Archive for Luglio, 2021

Recovery a prova di Tar: i ricorsi non fermeranno i cantieri pagati dall’Ue

domenica, Luglio 25th, 2021

Luigi Grassia

Niente “sospensive” per fermare le opere pubbliche legate al Pnrr: un ricorso al Tar non sarà sufficiente a interrompere i lavori, grazie a una norma aggiunta all’ultimo minuto al decreto Recovery appena approvato alla Camera. Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta sottolinea che così l’Italia «potrà procedere in velocità» e che il Paese «ora ha le carte in regola per ottenere l’anticipo di 25 miliardi di risorse dell’Unione europea» (probabilmente nel giro di due-tre settimane, come annunciato dal Commissario europeo al bilancio Johannes Hahn).

Il ricorso al Tribunale amministrativo è spesso usato dalle aziende sconfitte nelle gare per rimetterne in discussione l’esito, o almeno per ottenere un subappalto; nelle more, i lavori si bloccano, o non partono affatto, anche per lunghissimo tempo. Ma ora i progetti del Piano concordato con l’Ue sono blindati: in caso di impugnazione degli atti sull’affidamento dei contratti, si applicheranno le disposizioni del processo amministrativo che riguardano le infrastrutture strategiche. Quindi, niente blocco dei cantieri mentre il procedimento legale va avanti.

Alla novità inserita direttamente nel decreto sta per aggiungersene un’altra, non legislativa, che renderà più facile ricorrere al Superbonus, già semplificato nella versione rivista e corretta, dalla Camera. «Per assicurare la massima operatività e l’uniforme applicazione delle semplificazioni su tutto il territorio nazionale», spiega il ministero della Pubblica amministrazione, verrà predisposto dll Dipartimento della Funzione pubblica, dalle Regioni, dall’Anci e da altre amministrazioni un modulo unificato, valido in tutto il territorio italiano, per la comunicazione de i lavori al Comune (Cila-Superbonus). Con il decreto, la Cila è diventata l’unico passo necessario per chiedere l’agevolazione al 110%. Il Parlamento ha infatti chiarito che, anche in caso di interventi strutturali, per procedere ai lavori di riqualificazione basterà la sola Comunicazione di inizio lavori e non servirà la Scia. In più, per le opere di “edilizia libera” nella Cila è richiesta la sola descrizione dell’intervento, mentre in caso di variazioni in corso d’opera basterà comunicarle a fine lavori, come integrazione della stessa Comunicazione originaria. Tra le semplificazioni figurano quelle che riguardano il cappotto termico, con la deroga alle distanze minime fra i palazzi, e i pannelli fotovoltaici che – purché integrati e non riflettenti – potranno essere montati anche nelle cosiddette Zone A delle città, cioè non i centri storici, spiega la presidente della Commissione attività produttive Martina Nardi, ma i quartieri inseriti comunque dal 1968 in quella classificazione.

In caso di errori formali, «che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo», non è prevista la decadenza delle agevolazioni. Invece nel caso di violazioni rilevanti ai fini delle erogazioni degli incentivi, la decadenza del beneficio si applica limitatamente al singolo intervento oggetto di irregolarità od omissione.

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Non scherziamo con la prescrizione

domenica, Luglio 25th, 2021

Vladimiro Zagrebelsky

La prescrizione dei reati è divenuta terreno di discussione in ambito politico, non solo per la fase in cui si trova la relativa riforma (Parlamento, dopo la deliberazione del Consiglio dei ministri), ma anche per i facili e contrapposti slogan che permettono all’una e all’altra forza politica di sventolare bandierine identitarie. Il livello del dibattito, quando semplicemente non è adeguato alla serietà del tema, è ora offeso dal prevalere di considerazioni puramente politiche sui tempi e modi di risoluzione del garbuglio in cui il governo si è cacciato. Il governo e la sua eterogenea maggioranza -anche profondamente, ma senza averne la parvenza- stanno cercando di modificare gli effetti della legge che va sotto il nome del ministro Bonafede (di eliminazione della prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado). All’esito dei lavori della Commissione ministeriale Lattanzi, la soluzione adottata e portata in Consiglio dei ministri, come base di successivi affrettati interventi per consentire ai ministri 5Stelle di approvarla, consiste nell’aggiungere al decorso dei termini di prescrizione del reato, una specie di prescrizione del processo che conduce alla improcedibilità se il processo non si conclude entro due anni in appello e poi un anno in Cassazione. Quei termini sono allungati per certi reati (come la corruzione), ma definiti in astratto, senza considerazione della maggiore o minore gravità del fatto in concreto e della complessità dei processi che, caso per caso, li riguardano. Basta pensare a un processo per corruzione, che può vedere imputato chi è stato fotografato o sorpreso con la mazzetta in mano oppure un altro con uno o più imputati in una articolata vicenda di passaggi di denaro all’estero con difficili perizie finanziarie e necessità di collaborazione di stati esteri. E il giudizio della Corte europea dei diritti umani cui si pretende di richiamarsi, conformemente a ciò che suggerisce il buon senso, segue certo qualche automatismo nel definire i tempi ragionevoli, ma considera sempre le circostanze (complessità, interessi in gioco, ecc.) che rendono possibili tempi più brevi o giustificano tempi più lunghi.

In più il meccanismo adottato assegna un’importanza determinante all’operare delle Corti di appello, diverse delle quali sono ora ben lontane dal livello di efficienza richiesto per rimanere nei termini che la legge dovrebbe fissare. La conseguenza è che un imputato condannato in primo grado potrebbe facilmente vedere vanificata la sua sentenza con una sopravvenuta improcedibilità in appello, che lascerebbe senza risposta la domanda sulla innocenza o colpevolezza. E così un imputato assolto in primo grado con una sentenza appellata dal pubblico ministero. Se nei due anni non sopravvenisse la sentenza della Corte d’appello, la sentenza di assoluzione cadrebbe nel nulla della improcedibilità che colpirebbe il processo (anche se si prevede che l’imputato possa rinunciare allo scattare della improcedibilità). Il tutto mentre il reato in sé non è prescritto. Non prescritto, ma non giudicabile! Le conseguenze negative sono facilmente immaginabili sulla posizione dell’imputato e su quella delle parti offese: queste ultime costrette a sopportare una loro nuova corvée giudiziaria per ottenere soddisfazione.

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La velenosa demagogia negazionista

domenica, Luglio 25th, 2021

MASSIMO GIANNINI

Di fronte alle piazze anarcoidi e destrorse che urlano a vanvera “libertà”, le parole pronunciate da Mario Draghi dopo l’ultimo Consiglio dei ministri segnano un confine etico, politico, democratico del nostro tempo. Dire “chi invita a non vaccinarsi invita a morire” non è solo una messa in mora per chi, come Matteo Salvini, ha finora beatamente flirtato con il mondo no-vax. È anche una scossa alle coscienze di chi, per incompetenza o per diffidenza, ha ascoltato il canto delle sirene complottiste e ha preferito rifugiarsi nel limbo agnostico dell’attesa. Il premier inchioda i partiti alle loro responsabilità. E chiama gli italiani a una scelta di campo. Dopo un anno e mezzo di battaglia contro il virus dovremmo averlo capito: il vaccino è vita, il non-vaccino è morte. Fisica, civica, economica. Per questo la stagione degli opportunismi elettorali e degli equilibrismi lessicali è finita. O si sta di qua, o si sta di là. O si sta con quelle piazze, o si condannano senza appello.

L’operazione-verità dà qualche frutto. Ma non è abbastanza. Sul fronte politico si registra un’evoluzione. Le due destre, che cercano consensi danzando sotto il vulcano della pandemia, si avvicinano a Canossa. Salvini fa la prima dose, sia pure “auto-certificandosi” con un Qr-Code mentre beve un cappuccino. Meloni annuncia che la farà, sia pure tuonando contro il “terrore draghiano”. Sul fronte sociale si nota una polarizzazione. Da una parte c’è una spinta a vaccinarsi in una maggioranza silenziosa di indecisi, che adesso è finalmente in coda davanti agli hub. Dall’altra c’è una spinta a mobilitarsi in una minoranza rumorosa di irriducibili, che torna a berciare pericolosamente nelle piazze da Torino a Palermo.

Sappiamo bene quale delle due spinte sia più propulsiva: la prima può far ripartire il Paese, la seconda lo può affossare. In ogni senso. Lo prova il nuovo leader dei ribelli Ugo Mattei, intellettuale della Rive Gauche, già allievo di Rodotà e amico di Zagrebelski, che oggi pontifica contro la “dittatura sanitaria” insieme ai capetti neofascisti di Forza Nuova come ieri “Nuto Revelli combatteva a fianco di Edgardo Sogno”. Icastica conferma del perfetto Teorema-Odifreddi: da “No-Vax, No-Pass, No-Mask” a “No-Brain” il passo è davvero breve. La tesi che considera l’invito a non vaccinarsi equivalente a un invito a morire non ha solo fondamento politico, ma anche scientifico. Giuseppe Remuzzi, direttore del Mario Negri, spiega che oggi esistono “due epidemie”: quella dei vaccinati che è paragonabile a un’influenza, e quella dei non vaccinati che è un’infezione potenzialmente letale. Lo dicono tutti i responsabili delle terapie intensive, dal Sacco di Milano al Weill Cornell di New York: il 97 per cento dei ricoverati per Covid non è vaccinato. Dovrebbe essere pacifico, ma non lo è ancora. Per questo serve il Green Pass obbligatorio, e per questo il nostro giornale ne sostiene la necessità senza se e senza ma. Siamo ben consapevoli delle contraddizioni con le quali ci siamo arrivati, e lo diciamo al governo con serena chiarezza. Lamentarsi ancora per gli assembramenti, dopo aver consentito alle folle entusiaste di festeggiare la vittoria degli azzurri agli Europei per le strade di Roma, è quasi grottesco. Accusare ancora le regioni che obiettano o le discoteche che protestano, dopo aver ceduto con disonore le armi dell’ordine pubblico nell’impropria “Trattativa Stato-Bonucci”, è quasi offensivo.

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Il Viminale avvisa: adesso attenti al rischio del ribellismo giovanile

domenica, Luglio 25th, 2021

Francesco Grignetti

ROMA. Al ministero dell’Interno sono ormai diciotto mesi che si scrutano le piazze. Da quando è iniziata la pandemia, tutte le antenne della polizia si sono alzate. E naturalmente le manifestazioni di questi giorni, contro il Green Pass, non sono state sottovalutate. Anzi. Ma con le cautele del caso. Perché – spiegano – una mossa sbagliata nella gestione dell’ordine pubblico può causare danni irreparabili.

La giornata di ieri, ad esempio, con tantissime manifestazioni in giro per l’Italia, è archiviata con una certa soddisfazione. Ci sono state tensioni a Pescara. Un accenno di corteo non autorizzato a Roma, lungo via del Corso, è stato immediatamente congelato, e poi sfociato in un piano B verso la Rai. Intemperanze verbali a Genova e altrove. Ma il variegato mondo dei no-vax e dei no-mask, che ora si sta coagulando sul rifiuto del Green Pass, sostanzialmente ha potuto manifestare il suo dissenso, e pazienza se non sono state rispettate le norme sanitarie sul distanziamento sociale. Quel che conta, al Viminale, è che tutto sia filato abbastanza liscio.

Certo, la presenza dei gruppi extraparlamentari di estrema destra non è passata inosservata. Ma era nel conto. Così come le loro rivalità, che vedono CasaPound contrapporsi a Forza Nuova. «È almeno un anno – si dice – che dall’estrema destra tentano di cavalcare la tigre del disagio sociale e della rabbia. Finora però hanno avuto un ruolo sempre marginale».

La lettura dei fatti è quindi questa: nella società c’è una frangia di riottosi alle prescrizioni sanitarie, di cospirazionisti vari, di irriducibili no-vax. Questa frangia si sta agitando sempre più, mentre la stragrande maggioranza degli italiani risponde ordinatamente agli appelli. Succede anche in altri Paesi europei o negli Stati Uniti. Ed è fisiologico che sia così. Da noi, anzi, sono molto meno che altrove, non hanno la stessa forza, e sono meno aggressivi.

A qualcuno di essi, piacerebbe tanto emulare quel che accadde a Parigi con i gilet gialli o anche a Londra, Amsterdam, in Germania. Appena poche settimane fa, a Kassel, una città tedesca di appena duecentomila abitanti, ben ventimila no-vax sono scesi in piazza a protestare e in tanti si sono scontrati con la polizia. A Parigi, ieri, contro il Green Pass nella versione dura macroniana, erano in tantissimi.

Questa piazza, dunque, che viene definita «eterogenea», resta un brodo di coltura. Il timore più grande, come accadde qualche mese fa con la manifestazione dei ristoratori a Roma e a Firenze, che protestavano per i ritardi nei ristori, è l’infiltrazione di gang giovanili. Era accaduto un anno fa anche a Napoli. E s’è visto con una clamorosa giornata di tafferugli a Torino. Succede infatti che in piazze rumorose ma pacifiche, si infilino altre presenze. «C’è un ribellismo giovanile – dicono al Viminale – che non vede l’ora di venire alle mani».

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Covid, l’allarme della microbiologa: «È una fase molto delicata, non si scherza con il virus»

domenica, Luglio 25th, 2021

di Margherita De Bac

Paola Stefanelli, microbiologa, è una ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità e coordina la sorveglianza nazionale genomica sulle varianti di SARS-CoV-2

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«Proprio questi comportamenti vanno evitati: quando ci sono assembramenti, anche all’aperto, la mascherina va sempre indossata. È una fase delicata quella che stiamo vivendo, e non si può scherzare con il virus e con le varianti che ci sono in circolazione…».

Sa bene di cosa parla: Paola Stefanelli, microbiologa, è una ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità e coordina la sorveglianza nazionale genomica sulle varianti di SARS-CoV-2. Si è appena riunito un gruppo di 16 esperti della Commissione europea per le varianti di Sars-CoV-2, di cui lei fa parte in rappresentanza dell’Italia. È la prima volta che la Commissione istituisce un gruppo di lavoro specifico sul tema varianti.

Segno di speciale preoccupazione?
«Quella indicata come Delta ha avuto una diffusione straordinariamente veloce, nel giro di un mese è diventata dominante nel Regno Unito. In Italia sta accadendo lo stesso. È necessario prenderne coscienza. Soprattutto i giovani, che al momento sono i piu colpiti, devono mantenere comportamenti prudenti».

Ma secondo lei cosa devono fare?
«Vaccinarsi innanzitutto, pensando che a settembre riapriranno le scuole ed è bene evitare troppi rischi. È opportuno quindi che continuino a indossare in modo corretto le mascherine, specie nelle situazioni di assembramento».

Come quelle viste oggi in alcune piazze. Ma qual è il modo corretto?
«È importante che oltre alla bocca, coprano il naso. Si è visto che la variante Delta ha una carica elevata nel naso e nella gola dei positivi. Ha affinato la capacità di contagiare attraverso i recettori situati in questi organi. È anche per questa ragione che è molto più contagiosa della Alfa».

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Manifestazioni contro il green pass, il governo: così risale la curva e si rischiano nuove chiusure

domenica, Luglio 25th, 2021

di Fiorenza Sarzanini

I timori verso gli assembramenti non sono per l’ordine pubblico, ma per l’effetto sui contagi come avvenuto dopo gli Europei

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Accalcati e senza mascherina per sfidare le scelte politiche dell’esecutivo, ma soprattutto il Covid-19. Perché le oltre 20mila persone scese in piazza in tutta Italia per manifestare contro il green pass sono dichiaratamente «no vax» ed è soprattutto questo a preoccupare il governo. Perché — come già accaduto per i festeggiamenti dopo la vittoria della Nazionale agli Europei di calcio — questo tipo di assembramenti contribuisce in maniera forte a far risalire la curva epidemiologica. Lo hanno già dimostrato i dati dei contagi nella capitale che nell’ultima settimana si sono moltiplicati per i caroselli spontanei per l’Italia vittoriosa.

A Roma ieri è stata l’estrema destra di Forza Nuova e Casapound a fomentare la protesta, con un corteo non autorizzato che dal centro della città è arrivato fin sotto la sede della Rai. In altre decine di città alcuni militanti delle stesse formazioni, ma anche associazioni e gruppi spontanei di contrari ai vaccini che sembrano trovare ogni pretesto per la contestazione, hanno radunato migliaia di persone. La linea del governo è fin troppo esplicita: di fronte all’aumento dei casi positivi, l’unica strada percorribile è quella di nuove chiusure. Non a caso a palazzo Chigi si sottolinea come il cambio dei parametri per la classificazione delle fasce di rischio inserito nell’ultimo decreto, abbia comunque mantenuto come indicatori principali i ricoveri in area medica e terapia intensiva. La percentuale del tasso di occupazione dei posti è stata aumentata, ma continua a essere determinante per la scelta di misure da adottare contro la pandemia. Se negli ospedali i reparti ricominceranno a riempirsi, non ci sarà alternativa al ritorno di obblighi e divieti, coprifuoco compreso.
Al Viminale la situazione preoccupa soprattutto per quanto potrà accadere nei prossimi giorni. Nessuna delle manifestazioni organizzate ieri era stata infatti autorizzata.

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Green pass per treni, aerei e navi: entro agosto sarà obbligatorio

domenica, Luglio 25th, 2021

di Monica Guerzoni, Fiorenza Sarzanini

L’ipotesi in vista del rientro, a bordo con la prima dose o tampone . Sì alle visite dei familiari negli ospedali. Il nodo pubblico impiego

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Entro la fine di agosto il green pass potrebbe diventare obbligatorio per viaggiare su navi, aerei e treni. Il percorso del governo è deciso, già la prossima settimana sarà avviata la discussione sulle vaccinazioni del personale scolastico e dei lavoratori, ma si fisserà anche una data per imporre a chi utilizza i mezzi di trasporto a lunga percorrenza di salire a bordo solamente con la certificazione verde. L’obiettivo è evitare che – come accaduto la scorsa estate – al ritorno dalle vacanze possa impennarsi la curva epidemiologica. La scelta di non cominciare il 6 agosto, come per tutte le altre attività, è stata fatta per evitare disagi a chi aveva già prenotato e avrebbe rischiato di dover annullare i viaggi. Ma i dati dei contagi che mostrano una risalita veloce dovuta alle varianti, convincono i ministri sulla necessità di agire comunque entro un mese per fermare la nuova ondata in vista della ripresa di settembre ed evitare che gli studenti siano nuovamente costretti alla didattica a distanza. Anche per questo si è chiesto alle Regioni un piano di potenziamento del trasporto pubblico, in modo da consentire di lasciare la capienza dei mezzi al massimo all’80%. Il confronto è avviato, nelle prossime settimane si dovrà stilare la mappa delle città pronte a garantire a studenti e lavoratori di potersi muovere in sicurezza su autobus e metropolitane.

L’obbligo vaccinale

Sembra difficile che si possa arrivare all’obbligo vaccinale, ma la raccomandazione sarà fortissima, così come l’utilizzo di tutti gli strumenti normativi che isolino quelli che non ha intenzione di immunizzarsi o comunque non consentano loro di entrare in contatto con chi ha invece deciso di proteggersi dal Covid-19. Proprio come accaduto con il decreto approvato giovedì scorso che richiede la prima dose di vaccino – oppure la presentazione di un referto negativo del tampone effettuato nelle 48 ore precedenti – per andare nei locali al chiuso, svolgere attività sportiva nelle palestre e nelle piscine, assistere agli spettacoli, partecipare a eventi e convegni.

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Nessuno usi Falcone e Borsellino per attaccare la riforma Cartabia

sabato, Luglio 24th, 2021

Riccardo Mazzoni

«Falcone e Borsellino si saranno girati tre volte nella tomba a sentire questo tipo di riforma. Conoscendo l’integrità di questi grandi uomini morti in nome di un’idea, penso che non bisognava nemmeno avvicinarsi alla tomba, alla lapide di questi grandi uomini nel momento in cui si produce un sistema di norme che favorirà i faccendieri e i mafiosi». Parole definitive e musica da requiem della giustizia pronunciate in un’intervista dal procuratore Gratteri, il quale ha ovviamente tutto il diritto di esprimere i suoi dubbi sulla riforma Cartabia, ma farsi scudo di due simboli come Falcone e Borsellino, pretendendo di fornire un’interpretazione autentica del loro pensiero, significa trasformare quelle critiche in mera propaganda. Perché la loro concezione della giustizia è stata lontanissima dalla grancassa mediatica con cui il procuratore di Catanzaro ama accompagnare le sue inchieste, anzi le sue maxi-inchieste, compresa l’ultima, denominata «Rinascita Scott», ancora alla fase iniziale e i cui esiti sono tutti da definire, col rischio eventuale di finire come le precedenti, ossia con un ridimensionamento totale delle accuse e con un numero di condannati inversamente proporzionale al clamore suscitato. Come, per fare un solo esempio, quella dal suggestivo titolo «Marine», con 125 arrestati e sole otto condanne, di cui cinque per reati lievi.

La ministra Cartabia, finita nel mirino di alcune punte di diamante della magistratura, con la sponda scontata del Csm, per aver presentato una riforma che rimette in linea la giustizia col dettato costituzionale, forse dovrebbe regalare a Gratteri, come ha già fatto con l’ex ministro Bonafede, il libro che contiene la tesi di laurea di Falcone, che in tutta la sua carriera non smarrì mai la bussola del garantismo, anche quando nel 1983 fu chiamato a guidare il pool antimafia, il cui lavoro sarebbe approdato nel maxiprocesso alla mafia dell’87 che si concluse con 360 condanne, a dimostrazione della solidità dell’impianto accusatorio di un’inchiesta che per la prima volta riuscì a fare luce su un mondo di cui si conosceva l’esistenza, ma di cui non erano note la struttura, l’estensione, le ramificazioni e la dimensione internazionale. Falcone si pose per primo il problema della compatibilità delle maxi-inchieste con il processo di tipo accusatorio, avendo ben presente che il nuovo rito scoraggiava il ricorso ai maxiprocessi. Aveva insomma intuito che un uso eccessivo del reato associativo, come quello previsto dal 416 bis, «può generare fenomeni di abnorme gigantismo processuale e rischia di appiattire la valutazione delle responsabilità individuali».

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Burioni e l’intolleranza della ragione

sabato, Luglio 24th, 2021

Vittorio Macioce

È mattina presto e il virologo si sveglia nervoso. È tempo di sbeffeggiare la malacarne dei non vaccinati. Roberto Burioni ti ha fatto compagnia i primi giorni della pandemia con il suo Virus, la grande sfida. È un libro che vale la pena di leggere. Solo che anche lui ogni tanto non si riconosce. Questo accade quando il leone da tastiera acquartierato nelle sue viscere prende il sopravvento e batte veloce una manciata di caratteri. Il risultato è questo. «Propongo una colletta per pagare ai no vax gli abbonamenti Netflix per quando dal 5 agosto saranno agli arresti domiciliari chiusi in casa come dei sorci». Il virologo, sciagurato, controfirma.

Prima di lui ci ha pensato Ilaria Capua, che in televisione dichiara: «I no vax paghino il ricovero in ospedale». Lo dice come provocazione, ma si capisce che la considera una punizione efficace. Non si può essere troppo indulgenti con chi si mette dalla parte sbagliata della storia.

È l’intolleranza della ragione e sta diventando contagiosa. Non lascia quartiere. Non c’è tempo. Non c’è redenzione. Non contano i dubbi, le paure, le incertezze. Non si può essere recalcitranti. Questo vale per chi ne fa una questione ideologica e per chi sta nella zona grigia dei tentennanti. È una questione di fede.

Il dubbio è se l’approccio «puritano» sia quello più saggio. Il puritano si riferisce al governo delle teste rotonde di Oliver Cromwell. È l’idea che per il bene di tutti non ci può essere spazio per chi diserta. È davvero questa la strada per vaccinare il numero più alto di persone? È l’insolenza, il livore, la demonizzazione, il puntare l’indice con disprezzo verso chi non merita più il diritto di cittadinanza. È definirli sorci, come cavie da laboratorio, per alimentare ancora di più i sospetti. Magari no. Tutto questo finisce solo per rendere odioso il passaporto vaccinale. È ottusità che risponde a ottusità. È il tradimento degli scienziati.

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Draghi smonta l’asse gialloverde. L’accelerata per il semestre bianco

sabato, Luglio 24th, 2021

Pasquale Napolitano

Meno di un tempo (40 minuti appena) per chiudere la partita contro Lega e M5S. La doppietta del presidente del Consiglio Mario Draghi, nella conferenza stampa di giovedì sera, archivia i rigurgiti dell’era gialloverde. Un colpo a Matteo Salvini sul green pass, l’altro sulla Giustizia a Giuseppe Conte, leader in pectore del M5s. Risultato in cassaforte. Giovedì sera, poco dopo le 19, è ufficialmente iniziato il «semestre Draghi». Pancia a terra e pedalare: è questo il segnale che l’inquilino di Palazzo Chigi vuole lanciare a Lega e M5S. L’uno-due, «inaspettato», segna un cambio di passo per l’esecutivo. Basta distinguo e logoramenti. L’avvertimento, in vista dell’apertura del semestre bianco, arriva forte e chiaro alle orecchie di Salvini e Conte. Dal 3 agosto le Camere non potranno più essere sciolte per sei mesi, fino all’elezione del prossimo Capo dello Stato.

Draghi gioca d’anticipo e va all’attacco. Il timore che da settimane rimbalza tre le forze di maggioranza non cambia: l’inizio del semestre bianco, la certezza di non andare a elezioni anticipate, può far scattare il rompete le righe. La paura per Draghi è di finire nel Vietnam politico, tra posizionamenti e propaganda da parte di Lega, Pd e M5s. La trappola perfetta per condurre il governo su un binario morto. Uno scenario che spinge l’ex numero uno della Bce alle contromisure. Patti chiari e vita lunga al governo. L’asse gialloverde, Lega e Ms5, si è ricostituito nelle ultime settimane grazie alla lunga trattativa per l’introduzione dell’obbligo del green pass in Italia. Grillini e leghisti hanno giocato di sponda, provando ad alzare un muro contro una versione molto estensiva dell’utilizzo della certificazione verde. Draghi ha fatto di testa sua, senza cedere alla pressione gialloverde: via libera all’obbligo del green pass anche per bar e ristoranti. Demolito il fortino di Lega e Cinque stelle.

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