali che ci sono,  la quercia da sughero ne richiede 20, la macchia mediterranea invece fa un po’ prima. L’estensione degli incendi è drammatica, 20mila ettari compromessi sono un disastro. Anche per la biodiversità“. 

La protezione civile ha fatto scattare il meccanismo di aiuto europeo, sono già arrivati due canadair dalla Grecia, altrettanti sono attesi a breve dalla Francia.

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Giorgia Meloni si è vaccinata: prima dose allo Spallanzani. E attacca Draghi

lunedì, Luglio 26th, 2021

Roma, 26 luglio 2021 – Tre giorni dopo la vaccinazione anti Covid di Matteo Salvini, è il turno di Giorgia Meloni: la leader di FdI si è sottoposta stamattina all’inoculazione della prima dose del vaccino anti-Covid, presso l’ospedale Spallanzani” di Roma. Lo staff sottolinea che Meloni – 44 anni – aveva già prenotato la vaccinazione nel mese di giugno, ma a causa di impegni, legati al ruolo di presidente dei Conservatori e riformisti europei, aveva dovuto rimandare l’appuntamento per la somministrazione del vaccino.

Sarà inutile cercare le immagini della vaccinazione della leader di Fratelli d’Italia: ha sempre detto che avrebbe fatto il vaccino ma che non si sarebbe fatta immortalare con la siringa nel braccio. Del resto non si ha testimonianza fotografica neppure della vaccinazione di Salvini, anche se il leader della Lega sui social aveva pubblicato un ‘indizio’: nell’immagine del leader leghista che si prende un caffè post-vaccino, si riusciva a intravedere il certificato della vaccinazione, con tanto di Qr, appoggiato sul tavolo accanto alla mascherina.

L’attacco a Draghi e al Green pass

Intanto su Facebook Giorgia Meloni si scaglia contro il Green pass voluto dal Governo: “Sul Green Pass stiamo assistendo a un dibattito puramente ideologico. Utilizzarlo per entrare al bar o al ristorante è sbagliato e inutile, danneggerebbe solo la nostra economia e questo non possiamo permettercelo”. 
La leader FdI attacca anche, intervenendo a Morning News su Canale, il premier Draghi per le dure parole sui vaccini, pronunciate in conferenza stampa: “sono state imprudenti. Quando si dice che l’invito a non vaccinarsi è un invito a morire il presidente del Consiglio dovrebbe ricordare che c’è chi, si pensi ai malati oncologici o alle donne in gravidanza alle quali in alcuni casi il vaccino è sconsigliato, non può vaccinarsi: stiamo dunque dicendo loro che sono condannate a morte? Un presidente del Consiglio deve interrogarsi su come possano essere recepite le sue parole”, ha detto.

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Olimpiadi: altre 4 medaglie per l’Italia. Nuoto da favola, Garozzo e Bacosi d’argento

lunedì, Luglio 26th, 2021

Storico argento della 4X100 stile libero maschile, bronzo di Martinenghi nei 100 rana. Gli staffettisti: “Una gioia incredibile”. Nicolò: “Una cascata di emozioni”. Pellegrini in semifinale per un soffio. Skeet: Diana Bacosi argento per un piattello. Fioretto, Garozzo cede in finale e manca un clamoroso bis. Tennis: Fognini agli ottavi. Volley maschile: Italia sconfitta dalla Polonia

di GIUSY ANNA MARIA D’ALESSIO E REDAZIONE ONLINE

QN.NET


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Il caso toghe sfascia la procura di Milano. Firmano 100 giudici in difesa di Storari. L’ira del capo Greco

lunedì, Luglio 26th, 2021

Luca Fazzo

E adesso c’è la prima vittima, nella disastrosa vicenda giudiziaria scaturita dal processo Eni e dai verbali del «pentito» Pietro Amara: ed è la vittima più gloriosa di tutte, la Procura della Repubblica di Milano. Che dallo scontro innescato dalla consegna dei verbali di Amara dal pm Paolo Storari a Piercamillo Davigo viene ieri travolta in pieno, con la ribellione di quasi cento magistrati che insorgono in difesa di Storari. A poche ore dalla decisione del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi di chiedere al Csm la testa di Storari – via da Milano, e mai più pubblico ministero – la raccolta di firme in difesa del collega sotto accusa, in corso da giorni nei corridoi del palazzaccio milanese, viene allo scoperto. È un documento che non entra nel merito dei verbali consegnati a Davigo, ma poco importa. La frase cruciale è una: i firmatari dicono che «la loro serenità non è turbata dalla presenza del collega». È esattamente il contrario di quello che il capo della Procura, Francesco Greco, e il pg della Cassazione sostengono: consegnando i verbali a Davigo, e continuando intanto a indagare su Amara e persino sulla fuga di notizie di cui egli stesso era l’origine, Storari avrebbe messo «a disagio» l’intero ufficio. Per questo, aveva scritto Salvi, Storari va cacciato da Milano: per la «serenità» dell’ufficio.

La nostra serenità, rispondono i firmatari, non è affatto messa in discussione dalla presenza di Storari. Ed è una discesa in campo senza precedenti, una ribellione inimmaginabile ai tempi di Borrelli, un colpo devastante all’immagine di uno degli uffici giudiziari più importanti d’Italia. I segnali c’erano stati, la protesta covava nelle chat e nei corridoi. I segnali di solidarietà a Storari erano arrivati da più parti. Ma il procuratore Greco, e con lui Salvi, hanno deciso di andare avanti. Forse non pensavano che i leader del fronte pro Storari avrebbero scelto alla fine di uscire allo scoperto. Si sbagliavano.

Firmano 55 pm, i due terzi del totale. E a scendere in campo non sono solo i «peones», i giovani pm della base. Nell’elenco compaiono nomi importanti. Il primo è quello di Alberto Nobili, veterano della Procura e delle inchieste sulla criminalità al nord, oggi a capo dell’antiterrorismo. Con lui, tre procuratori aggiunti, i «vice» di Greco: Ferdinando Targetti, Tiziana Siciliano e il capo dell’antimafia Alessandra Dolci. Si tratta di magistrati che hanno condiviso con Greco decenni di lavoro e rapporti di amicizia; la Siciliano e la Dolci sono state appoggiate da Greco nella domanda per i posti che oggi ricoprono. Eppure anche loro oggi si schierano contro di lui. Greco, si dice, la prende malissimo. Adesso il procuratore è un uomo solo, con accanto solo i suoi fedelissimi. A partire da Fabio De Pasquale, il grande accusatore del caso Eni, oggi sotto procedimento penale a Brescia proprio per la sua gestione del processo ai vertici del colosso.

Non è tutto. A firmare il documento pro-Storari ci sono anche quasi cinquanta giudici: più di metà dei giudici preliminari, una intera sezione penale, toghe giovani e meno giovani. Il caso Storari diventa l’occasione per un atto d’accusa contro l’intera gestione della giustizia a Milano da parte della Procura. Decenni di timori reverenziali verso quella che fu la corazzata di Mani Pulite sembrano dissolti.

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Il subcomandante Giuseppe Conte sarà costretto a battere in ritirata: la smentita a Travaglio è un grande spettacolo

lunedì, Luglio 26th, 2021

Riccardo Mazzoni

Giuseppe Conte che smentisce Marco Travaglio è stato il più grande spettacolo del week-end, un evento eccezionale come il Gronchi rosa oppure, fatti i dovuti distinguo, è come se Craxi avesse smentito Intini, o Berlusconi Emilio Fede, o Andreotti Evangelisti. Paragoni forse impropri, visto che tra Conte e Travaglio non si sa chi sia il capo e il portavoce, visto che la linea quasi sempre la detta il direttore con le sue articolesse anticipatrici delle mosse dell’ex premier ora in procinto di diventare vice Elevato. Ma insomma, la simbiosi tra i due protagonisti dell’epopea politico-mediatica del grillismo è tale che l’imbarazzata smentita uscita ieri mattina sulle agenzie ha destato scalpore. Il Fatto in effetti l’aveva sparata grossa in apertura di giornale: «Conte: o si cambia o leviamo la fiducia». Un titolo che non ha rovinato la domenica a nessuno, perché ormai il campionario di penultimatum a Cinque Stelle è talmente ricco e variegato da averne ormai perso il conto, ma vederlo scorrere sulle rassegne stampa deve aver provocato un sussulto nello staff dell’avvocato del popolo, che è corso ai ripari con una breve nota in cui si dice che «Conte non ha rilasciato interviste, né dichiarazioni, né virgolettati» e che «sta lavorando per trovare una mediazione sulla giustizia», lasciando però aperta l’ipotesi che dal suo entourage qualcuno abbia spifferato al quotidiano di riferimento piani d’azione che avrebbero dovuto restare nel perimetro delle segrete stanze.

La realtà è che Conte continua a considerare Draghi un usurpatore, e farebbe carte false per sfrattarlo da Palazzo Chigi approfittando del semestre bianco, tanto che appena la ministra Dadone ha accennato all’ipotesi del ritiro della delegazione pentastellata dal governo subito si è pensato che dietro ci fosse la mano dell’ex premier. Tentativo deludente: nessuno se l’è filata. Del resto, la voglia di rivincita è frenata da due ragioni oggettive: da una parte il peso specifico del premier, praticamente inamovibile perché la sua caduta provocherebbe un cataclisma politico e la fibrillazione dello spread; e dall’altra il corpaccione parlamentare grillino, diviso in fazioni ma che, quando si è trattato di scegliere tra il sacro fuoco dei principi e il posto in Parlamento, non ha mai avuto dubbi ammainando tutte le bandiere e piegandosi ad ogni possibile giravolta. E anche i duri e puri che se ne sono andati lo hanno fatto quasi tutti o per aver perso il ministero o per non aver ottenuto nemmeno uno strapuntino nel passaggio dal governo gialloverde a quello rossogiallo.

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Le parole della vergogna di Travaglio: figlio di papà che non capisce nulla. Ma Draghi ha perso il padre a 15 anni

lunedì, Luglio 26th, 2021

Marco Travaglio non ha mai avuto in simpatia il governo di Mario Draghi e non perde occasione di attaccare il Premier sin dalla caduta dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Ma durante la festa di Articolo uno, partito di cui è segretario Roberto Speranza, il direttore de Il Fatto Quotidiano ha usato parole fortissime nei confronti dell’ex banchiere centrale europeo: “Hanno buttato giù Conte. Avevano fatto degli errori, ma non li hanno mandati via per i loro errori, li hanno mandati via per i loro meriti e hanno messo al loro posto l’esatta antitesi, che è un figlio di papà, un curriculum ambulante, uno che visto che ha fatto bene il banchiere europeo ci hanno raccontato che allora è competente in materia di sanità, di giustizia, di vaccini eccetera. Mentre in realtà, e mi spiace dirlo, non capisce un ca**o. Né di giustizia, né di sociale, né di sanità. Capisce di finanza, ma non esiste l’onniscienza o la scienza infusa. E non ha neanche l’umiltà a furia di leggere che è competente su tutti i rami dello scibile umano”.

Travaglio però ha scordato che all’età di 15 anni Draghi perse il padre e all’età di 19 anni rimase orfano anche della madre, con una sorella del padre che si prenderà cura di lui e dei suoi fratelli. Queste parole della vergogna su una persona che probabilmente avrà sofferto per il doppio lutto in età giovanile hanno pure portato agli applausi della platea della festa del partito: forse dimenticano che anche Speranza e i suoi appoggiano il governo Draghi, che appunto ha confermato il segretario di Articolo uno come Ministro della Salute, uno dei ruoli più importanti in un esecutivo chiamato a gestire una pandemia.

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Sergio Abrignani: “Vaccini, servirebbe l’obbligo sopra 12 anni. Il Green Pass va usato ovunque sia utile”

lunedì, Luglio 26th, 2021

FRANCESCO RIGATELLI

MILANO. Sergio Abrignani, professore ordinario di Immunologia all’Università Statale di Milano e membro del Cts, affronta in questa intervista i temi della vaccinazione, auspicando «l’obbligo per tutti i cittadini dai 12 anni in su» e l’allargamento del Green Pass a «ogni luogo dove le persone possano contagiarsi».

Come procede la campagna?
«Bene, va riconosciuto il grande lavoro del generale Figliuolo e della sua squadra per cui metà degli italiani ha ricevuto due dosi. Entro ottobre dovrebbero essere coperti 45 milioni di cittadini. Resterebbero circa 5 milioni da convincere, più la metà stimabile dei 12-18enni e gli 0-11enni, per cui l’autorizzazione dovrebbe arrivare a fine anno». Si parla di vaccini porta a porta, ma non è più sicuro vaccinarsi al centro vaccinale?
«Il generale Figliuolo sta studiando qualcosa in tal senso, ma in ogni caso ci sarebbe un medico con l’occorrente per l’emergenza: non serve molto, il peggio può essere uno shock anafilattico».

In campo sono rimasti Pfizer e Moderna, cosa è successo?
«Sono più efficaci, in particolare contro le varianti Alpha e Delta, e i vaccini a vettore virale hanno rarissimi effetti collaterali sotto ai 60 anni, infatti da quando AstraZeneca e Johnson&Johnson sono stati dati agli anziani non ci sono stati altri problemi».

I vaccini attuali rischiano di diventare obsoleti?
«La variante Delta porta a una perdita di efficacia della prima dose, ma le due dosi coprono ancora moltissimo».

Potrebbe servire una terza dose?
«Sì, se decadesse la memoria immunitaria o comparisse una variante non riconosciuta dai vaccini, ma al momento no».

Ci sono novità sulla durata dell’immunità?
«Si sta verificando quanti dei vaccinati negli studi clinici dell’estate scorsa si reinfettino. È il modo migliore per capire, perché non si sa quale parametro di immunità considerare per questi vaccini. L’idea comunque è che la protezione duri anni».

In certi casi può servire il test anticorpale?
«Ci sono tanti test e manca sempre il parametro di immunità, ma ha senso per valutare una terza dose per un paziente immunocompromesso, non per un anziano qualsiasi».

Di che vaccino sarà la terza dose?
«A Rna o a proteina come Novavax, che dovrebbe arrivare a fine anno. Non c’è nessun problema di combinazione, se non che tre dosi a vettore virale sarebbero meno efficaci, ma sempre senza effetti collaterali».

Perché per i guariti è necessaria una dose?
«Da tre a dodici mesi dalla guarigione è utile per garantire loro una maggiore copertura. Anche una seconda dose non gli farebbe male, ma non è necessaria perché la malattia gli ha già innescato il sistema immunitario».

Cosa pensa delle piazze No Pass?
«Non le capisco, forse sono una variante dei No Vax, che considero come gli evasori fiscali, perché beneficiano del servizio dell’immunità diffusa senza fare la loro parte. Se fossero dei veri libertari coglierebbero che il Green Pass serve a non chiudere le attività economiche».

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Il signor Conte sul saliscendi

lunedì, Luglio 26th, 2021

MASSIMILIANO PANARARI

Panta rei, diceva Eraclito. E anche se l’attribuzione della massima resta tuttora incerta, di sicuro «tutto scorre». Anche nella politica italiana. Prendiamo, come esempio, il fenomeno di leadership politica più recente: il contismo. Il sondaggio di Alessandra Ghisleri per La Stampa del 3 luglio scorso accreditava un potenziale partito personale di Giuseppe Conte del 10% delle intenzioni di voto. Mentre, soltanto tre settimane dopo, sempre le rilevazioni di Euromedia Research indicano un marcato incremento dello scetticismo nei confronti della sua capacità di guida (con l’eccezione dei simpatizzanti pentastellati, che continuano a considerarlo il proprio punto di riferimento). Una vera e propria altalena politica (ed emozionale, dal momento che viviamo nell’epoca dell’opinione pubblica convertitasi in emozione pubblica). E il segno del fatto che, nell’opinione diffusa degli elettori italiani, la star (e «sesta stella») dei 5 Stelle risulta appannata, e il duello con Beppe Grillo, nonostante l’ipermediatico «attovagliamento della pace», ha lasciato strascichi e una scia di dubbi sulla solidità della tregua tra i due contendenti. E, così, l’ex premier che aveva vinto «ai punti» con il Garante – peraltro, ancora in attesa della ratifica della nomina a presidente del Movimento sulla nuova piattaforma che ha scalzato la mitologica Rousseau – si ritrova alle prese con una repentina caduta di popolarità. Ovvero la «polizza vita» più importante per assicurarsi la prosecuzione della carriera politica, nonché la risorsa su cui molto puntava anche l’alleato Pd. All’insegna di una concezione aritmetica della politica, piuttosto tradizionale, che da qualche tempo a questa parte deve, però, fare i conti con la volatilità dell’elettorato, cresciuta anche in Paesi come l’Italia che ha identificato a lungo uno dei modelli per antonomasia di cristallizzazione delle preferenze elettorali. Anche il contismo può allora venire classificato sotto la categoria recente di «leadership a intermittenza», la cui parabola, al passare del tempo, si fa sempre più rapida. E tende a consumarsi via via più velocemente dopo avere conosciuto la fase dei propri fasti. Un processo a tutti gli effetti, che sta diventando strutturale, e quindi non ha investito soltanto Conte – basti pensare al «volo di Icaro» di Matteo Renzi, e proprio in queste ultime settimane a quanto sta accadendo anche all’altro Matteo (Salvini). Se si vuole spendere l’etichetta di «Terza Repubblica», un fattore distintivo può essere individuato precisamente in questo trend, che costituisce uno strappo radicale rispetto all’abituale longevità dei capi politici della Prima (e che rompe anche con certi meccanismi di costruzione del consenso della Seconda). Senza poter contare sulla potenza di fuoco della presidenza del Consiglio e dell’apparato propagandistico a pieno regime di Rocco Casalino, i sondaggi di Conte si stanno dunque sgonfiando.

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