Il tam-tam tra chi è costretto a fare spesso la spesa in
farmacia era cominciato da un po’, senza che nessuno tra associazioni
dei consumatori e istituzioni sanitarie varie facesse caso al nuovo
aumento di questo annus horribilis dei consumatori italiani. Quello a
carico di prodotti dei quali difficilmente si può fare a meno: i
farmaci. A gennaio, certifica F.Press, sono aumentati in media del 10,4%
rispetto a dicembre. Parliamo dei circa 1.100 medicinali di fascia C,
quelli a totale carico del cittadino ma dispensabili solo dietro
presentazione della ricetta medica. Pillole e sciroppi più importanti
quindi, tra i quali la Tachipirina iniettabile, antidolorifici vari come
il Toradol o il Muscoril, ansiolitici, medicine per la disfunzione
erettile e molti altri ancora. Un mercato che vale 3,46 miliardi che
diventano 5,8 miliardi se si considerano anche i medicinali a pagamento,
ma senza obbligo di ricetta. Anche loro in aumento, del 5,1% nel caso
di quelli “da banco”.
La stangata era in realtà attesa, perché i medicinali di fascia C,
pur essendo a prezzo libero, possono variare solo a gennaio degli anni
dispari. Dietro all’aumento medio del 10 e passa per cento, si cela una
grande variabilità che arriva oltre il 100%. Il Tadalafil, il generico
del Cialis nella confezione da 4 compresse da 10 mg è balzato da 22,9 a
57 euro, per un incremento pari al 148,9%. Ma ad aver fatto il botto
sono anche farmaci indicati per il trattamento di patologie gravi. Il
Sildenafil Zentiva, indicato per chi ha disfunzione erettile, nella
confezione da 4 compresse da 25 mg ha raddoppiato il prezzo da 12,2 a 24
euro. L’Effortil serve per il trattamento dell’ipotensione ortostatica.
Chi ne soffre sa bene come alzandosi da una poltrona o dal letto si
possa finire a terra per le vertigini causate dal repentino abbassamento
della pressione. In questo caso la scatola con sei fiale da 10 mg è
balzata da 40 a 69 euro (+72,5%).
Con gli aumenti superiori al 50% si potrebbe ancora andare avanti a
lungo. Ma per i pazienti i più dolorosi sono quelli scattati su
confezioni già di per se care. Per il Dantrium, nella confezione da 36
flaconcini indicati per l’ipermetabolismo fulminante si dovranno
sganciare ad esempio 168,8 euro in più.
Viene
naturale difendere l’onore italiano offeso dal presidente francese, ma
sottolineare lo sgarbo finisce anche per accentuare l’immagine di
collateralità rispetto ai grandi alleati europei
Parlare
di Italia isolata e umiliata per l’esclusione dal vertice di Francia e
Germania con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è fin troppo
scontato. Forse è un po’ semplicistico anche accreditare una presunta marginalità del nostro Paese in Europa
evocando le polemiche delle settimane scorse tra Roma e Parigi, o il
fatto che il governo sia guidato dalla destra. Certo, stupisce una lite
sul palcoscenico continentale con una nazione con la quale è stato
sottoscritto da pochi mesi un patto di collaborazione; e a poche ore
dall’apertura di un Consiglio europeo. Ma le responsabilità sono ben distribuite.
Le tensioni vanno sommate, senza però essere scelte in maniera strumentale. La verità è che, tranne
rare parentesi come quella del governo di Mario Draghi, il nostro Paese
ha sempre cercato di inserirsi come terzo interlocutore nell’asse franco-tedesco. Ma raramente ci è riuscito.
Lo stesso ex presidente della Bce, quando era a Palazzo Chigi, in
qualche occasione ha faticato a farsi ascoltare. E i «dispetti» dei
cugini francesi non sono mai mancati. Semmai, c’è da chiedersi se la
reazione puntuta di Giorgia Meloni, che ha additato il rischio di una
spaccatura del fronte anti-russo in Europa, sia stata la più meditata.
È probabile che aumenti la sua popolarità elettorale, perché viene naturale difendere l’onore italiano offeso dal presidente francese Emmanuel Macron. Ma sottolineare lo sgarbo finisce anche per accentuare l’immagine di collateralità rispetto
ai grandi alleati europei. Risospinge l’esecutivo in un girone dei
sorvegliati speciali dal quale, in realtà, in questi tre mesi e mezzo
non è mai entrato o rimasto. E ripropone una maggioranza sospettata di
esitazioni sulla politica estera; e un Paese spaccato sulle alleanze
internazionali più di quanto non sia, con le opposizioni che puntano il
dito accusatore.
Le parole di Zelensky, che ha
precisato di avere deciso con Macron e il cancelliere tedesco Olaf
Scholz «cose che non possiamo annunciare», accentuano l’impressione di un «primo cerchio strategico» dal quale gli altri Paesi europei sarebbero esclusi.
E questo sta creando malumori comprensibili e diffusi che vanno oltre
Palazzo Chigi e i confini italiani. Affiorano perfino in alcune
istituzioni europee che si sono sentite tagliate fuori. Per questo i
danni potrebbero risultare superiori alla realtà dei fatti: soprattutto
se l’episodio dovesse modificare una strategia della prudenza e della
rassicurazione che finora ha funzionato, sebbene con esiti controversi.
Di certo, la cautela con la quale la premier, al contrario di qualche
ministro, si è mossa in materia di bilancio, ha evitato tensioni sui
mercati finanziari e attriti con la Commissione europea. E la fermezza
atlantista di fronte all’aggressione russa all’Ucraina le ha conferito
agli occhi della Nato una credibilità a prova di sospetti.
Nella terza serata del Festival di
Sanremo, su Rai 1, ad affiancare Amadeus la pallavolista Paola Egonu.
Gli ospiti sono i Maneskin. Si esibiranno tutti i cantanti: chiudono
Olly, Anna Oxa, Articolo 31, Ariete, Sethu, Shari, Gianmaria, Modà, Will
La terza serata del Festival di Sanremo è la serata di Paola Egonu, e del suo monologo, atteso intorno alle 23.45. Ed è la serata dei Maneskin, che hanno infiammato l’Ariston con il chitarrista Tom Morello. Mengoni verso il trionfo.
I 28 cantanti in gara si esibiranno in questo ordine:
Paola e Chiara, Mara Sattei, Rosa Chemical, Gianluca Grignani, Levante,
Tananai, Lazza, Lda, Madame, Ultimo, Elodie, Mr. Rain, Giorgia, Colla
zio, Marco Mengoni, Colapesce Dimartino, Coma_Cose, Leo Gassmann, I
Cugini di Campagna, Olly, Anna Oxa, Articolo 31, Ariete, Sethu, Shari,
Gianmaria, Modà, Will. Ospiti i Måneskin con Tom Morello, Sangiovanni e
il comico Alessandro Siani.
Ore 02:02 – Sorpresa al terzo posto
Nessuna sorpresa
dunque nella classifica finale, almeno per quanto riguarda la vetta.
Mengoni è sempre più primo: quel che colpisce è il podio semmai. Ultimo
risale tantissime posizioni e si piazza secondo. Ma soprattutto è
Mr.Rain il vero coup de theatre: coi suoi bambini arriva terzo. Chissà
se resisterà anche domani sera
Ore 01:36 – Si chiude con Will e Siani
Su Will non ci
ripeteremo: rileggersi quando detto per Sethu, Gianmaria, Olly. Si corre
verso le classifiche finali. Sarà ancora Mengoni il Papa (provvisorio)
del Festival? C’è spazio per un intermezzo con Siani
Ore 01:28 – I Pooh (ancora intonati)
Ed ecco i Modà che si
riaffacciano dopo essere caduti nel gorgo della depressione, come ci ha
raccontato lo stesso Kekko. Al netto dell’empatia umana, peccato però
che la proposta sia stravecchia, come già detto, dei Pooh ancora
intonati.
Ore 01:23 – Corsa verso il finale
Altro giovane in
batteria, gIANMARIA: si corre veloce senza interruzioni verso la terza
classifica. Anche se la sensazione è, come già detto, che Amadeus si sia
reso conto di aver messo troppi esordienti in pentola e quindi li ha
un po’ confinati sul finale: anche perché pure lui sembra decisamente
acerbo.
Ore 01:19 – Shari, meglio al secondo round
Madame Salmo ovvero
Shari si muove bene sul palco, è precisa nel canto e il brano che le ha
tagliato sul misura il fidanzato funziona ancora meglio al secondo
ascolto
Ore 01:11 – Guazzabuglio Sethu
Per Sethu invece vale
il discorso di Olly: altro guazzabuglio, un po’ indistinguibile. Con
l’aggravante di quel caschetto che viaggia tra Giovanna D’Arco e il
Gianduia Vettorello di Teo Teocoli
Ore 01:07 – Impeccabile stavolta Ariete
L’abbiamo detto più
volte, questo teatro può giocare brutti scherzi. L’altro ieri Ariete ha
steccato più volte, come la ben più navigata Giorgia, per dire. E come
l’altra, stasera è stata impeccabile, facendo meglio apprezzare anche il
brano con le sue inquietanti vasche di squali
Ore 01:03 – Gli amici ritrovati
Gli Articolo 31
celebrano di nuovo la loro pace, di rosso vestiti come dei rapper
americani: niente lacrime oggi, però un omaggio al tempo che fu e
all’amicizia ritrovata. Al di là della resa, una pagina da libro Cuore
qui all’Ariston
Ore 00:45 – Anna arrabbiata
Arriva Anna Oxa: non è
stato molto rilassato il suo ritorno in Riviera, con rabbiosi attacchi
alla stampa ingrata (e smentite su presunte liti a colpi di bicchieri
d’acqua nel backstage con altri concorrenti). E sembra arrabbiata anche
la canzone che si perde tra montagne russe vocali. Comunque il pubblico
dell’Ariston la ama e le tributa una standing ovation
Ore 00:41 – Troppo autotune ( e troppi giovani)…
Ecco Olly: autotune a
profusione, molta confusione, dei giovani quello che ha convinto meno.
Ed è forse una delle poche critiche che si possono muovere all’Amadeus
quater: era davvero necessario ingaggiare ben 28 concorrenti?
Ore 00:24 – Né trash né autoriali
Ecco la quota vintage
(in gara) del Sanremo 2023: sinceramente più trascurabile rispetto a
quella extra (il trio Morandi ecc). Perché tentano la via del nuovo, con
l’aiuto del Rappresentante di Lista, perdono la strada del trash. E non
sembrano arrivare da nessuna parte…
Ore 00:08 – Gassmann ora significa cantante
Al secondo ascolto
cresce Gassmann Jr: il testo scritto con Zanotti dei Pinguini è
ficcante, l’interpretazione anche. La saga di questa grande famiglia
italiana ora svolta definitivamente verso il canto? Stasera Leo non è
sembrato figlio di (tantomeno nipote di)
Ore 00:01 – Al Bano e Romina a tutti gli effetti
L’hanno detto oggi:
dopo aver cantato il loro disamore, oggi celebrano l’amore per sempre,
con l’annuncio delle loro nozze. Ora sono Al Bano e Romina a tutti gli
effetti, i Coma Cose, per inciso bravissimi per testo e armonizzazioni
Ore 23:45 – È il momento di Paola
È il momento
dell’attesissimo monologo di Paola Egonu. Parole semplici, metafore
immediate, qualche incespicatura dovuta all’emozione: ma il messaggio
che siamo tutti dello stesso colore, passa diretto. E l’orgoglio di
indossare la maglia azzurra chiama la standing ovation. Nulla di
elaborato, ma a volte è più importante il contenuto del contenitore.
Ore 23:38 – Pop di altissima fattura
Si ritorna sulla nave,
ma questa volta Gue, a differenza di Fedez, non fa scherzi. E si rientra
all’Ariston con i più autoriali, visti fin qui: Colapesce e Dimartino.
Al secondo ascolto, ancora meglio del primo: voci che si fondono, testo
finemente cucito, in questo incubo urbanomarittimo. Pop di altissima
fattura.
Ore 23:28 – Fuga per la vittoria
Ci sono dubbi?
Difficilmente qualcuno si potrà interporre tra Mengoni e la vittoria
finale: canzone scritta per trionfare, interpretazione impeccabile e da
casa non possono che sostenere lui. La tiara si avvicina.
Ore 23:17 – Scanzonati Colla Zio
Gianni Morandi scherza
con Paola Enogu, prendendo uno sgabello per mettersi alla sua altezza. E
la pallavolista se la cava egregiamente tra una presentazione e
l’altra: tocca ai Colla Zio, della banda dei giovani, forse i più
promettenti. Belle armonizzazioni, scanzonature al punto giusto, bravi.
Ore 23:09 – Il riscatto di Giorgia
Che impressione al
debutto: un’altra campionessa come lei, stonata, tanto che aveva fatto
poco apprezzare anche il brano. Stasera è riscatto, Giorgia non sbaglia
una nota e anche la canzone è bella come recita il testo. Una standing
ovation alla fine che cancella il brutto film di ieri.
Ore 23:02 – Non siamo all’Antoniano
Mr. Rain non si
discosta dalla scelta (infelice) del debutto, Povia ossigenato con coro
di voci bianche che non aiuta il brano, come se fossimo all’Antoniano e
non all’Ariston.
Ore 22:59 – Splendida Elodie, ma il brano…
Tocca alla splendida
Elodie, fasciata di nero. Voce sempre splendida, calda, black,
arrangiamenti ben fatti, eppure tutto questo sembra sopravanzare la
canzone in sé che non vola altrettanto alta.
Ore 22:44 – Ultimo, finto giovane
Ecco un altro che
partiva dalle prime file della griglia: Ultimo. A livello musicale non
si discute, però per approccio e testo sembra molto, ma molto più
vecchio dei suoi 27 anni (per dire l’approccio del trio Al Bano-
Ranieri- Morandi è sembrato più giovanile). A quale pubblico si rivolge
quindi? Non è facile da comprendere
Ore 22:38 – Annalisa diventata fatale
Si vede un’altra
vecchia conoscenza dell’Ariston, Annalisa, questa volta ospitata
all’esterno del teatro: diventata femme fatale anche lei, Emma Stone
ligure, la voce però è quella cristallina di sempre, mentre attacca con
«Bellissima»
Ore 22:25 – Morandi cambia partner
Morandi cambia partner,
dopo il felice rencontre con i coetanei ottuagenari di ieri, Massimo
Ranieri e Al Bano, scende di qualche generazione e ingaggia il
celebratissimo idolo dei teenager, Sangiovanni per intonare «Fatti
mandare dalla mamma» che compie 6o anni proprio ora. Bizzarro ma alla
fine riuscito duetto.
Meloni ha riaperto uno scontro
diplomatico con la Francia, accusando Macron di indebolire l’Europa. Il
faccia a faccia con i primini ministri di Polonia e Repubblica Ceca
Giorgia Meloni non è affatto pentita. Ha da poco riaperto uno scontro diplomatico con la Francia, accusato Macron di indebolire l’Europa, rischia di apparire o di essere indebolita
dalle sue stesse parole, ma ritiene di averle pronunciate a ragione.
«Finora tutto il segreto e l’efficacia della reazione europea alla
guerra è stata l’unità, stiamo facendo tutti dei sacrifici e invece in
questo modo si indebolisce tutto questo lavoro», è il ragionamento che
si raccoglie nella delegazione italiana che partecipa al Consiglio
europeo.
Le parole della presidente del Consiglio, l’accusa a Macron di aver preso una decisione che va contro gli interessi dell’Unione
per motivi di immagine e di politica interna, tengono banco nelle prime
ore di un vertice che è stravolto nella sua agenda dalla presenza del
leader ucraino. I lavori iniziano con otto ore di ritardo. Giorgia
Meloni prima ancora di Zelensky vede i leader del suo stesso partito, ha
un incontro con primi ministri di Polonia e Repubblica Ceca, Mateusz
Morawiecki e Petr Fiala. Si cercano sponde, per gli obiettivi del
vertice, in primo luogo su migranti e aiuti di Stato alle aziende
europee, fra gli alleati della destra continentale: entrambi i i primi
ministri appartengono al partito che presiede la nostra premier.
Potrebbe rivederli in un vertice a tre, nei prossimi giorni, a Varsavia.
Forse poco prima di recarsi a Kiev.
C’è anche una rivendicazione nell’entourage del capo del governo,
ed è quella di aver rappresentato pubblicamente un malumore che è
condiviso da molti altri Stati europei. Organizzare una cena all’Eliseo
alla vigilia del summit di Bruxelles, costringendo «persino Scholz a
correre a Parigi», verrebbe giudicato «inopportuno» anche dai vertici
delle istituzioni comunitarie, da Ursula von der Leyen al presidente del
Consiglio europeo, Charles Michel. Eppure l’unica che si è esposta è
stata lei e insieme alla rivendicazione si raccolgono anche velate
perplessità sulla bontà della decisione: Berlino e Parigi restano
comunque, volenti o nolenti, il motore storico dell’Unione. E anche fra
chi lavora per il governo italiano è possibile ascoltare dubbi
sull’opportunità della scelta di Meloni.
Una scelta che inevitabilmente lascia sullo sfondo le materie e
i dettagli del vertice, la partita italiana sugli aiuti di Stato alle
aziende europee e i passi avanti possibili sul dossier migranti. Tutto
retrocede di un passo rispetto alla presenza di Zelensky e all’incontro
che Meloni stessa ha annunciato la sera prima con il presidente ucraino.
In un primo tempo appare slittato, così come i bilaterali di tutti gli
altri leader europei. La presidente del Consiglio incontra il capo della
resistenza contro la Russia insieme ai leader di Spagna, Svezia,
Romania, Olanda, Polonia e Svezia. All’incontro arriva in leggero
ritardo, insieme al premier olandese Mark Rutte.
Subito dopo però è lo staff di Palazzo Chigi
a comunicare che si è svolto anche un faccia a faccia con Zelensky,
richiesto dallo stesso presidente ucraino. Quindici minuti di colloquio,
secondo fonti italiane. I due leader vengono ripresi dalla telecamere
mentre parlano in piedi, appoggiati al grande tavolo del vertice a 27.
Si discute della prossima visita a Kiev di Meloni, forse anche della
necessaria autorizzazione italiana (oltre a quella di altri Stati) per
far arrivare in Ucraina i caccia promessi da Londra. Sistemi di difesa e
armi che hanno componenti di tecnologia che necessitano del via libera
di un gruppo di Paesi diversi.
Ora ci sono tutti e ventotto. Dal primo classificato all’ultimo. Al
termine della seconda serata del festival di Sanremo è stata svelata la classifica generale parziale
della kermesse 2023. La graduatoria, passibile chiaramente di futuri
colpi di scena, è stata il risulato delle percentuali di voto ottenute
dai 14 artisti andati in scena nella prima serata e dai giudizi ottenuti
dai 14 cantanti della seconda serata. Le proposte musicali, in questa
fase, sono state votate unicamente – in maniera disgiunta – dalle giurie
della Giuria della Sala Stampa, Tv, Radio e Web
No, non cadete nell’errore. È troppo facile sputare su un
viceministro del governo in carica, regolare i propri conti (sporchi)
nelle nostre case (con la tivù pagata da noi) e giocare a fare il
sovversivo a suon di rime, parolacce e fotografie strappate. Troppo
facile fare il bulletto su un palco vuoto, senza un briciolo di
contraddittorio, senza nessuno che possa dirti che stai stonando. Troppo
facile usare il Festival di Sanremo (che cliché) per sparare qualche
cagata (scusate il termine) e poi fare l’eroe dicendo “mi assumo tutta
la responsabilità”. Che pena! Quella di Fedez non è stata affatto una provocazione. Macché! È stata soltanto becera maleducazione. Delle più infami, tra l’altro.
Non
è la prima volta che succede. Non bisogna andare troppo indietro per
dover subire il Fedez-pensiero (?) sulla televisione pubblica. Anno
domini 2021, concertone del Primo maggio, festa dei lavoratori. E sul
palco Mister Ferragni a sproloquiare. Al tempo se l’era
presa con il leghista Andrea Ostellari, reo di non essere d’accordo con
il ddl Zan, e più in generale con tutto il partito di Matteo Salvini.
In nome della libertà di espressione aveva poi “svelato” pressioni
ricevute da viale Mazzini per edulcorare il testo dell’intervento. “Ovviamente
da persona libera mi assumo tutta la responsabilità di ciò che dico e
faccio – aveva detto due anni fa – il contenuto di questo intervento è
stato definito inopportuno dalla vicedirettrice di Raitre”. Stessa scena ieri sera. Con quell’inutile e penoso “il testo della canzone non è stato annunciato allo staff della Rai e voglio assumermi la piena responsabilità di questo”. Perché, se anche fosse che viale Mazzini non sapeva nulla, lì davanti a lui era ben presente un Amadeus muto come una mummia. E, a casa mia, se non ti opponi, sei come minimo connivente.
Ma torniamo al maleducato Fedez. Il freestyle, ieri sera, è andato in scena dal palco della Costa Smeralda e non da quello dell’Ariston.
Non c’è dunque il pubblico a fischiarlo. E lui va a briglia sciolte: se
la prende (nell’ordine) con il viceministro ai Trasporti Galeazzo Bignami (“Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse è meglio il viceministro vestito da Hitler”) e il ministro per la Famiglia Eugenia Roccella (“Purtroppo l’aborto è un diritto sì, ma non l’ho detto io, l’ha detto un ministro”). Quindi coglie l’occasione ghiotta per regolare i propri conti col Codacons, con cui litiga e va in causa da anni. “A
volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese
dei contribuenti, perché a pestarne di merde sono un esperto. Ciao
Codacons, guarda come mi diverto”. E infine, prima di ridare la linea a Sanremo, strappa la foto del deputato di Fratelli d’Italia.
Lista d’attesa e aumenti che oscillano da 2,5 euro a 14-15 euro al
giorno. Con un aggravio di spesa, a carico della famiglie, che arriva
fino a 5.400 euro l’anno, 450 euro al mese. La botta dell’inflazione,
trainata dal caro bolletta e dopo due anni di emergenza Covid, travolge
anche le Rsa.
«Gli aumenti dei costi sono a macchia di leopardo, ma mediamente più
contenuti al Sud», racconta Emilio Didonè segretario di Cisl Pensionati
per le politiche sociali che poi spiega: «Oggi il costo medio di un
letto è 111 euro al giorno, diviso a metà tra la Regione e l’utente, ma i
rincari sono insostenibili. Serve un riforma del sistema perché con
l’invecchiamento della popolazioni, le famiglie sempre meno numerose e
le pensioni più leggere, il meccanismo non può reggere». Senza
dimenticare che le Rsa sono spesso l’unica alternativa per chi non può
permettersi cure a casa, «anche perché – chiosa il sindacalista della
Cisl – gli stipendi delle badanti sono cresciuti più delle pensioni».
La ricaduta sulle famiglie è risultato delle difficoltà che il
settore sta attraversando da anni: «Le Rsa lavorano in perdita dal 2020 e
nonostante gli sforzi fatti durante il Covid i ristori sono pochissimi.
Oggi, a peggiorare la situazione c’è il prezzo triplicato delle
bollette», denuncia Sebastiano Capurso, presidente di Anaste,
l’Associazione nazionale che rappresenta le imprese private di
assistenza residenziale agli anziani.
In Italia i posti letto nelle Rsa sono circa 300 mila, «ma la
situazione è profondamente cambiata negli ultimi 20 anni. L’età media –
prosegue Capurso – è passata da 75 a 88 anni e se prima gli anziani
erano semi autosufficienti, oggi presentano diverse patologie».
Generalmente il costo di una Rsa è diviso tra la Regione che paga il
50% a copertura della spesa “sanitaria” e l’utente che si fa carico del
restante 50% sotto forma di “servizio alberghiero”. Le Regioni, però,
non hanno intenzione di riconoscere aumenti al settore, anche perché i
margini di bilancio sono ridotti all’osso. Ecco perché, dove possibili,
le strutture intervengono sul costo della prestazione “alberghiera”.
Forse i lettori ricorderanno che il 26 novembre del 2021, Italia e
Francia firmarono il Trattato di Cooperazione Rafforzata, meglio noto
come Trattato del Quirinale. L’accordo fu esaminato con molto interesse
in tutta Europa, in quanto fu visto come un prodromo a un’Europa più
equilibrata, il cui motore propulsivo è sempre stato l’Asse
Franco-Tedesco, forgiato sin dal tempo del Patto dell’Eliseo di cui
domenica 22 gennaio si è celebrato il 60mo anniversario. Orbene, oltre
ai solidissimi legami storici e culturali, i due Paesi cugini hanno in
comune anche importanti rapporti economici. L’Italia è il terzo mercato
di esportazione per la Francia, così come è il suo terzo fornitore di
beni. L’Esagono è il primo investitore straniero nel Belpaese ma la
presenza è reciproca, non unidirezionale: ci sono 1.700 aziende italiane
attive in Francia e 3.000 francesi da noi. Gli interessi strategici si
sono ulteriormente rafforzati a seguito dell’invasione russa
dell’Ucraina e i recenti contrasti che sono emersi, ad esempio sulla
gestione della crisi libica, sono oggi attenuati nonostante le
schermaglie sul tema dell’immigrazione.
In effetti, il Trattato ha come scopo quello di instaurare una vera
partnership strategica tra le due nazioni in vari settori: difesa,
istruzione, cultura, ambiente, università, sorveglianza dei confini,
spazio, industria, pubblica sicurezza, affari esteri. In altre parole,
Roma e Parigi dovrebbero muoversi in modo sempre più coordinato e
integrarsi in molti settori. L’ambasciata francese ha pubblicato il 26
novembre del 2022 un rapporto entusiastico sui passi in avanti compiuti a
un anno dalla firma dell’accordo che, tuttavia, pur se approvato dai
parlamenti non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale.
Bien, et alors? Orbene, il 19 gennaio è stata annunciata la firma a
Barcellona del Trattato di amicizia e cooperazione Franco-Spagnolo che
ricalca in buona parte quello del Quirinale ma che aggiunge qualcosina
in più. Ad esempio, i due Paesi si impegnano a fare delle loro lingue
nazionali le seconde più studiate dopo l’inglese. Per la verità la cosa
ha senso, vista la diffusione sia dello spagnolo sia del francese nel
mondo, ma questa presa d’atto relega la cultura e la lingua italiana –
che sconta anche la concorrenza tedesca- molto in basso. Inoltre, la
rinnovata amicizia tra Madrid e Parigi si concentra immediatamente su
due obiettivi concreti: un condotto per l’idrogeno tra Barcellona e
Marsiglia e una risposta comune all’Inflation Reduction Act statunitense
che, aumentando incentivi e protezioni per l’industria green americana,
mette in difficoltà quella europea. Il nostro Trattato del Quirinale,
intanto, nonostante l’ottimismo transalpino sembra un po’ in stallo. Con
una di quelle frasi infelici che ancora punteggiano la sua politica
estera, la premier Meloni ha infatti dichiarato nella conferenza stampa
di fine anno che i contorni del Trattato non le erano ancora chiarissimi
e che si riservava «di valutare se il trattato è operativo o non è
operativo e sulla base di questo» decidere «come andare avanti». Tredici
mesi dopo la firma? Mah.
ROMA. Il caso Alfredo Cospito è sempre lì, impossibile da
aggirare per il governo. Non tanto perché ci sono diverse università in
ebollizione – ieri sono state occupate l’Orientale di Napoli e la
Statale di Milano – ma perché lo sciopero della fame dell’anarchico
contro il 41 bis nelle carceri va avanti ad oltranza. Sono quasi 110
giorni di digiuno, aggravati nell’ultima settimana, da quando Cospito
non assume più integratori, e va avanti solo ad acqua e zucchero.
Fra tre giorni, il 12 febbraio, scade il termine entro il quale
l’istanza dell’avvocato difensore Flavio Rossi Albertini dovrebbe avere
una risposta dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Risposta che
per il momento non c’è e tutto lascia pensare che non ci sarà. È nelle
prerogative del ministro, infatti, lasciar cadere l’istanza e mantenere
immutato il regime carcerario. La settimana prossima, poi, il 15, Nordio
sarà di nuovo in Parlamento per spiegare gli ultimi passi. E poi il 24
febbraio la parola toccherà alla Cassazione.
Il Guardasigilli dovrà aggiornare le Camere su quanto successo dopo
il 1° febbraio, quando ha già fatto una prima relazione. Dovrà
districarsi tra i vari documenti che nel frattempo gli sono arrivati
dalla magistratura. Nell’ordine: Superprocura, Distrettuale della
procura di Torino, procura generale di Torino, magistrati di
Sorveglianza.
Ed è proprio tra le pieghe dei diversi documenti che Nordio avrebbe
un appiglio onorevole per decidere il cambio di regime. C’è infatti una
notevole difformità di vedute tra procura generale di Torino e
Superprocura antiterrorismo. I due uffici valutano all’unisono la
«pericolosità sociale» del terrorista anarchico, ma divergono
sull’analisi dell’effervescenza anarchica nelle ultime due settimane e
il potenziale ruolo di Cospito.
Il pg Francesco Saluzzo ritiene che Cospito ha continuato ad agire da
«apologeta e istigatore dell’associazione eversiva», e anzi sarebbe
divenuto con la sua protesta estrema il «catalizzatore» dei tanti gruppi
del mondo anarco-insurrezionalista che a lui guardano ormai come «a un
riferimento». Perciò, conclude il procuratore generale, Cospito ha da
rimanere al carcere duro.
Il parere del procuratore nazionale Giovanni Melillo è molto più
problematico. Invita l’autorità politica a una valutazione ponderata
dell’evoluzione in atto del fenomeno, ossia «la decisa moltiplicazione
dei documenti e degli strumenti di elaborazione ideologica – come rivela
il Corriere della Sera – e dei canali decisionali delle conseguenti iniziative violente».
È trasparente la conclusione a cui tende la Superprocura: Cospito non
può più comunicare con l’esterno da almeno 8 mesi, eppure gli
anarco-insurrezionalisti non sembrano affatto decapitati; quindi è ben
difficile sostenere che ci sia lui al vertice della galassia. Ciò a
prescindere dalla considerazione che gli anarchici sono per definizione
orizzontali e non verticali.
La Superprocura è in linea con la Distrettuale di Torino quando
segnala i «caratteri di complessità ed eterogeneità della comunicazione
tra le diverse aree insurrezionaliste, emerse dall’aggiornata analisi
della natura e dell’andamento dei fenomeni».
In Iran non ci si può truccare, non si può ballare in strada, non ci
si può baciare. In Iran anche semplicemente stare su un palco come
quello dell’Ariston non sarebbe stato possibile per Pegah Moshir Pour,
giovane attivista italo-iraniana «nata con i racconti del Libro dei Re e
cresciuta con i versi della Divina Commedia». Per questo le parole
della ragazza, accompagnata da Drusilla Foer, commuovono, spezzano
l’anima. Il vento della rivoluzione iraniana arriva all’Ariston,
attraverso parole e gesti, semplici quanto potenti. «In Iran –
racconta Pegah – non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata,
né parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse
addirittura uccisa, è per questo che, come molti altri ragazze e
ragazzi, ho deciso che la paura non ci fa più paura e di dare voce a una
generazione crescita sotto un regime di terrore e repressione, in un
paese bellissimo, uno scrigno di patrimoni dell’umanità». Insieme
a Drusilla Foer intona Baraye, canzone – che ha appena vinto il Grammy –
diventata l’inno della rivoluzione (è stata scritta da Shervin Hajipour
musicando i tweet dei ragazzi sulle libertà negate).
Un monologo per gli intellettuali perseguitati o imprigionati, per i
bambini afghani, per la ragazza che desiderava diventare ragazzo, per le
donne, per la libertà. Libertà è la parola che ripetono più e più
volte, prima di un ultimo simbolico gesto: Pegah si scioglie i lunghi
capelli neri, li lasci liberi. Poi abbraccia Drusilla.
Pegah e Drusilla portano a Sanremo i diritti negati in Iran: l’attivista si scioglie i capelli e l’Ariston si commuove
Il trio di vecchi amici: Morandi, Ranieri e Al Bano Pacche
sulle spalle, abbracci, strette di mano: Al Bano, Gianni Morandi e
Massimo Ranieri – per la prima volta insieme sul palco dell’Ariston
– si divertono da buoni vecchi amici. Cantano le loro hit, da soli, e
poi come un trio di tenori pop. Altro che Il Volo. Le tre leggende della
musica italiana si prendono i meritati applausi del pubblico, che canta
ogni singola parola. Amadeus non trattiene la felicità: «Vedervi tutti e
tre insieme è bellissimo». Dal pubblico scatta un «Bravi!». Andavo a cento all’ora, Se bruciasse la città, Mattino:
è un karaoke pop, una grande festa. Standing ovation finale
dell’Ariston. Al Bano, che a maggio festeggerà 80 anni, vorrebbe rifarlo
subito: «Ricominciamo». Piovono applausi. E Morandi: «Ci fate
piangere».
Sanremo Pagelle Live: “Lazza ha una hit, lacrime per gli Articolo 31, Modà superflui”
IL PEGGIO I promo alle fiction che ogni anno
vengono proposti durante le serate hanno stancato. Se ne potrebbe fare
decisamente a meno. Il momento promozione con Francesco Arca che
racconta Resta con me si poteva evitare.