Archive for Gennaio, 2022

Casini dice no a Palazzo Chigi. Draghi teme i veti dentro Pd e 5S

domenica, Gennaio 23rd, 2022

ILARIO LOMBARDO

Ora che Silvio Berlusconi ha definitivamente ritirato la sua candidatura per il Quirinale, lasciando il centrodestra a un passo dal disfacimento, le preoccupazioni di Palazzo Chigi sembrano tutte concentrarsi sull’altro fronte. Tra i giallorossi, dove ogni teorema politico deve fare i conti con l’ansia dei parlamentari.

Il passo indietro, tanto atteso, del leader di Forza Italia, non basta a facilitare il percorso. Certo aiuta, ma la percezione di caos che si avvertiva ieri è stata moltiplicata dalle reazioni all’annuncio di Berlusconi. Se anche il Pd e il M5S dovessero saldare il proprio no sul nome di Mario Draghi, in nome della continuità del governo e della legislatura, cercando, con la complicità di Matteo Salvini, un profilo alternativo al premier, le cose si metterebbero davvero male. Per questo serve, il prima possibile, una garanzia da offrire agli eletti, una prospettiva di sopravvivenza della legislatura. La prima mossa è stata compiuta nelle ultime 24 ore. Dal Pd hanno sondato la disponibilità di Pier Ferdinando Casini a vestire i panni del premier, ma da quanto risulta l’ex presidente della Camera ha già rifiutato. Troppo forte la tentazione del Quirinale, ed è una partita che Casini vuole giocarsi fino in fondo.

In queste ore, i collaboratori di Draghi stanno cercando di capire quali candidature credibili restano in piedi, dove si sposteranno i partiti, quanto sono divisi al loro interno e quanto i veti che sembrano accumularsi possano rivelarsi fatali per la candidatura al Colle del presidente del Consiglio.

Gli aggiornamenti che ricevono quotidianamente riportano i nomi e i cognomi di chi sta lavorando per il trasloco di Draghi al Quirinale e chi invece, anche all’interno della stessa forza politica, sta facendo di tutto per lasciare il premier al suo posto. A Palazzo Chigi, per esempio, non sono rimasti troppo sorpresi dalle notizie sull’attivismo di Dario Franceschini. Il ministro della Cultura del Pd, eterno candidato alla presidenza della Repubblica, è convintamente contrario al trasloco dell’ex presidente della Bce. E sta provando a renderglielo impossibile. Tra gli eletti del M5S e della Lega sono diverse le fonti che possono testimoniare di aver ricevuto una telefonata da un collega iscritto alla corrente di Franceschini che con toni allarmati suggerisce di tenere il governo in piedi così com’è: «Se votiamo Draghi invece non sapremo cosa succederà», è la sintesi riportata dai parlamentari.

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Letta e Conte, divisi alla meta

domenica, Gennaio 23rd, 2022

Annalisa Cuzzocrea

«Non hanno alcun diritto di imporre nomi o strategie», dice Enrico Letta. «Dopo quello che è successo oggi con il balletto delle dichiarazioni, la deflagrazione della coalizione di centrodestra è l’ennesima dimostrazione che non solo non sono maggioranza, ma sono anche profondamente divisi e lacerati».

Sembra quasi di sentirlo, il respiro di sollievo nelle parole del segretario Pd. Letta pensa che a questo punto l’unico negoziato percorribile – da fare insieme agli alleati di M5S e Leu – sia la ricerca di «un nome di alto profilo, super partes e largamente condiviso». Mentre ne parla, la figura che si staglia chiara sembra ancora quella del presidente del Consiglio Mario Draghi. Ma su questo, gli alleati del Movimento 5 stelle hanno molti più dubbi. Trasversali: vanno da Conte a Stefano Patuanelli a Paola Taverna. Solo Di Maio non ne è intaccato, solo il ministro degli Esteri pensa sia lì che bisogna andare.

È la ragione per cui Letta mette in campo prima di ogni cosa il patto di legislatura. E per la quale – dopo che ieri tutti i leader si sono sentiti con telefonate continue e incrociate – oggi vedrà per primo Matteo Renzi e poi, alle 10:30 del mattino, Giuseppe Conte e Roberto Speranza con i rispettivi capigruppo di Camera e Senato. Un incontro a 9, cui ne seguiranno altri con il segretario della Lega Matteo Salvini, con la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e con un emissario di Silvio Berlusconi, chiunque decida di mandare.

Il tutto per provare – ancora – a togliere dal campo tutte le ipotesi che i dem considerano irricevibili (Casellati, Pera, Moratti) e per sondare quanto siano davvero forti quelle cui sarebbe invece difficile dire di no, come Pier Ferdinando Casini. Ma anche, a questo punto appare chiarissimo, per parlare di come fare a far reggere la legislatura in ogni caso: che Draghi vada al Colle oppure no. Anche per come la partita del Quirinale ha svelato le differenze e le diffidenze interne alle coalizioni, torna con insistenza il tema di una legge elettorale proporzionale che possa liberare i partiti da matrimoni forzati (l’unica contraria sembra Giorgia Meloni, non a caso la più furente dopo il vertice di ieri). E poi c’è bisogno di parlare di un ipotetico nuovo governo, nel caso i nomi delle diverse parti continueranno a essere bruciati e si arrivi a un accordo in extremis sul premier.

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Stupro di Capodanno a Primavalle, “ecco chi è il nipote dell’ex premier”: un nome sconvolgente, cos’è successo quella notte

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Si fa sempre più intricata la vicenda dello stupro di Capodanno a Roma. Al centro delle indagini il festino in via del Podere Fiume a Primavalle, in cui una ragazza minorenne, figlia di un diplomatico spagnolo, ha denunciato una violenza sessuale di gruppo. Tra i testimoni ascoltati dai magistrati ci sarebbe anche – scrive Repubblica Simone Maria Ceresani, nipote dell’ex presidente del Consiglio Ciriaco De Mita.
Attualmente sono cinque gli indagati, tre i ragazzi sottoposti a misure cautelari. Ceresani è figlio di Cristiano e di Simona De Mita, figlia dell’ex premier. Il padre è stato capo di gabinetto del leghista Lorenzo Fontana. Fonti legali, comunque, smentiscono ogni suo coinvolgimento nella vicenda. Ceresani – secondo l’edizione romana di Repubblica – avrebbe raccontato che qualcuno gli ha puntato una pistola contro durante la festa. Anche se la circostanza sarebbe stata smentita dall’interessato, che ha detto di non aver avuto armi con sé quella sera. 
Stando ad altre testimonianze riportate dal quotidiano diretto da Maurizio Molinari, alla festa Ceresani avrebbe portato parte degli stupefacenti consumati durante la serata. Nelle carte dell’inchiesta si legge che lui avrebbe ammesso di aver “fatto uso di cocaina”, ma solo dopo averla chiesta a uno degli altri ragazzi alla festa.

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“Cessione del credito? Una volta sola”. Cosa può cambiare sul Superbonus

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Alessandro Ferro

Per evitare nuove truffe tramite il Superbonus, il governo ha ipotizzato di limitare la cessione dei crediti: si potrà fare soltanto una volta.

Ecco l’ipotesi

È ancora soltanto un’ipotesi ma i costruttori sono molto preoccupati: l’Ance e le organizzazioni artigiane gridano in coro “basta modifiche”. La bozza del decreto Sostegni, infatti, contiene la possibilità di modificare il capitolo che riguarda le frodi sui bonus edilizi, Superbonus compreso. I crediti che, al 7 febbraio, saranno già oggetto di cessione potranno procedere con un’altra. Come scrive l’Ansa, i contratti che violeranno le nuove norme saranno considerati nulli.

“Basta con i cambiamenti”

“L’ennesima modifica alle misure in corso, con il limite alla cessione dei crediti, rischia di bloccare le imprese e penalizzare le famiglie più bisognose. Non è così che si fermano le frodi”, commentano dall’Ance. “Basta con i continui cambiamenti. L’incertezza delle regole, anche con provvedimenti retroattivi, scoraggia il mercato e le imprese più serie”, afferma il presidente, Gabriele Buia. “Giusto l’obiettivo di contrastare le frodi”, sottolinea Buia, “ma non si possono colpire continuamente migliaia di cittadini e di imprese corrette impegnate in interventi di riqualificazione energetica e sismica, che ora dovranno necessariamente rivedere le condizioni contrattuali con i proprietari, generando migliaia di contenziosi e un blocco del mercato”.

“Incertezza sul mercato”

Dello stesso parere anche Marco Granelli, presidente di Confartigianato, il quale sottolinea infatti come “le continue modifiche creano incertezza sul mercato con l’effetto di bloccare le operazioni, anche quelle che non presentano profili patologici”. Limitare ad una sola cessione il trasferimento dei crediti, potrebbe provocare un rallentamento delle operazioni di acquisto anche da parte degli operatori finanziari ormai prossimi “al raggiungimento della loro capacità di ‘assorbimentò in compensazione dei crediti stessi”.

Come cambia il Superbonus 2022

Come ci siamo occupati sul Giornale.it, l’agevolazione è stata prorogata per altri due anni e sarà in vigore fino al 2023: dopodiché, come riporta il Corriere, nel 2024 l’aliquota scenderà al 70% e nel 2025 al 65%. Quel che più importa, comunque, riguarda l’agevolazione per chi decide di eseguire coibentazioni (cappotti termici), rinnovare gli impianti di riscaldamento e intervenire sulle parti strutturali. In tutti questi casi, si può tentare utilizzare il Superbonus per il miglioramento energetico o antisismico prorogato al 110% fino alla fine del 2023.

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Se la pensione non è un bene “primario”

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Francesco Maria Del Vigo

Da queste colonne – i lettori lo sanno bene – abbiamo sempre difeso i vaccini e continueremo a farlo senza alcuna esitazione. E abbiamo sostenuto che il green pass potesse essere il volano per convincere i cittadini più restii a sottoporsi alla vaccinazione, passaggio fondamentale per portare il Paese fuori dall’incubo della pandemia. E i numeri delle terapie intensive dimostrano, a chiunque non sia stolto o in malafede, quanto sia stato importante il lavoro di Figliuolo. Ma l’ultimo dpcm (e speriamo di liberarci e dimenticarci presto di questo orribile acronimo) raggiunge soglie di confusione al limite del delirio. E sappiamo bene che complicare le regole è il miglior modo per renderle inapplicabili e per aprire la strada a quei furbi che nelle giungle legislative piantano le tende delle loro illegalità. Dunque, dal primo febbraio occorrerà il green pass per entrare nella maggior parte dei negozi e degli esercizi commerciali. Ci sono alcune eccezioni: tra le quali i supermercati, le farmacie, gli ottici e i negozi che vendono il cibo per gli animali. Pare scontato (ma non lo è) precisare che si potrà entrare senza passaporto verde anche negli uffici di polizia e in quelli giudiziari per «attività istituzionali indifferibili». Volevamo anche vedere che una vecchietta scippata non potesse andare in Questura a denunciare il ladro perché non ha il green pass e che il ladro stesso, per il medesimo motivo, non potesse essere convocato per le indagini. Saremmo in quella terra di confine in cui la legislazione tracima nella psichiatria. Ma, badate bene, siamo a un passo. Perché senza green pass base non si potrà andare alle poste per ritirare la pensione. Come se non fosse un «servizio essenziale». Quindi, facciamo un caso estremo, un pensionato senza pass può andare a fare la spesa al supermercato e comprare quello che gli pare, ma non si sa con quale denaro, probabilmente con i risparmi di una vita, sicuramente non con i soldi della pensione che non ha potuto ritirare alle poste. Continuando sull’orlo del paradosso: lo Stato dà ai pensionati la possibilità di spendere soldi che non hanno più il diritto di ritirare.

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Covid, il Carnevale di Rio de Janeiro e San Paolo rinviato ad aprile. Lockdown a Samoa e Kiribati e l’Irlanda riduce le restrizioni

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Le sfilate del Carnevale di Rio de Janeiro e di San Paolo in Brasile sono state rinviate a causa della pandemia di Covid. Le autorità cercano di salvare il tradizionale carnevale, annullato a causa dei contagi lo scorso anno. Le sfilate dei carri previste dal 25 febbraio al primo marzo non saranno cancellate, ma solo rinviate al 21 aprile.

Rio de Janeiro e San Paolo, le due città più grandi del Brasile, avevano già annunciato la sospensione quest’anno del cosiddetto “carnevale di ru’a”, animato da comparse e bande che sfilano gratuitamente davanti a milioni di persone per le strade. Ora hanno scelto posticipare i festeggiamenti a un periodo in cui saranno «possibili migliori condizioni sanitari». Ora, si legge in un comunicato, «i comuni di Rio e di San Paolo hanno deciso di rinviare le sfilate delle scuole di samba» a causa «della situazione attuale della pandemia in Brasile e della necessità di preservare vite». Secondo le stime, nel 2020 ai festeggiamenti, che richiamano anche turisti europei e nordamericani, parteciparono almeno 7 milioni di persone. Lo scorso anno il Sambodromo, anziché ospitare carri e sfilate, fu utilizzato come centro vaccinazioni.

Il Brasile, uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia di Covid-19, ha registrato 166.539 nuovi contagi da coronavirus nelle ultime 24 ore. Numero che porta il numero medio di casi nell’ultima settimana al record di 117.797 al giorno. Si tratta della media giornaliera di contagi da Covid più alta dall’inizio della pandemia, 38 volte superiore a quella registrata meno di un mese fa, lo scorso 23 dicembre, quando, prima dell’arrivo della variante Omicron, il Brasile aveva visto i contagi scendere ai minimi da 20 mesi.

Il virus dilaga nel Pacifico, lockdown a Samoa e Kiribati
Le isole di Kiribati e Samoa sono entrate in lockdown oggi dopo una impennata di contagi da Covid dovuta ad arrivi dall’estero che hanno interrotto due anni quasi indenni dalla pandemia. Fino all’inizio di questo mese, Kiribati non aveva segnalato neanche un solo caso di Covid, mentre Samoa ne aveva registrati solo due dall’inizio della pandemia, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità. Ora le autorità di entrambi i Paesi sono state costrette a mettere in atto una serie di misure restrittive dopo che decine di passeggeri su un volo per Kiribati dalle Fiji, i primi ad arrivare nella nazione dalla riapertura dei confini, sono risultati positivi al virus. E a Samoa le restrizioni sono scattate dopo che i casi legati a un volo di rimpatrio da Brisbane sono saliti a 15, ha detto il primo ministro Fiame Naomi Mata’afa. Le restrizioni aumenteranno a partire da domani e tutti i contagiati, ritenuti affetti dalla variante Omicron, sono stati messi in quarantena, ha aggiunto.

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Se torna la paura dell’inflazione

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Pietro Garibaldi

“Quirinal game”, nel mercato del lavoro italiano si aggira un pericoloso spettro che si chiama inflazione e che quasi nessuno osa menzionare. L’Istat ha da poco certificato che a dicembre 2021 su base annuale (quindi rispetto al dicembre 2020) i prezzi sono aumentati di quasi il quattro per cento, un aumento che in Italia non si registrava da circa 25 anni, addirittura prima dell’introduzione dell’euro. L’aumento generalizzato dei prezzi- trainato da un’esplosione dei prodotti energetici – colpisce in prima battuta imprese e consumatori attraverso il caro bollette. Non a caso il governo sta preparando un provvedimento fiscale straordinario di due o tre miliardi per alleggerire le famiglie dagli effetti della stangata energetica. Se però l’aumento dei prezzi continuerà nei prossimi mesi, l’aumento generalizzato dei prezzi si estenderà a tutto il mercato del lavoro.

Il meccanismo e il problema che affronteremo sono semplici da descrivere mentre sono terribilmente difficili da risolvere. Per quel che riguarda le imprese, nel breve periodo l’aumento dei prezzi energetici si trasforma in un aumento dei costi di produzione e in una riduzione dei margini di profitto. Tuttavia, le imprese alla lunga hanno anche la possibilità di scaricare parte dell’aumento dei costi sull’aumento dei prezzi. Ovviamente l’aumento dei prezzi dei prodotti rischia di diminuire la domanda, ma rimane un meccanismo di aggiustamento disponibile. Nel caso dei lavoratori, invece, la stessa possibilità di auto-difesa non esiste. Per almeno 20 milioni di lavoratori italiani, l’aumento dei prezzi nel medio periodo finirà inevitabilmente per ridurre il potere d’acquisto di salari e stipendi. Per un dato contratto di lavoro, il lavoratore non ha infatti possibilità di chiedere alla propria impresa un risarcimento per il fatto che il potere d’acquisto del salario pattuito è stato eroso dal caro prezzi. Il silenzio dei sindacati su questi temi fa abbastanza rumore. E’ probabilmente un misto di silenzio e imbarazzo legati alla storia economica del nostro Paese.

Negli anni Settanta dopo le crisi petrolifere, in Italia fu introdotto un aggiustamento automatico dei salari ai prezzi che prese il nome di scala mobile. La storia ci insegna che il rischio di quell’aggiustamento automatico è la spirale “prezzi salari”. L’aumento dei salari necessario a restituire il potere d’acquisto dei lavoratori finisce per spingere le imprese ad aumentare nuovamente i prezzi, generando ulteriore inflazione e creando una rincorsa perversa tra prezzi e salari. Invece che controllare l’inflazione, l’indicizzazione finirebbe per sostenerla. Scartando quindi un meccanismo automatico, dobbiamo comunque porci il problema di come difendere i lavoratori da un’inflazione che – lo scongiuriamo tutti – potrebbe rimanere con noi nel medio periodo.

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Intrighi a Cinque stelle nella partita del Colle. Fraccaro rischia l’espulsione

sabato, Gennaio 22nd, 2022

Luca Monticelli

La corsa al Quirinale assomiglia ogni giorno di più a House of cards, la celebre serie tv sugli intrighi alla Casa Bianca, ma in salsa romana. L’ultima avvincente puntata la offre il Movimento 5 stelle con l’ex ministro e sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro che, come ha raccontato ieri La Stampa, avrebbe offerto a Matteo Salvini un pacchetto di voti di parlamentari per sostenere Giulio Tremonti. Non voti qualsiasi, ma quelli delle due correnti interne organizzate del Movimento: Parole guerriere di Dalila Nesci e Italia 2050 di Carlo Sibilia.

Il leader della Lega lo ha raccontato a Giuseppe Conte: un modo per apparire leale, da una parte. Ma anche per mostrargli che non ha il controllo dei gruppi parlamentari. E per quanto ora i due sottosegretari grillini si lamentino di essere stati tirati in ballo a loro insaputa e smentiscano le trame segrete, molti alla Camera non hanno fiducia in loro. «Per il Quirinale sosterrò il candidato espresso dal M5s, siamo compatti intorno al presidente Conte e alla sua linea», spiega Nesci. «Per me esistono solo le trattative portate avanti dal Movimento e da Conte», aggiunge Sibilia. Quanto a Fraccaro, non nega il vertice, ma spiega che la conversazione avrebbe riguardato «alcune ipotesi rispetto alle quali ho consigliato a Salvini di aprire un dialogo con Conte». Poi però aggiunge, dimostrando poco rispetto per le possibili decisioni del presidente M5S: «Draghi al Quirinale non lo voterò mai».

Salvini prova ad andargli incontro: «Con Fraccaro non ho mai parlato di numeri, voti o cose simili». Eppure, secondo più fonti, a Conte avrebbe riferito altro. Tanto che già giovedì sera, dopo il loro incontro, all’assemblea dei deputati, il capogruppo M5S Davide Crippa era intervenuto svelando il peccato, ma non il peccatore: «Sono arrabbiato per l’iniziativa di alcuni colleghi che senza mandato hanno preso contatti con altri».

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Pochi ritocchi al governo e squadra subito operativa, così Draghi tenta i partiti

sabato, Gennaio 22nd, 2022

ILARIO LOMBARDO

ROMA. È sul fattore tempo che Mario Draghi vorrebbe giocarsi le proprie chance per il Quirinale e, contemporaneamente, costruire il percorso che porterà i partiti a definire il governo che sarà. La scommessa sarebbe stata la prima votazione. Lunedì. Cioè tra poco più di 48 ore. Un traguardo ideale che a Palazzo Chigi sognavano di tagliare come prova dell’unità del Parlamento attorno al nome del premier. Ma il rischio di far finire l’ex banchiere incenerito dai franchi tiratori è troppo alto: faticare a raggiungere i 673 grandi elettori vorrebbe dire mettere la parola fine anche al governo. Tanto più che per chiudere presto sul nome di Draghi serve il via libera del centrodestra. E, ancora prima, quello di Silvio Berlusconi. L’attesa di cosa farà e cosa dirà il presidente di Fi rende il clima a Palazzo Chigi un po’ meno sereno del solito. Il fedelissimo del leader azzurro Gianni Letta ancora ieri ha provato a convincerlo a convergere su Draghi. L’ira funesta del presidente di FI è tutta nella categoricità sospetta con la quale il cerchio magico fino a tarda sera bocciava l’ipotesi Draghi. Siamo nei preamboli della tattica, nulla di preoccupante, ma potrebbe essere abbastanza per far evaporare il progetto di elezione immediata.

Ancora manca la mano che indicherà per prima il nome dell’attuale premier. Per questo serve qualche giorno in più. Anche solo uno, martedì. Per far maturare le trattative, curare le ferite all’ego di Berlusconi e convincere gli scettici, i tanti, troppi deputati e senatori che in cambio del sì a Draghi vogliono una chiara prospettiva di governo, che scacci l’incubo delle elezioni anticipate.

A Palazzo Chigi, però, avvertono anche un altro rischio. Quello di andare troppo in là. Secondo le regole di prevenzione anti-Covid, infatti, è previsto un solo voto al giorno. E più sono i giorni che passano più è probabile che risentimento e ripensamenti riprendano a lievitare. Bisogna chiudere entro la quarta, cioè giovedì, ragionano nell’entourage del presidente del Consiglio, quando i numeri diverranno più favorevoli e la maggioranza necessaria scenderà a 505 grandi elettori. Ancora meglio, sperano, sarebbe entro la terza, mercoledì: vorrebbe dire aver strappato simbolicamente il traguardo della scelta più condivisa possibile dai partiti.

Draghi tace e aspetta. Ma dà segnali precisi, che i leader cercano di interpretare. Le rassicurazioni arrivano dagli sherpa del premier, che raccolgono i timori, propongono schemi, si mostrano attenti. Ai ministri del Pd, come Andrea Orlando e Lorenzo Guerini, al segretario Enrico Letta e a Luigi Di Maio, che invece ha avuto occasione di confrontarsi con il presidente del Consiglio, è arrivata chiara l’impressione che i ritocchi alla squadra dovrebbero essere pochi. Anche perché «servirà un governo immediatamente operativo», spiegano gli uomini di fiducia del premier, che dovrà pianificare i progetti sul Piano nazionale di ripresa e resilienza che l’Europa attende entro giugno.

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È necessaria una prova di serietà

sabato, Gennaio 22nd, 2022

di Antonio Polito

Si tratta di individuare l’erede di Sergio Mattarella, e non è lavoro da tutti. Ci vuole un «cursus honorum». Ci vuole uno standing internazionale, ci vuole prestigio e autorevolezza. Si tratta di eleggere il successore di Mattarella senza dare il solito spettacolo di agguati, sgambetti, tradimenti

E leggete chi volete, ma non disperdete il piccolo capitale di serietà, credibilità, fiducia in sé stessa, che questa nazione ha accumulato negli ultimi due terribili anni. Verrebbe voglia di spedire una letterina ai 1009 elettori del prossimo capo dello Stato. Perché sì, è politica, è manovra, è potere, e non c’è niente di male, in fin dei conti il governo della «polis» è da sempre anche questo. Ma poi, alla fine, cari grandi elettori, dovrete innanzitutto e soprattutto scegliere chi «rappresenta l’unità nazionale», come dice l’articolo 87 della Costituzione. E lì non c’è manovra che tenga. Il dettato costituzionale non significa infatti soltanto che sarebbe meglio eleggere il presidente a grande maggioranza, così che nessun cittadino, o quasi, possa sentirsi escluso o penalizzato, e tutti possano fidarsi. Quella frase significa anche che la donna o l’uomo prescelti rappresenteranno di fronte al mondo l’Italia. L’Italia come è oggi. E, per la prima volta dopo tanto tempo, l’Italia è oggi vista nel mondo come un Paese che sta mostrando il suo valore, una «success story», se non addirittura un esempio da seguire: quasi un prodigio per chi da troppo tempo era considerato il «malato d’Europa».

L’asticella su cui verrà misurata la prova che attende il Parlamento è dunque posta più in alto che in passato: bisognerà che sia al livello di quella che sta offrendo il Paese. L’altissimo prezzo di vite umane e di dolore che abbiamo pagato quando la falce della pandemia ci ha colpito a sorpresa non è stato invano. Ci ha insegnato a reagire, e a muoverci velocemente. La campagna vaccinale prosegue con la speditezza e l’efficienza che siamo abituati a invidiare ai Paesi nordici. Così la quarta ondata, seppure micidiale, non ci ha sommerso come la prima e la seconda, e stavolta non abbiamo chiuso praticamente niente. Con tutte le polemiche che ha provocato, e qualche indiscutibile bizantinismo, il green pass è di gran lunga il miglior surrogato all’obbligo vaccinale finora sperimentato in Europa. Di conseguenza l’economia è in crescita. Il nostro prodotto interno lordo è aumentato nel 2021 del 6,3%, cifra record in Europa. Non è ancora una ripresa in grado di rassicurarci sul futuro occupazionale dei nostri figli, ma non è neanche «jobless»: nell’ultimo trimestre rilevato gli occupati sono aumentati di più di mezzo milione rispetto all’anno precedente.

Abbiamo finora fatto tutti i compiti a casa necessari per aver diritto all’erogazione dei fondi europei, e per quanto un’inflazione importata dall’aumento del costo dell’energia penda come una spada di Damocle sulle nostre speranze, sperare è di nuovo possibile. Sperare innanzitutto di curare le tante piaghe sociali, le sacche crescenti di povertà, l’assottigliarsi dei risparmi, gli effetti di troppi mesi di economia di guerra. Così i giornalisti stranieri che affluiscono in queste ore a Roma per l’elezione del capo dello Stato per una volta non ci chiedono come sia possibile avviare una svolta che inverta la marcia dell’Italia, ma piuttosto come evitarla, per proseguire sulla strada intrapresa.

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