Archive for Settembre, 2022

Elezioni politiche 2022, ultime notizie | Letta: «40-45% di indecisi, vanno convinti». Salvini: «Reintrodurre province»

mercoledì, Settembre 21st, 2022

di Marco Bruna

Le notizie di martedì 20 settembre sugli schieramenti, i candidati e i partiti in diretta, in vista della tornata elettorale che si terrà il 25 settembre

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• Come funziona il Rosatellum, la legge elettorale con cui voteremo il 25 settembre.
• Il faccia a faccia Letta-Meloni su Corriere.it.
• Le interviste ai leader in diretta sul sito del Corriere.
• Camera: tutti i candidati all’uninominale.
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Ore 21:07 – Salvini, Lega può essere primo partito Lombardia

«Se tutti noi per cinque giorni diamo l’anima e facciamo la Lega, possiamo fare una cosa che dovrebbe essere normale: la Lega domenica sera primo partito in Lombardia. Sarebbe un giusto riconoscimento del lavoro dei sindaci». A dirlo è il segretario della Lega, Matteo Salvini, nel corso di un evento elettorale a Milano.

Ore 20:38 – Berlusconi: «Io fuori dal coro, unico a proporre cose concrete»

«Sono sempre stato fuori dal coro. Io ho fondato la televisione sulla quale stiamo parlando proprio per essere fuori dal coro del monopolio dell’informazione della Rai. Ho sostenuto e finanziato il Giornale di Montanelli quando era l’unica voce fuori dal coro del conformismo di sinistra». Così Silvio Berlusconi, intervistato da Fuori dal coro’, in onda stasera su Rete 4. «Ho creato delle città-giardino, che ancora oggi architetti e urbanisti di tutto il mondo ammirano, per essere fuori dal coro dei miei colleghi costruttori che allora costruivano soprattutto anonimi blocchi di cemento, tutti uguali. Ho dato vita a Forza Italia per essere fuori dal coro della sinistra ancora comunista che sembrava avere in mano il Paese», ricorda il fondatore azzurro. «Anche oggi credo di essere fuori dal coro, visto che sono l’unico a fare una campagna elettorale parlando di cose concrete, destinate ad avere un impatto sulla vita degli italiani. E sono l’unico ad aver dimostrato nella vita, non solo in politica, di saper realizzare gli obbiettivi che mi propongo», conclude.

Ore 20:33 – Meloni a Palermo, polizia blocca manifestanti, un fermo

La polizia ha caricato un gruppo di manifestanti, una cinquantina, che ha tentato di sfondare il cordone di polizia attorno all’area dove era in corso il comizio di Giorgia Meloni, a Palermo. Una persona è stata fermata. Gli agenti sono intervenuti quando un manifestante ha lanciato una bottiglia d’acqua contro la polizia in tenuta antisommossa .

Ore 20:29 – Salvini: reintrodurre Province, con personale e budget

«Renzi ha cancellato per finta le Province, dicendo che avremmo risparmiato. Le Province vanno reintrodotte con personale, budget ed elezione diretta dei cittadini. Altrimenti scuole e strade non le mantiene più nessuno». A dirlo è il segretario della Lega, Matteo Salvini, nel corso del suo intervento a un incontro con sindaci e amministratori locali a Milano.

Ore 19:00 – Conte: «Rischio che i fondi del Pnrr finiscano alle mafie»

I fondi del Pnrr? «Il rischio è quello che vadano a finire nelle mani della criminalità organizzata, soprattutto di stampo mafioso. Bisogna mantenere alta la soglia del controllo sociale». Lo ha detto il presidente M5s, Giuseppe Conte, a Fuori dal Coro in onda stasera su Rete 4.

Ore 18:57 – Magorno: tanto entusiasmo con Maria Elena Boschi

«Continua il nostro cammino con Maria Elena Boschi e continuiamo a trovare tanto entusiasmo per il progetto del terzo polo. Un progetto che sta raccogliendo le energie migliori della nostra regione; donne e uomini che vogliono apportare un contributo di idee per il rilancio della nostra regione. Non facciamo false promesse, ma possiamo garantire il massimo impegno. #ItaliaSulSerio». Così il candidato alla Camera dei Deputati in Calabria, Ernesto Magorno, intervenuto a Rende in occasione di una manifestazione con Maria Elena Boschi.

Ore 18:38 – Meloni: «Considero tutti i regimi un male, senza esitazioni della sinistra»

«Considero tutti i regimi un male, quelli di ieri e anche quelli di oggi, senza le gerarchie e le esitazioni che invece vediamo continuamente nella sinistra». Giorgia Meloni, intervistata dall’Adnkronos a pochi passi da Montecitorio, torna sulle dichiarazioni di questa mattina. «Abbiamo sempre difeso le radici classiche dell’Europa e i valori di libertà e democrazia che sono l’essenza dell’identità europea — ha precisato —. Per questo non possiamo avere alcuna simpatia per i totalitarismi. Il problema è, piuttosto, quello della sinistra italiana che si è dissociata dal resto delle forze politiche europee rifiutandosi di condannare l’Unione Sovietica e i regimi comunisti. Non capisco perché non chiediate conto a Letta di quei deputati del Pd che al parlamento europeo si sono rifiutati di condannare il totalitarismo comunista». Quanto alla richiesta di togliere la fiamma dal simbolo, la Meloni è categorica: «Non c’è alcun motivo per togliere dal simbolo di FdI la fiamma, che rappresenta la continuità con la storia di una destra repubblicana e democratica e che ha fatto parte a testa alta delle istituzioni italiane dal dopoguerra ad oggi. Andiamo fieri del percorso democratico fatto dalla nostra comunità e non abbiamo ragione per nasconderlo».

Ore 18:24 – Inneggiò a Hitler, candidato FdI si dimette dal partito

Calogero Pisano lascia. E con una lettera di dimissioni si dimette dopo che erano arrivate le proteste, fra le altre, della comunità ebraica di Roma, perché aveva usato parole inneggianti a Hitler e Putin. «Ho avuto ora conferma del mio deferimento ai Probiviri per provvedimento disciplinare — ha spiegato nella lettera di dimissioni —. Non voglio trascinare Fratelli d’Italia in situazioni imbarazzanti e per questo motivo ho inviato la mia lettera di dimissioni volontarie». In passato aveva scritto sui social parole di apprezzamento per Adolf Hitler, oltre che di sostegno per Vladimir Putin.

Ore 18:14 – Speranza: «In queste ore è cambiato il clima»

«Mi aspetto un recupero del centrosinistra. In queste ore è cambiato il clima». Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, intervenendo oggi ad una manifestazione elettorale a Portici, dove è atteso anche Enrico Letta. «Credo che la gente sta iniziando a decidere e a capire che questa coalizione è l’unica che può guidare il Paese», ha aggiunto. Per il ministro della Salute le altre coalizioni «sono avventure e rischiano di far correre al Paese rischi enormi».

Ore 17:59 – Cingolani, dopo voto firma per gas a prezzi calmierati alle imprese

«La settimana prossima spero, dopo le elezioni». Così il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani risponde ai cronisti che gli chiedono quando sarà firmato il decreto ministeriale per le forniture di gas alle imprese a prezzo calmierato.

Ore 17:56 – Ruotolo (LeU): «Io minacciato di morte via social»

«”Vedi come devi fare la fine tua sorella? Fai molta attenzione”. È la minaccia, infame, che mi è giunta via social. Il riferimento è a mia cugina, Silvia Ruotolo, una delle tante, troppe vittime innocenti uccise dalla camorra. Lo sapevo che prima o poi si sarebbero fatti sentire. Mi sono candidato nel collegio uninominale della Camera di Torre del Greco, territori difficili dove a distanza di cento giorni sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose due Consigli comunali quello di Castellammare e Torre Annunziata. Oggi, a quattro giorni dal voto, evidentemente ci sono ambienti, personaggi che sono infastiditi dal fatto che in questa campagna elettorale continuo a parlare e denunciare la camorra. Questa minaccia via web, l’ho vissuta come se fosse stato un pugno nello stomaco. Io, come sempre, nonostante le minacce, mi sento un uomo libero. E non tacerò». È quanto scrive sul proprio profilo Facebook il senatore Sandro Ruotolo.

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Il ruolo dei tecnici in politica e le tante anomalie d’Italia

mercoledì, Settembre 21st, 2022

di Paolo Mieli

In 30 anni quattro superprofessionisti hanno guidato governi di «larghe intese». Il centrodestra ha comunque presentato un candidato premier, il centrosinistra no

La storia della Seconda Repubblica è iniziata ventinove anni fa con un evento assai particolare: la convocazione al Quirinale dell’allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, «spostato» a Palazzo Chigi per dar vita ad un governo d’emergenza. Curiosamente questa fase di storia dell’Italia repubblicana si chiude (non sappiamo se in via definitiva) con l’uscita dallo stesso edificio, Palazzo Chigi, di Mario Draghi, un personaggio dalle caratteristiche assai rassomiglianti a quelle dell’illustre predecessore. Reduce, Draghi, da un’impresa anch’essa simile a quella che toccò al presidente del Consiglio del 1993. Ciampi e Draghi — com’è noto — non sono stati gli unici premier emergenziali dell’ultimo trentennio. Nel 1995, pochi mesi dopo la temporanea uscita di scena di Ciampi, fu chiamato alla guida di un esecutivo altrettanto straordinario l’ex direttore generale della Banca d’Italia, Lamberto Dini (già ministro di Berlusconi, successivamente leader di un effimero partito di centrosinistra). Sedici anni dopo, fu la volta dell’ex rettore della Bocconi ed ex Commissario europeo, Mario Monti, anche lui scelto per la guida di un governo di salute pubblica e fondatore, in tempi successivi, di un partito dalla vita relativamente breve. Quattro «supertecnici» accomunati dall’aver guidato governi di «larghe intese» a cui i presidenti della Repubblica avevano affidato la missione di far fronte a situazioni che vennero presentate come uniche.

Le prime tre di queste personalità non provenienti dalla politica (e qualche loro ministro ugualmente tecnico) si sono poi affezionate al mondo conosciuto in quell’occasione e sono rimaste in politica. Draghi, a differenza degli altri tre, non sembra desideroso di trattenersi e mettere una qualche radice nel Palazzo popolato da deputati e senatori.

I risultati dell’azione dei quattro «grandi tecnici» sono stati giudicati in termini positivi. Da tutti (o quasi), anche fuori dai nostri confini. A dispetto di tali successi, però, non risulta che qualche altro Paese del mondo contemporaneo si sia sentito incoraggiato all’adozione di questo genere di soluzione per le proprie crisi. Già, come mai nessun altro è ricorso, in emergenza, ai supertecnici? Strano, no? Come mai gli altri Paesi, tutti, si ostinano a procedere per la via tradizionale del ricorso ad elezioni e della scelta di primo ministro e governo sulla base del responso elettorale? Nessun politologo — che ci risulti — ha mai provato a dare una risposta a queste domande.

Così come nessun politologo si è fermato a riflettere sull’effetto che queste esperienze (ripetiamo: ben quattro nell’arco di un trentennio) possono avere avuto sul sistema politico. Le prime due (Ciampi e Dini) non paiono aver intaccato lo spirito dei primi Anni Novanta. Centrodestra e centrosinistra insistettero allora nel dar vita a schieramenti pur disomogenei che esprimevano coalizioni con annessa leadership da portare al governo legittimate da un voto. E furono, tra infiniti tormenti, gli anni dell’alternanza Berlusconi-Prodi. All’inizio del decennio passato, però, le cose sono cambiate radicalmente. Dopo l’esperienza Monti, il centrodestra — ancorché travolto dai marosi provocati dai guai giudiziari di Berlusconi — non ha rinunciato all’idea di presentarsi al proprio elettorato nella sua versione ormai trentennale. E al cospetto delle urne ha regolarmente indicato il capo del governo nel leader (stavolta presumibilmente la leader) del partito che avrebbe preso più voti. Il centrosinistra, no. Intimidito forse dalla qualità dei tecnici che evidentemente considerava superiore alla propria, da più di dieci anni ha scelto di non offrire al Paese né una coalizione né un leader per il governo. Neanche questa volta. Il fronte progressista aveva avuto la stessa esitazione nel 1994 quando si concluse l’esperienza Ciampi.

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Putin, mistero sul discorso: cancellato l’intervento sui referendum nel Donbass

mercoledì, Settembre 21st, 2022

di Fabrizio Dragosei

Dopo ore di attesa, due canali ufficiali russi hanno cancellato l’annuncio del discorso con il quale il presidente avrebbe dovuto annunciare i referendum per l’annessione del Donbass: «Rinviato a mercoledì»

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Il presidente russo Vladimir Putin avrebbe dovuto parlare alla nazione nella serata di martedì 20 settembre — ma il suo discorso, atteso per le 19, ora italiana, non è mai iniziato, e mentre le tv russe cancellavano l’annuncio dell’intervento, fonti spiegavano che lo zar non parlerà prima di mercoledì. Non ci sono spiegazioni ufficiali sul rinvio, o sulla cancellazione, del discorso. Forbes Russia, citando due fonti, spiega che il discorso, pre-registrato, dovrebbe andare in onda alle 8 ora locali (le 7 in Italia) di mercoledì mattina. La caporedattrice di Russia Today, Margarita Simonyan, ha scritto sul suo canale Telegram: «Andate a dormire».

Ci si aspettava che Vladimir Putin parlasse al Paese sui referendum proclamati dalle autorità filorusse del Donbass per appoggiare la loro richiesta di entrare nella Federazione russa e portare così lo scontro con Kiev a uno stadio di ulteriore tensione. Ma il leader del Cremlino sembra aver deciso di prendere tempo, forse nella speranza che la Comunità internazionale prema sull’Ucraina per concessioni che possano soddisfare Mosca. Le reazioni, per ora, sono state di segno contrario. Qualcosa potrebbe venir fuori da un colloquio telefonico che si dovrebbe svolgere tra il presidente russo ed il francese Macron.

I referendum di annessione si faranno a partire da dopodomani nelle regioni ancora occupate dai russi, Donetsk, Lugansk, Kherson, Zaporizhzhia e daranno certamente il risultato previsto: sotto la «protezione» dell’Armata russa la stragrande maggioranza della popolazione voterà per uscire dalla repubblica ucraina ed entrare nella Federazione.

Naturalmente, si tratterà di risultati più che contestabili, vista la situazione (di una qualche parvenza di campagna elettorale, neanche un cenno, tanto per dirne una). E appare chiaro che il ricorso alle urne è stato accelerato dalla recente avanzata delle truppe di Kiev. A novembre, quando i capi locali avevano in mente di celebrare la ricorrenza della rivoluzione del 1917 (spostata dal sette al quattro e con un altro nome da Putin) alcune delle zone chiamate a votare avrebbero potuto non essere più nelle mani dei russi.

È anche una forte pressione nei confronti del Cremlino che potrebbe anche essere tentato di abbandonare al loro destino una parte degli indipendentisti.

Tra coloro che più ardentemente hanno approvato l’iniziativa dei referendum c’è l’ex presidente Dmitrij Medvedev, diventato uno dei più accesi sostenitori della guerra totale. Medvedev ha spiegato bene quali sarebbero le conseguenze dei referendum e delle annessioni. Conseguenze che potrebbero portare anche a un confronto nucleare.

Il voto si dovrebbe svolgere nelle quattro regioni ucraine da venerdì a martedì prossimo. Poi verranno proclamati i risultati e quindi la Russia dovrà decidere cosa fare. Se accetterà la «volontà» dei cittadini ucraini di quelle aree di «riunirsi finalmente alla madrepatria», come ha auspicato Medvedev, allora l’annessione procederà con speditezza.

A passare sotto la guida di Mosca non sarebbero però solo gli oblast attualmente nelle mani delle milizie filorusse o dell’esercito regolare. Diventerebbero parte integrante del territorio della Federazione anche quelle fasce e quelle città che fanno parte delle quattro regioni ma che sono attualmente controllate dagli ucraini. Slovyansk, Kramatorsk, tanto per citarne due.

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Draghi all’Onu: ferma condanna per le ulteriori violazioni di Putin

mercoledì, Settembre 21st, 2022

di Monica Guerzoni

Il premier: con le sanzioni effetti dirompenti, la guerra di Mosca è un attacco ai valori occidentali. E poi: «I referendum per l’indipendenza del Donbass sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza»

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DALLA NOSTRA INVIATA
NEW YORK — La guerra di Mosca contro Kiev è un attacco ai valori dell’Occidente. E il colpevole della crisi alimentare, energetica ed economica che il conflitto ha innescato ha un nome e un cognome: Vladimir Putin.Il premier italiano lo scandisce con tono severo davanti all’Assemblea generale dell’Onu, forte del premio al «migliore statista mondiale dell’anno» . ricevuto lunedì sera dalla fondazione Appeal of Conscience, con laudatio dell’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger.

Draghi è durissimo. E se Giorgia Meloni afferma che «i nostri nemici non sono così isolati come sembrano», i ragionamenti dell’ex presidente della Bce puntano a isolare Putin, finché non deciderà di tornare «al rispetto dei principi che la Russia scelse di sottoscrivere nel 1945». L’escalation dello zar impone una scelta di campo: «I referendum per l’indipendenza del Donbass sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza».

Dal 24 febbraio i nostri occhi hanno visto bombardamenti sulle città, «soprusi di civili e bambini» e il «tentativo di soggiogare una democrazia libera e sovrana che ha reagito con orgoglio e coraggio per difendere la propria indipendenza, la propria libertà». Le mosse di Putin fanno paura e scuotono i partiti italiani a pochi giorni da un voto decisivo per la collocazione dell’Italia. Ma Draghi scolpisce con forza la posizione geopolitica dell’Italia e allontana da sé l’ombra di un governo populista o sovranista, che guardasse con indulgenza in direzione del Cremlino.

Lui dubbi non pare averne, sente di aver collocato il nostro Paese dalla parte giusta della storia: «Aiutare l’Ucraina a proteggersi è stata l’unica scelta coerente con gli ideali di giustizia e fratellanza che sono alla base della Carta delle Nazioni Unite». Un monito anche sul piano interno, destinato a chi pensa di poter accorciare la strada che separa l’Italia dalle autocrazie dell’Est.

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Quarta Repubblica, la profezia di Calenda: “Il Colle chiederà a Draghi di restare”

martedì, Settembre 20th, 2022

Carlo Calenda continua con il suo ritornello. Il leader di Azione nonostante la chiusura di Mario Draghi all’ipotesi di un nuovo mandato di governo, insiste nell’ipotesi di un governo a guida SuperMario dopo il voto del 25 settembre. Mario Draghi solo qualche giorno fa ha spiegato in modo chiaro di non voler tornare sulla poltrona di palazzo Chigi dopo la tornata elettorale, ma a quanto pare il Terzo Polo fa lo gnorri.
E così, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica, Calenda ha nuovamente aperto allo scenario di un Draghi-bis: “Se noi prendiamo molti voti Mattarella chiederà a Draghi di restare per fare un governo di larga coalizione”. Insomma il Terzo Polo ormai è alla frutta e così cerca di attrarre qualche voto dei moderati per salvarsi da una eventuale esclusione dal Parlamento. E a Calenda ha risposto il direttore di Libero, Alessandro Sallusti in modo chiaro e netto: “Lei è un pifferaio magico per un elettore di centrodestra, mi sembra di capire che vuole prendere i voti del centrodestra per portarli in dote al Pd”. Nient’altro da aggiungere…

LIBERO.IT

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Meteo, Mario Giuliacci: “Freddo invernale”, crollo brutale delle temperature

martedì, Settembre 20th, 2022

Che il meteo sia cambiato all’improvviso, con tanto di crolli termici, lo hanno capito tutti. Se fino a qualche giorno fa ci si lamentava del caldo estivo, adesso invece ci si lamenta del freddo. E pare che nei prossimi giorni la situazione andrà a peggiorare. Ne ha parlato Mario Giuliacci sul suo sito: “Un nucleo di aria polare raggiungerà domani, martedì 20 settembre, la Scandinavia. Da qui verrà trascinata verso Sud dal vortice di bassa pressione presente sull’Est europeo e così il mercoledì 21 settembre raggiungerà i Balcani per poi riversarsi sull’Adriatico con sostenuti venti di Bora tra giovedì 22 e venerdì 23 settembre”.

I prossimi giorni, insomma, saranno all’insegna del freddo. Un cambiamento climatico inaspettato, soprattutto perché fino a qualche giorno fa le temperature superavano addirittura i 30 gradi. “Ovviamente tra il 22 e il 23 settembre le temperature scenderanno ulteriormente su tutta l’Italia, ove pertanto le temperature massime si porteranno sotto 23 gradi su gran parte d’Italia”, ha continuato il meteorologo.

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Caro bollette, San Patrignano deve pagare 730 mila euro: si rischia la chiusura

martedì, Settembre 20th, 2022

Bolletta del gas da 730mila euro nel solo mese di agosto. Più di dieci volte la cifra pagata per lo stesso periodo lo scorso anno, quando la bolletta era stata di 70mila euro.

San Patrignano, la nota comunità di recupero per tossicodipendenti, rischia di dover chiudere interi settori a causa dell’aumento vertiginoso dei prezzi di energia e materie prime legato alla situazione internazionale. La causa: i costi delle utenze, drammaticamente aumentati anche per la comunità. Il rischio è quello di pregiudicare addirittura il modello di sostenibilità economica che la comunità ha saputo realizzare, e quindi la sua capacità di accogliere un numero sempre maggiore di persone.

In questo momento San Patrignano accoglie gratuitamente circa settecento ragazzi e ragazze con problemi di dipendenze. Inoltre operano nell’ambito della comunità circa duecentoventicinque dipendenti, collaboratori e volontari. Il percorso di recupero avviene attraverso programmi individuali in cui la formazione professionale riveste un ruolo fondamentale in vista del reinserimento dei giovani in società.

Dalla sua fondazione San Patrignano ha ospitato più di 26mila ragazzi e ragazze, convertendo inoltre 4000 anni di pene detentive in percorsi alternativi al carcere. Anche grazie al rapporto con le Istituzioni, la comunità é cresciuta nel tempo diventando un esempio di sussidiarietà orizzontale nell’ambito della lotta contro le dipendenze, alleggerendo fortemente i costi sociali altrimenti a carico del settore pubblico. Attualmente San Patrignano é un’impresa sociale articolata in circa 40 settori formativi (dalle cucine ai laboratori artigianali, dal forno al food), per molti dei quali l’attività é possibile grazie all’utilizzo di energia.

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I mercati avvisano la destra: “Debito quasi insostenibile, Meloni non ha sufficienti credibilità ed esperienza”

martedì, Settembre 20th, 2022

Sandra Riccio

MILANO. A una settimana dal voto i mercati accendono i fari sull’Italia. Le analisi delle banche d’affari e dei commentatori della finanza danno per scontata una vittoria della destra guidata da Giorgia Meloni e nei report si affaccia il timore che Roma possa tornare nel mirino. A preoccupare sono le promesse della campagna elettorale: più spesa fiscale e taglio alle tasse. Questo in un contesto economico molto difficile minato da un’inflazione alle stelle, da tassi d’interesse in rapida risalita e da una drammatica crisi dell’energia in corso. «Meloni non ha la credibilità di Draghi. È un leader inesperto, il cui unico incarico governativo è stato quello di ministro della Gioventù tra il 2008 e il 2011 nel governo Berlusconi IV» sentenzia Hugo Dixon, editorialista Reuters Breakingviews in un’analisi di ieri che rimbalzava tra i monitor di banche e osservatori della finanza. Il titolo è eloquente: «How Italy could tip into a tailspin», ovvero: come l’Italia rischia di deragliare. Nel mirino c’è il debito, considerato «quasi insostenibile». E su questo terreno è «meglio non sfidare la sorte» aggiunge Sylvain De Bus, Deputy Head of Global Bonds di Candriam che vede avvicinarsi una fase difficile per i Btp dell’Italia. Barclays in una nota del 12 settembre prevede che «le proposte fiscali del centrodestra potrebbero implicare un deficit più ampio di 30-70 miliardi» ossia tra l’1,5 e il 3,9% del Pil. Solo stime, secondo la banca d’affari inglese, ma «in ogni caso – scrivono i suoi analisti – dubitiamo che tutte le misure menzionate nel programma rientrerebbero nel budget del 2023». Barclays non esclude che «potrebbero emergere nuove tensioni con le istituzioni europee» per via della necessità, legata alle condizionalità del Recovery Fund, di portare a termine riforme «a cui Fdi si era precedentemente opposta» come quelle su giustizia e concorrenza.

Sotto la lente infatti, in una situazione in cui, come dice Goldman Sachs, «l’incertezza politica resta alta» c’è anche il Pnnr: i tavoli europei saranno un banco di prova che gli operatori di Borsa osserveranno con attenzione. «Ci aspettiamo una maggiore volatilità nella fase dei negoziati con l’Ue, che dovrebbero iniziare a novembre – dice François Raynaud, Fund Manager di Edmond de Rothschild Am –. I negoziati sul Recovery potrebbero ritardare alcuni programmi di investimento in Italia e i negoziati sul bilancio dovrebbero essere complessi, dato che l’Italia non ha margine di manovra. Secondo Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer Ubs Wm Italy, «accedere alle risorse del Recovery fund richiede anche la capacità di varare riforme. Finora l’Italia ha rispettato pienamente la tabella di marcia, ma se il nuovo governo rallentasse la corsa si perderebbero punti di Pil per strada».

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Meloni cerca un super-ministro, Panetta si chiama fuori dai giochi

martedì, Settembre 20th, 2022

Luca Monticelli

L’esito delle elezioni non è scontato, ma Giorgia Meloni arriva all’appuntamento del 25 settembre con il vento dei sondaggi in poppa, e sta riflettendo da tempo su una personalità di fiducia da indicare per il ministero dell’Economia, capace di rassicurare l’Europa e i mercati, stimata a livello internazionale e in grado di ottenere il via libera di Sergio Mattarella. Il nome emerso in questo mese di campagna elettorale è quello di Fabio Panetta, che attualmente ricopre l’incarico di componente del comitato esecutivo della Banca centrale europea (Bce).

Durante l’estate, a quanto risulta a La Stampa, c’è stato un contatto tra Giorgia Meloni e Fabio Panetta: un colloquio affabile e positivo, tra due persone che non si conoscevano. Un’occasione che la presidente di Fratelli d’Italia ha colto per sondare il banchiere della Bce sulla disponibilità a fare il ministro dell’Economia in un eventuale esecutivo di centrodestra. Panetta, spiega una fonte a questo giornale, avrebbe declinato perché preferirebbe proseguire la sua carriera da banchiere centrale. Al momento non sembra esserci un seguito, Meloni e Panetta si sono lasciati cordialmente e non si sono più sentiti.

Panetta ha un curriculum formidabile: una carriera in Bankitalia fino a diventarne direttore generale, ha lavorato per l’Italia al G7 e al G20 ed è stato nel Consiglio direttivo dell’Einaudi Institute for economics and finance (Eief). Lui non ha mai commentato la candidatura offerta da Giorgia Meloni al dicastero che fu di Quintino Sella. Romano di 63 anni, figlio del capo di gabinetto di un ministro del governo Spadolini, Panetta è «il naturale successore di Ignazio Visco come governatore della Banca d’Italia», spiega una fonte. Un cambio al vertice che sarebbe potuto andare in porto, nonostante le smentite, prima della fine della legislatura, quando Il Foglio scrisse che Visco era pronto a dimettersi con un anno di anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato (ottobre 2023), operazione che però non è si è mai messa in moto a causa della caduta dell’esecutivo di Mario Draghi.

«Diventare governatore della Banca d’Italia è la sua ambizione – riferiscono le fonti – anche se un pressing del Quirinale o dello stesso Draghi potrebbero sortire effetti diversi sebbene avrebbero l’effetto di pregiudicare la sua ascesa a via Nazionale». La scelta del ministro del Tesoro è un rebus di difficile soluzione per qualsiasi governo. Ne sanno qualcosa Matteo Salvini e Luigi Di Maio, protagonisti nel 2018 di un braccio di ferro con il capo dello Stato sul nome di Paolo Savona, che poi fece un passo indietro favorendo l’arrivo a via XX settembre di Giovanni Tria, allora preside della facoltà di economia dell’università Tor Vergata.

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Vertice a Berlino, Scholz fa il tifo per Letta. La Spd: “Non vinca la postfascista Meloni”

martedì, Settembre 20th, 2022

Uski Audino

BERLINO. Nell’ultimo scorcio di campagna elettorale il segretario del Pd Enrico Letta vola a Berlino per ricordare che è nel cuore dell’Europa che si trovano soluzioni comuni a problemi condivisi dai cittadini europei. Il caro energia non si combatte solo con misure nazionali. «Abbiamo bisogno di soluzioni europee perché solo queste possono farci uscire dalla drammatica crisi energetica nella quale Putin ci sta mettendo tutti», ha detto il segretario del Pd dalla sede dei socialdemocratici tedeschi.

Alla Willy Brandt Haus, il segretario del Pd incassa l’endorsment del cancelliere Olaf Scholz, che incontra per una buona mezz’ora a quattrocchi, e poi del presidente del Spd Lars Klingbeil, che si augura una vittoria del partito alleato e non di Giorgia Meloni, presidente di un partito «postfascista, che porterebbe l’Italia sulla strada sbagliata». Va detto, che l’aggettivo «postfascista» per definire la formazione di Meloni, è usato in Germania come un attributo neutrale e descrittivo tanto dai media di destra che di sinistra. Sulla stessa linea anche la stampa britannica. Ieri il Financial Times, in un pezzo dal titolo «I molti volti della probabile nuova prima ministra italiana», sottolinea che la leader di Fratelli d’Italia «si definisce una conservatrice di centro-destra, ma ha rifiutato di rinnegare le radici del suo partito, la cui bandiera porta ancora la fiamma fascista», aggiungendo che «permangono gravi riserve sulla Meloni, in particolare nel momento in cui un’ondata di partiti di destra dura sta vivendo una preoccupante rinascita in tutta Europa». Anche il The Guardian definisce la formazione di Meloni «di estrema destra».

Del resto è evidente, ha proseguito il presidente del Spd Klingbeil, «che in questa tornata è in gioco molto di più dell’Italia», è in gioco l’orientamento futuro dell’Europa. E allora qual è l’idea di Europa che ha in mente Enrico Letta? «Le opzioni sono due: ci si può collocare al cuore dell’Europa con Bruxelles, Berlino, Parigi, Madrid» quindi cercando soluzioni condivise a problemi comuni e puntando al voto di maggioranza, «oppure c’è l’Europa delle nazioni, del diritto di veto, che ha come principale interlocutori il governo ungherese e polacco. Un destino che non ci piace».

La memoria va al voto della settimana scorsa al Parlamento europeo, che ha condannato a larga maggioranza il governo di Budapest «per i suoi tentativi deliberati e sistematici» di minare i valori della democrazia europea. In quell’occasione Fratelli d’Italia e Lega hanno votato contro, in sostegno al governo di Viktor Orbán. «La scelta di Meloni e Salvini di aiutare Orbán è gravissima», contraria ai valori su cui si fonda la nostra democrazia come lo stato di diritto, ha commentato Letta. E per il segretario del Pd il viaggio a Berlino, da dove ribadisce «credo nella rimonta» e «mai al governo con la destra», sembra una risposta al posizionamento degli avversari. Questa è la nostra idea di Europa, sembra dire Letta: quella della socialdemocrazia, dei diritti e dello stato di diritto. Ma c’è un secondo aspetto importante, che nei fatti è anche un implicita risposta alla battuta di Draghi della settimana scorsa: «Non bisogna soltanto scegliere gli alleati in base ai valori condivisi, ma anche cercando di capire quali hanno la capacità di portare avanti meglio gli interessi degli italiani». Letta sceglie di parlare del gas e disaccoppiamento del prezzo dell’energia non solo con chi è parte della sua stessa famiglia politica, ma soprattutto con chi da mesi sta tentennando sul tetto al prezzo del gas e su possibili misure europee che intervengano nel mercato del gas. Quello che Letta incassa a Berlino è una buona dose di ottimismo e la speranza concreta di una svolta al prossimo Consiglio europeo sull’energia del 30 settembre. «Dopo questa visita a Berlino sono molto più ottimista perché ho visto che c’è la consapevolezza e l’impegno nel risolvere un problema comune», di imprese e famiglie sul caro bolletta, e ha visto «Scholz determinato a perseguire soluzioni europee».

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