Archive for Marzo, 2022

Un atroce crimine di guerra. Impossibile trattare con Putin

giovedì, Marzo 10th, 2022

Nathalie Tocci

Sifica con il susseguirsi dei canali di mediazione europei, israeliani, turchi e cinesi, così come dei negoziati diretti tra ucraini e russi. Al contempo la guerra diventa ogni giorno più violenta. Ieri a Mariupol l’esercito russo ha distrutto un ospedale pediatrico. Un atroce crimine di guerra, il più cruento dall’inizio dell’invasione. Due milioni i rifugiati in due settimane, il doppio dei siriani giunti in Europa in un anno.

E il peggio ci attende. Con ogni ora, ogni giorno, ogni settimana che passa, Vladimir Putin sarà sempre più tentato di spingersi oltre, nell’illusione omicida di «denazificare» l’Ucraina. Kharkiv e Mariupol come Aleppo; Kiev come Grozny. Lo spettro di bombe a grappolo, per non parlare di scenari ancora più terrificanti – attacchi biologici, chimici o nucleari – non sono esclusi. Così come non è esclusa l’espansione della guerra oltre i confini del Paese. Ieri il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg è stato chiaro. Un attacco ai rifornimenti militari difensivi agli ucraini in territorio polacco attiverebbe l’articolo 5 del Trattato dell’Alleanza atlantica: un’aggressione contro uno equivale a un’aggressione contro tutti. Se la Russia attaccasse la Polonia, insomma, entreremmo direttamente in guerra.

Proprio perché l’impensabile è diventato possibile, forse addirittura probabile, la diplomazia internazionale s’infittisce. L’unico sbocco sensato di fronte all’invasione di uno Stato sovrano, il massacro crescente di civili, la distruzione di città e un esodo epocale di profughi sarebbe un «cessate il fuoco» immediato e incondizionato. Ma difficilmente saranno i canali turchi o israeliani a centrare il segno. La mediazione di questi Paesi è dettata dalla loro semi-neutralità, non dalla loro influenza. È una neutralità dovuta agli stretti legami con entrambe Mosca e Kiev e i costi insopportabili di schierarsi nettamente da una parte o dall’altra. Ma una mediazione neutrale può essere efficace solo quando le parti in conflitto si equivalgono, o quasi. Non è questo il caso. La Russia è l’invasore, l’Ucraina l’invaso, la disparità tra le forze è abissale. In questi casi l’unico tipo di mediazione efficace è una mediazione di potere, che mette in campo strumenti – più o meno coercitivi – per indurre le parti a trattare. È qui che emergono i canali europei, che fanno leva sulle sanzioni senza precedenti messe in campo dall’Occidente. È anche su questa scia che alcuni sperano nella mediazione cinese, consapevoli che se esiste un attore che può obbligare Putin a ragionare è proprio il presidente cinese Xi Jinping. Ma la Cina, nonostante abbia avanzato un’ipotesi di mediazione, non appare ad oggi disposta a esercitare alcun tipo di influenza coercitiva sulla Russia.

C’è poi la domanda politica di fondo: mediare sì, ma su che cosa? Il presidente ucraino Zelensky ha giustamente chiamato il bluff russo. Negoziare sulla Crimea? Su Donetsk e Luhansk? Sulla neutralità dell’Ucraina così come dice di volere il Cremlino? Benissimo, parliamone. È giusto essere disposto a negoziare su questo e su altro sia perché ogni via per metter fine al massacro deve essere esplorata, sia – e soprattutto – per smascherare Putin.

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Con la guerra in Ucraina, l’Europa accelera sull’esercito comune: “Attivo già dal 2023”

giovedì, Marzo 10th, 2022

dal nostro inviato Claudio Tito

STRASBURGO – La guerra in Ucraina ha cambiato lo scenario. I tempi per costruire l’Esercito europeo vanno accelerati. La “Bussola Strategica” (il documento che delinea la politica estera e militare dell’Europa) messa a punto dall’Alto Rappresentante, Josep Borrell, ha subito negli ultimi giorni delle drastiche correzioni. Con un primo passo per le Forze Armate comuni, da compiere già quest’anno. 
Nello stesso tempo è indispensabile dare la possibilità agli Stati dell’Ue di utilizzare un nuovo Fondo, un “NextGenerationEu2” per gli investimenti nella difesa e nell’energia. Questa è una settimana cruciale per l’Ue. Il consiglio europeo di oggi pomeriggio a Versailles e la riunione della Commissione della prossima settimana infatti cercheranno di far compiere ai 27 un salto verso un’Unione anche militare. Due incontri che solo formalmente sono slegati, ma uno sarà la prosecuzione dell’altro. Basta leggere l’ultima bozza, appena definita, del cosiddetto Strategic Compass che sarà varato mercoledì prossimo, per capire quanto la guerra in Ucraina stia modificando ogni scelta. “Stiamo adottando questa bussola strategica – si legge – in un momento in cui assistiamo al ritorno della guerra in Europa”. Nelle scorse settimane, soprattutto i Paesi dell’Est tra cui i polacchi, avevano chiesto di rinviare il pacchetto di Borrell. La richiesta è stata respinta: “Non è il tempo delle dilazioni”. Bruxelles, insomma, vuole lanciare un segnale. E intende farlo mettendo in campo il nucleo di un esercito europeo con tappe più stringenti rispetto all’idea originaria. Come ha voluto scrivere Borrell, “inizieremo immediatamente l’attuazione” della Bussola Strategica.
Ma cosa si intende per “immediata attuazione”? Vuol dire che già entro quest’anno saranno definiti gli “scenari operativi”. Ossia verranno indicate le aeree in cui il “Battaglione Europeo” potrà agire. E l’idea è quella di individuare uno spazio che va dai Balcani, quindi anche l’Ucraina, al Mediterraneo asiatico e all’Africa. 
Certo, resta il limite numerico di questo battaglione: solo 5 mila soldati. Ma in questo momento i tempi sembrano più importanti dei modi. Si fa così riferimento alla possibilità di mettere in “prontezza” questo primo gruppo già nel 2023. Magari anche solo per “regolari esercitazioni”. Per poi arrivare alla piena e totale operatività per la fine del 2024. Tutte date che nella precedente versione erano molto più sfumate rinviando al 2025 l’esecuzione del Pacchetto. Insomma, di fronte al pericolo russo, l’Europa cerca le contromisure. Tanto che è prevista entro un anno la definizione delle procedure per agire anche attraverso cooperazioni rafforzate (un numero ristretto di Paesi), come previsto dall’articolo 44 del Trattato sull’Ue. 

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Monumenti spenti, termosifoni bassi: il piano di emergenza del governo

giovedì, Marzo 10th, 2022

di Tommaso Ciriaco ,  Giuliano Foschini

ROMA – Spegniamo di notte i nostri monumenti, ad eccezione di quelli più famosi. Spingiamo l’interruttore delle luci che illuminano le facciate dei palazzi, riduciamo la corrette negli uffici comunali. Prepariamoci a mangiare meno pane, pasta, pizza. Abbassiamo di un grado il riscaldamento di casa. Se possibile, disattiviamo un’ora prima i termosifoni.

Non siamo in guerra. Ma prendiamo in considerazione di poter vivere qualche giorno, settimana, così. Dobbiamo tenerci pronti a uno scenario di emergenza estrema. Come questo, appunto. Lo scenario è quello che – per la prima volta – è stato disegnato in queste ore a Palazzo Chigi sul tavolo del Nisp, una sorta di gabinetto di guerra coordinato dalla Presidenza del Consiglio, insieme con ministri e vertici dell’intelligence, che ha il compito di monitorare la situazione della crisi. Prospettive delle quali già oggi si discuterà in consiglio dei ministri.

La crisi dei cereali

A mettere sul tavolo la gravità della situazione è stato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, che ha aggiornato il sottosegretario alla presidenza, Roberto Garofoli, il ministro dell’Economia, Massimo Franco, quello della Transizione energetica, Roberto Cingolani di come su alcuni fronti la situazione stia precipitando: “Abbiamo grossi problemi di approvvigionamenti, come nel resto di Europa, sui mangimi e sementi per i nostri animali. C’è un problema per i rottami di acciaio e l’argilla e, più in generale, su tutto quello che arriva da Russia, Ucraina e dalla rotta Est-Ovest. Le scorte sono esaurite”. La vicenda ha un solo precedente nel 2006, proprio ai tempi di un’altra crisi tra Ucraina e Russia. Ma il fatto che oggi non si veda luce all’orizzonte, rende tutto più preoccupante. Talmente tanto che qualcuno al Mise è arrivato addirittura a ipotizzare una misura unica, il blocco dell’export. L’idea più concreta, però, è quella di orientare la vendita dei produttori italiani di materie prime verso le aziende delle nostre filiere. Anche a costo di pagare un prezzo maggiore di quello sostenuto finora. Compensando queste ultime con incentivi mirati, che però aggirino in qualche modo il divieto degli aiuti di Stato.

L’energia

Se la crisi alimentare è quella che dovrà essere affrontata già nelle prossime ore, l’aspetto che preoccupa di più è quello sul fronte energetico. Dal 27 febbraio l’Italia è in stato di preallerta, come da piano di emergenza. Nei prossimi giorni potrebbe salire il livello di crisi, passando al secondo stadio di allarme. Siamo al punto in cui sarà necessario ridurre i consumi. E le prime a cominciare dovranno essere le pubbliche amministrazioni. In una delle riunioni il ministro Cingolani ha spiegato che dovrà – se la situazione lo richiederà – essere ridotto tutto ciò che non è necessario: illuminazione dei palazzi pubblici, a partire dai monumenti minori e dagli edifici non essenziali. Riduzione del riscaldamento. I sindaci si stanno già muovendo in questo senso: chi può abbasserà già nelle prossime ore la tensione della pubblica illuminazione. Le strade saranno invece illuminate, così come i luoghi in cui esiste una esigenza di sicurezza. Stesso discorso per il riscaldamento: abbassare di un grado e, soprattutto al Sud, ridurre le ore di accensione. Su questo c’è più tempo: le scorte reggono almeno fino a maggio, si va verso l’estate, ma ci si prepara alla situazione peggiore qualora Putin già la prossima settimana interrompesse le forniture. In ogni caso, come ha spiegato ieri il premier Mario Draghi alla Camera, per ridurre la dipendenza dal gas russo si punterà sulle rinnovabili. Senza escludere il nucleare “pulito” e ha ricordato in proposito il prototipo europeo di reattore a fusione in programma nel 2028. Tutto comunque sarà deciso d’intesa con l’Europa.

La sicurezza

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Perché Pechino non salverà Putin

giovedì, Marzo 10th, 2022

di Danilo Taino

Ok, l’economia russa sta implodendo, le sanzioni occidentali l’hanno costretta in un angolo. Ma — si dice — la Cina la salverà, invece di commerciare con l’Europa, Mosca commercerà con il vicino asiatico. A parte il fatto che la Cina non è poi così vicina al cuore della Russia, a parte il fatto che è impensabile che possa essere sostitutiva del business russo in Europa, c’è il fatto che Pechino non rischierà di andare contro le sanzioni americane ed europee e indebolire ulteriormente la sua capacità di attrarre investimenti, tecnologia e competenze: già, nel gigante asiatico, si vedono i segni di una certa difficoltà. La AmCham China, cioè la Camera di Commercio americana in Cina, ha pubblicato l’atteso sondaggio che ogni anno conduce tra i suoi associati. Il 60% delle imprese Usa con attività nel Paese asiatico ritiene che la Cina sia almeno uno dei tre più importanti mercati esteri in cui operare, il 22% il primo (Usa esclusi). Solo il 47%, però, è ottimista sulla possibilità che Pechino apra ulteriormente il Paese agli investimenti esteri nei prossimi tre anni: 12 mesi fa, gli ottimisti erano il 61%. Uno dei grandi problemi delle imprese Usa è la difficoltà ad assumere e a trattenere talenti non cinesi: un guaio per il 76%, contro il 37% di un anno prima.

Il 30% delle imprese ha esperienza di candidati qualificati per essere assunti che non vogliono emigrare in Cina: l’anno scorso erano il 18%. Il 46% ritiene che i business esteri siano meno benvenuti nel Paese rispetto al 2021, mentre il 21% ritiene che siano almeno un po’ più apprezzati. Per quel che riguarda gli investimenti in Cina, il 66% delle imprese Usa dice che li aumenterà, ma il 42% dice solo tra l’uno e il 10%: tra i fattori che spingono a una maggiore prudenza nell’investire, il 35% cita l’incertezza delle politiche di Pechino, il 13% le barriere all’ingresso e le scelte del governo che svantaggiano le aziende estere, l’11% la minore crescita attesa della Cina (il premier Li Keqiang punta a un più 5,5% del Pil quest’anno).

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Intervista a Zelensky: «Non ho paura per la vita: mi protegge la mia gente»

giovedì, Marzo 10th, 2022

di Cathrin Gilbert

Intervista, via WhatsApp, al presidente ucraino. Che sul fatto di essere l’obiettivo numero 1 del Cremlino dice: «Con l’Ucraina al tuo fianco, ti senti sicuro. Questo è un principio che molti in Occidente dovrebbero imparare. Credo che la minaccia nucleare russa sia un bluff. Una cosa è agire da criminale, un’altra scegliere il suicidio»

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Presidente Zelensky, secondo quanto riferisce l’esercito ucraino, le forze russe si preparano a lanciare l’assalto a Kiev. Tra i loro obiettivi principali c’è anche quello di far fuori lei. In quale modo si sta proteggendo?
«Vivo tra la mia gente, è la migliore protezione che ci sia. Quando la Russia preparava l’invasione, Putin non poteva immaginare che gli ucraini avrebbero difeso il loro Paese con tale determinazione. Non solo pochi individui, bensì la nazione intera. Il Cremlino non pensava certamente che questa, per noi, sarebbe stata la Grande guerra patriottica — proprio come quella che l’Unione sovietica combattè contro Hitler. I collaboratori di Putin non conoscono affatto l’Ucraina. Ma noi siamo così. Con l’Ucraina al tuo fianco, ti senti al sicuro. È un principio, questo, che servirà da lezione a molti in Occidente».

Per quale motivo pensa di essere diventato il nemico numero uno di Putin?

«È il suo modo di leggere la realtà. Quando i suoi consiglieri guardano uno Stato, non vedono i cittadini».

Che cosa intende dire?

«Vedono solo il capo di Stato, vedono i politici, gli imprenditori potenti. I russi sperano di riuscire a comprarseli tutti o di spaventarli tutti. Ma siccome sanno che questi metodi non hanno presa su di me, sono passati alle minacce. Non potrebbe essere più chiaro di così».

In quali condizioni sta vivendo in questo momento?

«Può facilmente immaginarlo. Dormo pochissimo, bevo una quantità impressionante di caffè, e sono costantemente impegnato in discussioni e trattative. Sto facendo molte cose indispensabili per assicurare la difesa e la salvezza dei miei connazionali».

Ha accettato di rispondere per iscritto alle nostre domande. Il suo ufficio stampa è raggiungibile solo tramite WhatsApp e ci ha chiesto di non provare a contattarlo telefonicamente. A quanto pare, per evitare di essere localizzati dai russi.

«La mia base è in Ucraina. Mi trovo a Kiev. Non è un segreto. I quaranta milioni dei miei concittadini lo sanno».

Gli Stati Uniti le hanno offerto un passaggio per uscire dal Paese. Ha mai preso in considerazione questa possibilità?
«No. Gli americani si sono sbagliati su di me. Io resto accanto al mio popolo».

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Ucraina – Russia, news di oggi sulla guerra: bombe su altri due ospedali. Incontro Lavrov-Kuleba in Turchia

giovedì, Marzo 10th, 2022

di Lorenzo Cremonesi, Andrea Nicastro, Marco Imarisio, Marta Serafini, Redazione Online

Le ultime news in tempo reale: il mondo condanna l’attacco all’ospedale pediatrico di Mariupol, ancora bombe su due ospedali nella notte. L’Unicef parla di un milione di bambini in fuga. Oggi si incontrano i ministri degli esteri ucraino e russo

• La guerra tra Russia e Ucraina è al quindicesimo giorno: l’orrore delle bombe sparate dall’esercito russo contro obiettivi civili — case, scuole, ospedali — non si ferma.
• Oggi a Parigi Consiglio europeo straordinario; ad Antalya, in Turchia, si incontrano per la prima volta il ministro degli esteri russo Lavrov e il suo omologo ucraino Kuleba: sul tavolo l’ipotesi di una neutralità di Kiev.

***

Ore 8.12 Kuleba e Lavrov arrivati in Turchia
Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, e il suo omologo russo Sergei Lavron sono arrivati in Turchia per i colloqui di più alto livello che si tengono dall’inizio del conflitto in Ucraina. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha riferito che l’incontro di oggi tra Kuleba e Lavrov punta a spianare la strada a un incontro tra i leader di Ucraina e Russia. Cavusoglu ha detto che parteciperà anche lui all’incontro. «Il nostro obiettivo principale è riunire i tre leader», ha affermato Cavusoglu al quotidiano turco Hurriyet.

Ore 8.05 Bombardamento vicino Kharvik, 4 morti, 2 bimbi
Un bombardamento nella notte da parte della forze armate russe ha colpito un edificio residenziale vicino alla città di Kharkiv causando quattro morti, di cui due bambini. Lo riferisce la Bbc citando i Servizi di emergenza statale dell’Ucraina. L’attacco ha colpito il villaggio di Slobozhanske, nel sud-est del paese.

Ore 8.00- Lo stato dell’economia di Mosca, e le mossa occidentali
L’economia di Mosca continua ad essere enormemente sotto pressione a causa dell sanzioni occidentali. Da giorni la Borsa di Mosca resta chiusa, il rublo è ai minimi storici, l’inflazione vola: e un parlamentare russo propone di nazionalizzare le aziende che boicottano il Paese, che si avvicina la default. L’Occidente — che teme l’utilizzo delle criptovalute per bypassare, almeno in parte, le sanzioni — sta preparando ulteriori contromosse: una, di Biden, è quella di aprire al «dollaro digitale» (qui l’articolo di Massimo Gaggi).

Ore 7.45 – Ma dov’è Putin?
Dove si trova Vladimir Putin? «È possibile» — scrive Fabrizio Dragosei in questo articolo — «che dopo aver vissuto la pandemia in quasi totale isolamento, il prudentissimo presidente russo incontri poi a distanza ravvicinata hostess, ministri e altri visitatori? La domanda, che ha un fondo di ragionevolezza, ha scatenato una serie di voci e di teorie che vedrebbero Vladimir Putin nascosto in un bunker da qualche parte. In realtà, da sempre gli spostamenti del capo del Cremlino sono tenuti gelosamente segreti dagli uomini dell’Fso, il servizio di sicurezza presidenziale». L’articolo integrale qui.

Ore 7.25 – L’intervista a Zelensky
«Quando la Russia preparava l’invasione, Putin non poteva immaginare che gli ucraini avrebbero difeso il loro Paese con tale determinazione. Non solo pochi individui, bensì la nazione intera. Con l’Ucraina al tuo fianco, ti senti al sicuro. È un principio, questo, che servirà da lezione a molti in Occidente». Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina, ha accettato di rispondere alle domande di Cathrin Gilbert, inviate via WhatsApp. L’intervista integrale — nella quale, tra l’altro, Zelensky dice di «non temere per la sua vita» e di ritenere «un bluff» la minaccia atomica russa («Un conto è agire da criminale, u’altra scegliere il suicidio»), è qui.

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La guerra smonta la retorica di Salvini

mercoledì, Marzo 9th, 2022

di Stefano Folli

Era evidente che la guerra in Ucraina, cioè in Europa, avrebbe spazzato via anche in Italia un vecchio modo di far politica, impastato di astuzie, giochi verbali, ammiccamenti, retorica da “talk show”, enfasi stile “ultras” allo stadio. La guerra ribalta tutte le pseudo certezze e impone una nuova serietà. Qualcuno sembra averlo già capito — ad esempio il Pd di Enrico Letta — , qualcun altro invece paga un prezzo salato alla propria ostinazione. In fondo non era difficile supporre che il viaggio di Salvini al confine polacco-ucraino avesse discrete probabilità di risolversi in un disastro. Tuttavia la realtà è andata oltre ogni previsione. L’immagine del sindaco di Przemysl che accoglie — si fa per dire — il capo della Lega srotolando la maglietta con l’effige di Putin davanti alle telecamere, e gli ricorda il suo stretto legame con l’autocrate di Mosca, resterà nella storia a testimoniare una straordinaria insipienza politica.
Se Salvini pensava davvero di far dimenticare i suoi errori con un viaggetto di un paio d’ore alla frontiera così da inalberare il cartello “Sos Ucraina” — senza mai citare Putin, s’intende — , significa che ha perso ogni lucidità. Nel mondo globale tutti sono al corrente di tutto: basta un’occhiata a Twitter o alle vignette di Osho. Anche in una cittadina polacca di confine hanno avuto il tempo di procurarsi una maglietta identica a quella che un paio d’anni fa il leghista esibiva orgoglioso sulla Piazza Rossa. Veramente strano che l’uomo che è stato vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno non lo avesse messo in conto. Forse è mal consigliato o forse non riesce a distinguere ciò che è drammatico da ciò che è ludico. Nel 2019 aprì la crisi di governo da uno stabilimento balneare, ieri ha tentato goffamente di ricostruirsi un’immagine con un colpo di dadi dall’esito catastrofico.


Aveva invece una carta semplice da mettere sul tavolo. Comprendere la portata del passaggio storico che l’Italia e l’Europa stanno vivendo e agire di conseguenza. Sostenere senza ambiguità e fino a tempi migliori il governo di cui peraltro la Lega fa parte, considerando che non ci sono alternative a Draghi e a una linea di politica estera condivisa, nel rispetto del sistema di alleanze in cui l’Italia è collocata. Accantonare i vari “sovranismi” ed euro-scetticismi che non sono di alcuna utilità al momento: non a caso l’incidente è avvenuto in Polonia, uno dei paesi nazionalisti a cui la destra italiana guardava con attenzione. Ma è la guerra, appunto. La guerra che restituisce spessore alle cose e una gerarchia ai valori.

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Anche McDonald’s va via: chiudono 850 punti vendita in Russia

mercoledì, Marzo 9th, 2022

di Enrico Franceschini

La fine del comunismo sovietico cominciò con l’apertura del primo McDonald’s al tempo della perestrojka di Mikhail Gorbaciov. La chiusura dei ristoranti fast food dalla M gialla, annunciata stamani come sanzione per la guerra in Ucraina, simboleggia il ritorno della dittatura a Mosca: quasi un arco durato trentacinque anni che ha gradualmente accompagnato prima l’ascesa di una fragile democrazia e poi il suo inesorabile declino nell’era di Vladimir Putin.

La multinazionale americana delle polpette, che ha a Chicago il suo quartier generale, ha annunciato la decisione di “chiudere temporaneamente” i suoi 850 ristoranti in Russia in risposta “alle insensate sofferenze umane causate all’Ucraina”. L’azienda afferma che è “impossibile prevedere” quando potranno riaprire, ma per il momento continuerà a retribuire i suoi 62 mila dipendenti russi. “I nostri valori significano che non possiamo ignorare quello che accade a Kiev”, ha dichiarato l’amministratore delegato della società Chris Kempczinski. 
Era una mossa nell’aria da qualche giorno, perché McDonald’s e Coca-Cola erano rimasti due brand occidentali più noti ancora operativi in Russia dopo la grande fuga di quasi tutti gli altri, dai generi di lusso come Chanel, Dior e Prada, a quelli per la classe media come l’Ikea, Netflix e i jeans Levi’s.

Lunedì era diventato virale un tweet intitolato #BoycottMcDonalds, boicottate la McDonald’s, non solo e non tanto in Russia ovviamente quanto nel resto del mondo: 40 mila ristoranti che servono 70 milioni di clienti al giorno in oltre 100 paesi. Il bando alle importazioni di petrolio e gas russo reso noto oggi dal presidente Biden ha probabilmente contribuito a spingere i responsabili della compagnia ad agire.

Quando il primo McDonald’s aprì a Mosca, il 31 gennaio 1990, fu un avvenimento epocale: uno dei primi marchi occidentali che sbarcava in Unione Sovietica, sinonimo del capitalismo americano. Il caos provocato dalle confuse riforme economiche di Gorbaciov aveva svuotato i negozi alimentari. I russi avevano fame. E i Big Mac erano a quell’epoca l’equivalente di una prelibatezza sconosciuta nel paese dei Soviet.

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Ucraina, Massimo Cacciari: “Il rischio realissimo dell’errore fatale, cosa deve fare l’Europa”

mercoledì, Marzo 9th, 2022

L’Unione europea deve scendere in campo e aiutare Ucraina e Russia a trattare: ne è convinto Massimo Cacciari, secondo il quale “l’Europa può trovare qui la sua storica occasione di affermarsi finalmente come grande potenza politica”. In un editoriale su La Stampa, il filosofo ha spiegato come i due Paesi adesso in guerra non possono essere lasciati “soli” a negoziare come sta avvenendo adesso, altrimenti “non si giungerà a nulla, forse neppure al cessate il fuoco per garantire gli interventi umanitari”.
Inoltre, secondo Cacciari, bisogna evitare un pericolo che è sempre dietro l’angolo, “il rischio realissimo dell’”errore” fatale. Anche la prima Grande Guerra nessuno la voleva (e anche allora c’era di mezzo, tra l’altro, l’Ucraina)”. Il filosofo, inoltre, non si è detto contrario all’invio di armi in Ucraina, ma allo stesso tempo ha sottolineato che l’obiettivo primario deve essere comunque la fine del conflitto: “È interesse assoluto dell’Ucraina e deve essere il nostro che si ponga immediatamente fine alla guerra; per questo va utilizzato ogni mezzo, sanzioni o invio di armi che sia. Questo deve essere dichiarato e risultare chiaro allo stesso avversario”.

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Benzina e diesel oltre i 2 euro al litro, il metano a quasi 2 al chilo. Risparmiare si può: ecco dieci consigli pratici

mercoledì, Marzo 9th, 2022

Mattia Eccheli

Secondo le rilevazioni della Staffetta Quotidiana solo il gasolio in modalità self costa ormai meno di 2 euro al litro, soglia avvicinata anche dal metano, un combustibile non solo più sostenibile, ma anche più economico. Il solo Gpl resta ancora abbordabile, a meno di 0,9 euro al litro. Un anno fa, contabilizza l’Unione Nazionale Consumatori, le verde costava 1,55 euro al litro, il diesel 1,421: per un pieno servono oggi in media oltre 20 euro in più. Un salasso tra i 484 e i 490 euro su base annua. L’UNS chiede una riduzione delle accise di 30 cent al litro per andare incontro alle famiglie, 10 in più di quanto non avesse sollecitato finora, prima dell’invasione russa dell’Ucraina. La speculazione resta una parte del problema, ma per ovviare all’aumento dei costi per il rifornimento gli automobilisti possono fare ricorso ad alcuni semplici accorgimenti. Ecco un decalogo.

1. Non fare rifornimento in autostrada. Per effetto della royalties che le società devono versare ai gestori della rete i carburanti sono tra uno e due decimi più cari.

2. Non utilizzare l’auto da soli. Almeno temporaneamente è preferibile evitare l’abitudine di viaggiare senza qualcun altro a bordo. La condivisione è un sistema semplice per spalmare i cosi di gestione.

3. Non tenere in auto pesi inutili. Spesso anche solo per pigrizia a nei bagagliai delle auto ci sono cose che non servono. Viaggiare leggeri è utile: 100 kg in più comportano un consumo maggiorato di mezzo litro ogni 100 km.

4. Evitare i portapacchi. I dati parlano chiaro: con il raddoppio della velocità quadruplica la resistenza aerodinamica.

5. Pianificare gli spostamenti. Viaggiare a velocità moderata e costante, magari anche con qualche chilometro in più, è più efficiente che spostarsi con molte fermate e ripartenze. Per ottimizzare le trasferte è utile valutare la scorrevolezza del traffico.

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