Archive for Febbraio, 2022

Meloni-Salvini distanti. “Serve un chiarimento”

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Fabrizio De Feo

La tensione resta alta. E lo scontro tra i partiti di centrodestra, generato dalle divisioni sulla strategia quirinalizia, non accenna a placarsi. Il giorno dopo l’appello alla pacificazione lanciato su Rtl da Matteo Salvini – «Un messaggio a Giorgia Meloni? Oggi è San Valentino, quindi non può che essere un dolce biglietto: superiamo incomprensioni, interessi di parte. La gente non vuole litigi e battibecchi. Sto lavorando con Berlusconi e Meloni perché solo uniti si vince» – arriva la replica non proprio condiscendente della leader di Fratelli d’Italia. «Per me c’è un problema di posizionamento, poi voglio bene a tutti e ho sempre lavorato per l’unità però credo che un chiarimento politico serva», chiede, suggerendo che l’esperienza di governo di unità nazionale stia facendo avvicinare gli alleati di centrodestra che sostengono Mario Draghi a Pd e Cinquestelle. «Non è un problema di incomprensioni, se così fosse, sarebbe più facile affrontarli» dice sempre a Non Stop News. «Io con Fratelli d’Italia lavoro per un centrodestra forte e orgoglioso che non rincorra le sirene della sinistra e su questo non abbiamo lo stesso punto di vista. Se si hanno alleati che prediligono l’alleanza di governo con Pd e M5s è un problema di merito, di posizionamento. Non è che non vado al governo col Pd perché mi sta antipatico Enrico Letta, non vado perché ritengo che il Pd abbia una visione diametralmente opposta o molto diversa dalla mia. Salvini dice noi abbiamo scelto l’Italia ma che vuol dire? Perché per me vuol dire portare avanti la visione di cui il centrodestra è portatore. La Lega non voleva l’obbligo vaccinale e c’è l’obbligo, era contraria al Green Pass e c’è, sono contrari all’immigrazione illegale e continuano a sbarcare migliaia di immigrati». E Francesco Lollobrigida aggiunge: «Nulla di personale con Salvini, ma serve chiarezza».

La replica del leader della Lega punta ad accendere i riflettori sulla fatica dello stare al governo contrapposta alla facile protesta di chi si trova all’opposizione. «Sto lavorando per ridurre le bollette di luce e gas. I chiarimenti li faccio con chi deve mettere dei soldi nelle tasche degli italiani non mi interessano le polemiche. Non commento le polemiche. Siamo in un governo che deve portare l’Italia fuori dalla pandemia, se qualcun altro preferisce stare fuori, faccia».

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Proteggere i salari dall’inflazione senza azzoppare le imprese si può. Ci sono due strade

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

In alcune aziende li chiamano “gli stipendi mangiati”. La busta paga dei lavoratori è la stessa, ma il valore di quello che si sono ritrovati in tasca negli ultimi mesi no. Con gli stessi soldi si comprano meno cose. A mangiare il potere d’acquisto è l’inflazione, che a gennaio è schizzata al 4,8%, mai così alta da 26 anni. E l’impoverimento è in un altro numero, quello della crescita dei salari, che corre molto più lento: in un anno, dal 2020 al 2021, è stata dello 0,6 per cento. Il saldo negativo di questo incrocio ha uno scudo, che è l’esclusione della componente energetica dal calcolo del salario all’interno dei contratti. Insomma le perdite per i lavoratori potevano essere molto più consistenti considerando che è l’energia a gonfiare l’inflazione, ma l’aumento totale dei prezzi è così forte che ha inclinato questa protezione. Un bel problema per un Paese come il nostro che già si trascina dietro una lunga stagione di stagnazione salariale. E le tensioni tra i sindacati e Confindustria, divisi nelle soluzioni, non aiutano a trovare una soluzione. Ci sono però degli spazi per uscire da questo cortocircuito.

Alzare i salari, adeguandoli all’inflazione, potrebbe apparire come la soluzione più facile, ma questo scenario apre almeno due ordini di problemi. Il primo è rappresentato dai costi maggiori che dovrebbero sostenere le imprese a fronte di un’inflazione che pesa sui processi di produzione dato che ad aumentare sono anche i prezzi delle materie prime, oltre al fatto che il gas che costa di più ha fatto lievitare anche le bollette delle aziende. Il secondo, collegato al primo, sarebbe addirittura controproducente per gli stessi lavoratori. È la cosiddetta spirale: i salari aumentano, il lavoratore ha più soldi a disposizione, ma l’impresa scarica il maggiore costo sostenuto per gli stipendi sui beni che produce. Quando il lavoratore li compra spende di più rispetto a prima e quindi brucia un guadagno che quindi era solo apparente. Ora è evidente che tra Cgil, Cisl e Uil da una parte e viale dell’Astronomia dall’altra, nessuno vuole farsi male. I primi hanno la necessità di dare una risposta quanto più tempestiva possibile ai lavoratori che fanno riferimento ai contratti scaduti, ma anche a quelli già rinnovati senza considerare la fiammata dell’inflazione. Gli industriali, invece, devono tutelare i bilanci già appesantiti da una bolletta energetica che quest’anno toccherà quota 37 miliardi. 

Il discrimine dell’intervento è rappresentato dalla durata e dall’intensità dell’inflazione, parametri oggi sono inseriti in un quadro di incertezza che rende al momento impossibile fissare con certezza una data di ritorno a livelli più contenuti e quindi misurare la resistenza della perdita attuale dei salari. Ma nell’attesa cosa si può fare? Huffpost ha scelto farsi guidare nell’analisi delle soluzioni da Andrea Garnero, economista dell’Ocse in sabbatico di ricerca, e da Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro alla Bocconi. “Il dibattito – spiega Garnero – non ha inquadrato il tema della produttività, ma il problema tra i salari e l’inflazione è quando la crescita dei primi supera quella della seconda. Se invece c’è una crescita della produttività, il salario può riflettere questa migliore produttività senza che abbia un impatto sui prodotti. Il punto di incontro tra Landini e Bonomi si può trovare se si lavora sul parametro della produttività”. Ma, come ricorda l’economista, l’Italia ha un problema di produttività stagnante da molti anni: “La cerchiamo da vent’anni e sicuramente non si può attivare in pochi mesi, ma c’è la speranza, non vana, che le riforme e gli investimenti del Pnrr possano costituire una rottura”. 

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Bocciato il referendum sull’eutanasia. Tra l’idea etica dello stato e l’idea radicale della libertà vince la zona grigia

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Alessandro De Angelis

Il primo uovo (copyright di Giuliano Amato), inteso come quesito referendario sull’eutanasia si è rotto. La Corte, chiamata a valutare la costituzionalità della cosiddetta normativa di risulta – come cioè uscirebbe la legge a seguito dell’abrogazione proposta dal quesito referendario – lo ha giudicato inammissibile. Perché con l’abolizione parziale dell’articolo 579 del codice penale, che disciplina l’omicidio del consenziente non sarebbe “preservata la tutela minima dei requisiti della vita umana con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.

Prevedibile, dopo che l’ufficio centrale del referendum presso la Cassazione ha respinto la proposta dei promotori che avrebbero voluto integrare, con un sottotitolo esplicativo, il titolo del quesito: “Disponibilità della propria vita mediante consenso libero, consapevole, informato”. In sostanza, la ratio consisteva nel riconoscere pari dignità costituzionale tra diritto alla vita e diritto all’autodeterminazione di sé. Indicazione giudicata costituzionalmente non neutrale né ricavabile dalla sentenza del 2019 sul caso Cappato qualificata come suicidio assistito (non omicidio del consenziente). In tal modo la Corte ha respinto l’assunto di fondo dei promotori, per i quali il solo ambito in cui era applicabile il consenso prestato era la legge n.219 del 2017 in tema di consenso informato e testamento biologico.

Era forse il quesito più popolare, che ha ottenuto oltre un milione di firme online, ma anche il più delicato, in quanto fondato su un’idea radicale di libertà, fino all’autodeterminazione assoluta di sé e del proprio corpo specularmente opposta all’idea etico-paternalistica di Stato, che in comune hanno l’esclusione di una “zona grigia”. È presumibile che l’impostazione data dalla Corte sia proprio quella di una zona grigia dove lo Stato si ritrae ma non perché ci siano diritti individuali indisponibili quanto piuttosto perché alcune scelte non possono essere oggetto di interventi penali e dunque liberi. In quella zona c’è il confine tra malattia irreversibile e la non malattia. La sentenza spiegherà le motivazioni, ma è chiaro, dalla valutazione del quesito, che ha prevalso l’opinione che la normativa di risulta avrebbe introdotto una legislazione non tanto sull’eutanasia del malato, ma sull’omicidio del consenziente, depenalizzandolo, anche nel caso di quello sano.

La Corte è la Corte, chiamata solo a pronunciarsi sulla costituzionalità di quel che resta della legge a seguito dall’abrogazione prevista dal quesito. E se proprio si vuole trovare “il pelo nell’uovo”, che il neo-presidente aveva invitato a non cercare favorendo il pronunciamento popolare sui quesiti, è proprio nella difformità tra l’insolito auspicio e il pronunciamento, forse anche frutto della presenza cattolica nella Consulta. Ma la questione è soprattutto tutta politica. Che racconta, a questo punto, di uno stallo perfetto: la Corte che, con la sentenza sul caso Cappato del 2019 invita il Parlamento a legiferare sul fine vita entro un anno; il Parlamento che, oltre ogni limite della decenza, dopo tre anni ancora non recepisce le indicazioni; un referendum, sia pur border line, proposto per superare lo stallo col pungolo del voto popolare; il referendum dichiarato inammissibile. Si ritorna così al Parlamento, a questo Parlamento, e c’è da scommettere che anche chi si è rammaricato per la bocciatura odierna non avrà altrettanta sollecitudine, nell’anno elettorale, a mettere mano alla materia.

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Super Green Pass, dal 31 marzo il via libera per abolirlo: ecco come funzionerà

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Paolo Russo

La pandemia non è magicamente evaporata, ci siamo ancora dentro», avverte il ministro della Salute, Roberto Speranza. E i 70.852 contagi e 388 morti di ieri sembrerebbero dargli ragione. Ma i numeri, si sa, dipende da come li si legge. Così, nel -30% dei casi rispetto a sette giorni fa e nel progressivo svuotamento dei reparti Covid, c’è chi vede una spinta a prepensionare il Green Pass rafforzato, che da ieri serve per andare al lavoro se si hanno più di 50 anni.

Il fronte abrogazionista si allarga di giorno in giorno e la proposta di mandare in soffitta il super certificato già il 31 marzo raccoglie sempre più proseliti anche dentro il governo. Il ministro del Turismo, il leghista Massimo Garavaglia, è tra i primi ad essersi schierato per l’abrogazione dell’obbligo, se non subito almeno dal 1° aprile. Anche perché molti turisti di Paesi che il Green Pass lo hanno già cestinato si tengono alla larga dal nostro, dove per sedersi a un ristorante o andare a visitare un museo è chiesto loro di fare un tampone rapido ogni due giorni. Che non è proprio il massimo per godersi una vacanza in relax. Ma ieri allo scoperto è venuto fuori anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, che ha parlato di «scenario possibile» riferendosi alla eliminazione del Green Pass per fine marzo, quando scadrà lo stato di emergenza.

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Trent’anni di Mani Pulite, il malaffare sgretola l’Italia

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

Massimo Giannini

Un fiume placido in Olanda e lo sciacquone di un water in Lombardia. Il Grande Lavacro del 1992, che cambia per sempre la Storia d’Italia, scorre tutto qua dentro. Nessuno ci pensa, ma è andata così. Il 7 febbraio di quell’anno di fango, nella ridente cittadina di Maastricht adagiata sulle rive della Mosa al confine col Belgio e la Germania, Giulio Andreotti firma il Trattato di Maastricht, insieme ai ministri del Tesoro Carli e degli Esteri De Michelis. Dieci giorni dopo, il 17 febbraio, il “mariuolo” Chiesa tampinato dai carabinieri spediti al Pio Albergo Trivulzio da Di Pietro si rifugia al cesso e prova inutilmente a nascondere i 37 milioni di tangente che ancora non gli avevano scoperto. Sono i due passaggi-chiave della Repubblica, sempre sospesa tra l’abisso e la vetta, il pozzo e il cielo. L’alfa e l’omega di una vicenda parallela, l’inizio inconsapevole di un tentativo di redenzione finanziaria e la fine certa di un sistema di malaffare politico. Senza neanche rendersene conto, il Belpaese marcio, proprio mentre si mostra al mondo nella sua miserabile cialtroneria, si immerge nell’acqua di un’Europa che in trent’anni ci chiederà conto di ogni nostra nefandezza.

L’Italia del ’92 è un Paese a pezzi e non lo sa. A Palazzo Chigi sverna l’ultimo Andreotti, e mentre l’allora sconosciuto trafficante socialista viene trasferito in ceppi a San Vittore, Craxi racconta la prima bugia: “Mi preoccupo di creare le condizioni perché il Paese abbia un governo che affronti gli anni difficili che abbiamo davanti, e mi ritrovo un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine del partito…”. Magari fosse vero. Prima ancora che il Pool di Milano lo metta in mora e poi in manette, il sistema sta già crollando dalle fondamenta. La politica è alla frutta, l’economia è allo stremo. Il governo del Divo Giulio è ormai agli sgoccioli. Il Caf, Comitato d’affari Craxi-Andreotti-Forlani che ha fatto e disfatto nei dieci anni precedenti, è ormai morente. La formula del pentapartito agonizza. E dopo i primi arresti, la giovane Lega Nord di Umberto Bossi e Gianfranco Miglio gonfia la giugulare al grido di battaglia che poi gli si strozzerà momentaneamente in gola nel ’94, quando accompagnerà la titanica “discesa in campo” del Cavaliere: “Roma Ladrona”.

Mentre Mani Pulite allarga il fronte delle indagini, degli avvisi di garanzia e dei mandati di cattura, il quadro politico, paurosamente, “si sfarina”, per usare la celebre formula di Rino Formica.

Arrivano stanche le elezioni del 5 aprile, dove fa capolino un astensionismo mai conosciuto dalle nostre parti. La Dc perde più di 4 punti e scivola al 29,6 per cento, il Psi cede solo un punto nonostante la memorabile satira del tempo (una su tutte, memorabile: “Scatta l’ora legale: panico tra i socialisti”). Pri, Pli e Psdi, come si dice nel gergo dell’epoca, “tengono”. Il Pds di Occhetto, nonostante la coraggiosa Bolognina, brucia 5 punti. Ma è il Carroccio che sfonda le porte di Tangentopoli assediata, passando da 2 a 80 parlamentari in un colpo solo. Invece di capire l’antifona, i leader scalcinati e braccati dai pm e dai cittadini sempre più indignati si rinchiudono nella fortezza e impapocchiano un penoso “quadripartito”, dal quale solo i repubblicani di La Malfa hanno il buon gusto di sfilarsi.

Nel frattempo c’è da eleggere il presidente della Repubblica, perché il 28 aprile si dimette il Grande Esternatore, Francesco Cossiga. E lì si consuma un’altra autodafè. Tra i partiti esanimi volano gli stracci. Cionondimeno si tenta l’ennesima pastetta: prima avanza la candidatura di Forlani, poi quella di Andreotti. E chissà, magari uno dei due l’avrebbe pure spuntata, se nel frattempo a macchiare di rosso quell’annus horribilis non ci si mettesse anche la Mafia, che con tutta evidenza non uccide solo d’estate. Dopo aver fatto fuori prima Salvo Lima, poi il maresciallo Giuliano Guazzelli, Cosa Nostra osa l’inosabile.

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Referendum Eutanasia, la Consulta boccia il quesito

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Alessandra Arachi

Fine vita, la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibile il quesito referendario. L’Associazione Luca Coscioni, promotrice del referendum, aveva raccolto un milione e 200 mila firme. Marco Cappato: «Brutta notizia per la democrazia»

La Corte Costituzionale ha respinto il referendum sull’eutanasia legale. La Consulta ha ritenuto inammissibile il quesito referendario perché, a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mirava, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili.

Il quesito del referendum prevedeva l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale (quello che disciplina il reato di omicidio del consenziente) cosa che avrebbe comportato l’introduzione dell’eutanasia legale. Il comitato promosso dall’associazione Luca Coscioni per questo referendum aveva raccolto oltre 1 milione e 200 mila firme, tra fisiche ed elettroniche. Per Marco Cappato , dell’associazione Luca Coscioni, la decisione della Corte è «una brutta notizia» per «coloro che subiscono e dovranno subire ancora più a lungo» e «per la democrazia». «Proseguiremo con altri strumenti. Come con Piergiorgio Welby e Dj Fabo. Andremo avanti con la disobbedienza civile, faremo ricorsi», aggiunge Cappato, che poi chiosa:«Eutanasia legale contro eutanasia clandestina».

Secondo quanto previsto dal referendum, per ottenere la legalizzazione dell’eutanasia si sarebbe passati attraverso la depenalizzazione parziale dell’omicidio del consenziente, con esclusione di casi ben definiti. Ovvero in caso di consenso dato da persona minore degli anni diciotto, da persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione oppure carpito con inganno. Tutti questi casi avrebbero continuato ad essere puniti come omicidi dolosi. Ma, come detto, la Consulta non ha giudicato ammissibile il quesito.

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Scholz e Putin: l’ora di trattare. Dai russi primo ritiro parziale

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Paolo Valentino

I due leader dicono di voler evitare la guerra. Il capo del Cremlino su Schröder: dovete essergli grati

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO – «Il nostro dannato dovere è di evitare una guerra in Europa», dice Olaf Scholz al termine del lungo incontro con Vladimir Putin al Cremlino. «La Russia non vuole la guerra», ribatte l’anfitrione. È venuto nella tana dell’orso, il cancelliere tedesco. E non senza sorpresa, non l’ha trovato inferocito. Preceduto dall’annuncio dell’inizio di un ritiro dalle frontiere con l’Ucraina, Scholz è accolto dal presidente russo senza toni aggressivi, anche se ancora duri nella sostanza.

Il colloquio avviene allo stesso tavolo «made in Cantù» lungo sei metri, dove Putin aveva dialogato con Emmanuel Macron. La distanza fra i due leader è ancora più ampia in conferenza stampa, forse perché il cancelliere ha rifiutato il test molecolare dei medici del Cremlino, preferendo farsi fare il Pcr da una dottoressa dell’ambasciata tedesca. Dettagli.

La visita a Mosca è un successo per Olaf Scholz, al suo vero battesimo del fuoco sulla scena internazionale. Ha parlato di tutto con Putin, il capo del governo federale. «Nessun tema è stato escluso», compresi lo scarso rispetto dei diritti umani, il caso Navalny, la chiusura dell’ufficio moscovita di Deutsche Welle decisa dal Cremlino, la trattativa nucleare con l’Iran su cui Mosca e Berlino condividono la necessità di un rilancio. Ma l’Ucraina ha dominato l’incontro, con il corollario del Nord Stream 2, vero sismografo dei rapporti russo-tedeschi. «Le vie diplomatiche non sono concluse — dice il cancelliere al termine — e non dobbiamo cacciarci in un vicolo cieco perché sarebbe una sciagura. Siamo pronti con i nostri partner e alleati nella Ue e nella Nato e con la Russia a discutere i passi concreti per migliorare la sicurezza di entrambe le parti e quella comune».

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Concessioni balneari, spiagge e regole: ecco cosa cambia

mercoledì, Febbraio 16th, 2022

di Claudia Voltattorni

Gare aperte a tutti, incluse microimprese ed enti del Terzo settore. Dal primo gennaio 2024 le spiagge italiane tornano libere e chiunque potrà partecipare all’assegnazione di una o più concessioni balneari in base a nuovi criteri. Il Consiglio dei ministri ha approvato l’emendamento con le nuove regole che entrerà nel ddl Concorrenza. Ok anche al disegno di legge che delega il governo a presentare entro 6 mesi la riforma di tutte le concessioni balneari. Verranno rivisti i canoni annui in base al pregio delle spiagge.

Scadenza a fine 2023 Poi arrivano i bandi
Fino al 31 dicembre 2023. Forse uno dei pochi punti certi per le aziende balneari è quella data fissata già dal Consiglio di Stato quando lo scorso autunno ha annullato la proroga al 31 dicembre 2033, anticipandola di 10 anni. Termine che il Consiglio dei ministri ha mantenuto. Quindi, si legge nel testo approvato, le concessioni «continuano ad avere efficacia sino al termine previsto dal relativo titolo e comunque fino al 31 dicembre 2023 se il termine previsto è anteriore a tale data». La durata non sarà «superiore a quanto necessario per garantire al concessionario l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti autorizzati», ma comunque va determinata «in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare con divieto espresso di proroghe e rinnovi anche automatici».

Riforma entro 6 mesi per gare trasparenti
Il Consiglio dei ministri ha anche approvato un disegno di legge delega che intende rimettere ordine in tutto il sistema delle concessioni balneari.

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I referendum sono l’occasione per il disgelo della società

martedì, Febbraio 15th, 2022

di Marco Damilano

Il 15 febbraio la Corte costituzionale si riunirà per pronunciarsi sulla ammissibilità di otto quesiti referendari: giustizia, eutanasia, cannabis. Le materie su cui, in caso di sentenza positiva, gli italiani saranno chiamati a esprimersi nella prossima primavera. Dopo un anno di governo di unità nazionale, dopo quelle Olimpiadi di Palazzo che sono le votazioni per scegliere il presidente della Repubblica, saranno le prime consultazioni generali che anticipano le elezioni politiche del 2023.

Sui due quesiti che investono i diritti civili, l’abrogazione parziale dell’articolo 579 del codice penale sull’«l’omicidio del consenziente» che aprirebbe la strada all’eutanasia, e la depenalizzazione della coltivazione della cannabis e la cancellazione delle pene detentive legate alla sostanza, promossi dall’associazione Luca Coscioni, di cui segretaria è Filomena Gallo e tesoriere Marco Cappato, sono state raccolte rispettivamente un milione 200mila e 630mila firme. Lo strumento della firma digitale ha permesso di conquistare un consenso massiccio tra giovani e giovanissimi: 92mila donne e 61mila uomini tra i 21 e i 30 anni sull’eutanasia, 185mila uomini e 112mila donne nella stessa fascia di età sulla cannabis.

Sono i fratelli e le sorelle maggiori degli studenti che protestano in piazza sfidando le cariche della polizia. I referendum nella storia d’Italia segnano i cambiamenti di fase. Quelli della primavera 2022 sui diritti civili possono significare il disgelo. Un pezzo di società che riprende voce dopo due anni di congelamento del dibattito politico e sociale provocato dalla pandemia e dopo mesi di proteste dell’evanescente movimento no vax che si è intestato il dissenso in modo arbitrario. Coccolato da un pugno di politici, amplificato per via mediatica e spesso tollerato nelle manifestazioni non autorizzate da questure e prefetture, senza che dal Viminale della ministra Luciana Lamorgese sia arrivata una indicazione di maggiore fermezza. I drappelli no vax che per tutto l’autunno e l’inverno hanno spezzato in molte piazze di Italia i fine settimana di famiglie e commercianti sono stati lasciati liberi di agire per imperscrutabili motivi di ordine pubblico, a differenza dei movimenti degli studenti che protestano sulla alternanza scuola-lavoro e per il loro futuro.

La partita politica più calda si gioca sui sei quesiti sulla giustizia: separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti, valutazione dei magistrati, responsabilità diretta delle toghe, abolizione della legge Severino sulla corruzione che impone la sospensione automatica di sindaci e amministratori condannati, eliminazione della custodia cautelare per il rischio di reiterare il reato, riforma del Csm. Su quest’ultimo punto il governo Draghi, con la ministra della Giustizia Marta Cartabia, è chiamato alla prima prova di tenuta della maggioranza dopo la battaglia per il Quirinale. Nel suo discorso di re-insediamento Sergio Mattarella ha dedicato alla riforma della giustizia le parole politicamente più dense: superare «logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono restare estranee all’Ordine giudiziario», «corrispondere alle pressanti esigenze di efficienza e di credibilità, come richiesto a buon titolo dai cittadini». La fotografia di un potere dello Stato entrato in crisi. Com’era la politica nel 1992.

La Corte costituzionale si riunisce per decidere sui referendum che coinvolgono la magistratura esattamente trent’anni dopo l’inizio delle inchieste di Mani Pulite. Mario Chiesa, il tangentaro beccato con le mani nelle banconote dai carabinieri coordinati dall’allora sconosciuto pubblico ministero Antonio Di Pietro, fu arrestato il 17 febbraio 1992. Il 15 febbraio 2022, per una coincidenza della storia, a presiedere la Consulta sarà Giuliano Amato, che nella primavera del 1992 fu spedito da Bettino Craxi a commissariare il Psi milanese travolto dallo scandalo e che poche settimane dopo divenne presidente del Consiglio dell’ultimo governo della Prima Repubblica. 

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Tiziano Renzi al figlio Matteo, la lettera: “C’è una ‘Banda Bassotti’ che lucra su di te”

martedì, Febbraio 15th, 2022

Firenze – Parole sul rapporto tra padre e figlio, parole che contengono ammonimenti e raccomandazioni. Sono quelle scritte da Tiziano Renzi al figlio Matteo in una lettera, che risalirebbe al marzo 2017. Renzi all’epoca era segretario del Pd e oggi leader di Italia Viva. La lettera è agli atti del processo in corso davanti al tribunale di Firenze che vede imputati, in concorso, oltre al padre dell’ex presidente del Consiglio, la madre, Laura Bovoli, e altre 13 persone, per fatture fale e bancarotta delle cooperative Marmodiv, Delivery e Europe Service, che erano in affari con la Eventi 6, società della famiglia Renzi-Bovoli che si occupava di volantinaggio e distribuzione di materiale pubblicitario.

La lettera digitata su un file venne sequestrata nell’ottobre 2019 dalla Guardia di Finanza in un pc di Tiziano Renzi nell’ambito delle indagini della procura di Firenze sui coniugi Renzi senior. Il tribunale di Firenze ha rigettato un’eccezione della difesa del padre del senatore di Italia Viva secondo cui il documento sarebbe stato sequestrato violando le regole sul sequestro della corrispondenza e le guarentigie dei parlamentari.

Nel testo che sarebbe stato attribuito a Tiziano Renzi, con probabile riferimento alla situazione del figlio Matteo, si legge: “Ora tu hai l’immunità, non esiste più il rischio che tramite me arrivino a te. Spero che inizi una nuova stagione di lotta per i valori che hanno animato la nostra vita“. “In questi anni ho avuto la netta percezione, la certezza, di essere considerato un ostacolo e comunque un fastidio. Come sai gli unici colloqui erano conditi di rimproveri”, si legge sempre nel testo.

Dalla lettera emergerebbe anche uno sconforto da parte di Tiziano Renzi temendo di essere “un ostacolo e comunque un fastidio” per la carriera politica del figlio e perché “tutti quelli che hanno avuto rapporti con me sono stati attenzionati” dai magistrati “solo per questo fatto”.

Nel testo della missiva sequestrata compare anche un attacco ai componenti del cosiddetto ‘Giglio Magico’, ovvero i collaboratori più stretti e fidati di Matteo Renzi: l’imprenditore Marco Carrai viene definito “un uomo falso”, mentre l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione Open, e i deputati di Italia Viva Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi, vengono paragonati alla “banda Bassotti” perché, si legge, “hanno lucrato senza ritegno dalla posizione di accoliti tuoi e io sono stato quello che è passato per ladro”.

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