Archive for Gennaio 13th, 2022

Natalità, istruzione e meritocrazia: i tre ingredienti per l’Italia del futuro

giovedì, Gennaio 13th, 2022

Carlo Cottarelli

Nel mezzo di un’emergenza sanitaria che, seppure non comparabile per gravità a quella dell’anno scorso, non è ancora terminata e del delicato passaggio istituzionale dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica, è inevitabile che l’attenzione politica sia indirizzata a questioni di immediata rilevanza, come le decisioni del governo sugli obblighi vaccinali e le trattative per trovare un accordo sul successore di Mattarella.

In questa situazione, parrà strano se mi dilungo su tre problemi irrisolti della nostra economia e della nostra società. Sono problemi che solo in parte vengono affrontati dal Pnrr, ma che più di tanti altri influenzeranno le tendenze di medio termine del nostro Paese. Riguardano la nostra principale ricchezza, le persone.

Tasso di fertilità

Il primo problema riguarda il numero di persone. Poco prima di Natale l’Istat ha certificato il nuovo calo dei nati nel 2020. Il numero medio di figli per donna di cittadinanza italiana è sceso a 1,17, ma cala la natalità anche nelle famiglie con almeno un genitore straniero. Il declino è continuato nel 2021, quando i nati scenderanno sotto le 400.000 unità. L’Istat ha presentato a novembre il quadro demografico per i prossimi decenni: nel 2070 i residenti in Italia sarebbero meno di 48 milioni. Ma già ora stiamo subendo gli effetti di un calo che ha origini lontane.

Stanno ora raggiungendo l’età lavorativa le generazioni nate all’inizio degli Anni 90. Stanno uscendo quelle nate alla fine degli Anni 50. Lo squilibrio è impressionante. Il saldo tra chi è nato 64 anni fa e chi è nato vent’anni fa è intorno alle 350.000 unità all’anno. Questo saldo raggiungerà le 450.000 unità entro il 2029 rimanendo poi su questi livelli per almeno altri 10 anni.

Il problema non è solo la sostenibilità del sistema pensionistico e dei conti pubblici, ma riguarda l’attività produttiva. Si parla tanto della carenza di medici. Molti vanno in pensione e pochi entrano nella professione. Occorre certo aumentare il numero di borse per la formazione dei medici. Ma non mancano solo medici. Mancano, e mancheranno sempre più, anche ingegneri, insegnanti, idraulici, e così via, semplicemente per un fattore demografico. Il problema è stato alleviato in passato dall’aumento del tasso di occupazione rispetto alla metà degli Anni 90 e da un’immigrazione disordinata (quello che abbiamo visto sulle coste italiane negli ultimi anni è tutto tranne che una politica di immigrazione che è finora mancata).

Scarsi sono stati comunque i risultati in termini di aumento del tasso di fertilità. Occorre un piano specifico di medio-lungo termine che affronti il problema del calo tendenziale della forza lavoro in tutte le sue componenti (natalità, partecipazione al mondo del lavoro e immigrazione).

Serve più ricerca

Il secondo problema riguarda la conoscenza a disposizione delle persone. Per raggiungere il livello di spesa in ricerca e sviluppo della Francia, l’Italia avrebbe bisogno da parte pubblica di circa 5 miliardi addizionali annui rispetto al livello attuale (il doppio per raggiungere il livello della Germania).

Il Pnrr prevede maggiori spese per la componente “dalla ricerca all’impresa” ma solo circa 6 miliardi, da qui al 2026, andranno all’aumento della spesa pubblica per la ricerca, una cifra molto inferiore a quella prevista dal piano Amaldi che chiedeva un graduale ma sostanziale avvicinamento delle nostre spese in quest’area a quelle della Germania.

In generale, le risorse previste per i prossimi anni per la pubblica istruzione dovrebbero essere aumentate. Sarà fondamentale anche la riforma dell’istruzione che, seppure descritta in termini molto generici, deve essere approvata entro fine 2022 secondo il Pnrr.

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Cacciari: “Sul Covid dice bugie, ma Draghi deve restare alla guida del governo”

giovedì, Gennaio 13th, 2022

PAOLO GRISERI

Professore come sta? Effetti collaterali della terza dose?

«Sto bene, sto bene. Ma non è questo il punto. La mia salute non è argomento di discussione».

Qual è il punto?

«Il punto è l’irrazionalità di questa situazione. La gente non vuole capire che questa idolatria della terza dose è infondata».”

Lei l’ha appena fatta la terza dose…

«Certo che l’ho fatta. Io rispetto le leggi».

I no vax si sono arrabbiati con lei. Si sente un voltagabbana?

«Ma io non sono contro il vaccino. Sono contro questo modo di imporlo, sono contro l’obbligo a chi ha più di 50 anni. Ci sarà un motivo se siamo l’unico Paese al mondo ad imporre l’obbligo vaccinale?».

E se sbagliassero gli altri?

«Guardi i numeri degli altri. Sono peggiori dei nostri? O sono come i nostri? E allora se dopo gli obblighi in più che ci siamo imposti in questi mesi i dati ci mettono sullo stesso piano degli altri questo vuol dire che forse quegli obblighi non erano necessari».

Che cosa non la convince dell’obbligo alla terza dose?

«Io non sono un esperto. Mi affido agli scienziati come il professor Mariano Bizzarri che mettono in guardia dai possibili effetti collaterali della terza dose. Gli inviti alla prudenza vengono anche dall’interno del Cts e da migliaia di scienziati europei. E ci sono segnali di un aumento di ricoveri in terapia intensiva di pazienti con la terza dose».

Veramente in terapia intensiva finiscono in gran parte i non vaccinati. Il che, tra l’altro, dimostra che il vaccino qualche effetto ce l’ha…

«Oh, ma come lo devo dire che io non sono contro il vaccino?»

Sa, sembrava…

«Criticare l’obbligo vaccinale non vuol dire essere contro i vaccini, ma mettere in discussione il modo con cui vengono imposti dalla politica. Se uno critica il codice della strada non per questo è contrario alle automobili no?».

Lei pensa che la terza dose sia pericolosa?

«Penso che dobbiamo essere prudenti. Lo so anch’io che il vaccino protegge in parte dall’infezione e riduce la gravità della malattia. Ma si stanno registrando ricoveri in terapia intensiva di persone che sono vaccinate con la terza dose. E sono in aumento. Per questo non avrei imposto l’obbligo vaccinale».

Negli anni Sessanta, quando arrivò il vaccino contro la poliomielite, tutti fummo obbligati a vaccinarci e non si aprì alcun dibattito di alti principi sulla libertà dell’individuo. Come mai?

«Sempre, quando arriva una vaccinazione obbligatoria, quel dibattito si apre. Può avere una risonanza maggiore o minore ma in queste situazioni la discussione è inevitabile».

Una discussione un po’ accesa, non le pare?

«Siamo finiti in una situazione ingovernabile. Ci sono atteggiamenti irrazionali dall’una e dall’altra parte».

Beh, lasci dire, il suo compagno di strada Ugo Mattei non pare un esempio di moderazione..

«Mattei partecipa insieme ad altri all’attività del nostro centro DuPre, Dubbio e Precauzione, che prende posizione con comunicati dai toni moderati in cui esprime dei dubbi e non cavalca atteggiamenti estremi».

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I tanti no per Draghi al Colle, così la corsa del premier verso il Quirinale s’è frenata

giovedì, Gennaio 13th, 2022

Ilario Lombardo

La domanda da farsi, a ormai dieci giorni dall’apertura dei giochi sul Quirinale, è: perché nessuno si sta intestando apertamente la candidatura di Mario Draghi? Capovolgendo il quesito: perché tutti (o quasi, come vedremo) sembrano non volerlo là dove il diretto interessato ha fatto chiaramente capire di volersi trasferire?

Alla vigilia della votazione più enigmatica di sempre il caso Draghi resta un paradosso: è il principale candidato per il Colle ma nell’esercito dei grandi elettori che dovrebbero decretarne l’investitura non sembra avere il consenso necessario. È una fotografia temporanea, che consegna il clima di attesa e di strazio che regna in queste ore. La premessa, infatti, è d’obbligo: da qui a una settimana le condizioni politiche potrebbero cambiare e improvvisamente offrire una discesa inattesa agli eventi. Chi conosce la liturgia del Quirinale sa che tutto si decide all’ultimo, a elezioni già aperte. Ma per il momento, basta agganciare i pochi capannelli alla Camera o al Senato, parlare con i parlamentari, disincantati, smaniosi, rassegnati, oppure fare qualche telefonata ai leader o ai relativi uomini di fiducia, per essere sopraffatti dall’evidenza prepotente di questo dato di fatto: per Draghi la strada si è complicata, e di molto. Le ragioni sono semplici, ma non per tutti così semplici.

La prima è stranota. Draghi è una suggestione che si porta dietro troppi problemi. Sul premier che dovrebbe prendere il suo posto, sul format di governo che verrà dopo (politico o tecnico?), sulla maggioranza che sosterrà l’esecutivo. Il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti non si stanca di ripeterlo: «Qui in Parlamento Draghi non ha chance». Ogni giorno che passa e più ci si avvicina al giorno delle votazioni, il 24 gennaio, questo scenario mostra la sua problematicità, secondo Ceccanti. A un anno dal voto, con i contagi in costante aumento, con i gruppi spappolati e i parlamentari senza prospettiva di rielezione in un Parlamento che comunque sarà quasi la metà nella sua composizione, Draghi è considerato l’unica garanzia di sopravvivenza del governo ma soprattutto della legislatura.

Per due leader , più di altri, questo è uno scoglio non da poco. Giuseppe Conte ed Enrico Letta hanno capito di essere a rischio di ammutinamento interno. Entrambi ricordano quanto la mossa sbagliata sul Quirinale, nel 2013, costò la leadership del Pd a Pierluigi Bersani. Anche in quel caso il Parlamento si trovò in stallo totale e per uscirne dovette rivolgersi al presidente in carica Giorgio Napolitano, chiedendogli di restare. È la tesi di chi proverà a convincere Sergio Mattarella, nonostante il Capo dello Stato sia contrario a replicare il precedente.

Letta ha ceduto e ha ammesso che «il Mattarella bis sarebbe il massimo». Conte invece sembra voler rispettare anche nella forma le volontà del presidente e, spiegano fonti a lui vicine, non intende fare uno sgarbo a Draghi, creando un solco con il premier. In realtà non hanno valide e concrete alternative, da un punto di vista numerico, a Draghi (o a Mattarella). Detto questo, né lui né Letta hanno incoronato l’ex numero uno della Banca centrale europea. Conte, indebolito dal fronte parlamentare, attende la mossa del segretario del Pd, che a sua volta attende una decisione di Silvio Berlusconi. Il presidente di Forza Italia ha scombussolato i piani di tutti, frapponendosi tra Draghi e il Colle. Finché resterà in piedi il suo desiderio di essere eletto tredicesimo presidente della Repubblica italiana, finché l’illusione dell’aritmetica nelle prime quattro votazioni gli darà speranza, sarà complicato organizzare un piano B per gli alleati del centrodestra e far una mossa di senso politico compiuto per gli avversari.

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