Archive for Gennaio 11th, 2022

Morte David Sassoli, un retroscena straziante: “Qual è stata la sua ultima preoccupazione”

martedì, Gennaio 11th, 2022

Una morte che scuote l’Italia e l’Europa, quella di David Sassoli, scomparso nella notte all’età di 65 anni. Era il presidente del Parlamento europeo e recentemente aveva rivelato che non si sarebbe ricandidato. La morte è dovuta a “una grave complicanza dovuta ad una disfunzione del sistema immunitario“, così come aveva spiegato ieri, lunedì 10 gennaio, il suo portavoce, Roberto Cuillo.

Sassoli era ricoverato dallo scorso 26 dicembre, ma lo si è scoperto soltanto ieri. Sempre Cuillo, a SkyTg24, ha spiegato che la sua “ultima preoccupazione era stata qualche giorno fa che tutto funzionasse bene nel passaggio istituzionale tra un presidente e l’altro alla prossima plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo”.

Ovvio il cordoglio e i messaggi di solidarietà, a partire da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che si è detta “profondamente rattristata dalla morte di un grande europeo e italiano. David Sassoli è stato un giornalista appassionato, uno straordinario Presidente del Parlamento europeo e soprattutto un caro amico”, ha concluso.

Toccanti le parole che gli ha riservato Mario Calabresi, su Twitter: “Il sorriso di David Sassoli non era mai finto, impostato o di maniera. Ma significava apertura al mondo, curiosità di guardare oltre lo steccato e passione. Che dispiacere che ci abbia lasciato così presto”.

La solidarietà è ovviamente bipartisan. Da Matteo Salvini “una preghiera per David Sassoli”. Quindi Matteo Renzi: “Lo ricordo come un uomo appassionato, un europeista convinto, un servitore delle istituzioni. Riposi in pace”. Quindi le parole di Mario Draghi, che ne ha elogiato la “straordinaria passione civile e la capacità di ascolto”, definendolo “un simbolo di equilibro e umiltà”. E ancora, Giorgia Meloni: “È mancato, nella notte, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Una gran brava persona, un avversario leale, un uomo onesto. A nome del partito dei Conservatori e Riformisti europei e di Fratelli d’Italia esprimo sincere condoglianze alla sua famiglia e alla sua comunità politica”.

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“La minaccia dell’Aventino contro il Cavaliere? Per il Pd sarebbe solo un segnale di debolezza”

martedì, Gennaio 11th, 2022

Stefano Zurlo

Il fantasma dell’Aventino. L’uscita in massa dei grandi elettori del Pd per scongiurare l’avvento di Silvio Berlusconi. «Io credo che una mossa del genere sarebbe un segnale di debolezza, fragilità, mancanza di strategia da parte di Letta e del suo partito. Diciamola tutta – afferma Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale a Roma Tre – l’Aventino non ha mai portato bene, a partire dal ’24, quando le opposizioni abbandonarono l’aula lasciando campo libero a Mussolini per consolidare il proprio potere».

Ma così il Pd manderebbe un segnale preciso: Berlusconi non è il presidente di tutti.

«Sono considerazioni che di solito valgono un giorno, poi spesso vengono dimenticate – risponde Celotto che ha appena pubblicato un saggio delizioso, L’enigma della successione, Feltrinelli, un viaggio su e giù per i secoli e dietro le quinte di democrazie e regimi autoritari – Chi diventa capo dello Stato lo sarà anche di chi non lo ha votato o è uscito. Io piuttosto mi soffermerei su un altro elemento».

Quale?

«L’uscita dall’aula puó incidere sul voto? In altre parole può abbassare il quorum? Come tutti sanno l’asticella non si sposta: due terzi nelle prime tre votazioni, la maggioranza assoluta dei grandi elettori dalla quarta».

Quindi l’addio all’aula danneggerebbe solo chi se ne va?

«Io capisco che Letta voglia scoraggiare la discesa in campo di Berlusconi, ma allora tratti in parlamento, faccia sentire la sua voce, suggerisca il nome di un candidato. A due settimane dal voto è necessario dialogare, proporre, suggerire. Non sabotare o minacciare gesti estremi. Ma credo, spero, che si tratti solo di chiacchiere. In ogni caso, il voto per la presidenza della Repubblica è assai diverso da quello per il governo».

In quel caso le defezioni contano?

«Certo».

E infatti con questa tecnica Giulio Andreotti varò nel 1976 il governo della non sfiducia.

«Esatto. Ma in quel caso la nascita dell’esecutivo fu un capolavoro di sottigliezza politica e il frutto della collaborazione fra i due partiti più importanti: i parlamentari del Pci uscirono dall’aula o si astennero, così da abbassare il fatidico quorum. E Andreotti ottenne la fiducia anche se si trattava di un governo monocolore, con i voti della sola Dc».

C’è anche il rischio che i grandi elettori siano bloccati dal Covid. Meglio votare da remoto?

«Non c’è alcuna obiezione formale contro il voto da remoto, ma il nostro parlamento non mi pare attrezzato per questa soluzione».

E allora?

«Andiamo per gradi. Se ci sono positivi asintomatici ci si può organizzare, per esempio con un tendone all’aperto: fra l’altro, in quel caso il parlamento è solo un seggio elettorale».

Ma se i malati fossero cento o più?

«È chiaro che si porrebbe un problema concreto, ancora di più se il cluster colpisse un partito a discapito di un altro. In questo contesto, io sarei per il rinvio».

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Berlusconi a Roma riunisce il partito. E arriva l’aut aut: Draghi premier o si torna al voto

martedì, Gennaio 11th, 2022

Pier Francesco Borgia

Oggi Berlusconi sarà a Roma. L’idea è quella di preparare il vertice del centrodestra (in programma con ogni probabilità venerdì a Villa Grande) riunendo già domani i vertici del partito. Si parlerà del «nodo Quirinale» e soprattutto del futuro del governo Draghi. Ed è proprio sull’ipotesi di un passaggio al Colle dell’attuale premier che Forza Italia da giorni che ha espresso l’intenzione di sfilarsi da una maggioranza guidata da un altro presidente del Consiglio.

Lo stesso Berlusconi va ripetendo ai suoi: «Siamo entrati in un governo sostenuto da un’ampia maggioranza di cui il presidente Mario Draghi è il garante. Senza di lui si va necessariamente al voto». Il leader di Forza Italia non ha dubbi. Quella che un tempo era soltanto la legittima speranza di Giorgia Meloni (mandare Draghi al Colle per ritornare al più presto alle urne) ora diventa una supposizione molto credibile dal momento che Lega e Forza Italia si sfileranno da un governo che non rappresenterebbe l’unità (e lo spirito) dell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce.

Uno scenario, questo, che il leader azzurro non vede però come il più probabile. «Draghi – dice – a molti non piace e tanti non lo voterebbero comunque perché la sua elezione significherebbe elezioni anticipate, voto subito». Il riferimento più immediato è al piccolo esercito di parlamentari del gruppo Misto. Una fetta considerevole dell’elettorato attivo per il Quirinale, ago della bilancia rispetto ai due blocchi di centrodestra e centrosinistra. E da quelle parti non sono in molti a voler chiudere i conti in fretta con questa legislatura.

Anche Matteo Salvini ripete da giorni che Draghi è impegnato nel gestire una doppia emergenza (sanitaria ed economica) e che il suo posto resta a Palazzo Chigi. «Da tempo sto lavorando – aggiunge il leader del Carroccio – a individuare, grazie a contatti a 360 gradi, una personalità di alto profilo, di centrodestra. E sto lavorando soprattutto affinché questa scelta arrivi in tempi rapidi».

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Le mani dell’industria mineraria sui fondali dell’Oceano Pacifico

martedì, Gennaio 11th, 2022

Monica Perosino

Lo scorso novembre, alla conferenza sul clima di Glasgow, le parole dei delegati dei piccoli Stati insulari (Aosis), i primi condannati a scomparire a causa del riscaldamento globale, avevano commosso e colpito il mondo. Tutti ricordano l’appello di Simon Kofe, delle Tuvalu, Stato insulare polinesiano nell’Oceano Pacifico, che aveva inviato un videomessaggio al mondo con le gambe immerse nel mare fino alle ginocchia per denunciare i rischi legati al cambiamento climatico: «Per noi, per le piccole isole – aveva detto – si tratta di vita o di morte».

Oggi, proprio una di quelle piccole isole minacciate dall’azione dell’uomo sulla natura, potrebbe cambiare – in peggio – la storia. Nauru, un puntino di foresta e spiagge bianche nell’Oceano Pacifico meridionale, 20 chilometri di superficie e diecimila abitanti, sta per spostare ancora un po’ più in alto – meglio dire in basso – il limite di sfruttamento delle risorse naturali.

Il presidente di Nauru, Lionel Aingimea, che grazie a una clausola della convenzione Unclos ha il controllo esclusivo su 75mila chilometri quadrati di fondali nella zona nordpacifica di Clarion-Clipperton (tra le Hawaii e il Messico), ha deciso che era il momento di sfruttarli, questi fondali. E si avvia, con una sussidiaria di The Metals Co (ex DeepGreen), la Nauru Ocean Resources, ad avviare – secondo una complessa catena di richieste e permessi – il progetto mineriario entro 18 mesi. Se Nauru riuscisse, come sembra, a mettere in atto il progetto, enormi bulldozer potrebbero scendere nell’ecosistema più grande e ancora incontaminato del mondo, il fondale marino, con danni irreversibili all’ecosistema. L’unico stop potrebbe arrivare dall’Isa, l’autorità internazionale dei fondali marini, che ha 18 mesi, appunto, per completare il suo “codice minerario” e (che avanza estremamente a rilento) e bloccare il progetto, ma che in 30 anni non è riuscita a stabilire nemmeno le regole per le estrazioni in alto mare.

Dalle acque profonde si estrarrebbero cobalto, rame, nichel e manganese – materiali chiave delle batterie – da rocce delle dimensioni di una patata chiamate «noduli polimetallici» che si trovano sul fondo del mare a una profondità di 4-6 km, che verrebbero risucchiati usando enormi macchinari subacquei.

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Destini incrociati dei due presidenti

martedì, Gennaio 11th, 2022

Marcello Sorgi

Per quanto sibillino possa essere stato, dividendo i suoi osservatori tra chi sostiene che alla sua maniera, senza muovere un dito, abbia compiuto un’altra tappa di avvicinamento al Quirinale, e chi invece obietta che se ne sia allontanato, il Draghi apparso ieri sera in conferenza stampa era molto diverso da diciannove giorni fa, quando nell’appuntamento di fine anno aveva praticamente annunciato la sua candidatura al Colle. Serio, brusco, inflessibile fino all’eccesso nell’evitare le domande sul Quirinale. Costretto a un “atto riparatore”, come lui stesso l’ha definito, dopo l’inaccettabile silenzio seguito mercoledì alla decisione del Consiglio dei ministri di introdurre l’obbligo di vaccino per gli ultra cinquantenni. E fermo nel denunciare ancora una volta le responsabilità dei non vaccinati nella diffusione del virus e nella continuazione dell’emergenza.

Perfino il quadro descritto è del tutto differente da quello più rassicurante fornito prima di Natale. E non perché allora, nel riassumere una situazione tutto sommato sotto controllo, l’avesse sottovalutata. Ma perché in venti giorni tutti i sintomi della pandemia di sono aggravati, dal numero dei contagi in crescita esponenziale agli ospedali ormai in sofferenza, alla necessità di accelerare la campagna vaccinale tenendo aperti anche la notte gli hub dedicati alle somministrazioni. La linea del governo non cambia e il rigore anti-Dad tenuto sulla riapertura delle scuole in presenza lo conferma: Draghi è convinto che occorra fare di tutto per non rassegnarsi alle chiusure e per evitare di veder di nuovo avvitarsi l’economia italiana. Ma dietro questi impegni, convalidati nel corso della conferenza stampa dai ministri dell’Istruzione Bianchi e della Salute Speranza e dal capo del Cts Locatelli (il dato più inquietante: ricoverati negli ospedali ci sono ventitré no-vax per ogni vaccinato), Draghi ha ammesso che il clima nella maggioranza è mutato e la ricerca dell‘unanimità tra le diverse forze che sostengono il governo è più complicata. Lo sforzo che lo ha costretto per due giorni a mediare prima di varare l’ultimo decreto ha cercato di riportarlo – non sempre riuscendoci in modo convincente – al normale compito del presidente del Consiglio. “Il governo va avanti”, ha detto e ripetuto. Ma la strada è in salita.

Proprio perché non ha voluto affrontare, sfiorando talvolta un tono autoritario che non gli si addice, l’argomento Quirinale, le domande rimaste in sospeso dopo un’ora di botta e risposta giravano intorno a quello. È stato contrario a discuterne perché si ritiene ancora in corsa, o perché, avendone parlato, ha involontariamente dato la stura a tutte le reazioni contrarie all’ipotesi di una sua elezione? Per rispondere si può solo riprendere il filo del suo ragionamento. Se il 22 dicembre aveva disegnato un bilancio positivo del governo, aggiungendo che sarebbe potuto andare avanti “indipendentemente” da lui, stavolta ha elencato una serie di lavori in corso che rendono più difficile immaginare che di qui a due settimane – tante ne mancano al 24 gennaio in cui sono convocate le Camere in seduta comune per eleggere il Presidente della Repubblica – Draghi possa lasciare il timone a chicchessia senza preoccuparsi del contraccolpo che ne seguirebbe.

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Omincron spinge 5 milioni di italiani in smart working, consumi in picchiata

martedì, Gennaio 11th, 2022

PAOLO BARONI

Torna a impennarsi il lavoro da casa. Non solo aumenta il numero delle persone in smart working, ma questo si fa anche molto più intenso rispetto ai mesi scorsi. In parallelo, in questo inizio anno, i consumi degli italiani cadono a picco e si riducono drasticamente non solo gli spostamenti ma anche gli acquisti e soprattutto la frequentazione di bar e ristoranti. Omicron ha praticamente ritrascinato il Paese in un lockdown «di fatto» e il ritorno dalle vacanze invernali, quest’anno, è un «non rientro» segnala un sondaggio condotto da Ipsos per Confesercenti che la Stampa è in grado di anticipare. «Non siamo in un lockdown ufficiale perché non ci sono provvedimenti di chiusura generalizzati delle attività economiche. Ma purtroppo è innegabile che per tantissime imprese di fatto si sia già tornati in zona rossa» commenta la presidente Patrizia De Luise.

Solo metà in presenza

L’aumento dei contagi, stando al campione di 800 italiani rappresentativo della popolazione nazionale sondato per l’occasione da Ipsos, in queste settimane spinge il lavoro a distanza ai massimi livelli tanto che il 48% dei datori di lavoro del settore privato ha già deciso di proseguire con lo smart working, prevede di tornarci o di attivarlo a breve. Si tratta di una quota pari a circa 5,5 milioni di lavoratori, e di questi circa un milione (ovvero il 15%) inizia per la prima volta a lavorare a distanza. E lo fa in maniera a sempre più intensa: l’11% – oltre 600mila persone – lavora infatti esclusivamente da remoto, cui si aggiunge un altro 24% per cui lo smart working è davvero «strong» (visto che lavora in presenza solo una o due volte a settimana), mentre è «soft» per un altro 16% che presta la sua opera in presenza 3-4 volte in una settimana.

La paura del contagio

Si tratta di uno «stay-at-home» di massa, evidenzia insomma il sondaggio Ipsos realizzato lo scorso 5 gennaio, fenomeno che avrà un forte impatto sui pubblici esercizi nei centri città e nei quartieri di uffici e che Confesercenti arriva a stimare in 850 milioni di euro al mese di minori consumi.

Ovviamente, non sono solo i pubblici esercizi a soffrire. Il ritorno del clima di incertezza e della paura del contagio sta infatti tornando a incidere in maniera significativa su tutti i comportamenti degli italiani. Comportamenti personali, innanzitutto: nelle ultime due settimane il 57% ha infatti osservato più attentamente le distanze personali, in luoghi e trasporti pubblici; il 55% ha lavato più spesso mani/oggetti, il 40% ha limitato i contatti con i familiari, il 7% ha invece ridotto la frequenza dei figli a scuola/asilo.

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Ragazze aggredite in piazza Duomo, ecco il branco: 18 identificati tra Milano e Torino

martedì, Gennaio 11th, 2022

Perquisizioni sono in corso, tra Milano e Torino, a carico di 18 giovani ritenuti, a vario titolo, coinvolti nelle aggressioni a sfondo sessuale perpetrate ai danni di una decina di ragazze la notte di Capodanno, in piazza Duomo a Milano. Lo ha comunicato la Polizia di Stato. Si tratta, secondo le prime informazioni della Questura di Milano, di 15 ragazzi maggiorenni e di 3 minorenni, di età compresa tra i 15 e i 21 anni, sia stranieri sia italiani di origini nordafricane. L’attività investigativa, basata sulla visione delle immagini dei sistemi di sorveglianza, sulle testimonianze di passanti, sui racconti delle vittime nonché sull’analisi dei social network, ha condotto alle individuazioni dei presunti appartenenti al ‘branco’ di ragazzi che ha molestato sessualmente 9 ragazze.  L’inchiesta ha  chiamato in campo poliziotti specializzati nell’utilizzo di software per il riconoscimento facciale. Le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile della Questura di Milano e dal Commissariato Centro, e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano e della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, con la partecipazione dei poliziotti della sezione di Polizia giudiziaria milanese, della Squadra mobile della Questura di Torino e dei reparti Prevenzione crimine Lombardia e Piemonte .

LA STAMPA

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Draghi e il segnale al Parlamento sul Quirinale

martedì, Gennaio 11th, 2022

di Francesco Verderami

Nei primi mesi di governo, quando partecipava ai dibattiti parlamentari, attendeva di sentire quella formula fintamente elogiativa che un pezzo della sua maggioranza gli tributava ogni volta: «Lei si sta muovendo in continuità con l’azione del suo predecessore». Allora sorrideva e sussurrava: «Il solito giochetto di prestigio». Ieri il premier ha voluto confutare una volta per tutte questa tesi e rispondere a quanti nel Palazzo sostengono che, per pensare al Quirinale, abbia smesso di governare. Perciò ogni dato che ha presentato — dal calo dell’incidenza di mortalità per il virus alla ripresa dell’economia — è stato accompagnato dallo stesso inciso: «Al contrario del passato».

E c’è un motivo se è arrivato al punto di sottolineare il modo in cui ha imposto la decisione di riaprire le scuole, se ha ricordato che «anche sulla giustizia» aveva ricercato l’unanimità della sua vasta maggioranza: Draghi ha inteso così rivendicare il suo ruolo e il modo in cui lo esercita, e allo stesso tempo smentire di aver cambiato postura per rendere più agevole il suo cammino verso il Colle. Semmai ha cambiato approccio sul tema rispetto alla conferenza stampa di fine anno, quando — con toni inusuali — volle vedere quale reazione avrebbe suscitato nelle forze politiche. È vero che ieri si è formalmente trincerato dietro un «non posso rispondere», ma è anche vero che ha mandato un chiaro segnale al Parlamento. Lo ha fatto appellandosi «all’unità» e sottolineando come l’Italia abbia «saputo superare altri momenti difficili grazie alla collaborazione tra i cittadini e le istituzioni».

Per il Quirinale, l’ex presidente della Bce resta candidato senza esserlo. Lo sanno i partiti che pure avrebbero in mente altre scelte. Lo sa Berlusconi che poco prima della conferenza stampa del premier ha ribadito di non voler far parte di altri governi se non ci fosse più questo governo. Lo sanno Letta e i parlamentari del Pd, che nelle chat interne riversano la preoccupazione di chi vorrebbe evitare di votare Draghi e il timore di non sapere per chi altro votare. Lo sa Salvini, che vede spaccarsi il pezzo centrista della sua coalizione. Lo sanno Conte e il Movimento, che — per dirla con l’ex Di Battista — «pur essendo la forza di maggioranza relativa non è neppure in grado di esprimere un candidato».

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Mario Draghi e la direzione di marcia

martedì, Gennaio 11th, 2022

di   Massimo Franco

Per il momento, Mario Draghi fa il capo del governo. E fino a quando rimarrà a Palazzo Chigi, continuerà a farlo con un obiettivo rivendicato con orgoglio e, a tratti, con durezza: andare avanti con le vaccinazioni per tenere l’Italia aperta, a partire dalle scuole; e fare capire chiaramente ai no vax che il loro atteggiamento non danneggia solo loro: comporta costi alti per tutti, e sempre meno accettabili. Il premier non ha esorcizzato le diversità presenti nella sua coalizione. Anzi, le ha riconosciute, rivendicando la volontà e l’esigenza di mediare per arrivare all’unanimità: sempre, però, che la mediazione abbia un senso.

Un «atto riparatorio»: Draghi ha definito la sua conferenza stampa di ieri sera con parole inusuali, e chiedendo scusa per avere sottovalutato le attese di chi voleva capire la direzione di marcia dopo le decisioni del Consiglio dei ministri della settimana scorsa. Ma tanto è stato prodigo di spiegazioni su scuola, bollette, vaccini, fondi europei, quanto è stato prudente fino alla reticenza sulle voci che lo riguardano di qui a una manciata di giorni. «Non rispondo a domande su futuri sviluppi, sul Quirinale o altro», sono state la premessa e la promessa. E le ha mantenute.

L’intento evidente è stato quello di proteggere l’esecutivo dai contraccolpi di una confusione e di uno stallo crescenti sulla successione a Sergio Mattarella; di non concedere spazi a quanti lo aspettavano al varco per additarlo come premier insostituibile o candidato al Quirinale, magari col calcolo inconfessabile di escluderlo da entrambe le cariche. L’impressione è che Draghi si sia ancorato al presente per non compromettere i «futuri sviluppi» ai quali ha fatto cenno: dovunque possano portarlo.

Certamente, nel riferimento alla mediazione «se ha un senso», si può leggere in filigrana un avvertimento alle forze politiche: soprattutto a quelle che già minacciano di uscire dalla maggioranza se Draghi diventasse capo dello Stato. È sembrato un modo indiretto per dire che anche come premier sarebbe disposto a continuare soltanto se fosse salvaguardata l’unità di questi undici mesi; e che, pare di capire, considera essenziale in ogni passaggio istituzionale: tanto più in una fase come l’attuale. Lo ha fatto con un piglio sicuro, e insieme con la consapevolezza di essere accompagnato da malumori trasversali della propria coalizione.

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È morto David Sassoli, il presidente del Parlamento europeo aveva 65 anni

martedì, Gennaio 11th, 2022

di Laura Zangarini e redazione Online

Dal 26 dicembre era ricoverato in ospedale a causa di una grave complicanza dovuta ad una disfunzione del sistema immunitario

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Imagoeconomica

È morto David Sassoli . Il presidente del Parlamento Europeo è deceduto all’1.15 della notte, a 65 anni, a causa di una grave complicanza dovuta ad una disfunzione del sistema immunitario .

Era ricoverato dal 26 dicembre scorso nel centro oncologico di Aviano, in provincia di Pordenone. A dare la notizia del decesso il suo portavoce, Roberto Cuillo.

Lo scorso dicembre Sassoli aveva annunciato l’intenzione di non ricandidarsi alla guida del Parlamento europeo.

La sua «ultima preoccupazione era stata qualche giorno fa che tutto funzionasse bene nel passaggio istituzionale tra un presidente e l’altro alla prossima plenaria» del Parlamento europeo «a Strasburgo» ha detto Cuillo a Sky Tg24.

Giornalista, conduttore televisivo, vicedirettore del Tg1, Sassoli era entrato in politica come europarlamentare del Partito democratico nel 2009.

Appresa la notizia del ricovero, nella giornata di lunedì 10 gennaio, numerose erano state le manifestazioni di affetto espresse da tutto l’arco parlamentare, da rappresentanti delle istituzioni, colleghi di partito e amici in Europa e nel nostro Paese.

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è detta «profondamente rattristata dalla morte di un grande europeo e italiano. David Sassoli è stato un giornalista appassionato, uno straordinario Presidente del Parlamento europeo e soprattutto un caro amico». «I miei pensieri vanno alla sua famiglia. Riposa in pace, caro David» ha aggiunto, su Twitter.

L’ultimo messaggio pubblico di Sassoli è arrivato nella giornata di ieri, quando aveva voluto esprimere il «cordoglio» per la morte di Silvia Tortora, primogenita di Enzo Tortora e sorella di Gaia, che la vicedirettrice del Tg La7.

Nella notte tra il 14 e il 15 settembre scorsi, il presidente del Parlamento Ue era stato ricoverato a Strasburgo per una polmonite e non aveva potuto presiedere la seduta plenaria nella quale la presidente della Commissione Ue von der Leyen aveva pronunciato il discorso sullo stato dell’Unione. Sassoli in un video messaggio su Twitter aveva spiegato di essere stato «colpito in modo grave da una brutta polmonite da legionella: ho avuto febbre altissima, sono stato ricoverato all’ospedale di Strasburgo, poi sono rientrato in Italia per la convalescenza.

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