Archive for Gennaio 10th, 2022

Vignaroli spara col kalashnikov, la Raggi fa il tampone incappucciata: gaffe a 5 Stelle

lunedì, Gennaio 10th, 2022

di FRANCESCO GHIDETTI

Virginia Raggi in fila a Roma per il tampone
Virginia Raggi in fila a Roma per il tampone

Roma – Chiamale, se vuoi, figuracce. O gaffe. O, nel migliore dei casi, “bizzarre parole”. L’universo grillino, nonostante l’ultima spolverata moderata dell’ex premier Giuseppe Conte, ne ha collezionate milioni di milioni. Con la lingua e coi comportamenti. Ora c’è quello che spara col fucile a Malagrotta. O l’ex prima cittadina della Capitale che non s’è capito se ha fatto o no il vaccino e viene beccata (impietosamente) mentre, tutta imbacuccata e ansiosamente compulsante il cellulare, è in fila in una piazza del quartiere romano della Balduina per farsi un tampone. Per non parlare del parlamentare (oggi ex grillino) che, di fronte alle forze dell’ordine che bloccano una manifestazione non autorizzata dei No vax, scandisce (dopo aver minacciato azioni in Parlamento) “non è una manifestazione, ma una marcia. E la marcia è una disciplina olimpica”. Casi estremi, direte. Eppure, l’elenco è talmente lungo e antico che viene il dubbio: ma non sarà un problema di Dna? Ricordate il sanguinario dittatore Pinochet collocato in Venezuela invece che in Cile dall’allora vicepresidente della Camera Luigi Di Maio (peraltro già deboluccio sui congiuntivi o certo di aver sconfitto la povertà dal balcone di Palazzo Chigi?).

Del resto in pochi avranno dimenticato le celeberrime “scie chimiche“. Rammentate? C’erano aerei che volavano per emettere sostanze che cambiavano il clima. E poi c’era la (complicatissima) questione dei pomodori antigelo. Non facile da spiegare. Proviamoci. In sostanza, avrebbero fatto un pomodoro che non marcisce più incrociandolo col pesce (per la precisione merluzzo del mare del Nord) attraverso il Dna.
Per non parlare del deputato Paolo Bernini che teorizzò come, complotto dei complotti, negli Stati Uniti avrebbero inserito dei microchip nei corpi umani per tenere sotto controllo la popolazione. E l’ex deputata Tatiana Basilio che sosteneva l’esistenza delle sirene?

Certo, nessuno è al riparo da errori o gaffe. Magari anche chi le denuncia mettendo alla gogna il malcapitato, specie se personaggio pubblico. Però, tornando alla stretta attualità, c’è da dire che gli ultimi giorni non sono stati avari di notizie per l’appunto, bizzarre. Suscita un mare di polemiche (e richieste di dimissioni) il video postato su Facebook dal deputato grillino Stefano Vignaroli, 45 anni, presidente della Commissione parlamentare Ecomafie in cui spara colpi di kalashnikov uno dietro l’altro al poligono. In sottofondo scorrono le note di Mother Russia degli Iron Maiden, band di spicco della musica “dura“, l’heavy metal. C’è chi chiede a Vignaroli di dimettersi. Lui si difende e casca dalle nuvole: “Ero con gli istruttori del poligono di Malagrotta, tutto in perfetta sicurezza, non capisco questo clamore. Si tratta di mera retorica e non ho fatto nulla di cui vergognarmi”. L’esponente grillino ha un regolare porto d’armi, per la precisione.

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Sulla scuola due anni di bla bla. Il lunedì nero si poteva evitare

lunedì, Gennaio 10th, 2022

di GABRIELE CANÈ

Partiamo da una osservazione, quasi un’ovvietà: non c’è organizzazione della nostra società altrettanto complessa della scuola. Istituzione fatta di strutture materiali, personale di diverse categorie, oltre a elementi non trascurabili come gli alunni e le loro famiglie, variabile quest’ultima spesso più incontrollabile di una Omicron. Istituzione attorno a cui ruota in stretta connessione il mondo dei trasporti, quello della sanità, per non parlare della politica. Se ci metti pure un’epidemia, è chiaro come il ritorno in aula porti con sé una quantità di problemi. Ma anche un interrogativo.

Né aule né FFp2 e molti docenti tifano Dad

Non era possibile fare in modo che questa quantità di problemi fosse minore, e che oggi si vivesse solo un giorno difficile e non quello dell’apocalisse? La risposta, onestamente, è si. Intanto ribadiamo che la scuola si fa a scuola (è successo anche in guerra) e che troppa didattica è già stata fatta a distanza. Un nodo che pare essere sfuggito agli ultimi governi. Che hanno provveduto ai banchi a rotelle, ma non agli impianti di areazione o a fornire le necessarie mascherine FFP2. Roba che costa, certo. Ma come disse Draghi, c’è il debito buono e quello cattivo. Questo sarebbe stato sicuramente buono. E se un nodo sono le cattedre vuote causa Covid, sono vuote sia per la presenza, sia per la Dad. O no?

Semmai c’è da osservare come il personale della scuola sia particolarmente fragile se i presidi ipotizzano 100 mila assenze (80 mila docenti) il 10 per cento di tutta la categoria. Può darsi che in questa fragilità giochi anche il dato che spesso ricorda l’economista Giuliano Cazzola: in Italia gli allievi sono soprattutto al Nord, e gli insegnanti vengono soprattutto dal Sud. Il che provoca difficili transumanze e altrettanto difficili rientri, in particolare in coda ai periodi festivi come questo.

False promesse. I bus supplementari nessuno li ha visti

Quanto a transumanze, anche gli studenti (e i pendolari) ne sanno qualcosa. Certo i mezzi pubblici non possono essere moltiplicati come i pani e i pesci; ma quei pochi autobus in più messi in servizio negli orari di punta, orari non a sorpresa, ma sempre quelli e sempre nelle stesse tratte, dunque programmabili, non hanno sciolto il nodo affollamento. Anche gli stuart alle fermate sono stati un filtro relativo. Insomma, diciamo che le arterie che hanno collegato casa e scuola sono rimaste troppo intasate, quasi a rischio collasso. Certamente a rischio pandemia

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Berlusconi inizia lo scouting per giocarsi la Presidenza della Repubblica

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Pietro De Leo

E da oggi parte la giostra. Sul serio. Silvio Berlusconi dovrebbe rientrare a Villa Grande, a Roma, per dare l’accelerata alla madre di tutte le battaglie, quella per la conquista del Quirinale. Anticipata da un bel colpo messo a segno ieri. Alla vigilia dell’accensione della ripresa politica, infatti, su “il Giornale” è comparsa un’intervista ad Antonio Lopez segretario del Partito Popolare Europeo.
Qualche assaggio: «Una presidenza di Silvio Berlusconi con un capo del governo come Mario Draghi sarebbe imbattibile e promuoverebbe l’Italia ancora più della già alta posizione di cui gode. Berlusconi e Draghi farebbero dell’Italia il Paese leader per motivi ovvi: dalla competenza al modo di fare». E ancora: «Silvio Berlusconi è senz’altro, e non da oggi, la più grande risorsa e massima competenza nei rapporti internazionali».
Parole che, oltre al tambur battente di Forza Italia a mezzo agenzie, suscitano il plauso del diretto interessato: «Grazie al mio amico Antonio Lopez per le parole che ha voluto riservarmi».

Non è in realtà la prima volta che dal Ppe arrivano parole di sostegno all’eventualità di un Berlusconi Capo di Stato, anche il Presidente Manfred Weber si era espresso in tal senso. Ma che la cosa possa aprire scenari di un protagonismo nuovo per l’Italia in campo internazionale lo suggerisce un’uscita del Presidente russo Vladimir Putin, qualche settimana fa, quando ha invocato un ruolo italiano per facilitare il dialogo tra Mosca e l’Occidente. In pratica un riferimento indiretto allo schema di Pratica di Mare, di cui Berlusconi fu realizzatore.
Questa è la prospettiva. Di mezzo c’è la partita da vincere. Con l’«operazione scoiattolo», nome in codice per l’opera di convincimento da esercitare, lavorando di telefono, sul mare magnum dei parlamentari del Misto, soprattutto quelli di provenienza pentastellata, iscritti o meno nelle componenti. Il termine deriva da un analogo tentativo che venne esperito all’inizio della legislatura, quando il centrodestra, avendo la maggior quota di consenso elettorale ma non avendo superato il 40%, aspirava a ricevere l’incarico per formare il governo e trovare in Parlamento i voti mancanti. Su quel punto si mossero le manovre preliminari, ma c’era un contesto del tutto diverso.

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Un Parlamento staccato dalla realtà genera l’inaccettabile stato d’emergenza

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Massimo Cacciari

L’elezione di un Presidente della Repubblica dovrebbe rappresentare una buona occasione per discutere sullo stato di salute della nostra democrazia, per ritornare a discuterne dopo tanti penosi fallimenti, con diagnosi e terapie che magari non avranno la fondatezza scientifica di cui in altri campi si possono vantare, ma qualche ragionevolezza magari sì. Di fronte al fatterello che un Parlamento non riesce ormai da oltre dieci anni a esprimere un premier che non venga de facto nominato dal Presidente della Repubblica è ancora possibile ripetere il mantra: «Signori, pazienza, tutto regolare, è il parlamentarismo, che volete»? Come quei disincantati uomini di mondo che davanti agli aspetti più odiosi di sfruttamento e ingiustizia che il villaggio globale presenta, alle nuove forme di controllo e dominio esercitate dal sistema economico-finanziario, ci ricordano che «è il capitalismo, bambini – non avete letto Karl Marx?».

Napolitano, in un memorabile discorso subito dimenticato, avvisò il Parlamento che eravamo giunti ai supplementari, che la sua impotenza a decidere avrebbe condotto per forza, senza una reazione profonda e consapevole, a un mutamento sostanziale delle forme di governo. Non solo nessuna reazione è avvenuta, ma le crisi successive hanno non spogliato, scorticato il Re.

Nessuna emergenza, che non sia forse una guerra-guerra, può giustificare lo stato di un Parlamento che non discute davvero neppure nel momento della conversione in legge dei decreti del Consiglio dei ministri. Credo che il futuro Presidente dovrà riprendere i moniti di Napolitano, chiedendosi tuttavia quali siano le cause storiche di una crisi tanto radicale. Io penso che esse stiano essenzialmente nello sfascio delle forme autonome di organizzazione della società civile, dei suoi corpi intermedi. Questi non sono riusciti a comprendere la grande trasformazione avvenuta a partire dalla fine della «guerra fredda» e a rappresentare le nuove faglie nel corpo sociale, le contraddizioni e i soggetti nuovi che ne emergevano. Una massa di individui non può partecipare realmente alla res publica, ai processi decisionali che la interessano. Una massa di individui può delegare e basta. Al Parlamento è finito con l’andare qualcuno di questa massa, e il Parlamento ha cessato di essere la scena di un confronto tra strategie e anche, perché no, visioni del mondo, confronto da cui soltanto possono nascere vere élite politiche. Mucchi di interessi particolari si rovesciano, senza mediazione, nel lavoro parlamentare – e la situazione può reggersi fino a quando non si presentano drammatiche emergenze, terrorismo una volta, crisi finanziaria un’altra, pandemia-endemia ora, e chissà cosa domani.

Allora l’impotenza si fa palese, interviene il Presidente, il Presidente cerca l’uomo forte, l’uomo forte decide, il Parlamento converte. Come può un Parlamento legiferare senza che le sue parti siano radicate nelle parti della società? Se manca questa relazione risulta inevitabile, e salutare a volte, la concentrazione del potere nell’Esecutivo.

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Presidente della Repubblica: scontri, veti, elezioni rinviate, perché la partita del Quirinale è decisiva

lunedì, Gennaio 10th, 2022

di Milena Gabanelli, Simona Ravizza e Alessandro Riggio

Ogni cittadino italiano che ha compiuto i 50 anni di età e che gode dei diritti civili e politici, e non ha subito nessuna interdizionedai pubblici uffici nei cinque anni precedenti, può essere candidato dai partiti alla Presidenza della Repubblica. Vuol dire che anche Silvio Berlusconi possiede tutti i requisiti di candidabilità, poiché l’11 maggio 2018 ha ottenuto dal Tribunale di Sorveglianza la riabilitazione che estingue ogni effetto penale della condanna. Resta semmai un tema di opportunità, ma in quanto tale non è regolamentata da leggi. Per essere eletto al primo turno ci vogliono 673 voti, ovvero i due terzi del Parlamento, integrato da 58 rappresentanti delle Regioni, che in totale fanno 1.009 votanti: per arrivare a questo numero va coperto con le elezioni supplettive di Roma (in calendario per il 16 gennaio) il posto alla Camera lasciato libero da Roberto Gualtieri, neosindaco della Capitale; e l’Aula del Senato deve convalidare il subentro del senatore Pd Fabio Porta a quello di Adriano Cario, dichiarato decaduto. Dal quarto scrutinio in poi basta la maggioranza, cioè 505 voti, che corrisponde alla metà più uno degli aventi diritto. In entrambi i casi indipendentemente dal numero di presenti. La carica dura sette anni, ed è incompatibile con qualsiasi altra.

I turni elettorali

Nella storia della Repubblica solo Francesco Cossiga e Carlo Azelio Ciampi sono stati eletti al primo turno con il 70% dei voti grazie a precedenti accordi bipartisan. Per il resto, i nomi dei candidati di bandiera proposti nei primi tre scrutini non sono mai andati a buon fine (tranne per Antonio Segni). In quattro casi si è arrivati alla quarta tornata: Luigi Einaudi, Giovanni Gronchi, Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella. Nelle altre cinque elezioni si è dovuti ricorrere a 6 votazioni per Napolitano bis, 9 per Antonio Segni, 16 per Sandro Pertini e Oscar Luigi Scalfaro, 21 per Giuseppe Saragat e 23 per Giovanni Leone. Gli impallinati dal proprio partito: 46 franchi tiratori hanno impedito nel 1948 l’elezione di Carlo Sforza, nel 1992 sono stati in 29 ad abbattere Arnaldo Forlani e in 101 contro Romano Prodi nel 2013. Soltanto Ciampi sale al Quirinale senza una precedente esperienza alle Camere, ma dopo essere stato premier e governatore della Banca d’Italia. Nessun leader di partito in carica al momento del voto è mai stato eletto Presidente.

I poteri

Sono 19 gli articoli della Costituzione che riguardano il Presidente della Repubblica e ne regolamentano i numerosi poteri. Vediamoli. Nomina: il Presidente del Consiglio e i ministri proposti dal premier; i senatori a vita; cinque giudici costituzionali; i segretari generali dei ministeri, i prefetti e gli alti gradi militari (anche se in quest’ultimo caso si tratta solo di ratificare decisioni nate in seno alle rispettive amministrazioni). Convoca e scioglie le Camere; promulga le leggi o le rinvia; comanda le forze armate; presiede il Csm; rappresenta l’Italia e l’unità nazionale; ha potere di grazia; manda messaggi al Parlamento per rimetterlo in riga. Il suo ruolo può essere interpretato in modo largo o stretto, dipende dalla personalità del singolo e dai partiti: più sono inconsistenti e più i poteri del Presidente si estendono. Li ripercorriamo con l’aiuto dei politologi Luca Verzichelli e Francesco Marangoni (Centro interuniversitario di ricerca sul cambiamento politico dell’Università di Siena) e Alice Cavalieri (Università di Torino).

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Draghi difende la stretta:“Frutto di dati scientifici, non compromesso politico”

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Ilario Lombardo

Alle sei di oggi pomeriggio Mario Draghi sarà seduto davanti alle telecamere e avrà accanto a sé il coordinatore del Cts Franco Locatelli e i ministri della Salute e della Scuola Roberto Speranza e Patrizio Bianchi. Il presidente del Consiglio tornerà a parlare dopo quasi venti giorni. Da quanto risulta, si è pentito di non averlo fatto subito dopo il via libera del Cdm al decreto che impone l’obbligo vaccinale agli over 50, una misura enorme per la vita privata e sociale degli italiani. Lo farà oggi, in una giornata cruciale perché milioni di studenti torneranno in classe dopo le vacanze e perché entreranno in vigore i divieti che colpiscono chi non ha il vaccino e il Super Green Pass, rilasciato solo dopo l’immunizzazione o la guarigione dal Covid. La composizione del tavolo dà immediatamente il senso della conferenza. Gli ultimi venti giorni sono stati travolgenti, la variante Omicron ha rimesso in discussione tutta l’architettura delle restrizioni anti Covid del governo, accelerando una nuova, ben più severa stretta contro i No Vax e a difesa delle terapie intensive.

Draghi, però, non si fa illusioni: a due settimane dalla prima votazione per il Quirinale sa che in un modo o nell’altro le domande ritorneranno martellanti su questo tema. Il premier, salvo ripensamenti, non dovrebbe aggiungere nulla di più rispetto a quanto già detto durante la conferenza stampa di fine anno, il 22 dicembre scorso. Né, come spera qualcuno all’interno anche dei partiti di maggioranza, intende tirarsi fuori dalla corsa al Colle. Quando lo fece sette anni fa, ricorda chi lo conosce bene, rilasciò una dichiarazione precisa in un momento preciso. Cosa che non dovrebbe fare oggi. Draghi parlerà delle misure dell’ultimo decreto, per spiegarle, contestualizzarle alla luce dell’andamento dei contagi, precisare che le scelte non sono state piegate dalle esigenze di mediazione politica, ma decise seguendo logiche scientifiche e in maniera collegiale tra capidelegazione dei partiti, ministri ed esperti della Salute.

È quello che sta dicendo da giorni ai suoi collaboratori, in risposta alle critiche per aver concesso troppo ai partiti, piovute anche dalla comunità scientifica – compresi membri del Cts –, e alle rimostranze di chi considera eccessivo il ricorso all’obbligo, seppur circoscritto dai 50 anni in su: «Va spiegato che i provvedimenti non sono stati dettati da un compromesso politico ma sulla base dei dati scientifici, per proteggere gli ospedali». Ma allo stesso tempo dirà che è forte il bisogno di non veder precipitare il Paese in un nuovo lockdown, che avrebbe depresso l’economia, sfibrato il tessuto sociale e gettato nella disperazione molti lavoratori.

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Ecco le regole nel giorno del Super Green Pass

lunedì, Gennaio 10th, 2022

FLAVIA AMABILE

ROMA. Sarà un rientro dalle vacanze di Natale amaro per oltre 5 milioni di italiani. Da oggi la loro vita sarà complicata dalla stretta decisa dal governo Draghi. Dovranno spostarsi a piedi o utilizzando mezzi privati, rinunciare a ristoranti, alberghi e tutte le attività sociali anche all’aperto. E da oggi per un mese il calendario di chi ha deciso di non vaccinarsi sarà costellato di scadenze con nuove restrizioni e divieti da rispettare. Sarà, quindi, un rientro al lavoro (per chi è andato in ferie) in molti casi a metà, sapendo che non tutto riaprirà. Per le assenze create da chi non ha il Green Pass ma non solo.

Sanzioni: cosa rischia chi non rispetta l’obbligo vaccinale e le regole sul green pass

L’aumento dei contagi che nelle ultiMe due settimane ha raggiunto cifre elevatissime farà rimanere a casa circa 100 mila lavoratori del personale scolastico, 250 mila studenti. Trenitalia ha comunicato la cancellazione di 180 treni regionali a partire da oggi, per un totale di 550 corse, a causa della diffusione dei contagi Omicron. Problemi anche per Autolinee Toscane, che gestisce il trasporto pubblico locale in tutta la regione: 632 autisti rimarranno a casa sui quasi 4 mila complessivi. E salgono a 15 le regioni in zona gialla con il passaggio di colore di Toscana, Emilia Romagna, Abruzzo e Valle d’Aosta, mentre la Lombardia rischia a breve di finire in arancione e non è la sola regione in questa condizione. Il premier Mario Draghi illustrerà oggi in conferenza stampa, con i ministri Roberto Speranza e Patrizio Bianchi, gli ultimi provvedimenti e proverà a chiarire e convincere i tanti che in questi giorni sono apparsi perplessi. 

Covid, vaccino obbligatorio per gli over 50: regole, sanzioni, validità e smartworking

Da oggi serve quasi ovunque: bus, metro, hotel e ristoranti
Da oggi la vita per i non vaccinati sarà molto più complicata. Il Green Pass rafforzato sarà obbligatorio ovunque, tranne che nei negozi e per i servizi essenziali. Sarà necessario quindi essere vaccinati o guariti per salire su treni, bus, metro e tutti gli altri mezzi di trasporto, mangiare nei locali all’aperto (oltre che in quelli al chiuso), per entrare in alberghi, andare a fiere, sagre, impianti sciistici, partecipare a feste legate a cerimonie civili o religiose, centri benessere all’aperto (al chiuso era già obbligatorio), centri culturali, centri sociali e ricreativi all’aperto.

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Djokovic, il pasticcio in Australia conferma: lui è il più forte, Federer e Nadal sono i più grandi

lunedì, Gennaio 10th, 2022

di Aldo Cazzullo

Il caso del Covid e Djokovic: Novak nel circuito non è amato, Nadal è universalmente ammirato, Federer è il dio del tennis. La ferocia del serbo attinge dallo stesso pozzo buio da cui vengono le follie antiscientifiche, le pallate al giudice di linea, la tigna no-Vax

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Se tutti quanti noi — che già così abbiamo le nostre fisime e le nostre asperità — avessimo vinto venti Slam, saremmo insopportabili pure a noi stessi. Ciò premesso, quel che sta accadendo in Australia aiuta a capire meglio chi siano i tre più grandi tennisti della storia, e quali fantasmi si portino dentro. Il tennis è il più cerebrale dei giochi. È un incrocio tra il pugilato e gli scacchi. Uno stupido può vincere la finale olimpica dei cento metri, può battere tutti i record del nuoto, può persino diventare un grande calciatore; ma non sarà mai un buon tennista.

Va da sé che Novak Djokovic (e non Novax Djokovid: nessuno è responsabile del nome che porta, e i nomi non si storpiano mai), Roger Federer e Rafael Nadal, immensi tennisti, sono anche uomini molto intelligenti. E allora perché? Perché Djokovic si è intestardito al punto da farsi rinchiudere in un centro per immigrati clandestini, e da esporsi a una brutta figura mondiale? Tutti sanno che nel circuito Djokovic non è amato.

Nessuno può raccontare di aver subito un torto o di aver ricevuto una cattiva parola da Nadal, che è universalmente ammirato ; al limite chi non lo conosce può trovarlo un po’ noioso (mentre nella vita quotidiana è delizioso e ama parlare anche degli argomenti che in pubblico evita, come la politica). Federer da giovane urlava in campo e spaccava le racchette; poi ha imparato a governare se stesso, e ha mostrato una precoce maturità, grazie anche a una moglie molto presente e a quattro figli (Nadal, oltre a pagare le tasse nel suo Paese, spende moltissimo per occuparsi dei bambini disagiati, ma figli suoi non ne ha ancora).

Djokovic fa l’amicone
, si congratula con gli avversari che lo battono — dopo l’eliminazione al primo turno dell’Olimpiade di Rio ha abbracciato Del Potro per mezzo minuto —, elogia i giornalisti, arringa il pubblico in almeno cinque lingue, va in tv da Fiorello, fa le imitazioni dei rivali, sa ridere pure di se stesso; ma talvolta non riesce a governare il proprio lato oscuro. L’infanzia difficile, le ombre della guerra, una costruzione più lenta e complessa rispetto a Roger e Rafa, la scoperta dei problemi e dei limiti del proprio corpo: molte cose possono averlo condizionato. Ma, soprattutto, Djokovic è un vero fighter; anzi, è un vero killer. Federer è il dio del tennis, Nadal il suo Prometeo. Federer gioca danzando grazie al proprio dono naturale, Nadal si è innalzato sino all’Olimpo grazie alla sua intelligenza superiore e alla sua straordinaria capacità di combattere. Ma Djokovic in campo è il più feroce. Quello che gioca i punti importanti con lucidità chirurgica. Che al Foro Italico annulla un match-point (sempre a Del Potro) con una palla corta millimetrica. Una ferocia cui attinge dallo stesso pozzo buio da cui vengono le follie antiscientifiche, le pallate al giudice di linea, la tigna No-Vax che l’ha portato prima a prendersi il Covid in un assurdo torneo auto-organizzato in piena pandemia, poi a cacciarsi nel pasticcio australiano.

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Djokovic vince la causa: restituito il visto, ora spera di poter giocare gli Open. Ma il giudice può ancora ordinare l’espulsione

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Il giudice australiano Anthony Kelly ha annullato la decisione del governo di non concedere il visto di ingresso a Novak Djokovic in Australia. Pertanto il numero 1 del tennis Mondiale potrà difendere il suo titolo agli Australian Open, al via lunedì 17 gennaio a Melbourne.

La corte federale di Melbourne, poco prima, aveva concesso al tennista Novak Djokovic, secondo quanto affermano i media australiani, il permesso di lasciare Park Hotel, l’albergo adibito a centro per l’immigrazione dove è stato confinato, al fine di seguire l’udienza sul suo ricorso nuovamente aggiornata. Djokovic e i suoi sostenitori hanno lamentato le condizioni di alloggiamento simili a una “reclusione” nella struttura, già al centro mesi fa di polemiche e rivolte. Non è  stato reso noto quale sia la nuova, temporanea dimora in cui è stato trasferito. Intanto il giudice della corte di Melbourne, Anthony Kelly, considerato il prolungamento dell’udienza ha prorogato il termine che sospende il rimpatrio di Djokovic. 

La vicenda

I giudici hanno dunque stabilito che la star del tennis possa essere rilasciata dalla detenzione nel centro per immigrati, trovando “irragionevole” la decisione del governo di revocare il visto al campione serbo per entrare nel Paese. Il giudice Anthony Kelly ha ordinato il rilascio di Djokovic entro 30 minuti e il suo passaporto e altri documenti di viaggio gli sono stati restituiti, riaccendendo le possibilità del numero uno del mondo di vincere il 21esimo titolo del Grande Slam ai prossimi Australian Open. Tuttavia, gli avvocati del governo federale hanno detto alla Corte che il ministro dell’immigrazione del paese si riserva la possibilità di poter revocare nuovamente il visto di Djokovic.

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Djokovic, giudice australiano annulla la revoca del visto: potrà giocare gli Australian Open

lunedì, Gennaio 10th, 2022

Il giudice del tribunale di Melbourne, Anthony Kelly, ha annullato la decisione del governo di invalidare il visto di Novak Djokovic e ha ordinato il suo rilascio dalla quarantena. Al campione era stato negato la scorsa settimana il documento di ingresso nel Paese, perché non è vaccinato contro il Covid. La restituzione del visto significa che il tennista numero uno al mondo potrà giocare gli Australian Open, al via lunedì 17.

Secondo il magistrato, Djokovic ha fornito ai funzionari dell’aeroporto di Melbourne un’esenzione medica valida concessa da Tennis Australia. Il ministero dell’Interno australiano dovrà pagare le spese del tennista, come concordato o valutato. Tutti i suoi effetti personali, compreso il passaporto, si legge nel verdetto, devono essergli restituiti “non appena ragionevolmente possibile”. 

Governo valuta nuove decisioni

Un avvocato del governo, tuttavia, ha fatto sapere che l’Australia può ancora ordinare la sua espulsione dal Paese. Christopher Tran, legale che cura la causa per l’esecutivo, ha affermato che il ministro dell’Immigrazione si riserva il potere personale di espellere Djokovic dall’Australia. Se questo dovesse succedere, il serbo non potrebbe rientrare su suolo australiano per ben tre anni.

TGCOM

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