Archive for Marzo, 2023

Incendio in una azienda chimica a Novara, enorme colonna di fumo. Il sindaco: «Tenete le finestre chiuse e restate in casa»

mercoledì, Marzo 29th, 2023

di Floriana Rullo

Dalla zona industriale si è levata un’altissima colonna di fumo nero e sono state sentite delle esplosioni. Sul posto vigili del fuoco e ambulanze del 118

Novara, grosso incendio in una azienda chimica

Incendio questa mattina, 29 marzo, nella zona industriale di San Pietro Mosezzo, alle porte di Novara. Erano quasi le otto quando una nuvola nera e maleodorante si è alzata in cielo ricoprendo di nero la città. Il fumo, con fiamme alte cinquanta metri, è visibile in tutto l’hinterland fino alla provincia vicina di Vercelli. L’azienda coinvolta è Kemi srl, ditta che produce vernici, coloranti industriali e solventi. All’interno dell’azienda si sentono anche esplosioni ma per ora non dovrebbero esserci feriti. L’intera area è stata evacuata fino a Casalgiate. 

Sul posto sono già presenti i carabinieri e le squadre dei vigili del fuoco di cui due giunte dal capoluogo di provincia e le altre dai comandi limitrofi. Ci sono lunghe code di auto in tangenziale all’uscita per Vercelli. Non è ancora chiaro se la densa colonna di fumo nero possa creare problemi per la salute, ma dal Comune di Novara raccomandano di tenere le finestre chiuse e restare in casa. 

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Emergenza migranti, l’annuncio di Wanda Ferro: decidiamo noi chi entra

martedì, Marzo 28th, 2023

Pietro De Leo

È stato un fine settimana complesso sul fronte degli sbarchi. Il Tempo traccia un quadro della situazione con Wanda Ferro, deputata di Forza Italia e sottosegretaria all’Interno. 
Onorevole Ferro, si è riaperto il fronte Ong. È scattato il fermo per la nave «Louise Michel» di Bansky e la Guardia Costiera ha sottolineato come spesso l’attività delle Ong faccia da intralcio ai soccorsi delle autorità italiane. Queste organizzazioni sono un problema nel Mediterraneo?
«Le navi delle Ong non possono pensare di operare in totale autonomia, senza coordinarsi con l’autorità nazionale e addirittura intralciando il lavoro delle nostre unità militari che lavorano incessantemente per mettere in salvo le vite di decine di migliaia di migranti. Non entro nel merito della vicenda specifica, ma le navi delle Ong devono rispettare le regole. Quando effettuano un salvataggio, devono portare i naufraghi nel porto indicato come più sicuro, e non restare in mare per trasbordare migranti fino a raggiungere il pieno carico, comportandosi a tutti gli effetti come dei traghetti. È indiscutibile che questo incentivi le organizzazioni di trafficanti a mettere in mare delle imbarcazioni sempre più precarie e inadatte ad affrontare la traversata del Mediterraneo, con grave rischio per la vita delle persone a bordo». 
C’è un critico eccellente alla normativa approvata dal governo per contrastare gli sbarchi, ed è l’ex sottosegretario, già capo della Polizia, Franco Gabrielli. Dice: «È inutile prendersela con gli scafisti che sono gli “sfigati” della filiera». Come rispondere a questo argomento?
«Mi sembra una lettura un po’ superficiale, che mi stupisce, anche considerato il ruolo che Gabrielli ha avuto negli anni passati, in cui non mi pare ci sia stata una azione particolarmente incisiva contro l’immigrazione clandestina. Altro che sfigati. Parliamo di quei criminali che hanno causato la strage di Cutro, dopo avere intascato più di un milione di euro. Parliamo di quei criminali che non esitano a gettare in mare i migranti per salvare se stessi. È ovvio che non pensiamo solo a colpire chi si mette al timone dei barconi, ma stroncare le organizzazioni che gestiscono il traffico di migranti intervenendo, anche con l’attività di intelligence, già nella fase dell’organizzazione dei viaggi nei paesi sub-sahariani. Si parte dallo scafista per arrivare a chi organizza i viaggi». 

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Buon senso da riscoprire per chiarire i dilemmi morali

martedì, Marzo 28th, 2023

di Antonio Polito

Nelle società complesse non tutto può essere risolto dalla legge, non se sono in corso cambiamenti epocali

Ci sono dilemmi morali non decidibili. Almeno non con gli strumenti della norma giuridica, dei delitti e delle pene. Per esempio: in molti riteniamo degradante e per certi aspetti perfino coloniale la pratica della maternità surrogata, quando essa trasforma l’esperienza intima della gestazione in una prestazione, regolata da un contratto di affitto dell’utero materno; ma troviamo inaccettabile che i bambini portati in grembo e partoriti in quel modo siano anche minimamente discriminati rispetto agli altri. Eppure è questo che avviene se si riconosce loro il diritto ad avere un solo genitore anziché due.

Oppure ancora: siamo convinti che lo Stato non debba cedere mai al ricatto della violenza, e che il regime carcerario del 41 bis abbia le sue giustificazioni, ma non vogliamo in nessun modo che Alfredo Cospito muoia; vogliamo anzi che lo Stato, soprattutto oggi che non è più in pericolo di vita come ai tempi delle Brigate Rosse, faccia di tutto perché resti in vita il detenuto in sua custodia.

È probabile che la maggioranza degli italiani la pensi pressappoco così. Non è incapacità di decidere, è puro buon senso. Nel dibattito pubblico ci viene spesso chiesto di schierarci con l’una o l’altra delle posizioni alternative, di scegliere tra la soluzione A e la soluzione B. Perché questa è la logica della politica e della democrazia dell’opinione, organizzata come un derby quotidiano tra fazioni. Ma noi spesso vorremmo sia A sia B, vorremmo che il principio del rispetto della legge fosse sempre reso compatibile con il principio della centralità della persona e della vita umana. Pensiamo infatti che il primo sia lo strumento e il secondo il fine. E perciò preferiremmo una soluzione che accresca la «felicità generale», e dunque anche quella personale di tutti i soggetti coinvolti; perché «se la felicità di una persona è un bene per quella persona, la felicità generale è un bene per l’insieme di tutte le persone».

Questa idea l’ha formulata un filosofo, John Stuart Mill, considerato il maggiore esponente di una dottrina etica, l’utilitarismo. È nata in un contesto culturale, il liberalismo inglese, che fu capace di separare la morale dalla politica. E si trova molto a suo agio in un ambiente di «common law» come quello anglosassone, dove non comanda il Codice ma il Diritto consuetudinario, la giurisprudenza basata sulle decisioni precedenti. È molto più difficile dunque da applicare a un sistema come quello italiano che invece idolatra la Legge, la Norma, e anzi ne produce in quantità mostruose, non paragonabili a quelle degli altri grandi Paesi civili.

E così eccoci qui, ancora una volta, a voler decidere con una norma (ovviamente penale) del comportamento individuale, trascurando la critica del paternalismo etico che proprio Stuart Mill ci ha consegnato: «Non si può costringere legittimamente qualcuno a fare o non fare qualcosa spiegandogli che sarebbe meglio per lui agire in quel certo modo, che agire così apparirebbe saggio o addirittura giusto agli occhi degli altri. Tutte queste sono delle buone ragioni per muovergli delle obiezioni, per invitarlo a discuterne, per persuaderlo oppure per supplicarlo: ma non per costringerlo o per fargli del male nel caso agisca diversamente».

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Soldi in banca, come investire e difendersi dall’inflazione: dai conti deposito ai titoli di Stato (brevi)

martedì, Marzo 28th, 2023

di Pieremilio Gadda

Le alternative ai conti correnti

I dubbi sulla tenuta del sistema bancario. Il sentiero impervio delle banche centrali, strette tra la lotta all’inflazione, più difficile da domare di quanto previsto, e l’impatto incerto della stretta monetaria sull’economia. Che, a sua volta, rende vulnerabile la traiettoria degli utili e la dinamica dei listini azionari. Sono queste le incognite che oggi alimentano la tentazione di cercare rifugio nella liquidità: lontano dai mercati — specialmente dalle Borse — in attesa di una schiarita capace di ripristinare la fiducia degli investitori. La buona notizia è che oggi, a differenza di pochi mesi fa, la liquidità rende. Non sul conto corrente, dove il cash, al contrario, subisce in toto la costante, inesorabile erosione del potere d’acquisto dovuta all’inflazione, a un passo vicino al 9%, su base annua. Ci sono, però, tre alternative per chi vuole mettere a frutto la liquidità: conti di deposito, fondi monetari e titoli di stato a breve termine. Attenzione: anche qui l’inflazione morde, come del resto fa su tutte le attività finanziarie, azioni, bond, valute, materie prime. Ma per lo meno, fa un po’ meno male, grazie a rendimenti molto più competitivi rispetto a pochi mesi fa, complice l’intervento della Banca centrale europea, che ha alzato i tassi di riferimento di 3,5 punti percentuali, a partire dallo scorso luglio.

Il confronto, tra investimento e risparmio

Quali sono i migliori strumenti per remunerare il cash, minimizzando i rischi? L’Economia del Corriere ha messo a confronto le diverse opzioni, esaminando i migliori fondi monetari, i conti di deposito che oggi offrono un rendimento più interessante e una selezione di titoli governativi con scadenze inferiori ai 18 mesi, adatti a interpretare l’attuale fase di mercato in chiave difensiva, senza rinunciare a un po’ di rendimento. La premessa imprescindibile è che si tratta di soluzioni con caratteristiche diverse, che si prestano quindi anche a usi differenti. I fondi monetari, per esempio, sono lo strumento adatto agli investitori che vogliono posizionarsi solo temporaneamente sulla liquidità, in attesa che le condizioni di mercato rendano più appetibile un ritorno su classi di attivo più rischiose e potenzialmente redditizie, come le azioni. È la strada più efficiente, quindi, se si vuole tenere una riserva di liquidità pronta ad essere investita, in tempi rapidi, all’emergere di nuove opportunità.

I conti di deposito

I conti di deposito, invece, sono prodotti di risparmio, più che d’ investimento. I ritorni più interessanti, qui, si hanno sulle giacenze vincolate a 5 anni, con tassi lordi fino al 4,5%.Niente male, verrebbe da dire, se si pensa che il Btp di pari durata oggi rende il 3,4%. Scadenze così lunghe e la presenza del vincolo — che in alcuni casi può essere «sciolto», a fronte di una penalizzazione sul piano degli interessi maturati — rendono però il deposito meno adatto a un parcheggio «tattico», che faccia da preludio a nuovi investimenti. Non è detto, poi, che il conto remunerato e il deposito titoli utilizzato per gli investimenti siano nel la stessa banca, il che aggiungerebbe un ulteriore passaggio, oltre all’eventuale chiusura del conto deposito, una volta esaurita la sua funzione. Il problema non sussiste se, invece, si acquistano direttamente dal proprio deposito titoli singole emissioni governative a breve scadenza, in vista di un futuro investimento in azioni o strumenti di risparmio gestito. «In questo caso, comunque — osserva Rocco Probo, analista dell’ufficio studi di Consultique — bisogna mettere in conto una possibile oscillazione dei prezzi, benché modesta, legata alla dinamica dei tassi o all’evoluzione del rischio Paese».

Il risveglio dei salvadanai vincolati fino a 5 anni

Da qualche mese a questa parte, gli interessi riconosciuti da alcune banche sulle giacenze del conto deposito sono diventati più attraenti. «È un mercato in grande fermento», dice Paolo Benazzi, general manager di Sostariffe.it. Le offerte più interessanti, spesso in promozione per un periodo predeterminato, provengono da piccole banche emergenti: «sono soprattutto loro a darsi battaglia su questo fronte, proponendo condizioni via via più interessanti, a mano a mano che la Bce alza i tassi», dice Benazzi. In epoca di tensione sul canale bancario, la domanda è inevitabile: c’è da fidarsi? Vale la pena ricordare che le somme depositate su conti correnti e di deposito sono garantite fino a 100mila euro, per istituto di credito e depositante, dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Significa che se il conto è cointestato, la garanzia vale doppio. «Sotto i 100mila, è meno rilevante interrogarsi sulla solidità dell’istituto. Sopra, però, ha senso esaminare i coefficienti patrimoniali. Noi monitoriamo anche i livelli aggregati delle sofferenze, i crediti incagliati e anche la redditività del business: non ha a che vedere con la solvibilità, ma a lungo andare può dare qualche problema», dice Rocco Probo, analista di Consultique.
La scelta di tenere somme importanti sul deposito è più frequente di quanto si creda. E in aumento. «Le simulazioni fatte sui nostri portali suggeriscono che c’è un elevato numero di persone disposte a vincolare una parte rilevante dei propri risparmi: il 14% delle ricerche è relativa a importi tra 90mila e 100mila euro. Un terzo si focalizza su scadenze sopra i 36 mesi, fino a 5 anni», dice Benazzi. Gli interessi maturati sul conto deposito sono tassati al 26%, contro un prelievo del 12,5% su titoli di Stato e sui fondi monetari che investono nei governativi a breve termine. In più, bisogna considerare il bollo (0,2% sulle somme depositate, per le persone fisiche). Tranne nei casi in cui la banca se ne fa direttamente carico, a titolo promozionale.

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Migranti, in Italia sbarchi quadruplicati e numeri da record: 27 mila arrivi da gennaio

martedì, Marzo 28th, 2023

di Fabrizio Caccia

Record di arrivi rispetto al 2022: i migranti sbarcati sono quattro volte quelli dello scorso anno. Il commissario Ue Gentiloni è a Tunisi. Il presidente annulla il vertice, poi lo vede

Migranti, in Italia sbarchi quadruplicati e numeri da record: 27 mila arrivi da gennaio

I numeri parlano da soli, li ha dati ieri il Viminale: dal primo gennaio al 27 marzo dell’anno scorso, il 2022, sbarcarono in Italia 6.543 migranti. Ora attenzione: quest’anno, il 2023, ne è sbarcato un numero simile – 6.564 – ma negli ultimi cinque giorni, cioè da giovedì scorso fino a ieri. E se invece andiamo a vedere quanti sono stati gli sbarchi in totale, quest’anno, dal primo gennaio al 27 marzo, ecco che la cifra si fa impressionante: 26.927 migranti. Cioè quasi il quadruplo dell’anno scorso.

«La Calabria e la Sicilia rischiano di essere travolte», lancia l’allarme Roberto Occhiuto, il governatore della Calabria, che negli ultimi quattro giorni ha dovuto registrare ben 1.500 arrivi solo a Roccella Ionica, il porto della Locride diventato il nuovo approdo scelto dai trafficanti libici. «C’è evidentemente un attacco della malavita in corso», commenta il vicepremier Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e responsabile della Guardia costiera, che due giorni fa ha accusato le navi Ong di intralciare i soccorsi. Le Ong sotto attacco? «È l’Italia sotto attacco, non le Ong», taglia corto il leader della Lega. Dura la segretaria del Pd, Elly Schlein: «Sul tema dei migranti Giorgia Meloni è tornata da Bruxelles con un pugno di mosche». Al vetriolo anche la chiosa di Carlo Calenda, del Terzo polo: «Salvini fa meno danni se si occupa del Ponte sullo Stretto».

Inquietante, però, il quadro fornito dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes): «I trafficanti di esseri umani in Tunisia stanno approfittando della situazione nel Paese e hanno intensificato le loro attività». In effetti decine di barchini salpano ogni giorno da Sfax verso l’Italia, 3 mila arrivi in 24 ore solo tra venerdì e sabato. E tra i migranti in partenza, la Guardia costiera tunisina ha intercettato il 24 marzo un ricercato per terrorismo già condannato a dieci anni. Ieri a Tunisi è arrivato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni, per incontrare Kais Saied. Un incontro complicato: prima annullato bruscamente dal presidente tunisino e poi riprogrammato in extremis grazie al lavoro fitto della nostra diplomazia. La Tunisia chiede al mondo aiuti finanziari contro la grave crisi economica: «Ci sono molti interessi comuni tra Ue e Tunisia, siamo pronti al sostegno ma servono riforme – ha detto al termine Gentiloni -. Di certo, la Tunisia non sarà lasciata sola».

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«Michelangelo non è pornografia»: parla la preside licenziata in Florida

martedì, Marzo 28th, 2023

di Viviana Mazza

Intervista a Hope Carrasquilla, licenziata dopo aver mostrato una foto del David di Michelangelo ala Tallahassee Classical School in Florida: «Le lamentele dei genitori perché non sono stati avvertiti: ma anche perché insegniamo l’evoluzione o lo studio del riscaldamento globale»

«Michelangelo non è pornografia»: parla la preside licenziata in Florida

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK — Per 27 anni Hope Carrasquilla ha insegnato Storia dell’Arte, da un anno era la preside della Tallahassee Classical School in Florida. È stata costretta dal Consiglio scolastico a dimettersi dopo che l’insegnante d’arte ha mostrato il David di Michelangelo agli studenti di prima media e una dei genitori lo ha ritenuto pornografico.

Il caso ha fatto scalpore, il sindaco di Firenze Dario Nardella vuole invitare e premiare Carrasquilla, e lei dice via zoom che ne sarebbe onorata: sognava di portare gli allievi dell’ultimo anno a Roma e a Firenze.

Licenziata per il David?
«Per essere chiari, questa è una delle ragioni presentate da Barney Bishop, il capo del Consiglio scolastico, non l’unica. E i genitori lunedì scorso non capivano la necessità di discutere il mio licenziamento o le mie dimissioni. Per quanto riguarda la lezione in sé, tre genitori avevano espresso preoccupazione quando l’insegnante aveva fatto la sua bellissima presentazione sulla storia del Rinascimento. Una madre pensa che il David sia pornografico. E mi rendo conto che tutti dicano: come è possibile pensarlo… Altri due genitori erano dispiaciuti perché la lettera che avevamo mandato l’anno scorso per notificare che, quando studiamo il Rinascimento ci sono nudi artistici, quest’anno non era stata mandata. Tornata a casa, una studentessa ha detto di essere stata a disagio e la famiglia avrebbe voluto saperlo per essere preparata».

I genitori devono essere informati 72 ore prima di lezioni su temi «controversi»?
«Questa è la nuova regola stabilita dopo l’incidente».

Prima, insegnanti e preside ne parlavano in anticipo?
«È l’insegnante che manda una lettera di notifica ai genitori. Altre due vengono mandate in quinta elementare, quando in Scienze si studia il ciclo vitale degli animali e la riproduzione umana e quando si legge La vita di Frederick Douglass (ex schiavo e leader abolizionista ndr), un libro intenso per bambini che non sanno cosa succedeva a quell’epoca. Stavolta sono stata coinvolta perché l’insegnante d’arte mi ha chiesto se mandare la lettera, ho detto di sì, l’ho mandato da chi se ne occupa e lì c’è stato l’intoppo, la lettera non è partita».

Questa è una «charter school» (scuola privata sovvenzionata) legata all’Hillsdale College, noto college conservatore. Quindi alcune delle persone che mandano i figli qui vogliono che facciano studi classici ma hanno problemi con l’arte classica?
«Non solo l’arte. Si parla di evoluzione… Un altro genitore si lamentava per lo studio del riscaldamento globale… Parlo con loro, spiego che cosa insegniamo… Normalmente tutto si risolve. Quest’anno no. Non era mai successo prima pur con le stesse materie».

Non le era mai successo con il David?
«In un’altra scuola, in terza elementare, una madre si era lamentata. Ma non c’è niente di inappropriato. È arte. Guardiamo il David: c’è una vulnerabilità nella sua nudità, nel suo volto adolescente. Studiamo anche La creazione di Adamo. Se lo vesti, racconti la storia in modo inaccurato».

La direttrice della Galleria dell’Accademia a Firenze, Cecilie Hollberg, dice che definire il David «pornografico» significa non capire la Bibbia e la cultura occidentale. C’è una crociata contro il corpo in America?
«Mi addolora che succeda in una scuola di studi classici, dove ci prefiggiamo il bene, il vero, il bello, i temi della civiltà occidentale e dell’istruzione umanistica. In America abbiamo una società iper-sessualizzata. Ma gli studenti dovrebbero capire che non c’è niente di sbagliato nel corpo, niente di cui vergognarsi».

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Rinunciare al Mes, scelta perdente

martedì, Marzo 28th, 2023

Veronica De Romanis

L’Europa, dal 2008, si è dotata di diversi strumenti per far fronte a nuove eventuali crisi finanziare. I principali sono l’Unione bancaria e il Meccanismo europeo di stabilita (Mes). Ad oggi, però, nessuno dei due è operativo al cento per cento. E, ciò danneggia, in particolare, il nostro Paese. Per un motivo molto semplice: l’elevato debito restringe (e di molto) i margini d’azione nel caso di un intervento pubblico. Spingere per completare l’Unione bancaria e ratificare la riforma del Mes dovrebbe, pertanto, essere una priorità dell’attuale governo. Eppure, l’esecutivo prende tempo. Al Consiglio europeo della scorsa settimana, Meloni ha spiegato che il Mes è superato dall’Unione bancaria che sarebbe, a suo avviso, “uno strumento ben più efficace”. La realtà, tuttavia, è un po’ diversa. I due strumenti non si sovrappongono. Bensì agiscono congiuntamente in presenza di una crisi sistemica. Vediamo il perché.

L’Unione bancaria è stata creata nel 2014, subito dopo il salvataggio della Spagna. Il crollo del settore bancario iberico dimostra l’inadeguatezza di un sistema basato su diciannove supervisioni nazionali diverse sia in termini di regole sia in termini di efficacia. Nello specifico, quello della Banca centrale spagnola è estremamente debole. Come oramai da prassi, l’Europa compie passi in avanti verso una maggiore integrazione solo dopo (e non prima, ahinoi) una crisi. E, così, solo dopo il salvataggio di Madrid, i leader trovano un compromesso in materia di vigilanza. Viene, così, creata l’Unione bancaria europea volta a garantire l’affidabilità, la trasparenza e la sicurezza del settore creditizio. Il nuovo assetto istituzionale è composto da tre pilastri, che si applicano alle economie della zona euro (a quelle non appartenenti ma solo su base volontaria). Il primo pilastro prevede un Meccanismo di vigilanza unico in capo alla Banca centrale europea (Bce), seppur in stretta cooperazione con quelle nazionali. Con simile schema, le norme e i conseguenti controlli periodici diventano uguali per tutti. Ciò consente di evitare che alcuni istituti possano essere soggetti a regolamentazioni più blande di altri con il rischio di creare instabilità all’interno dell’Unione monetaria. Il secondo pilastro è basato su un Meccanismo di risoluzione unico composto da un Comitato e da un Fondo di risoluzione finanziato dai contributi erogati dal settore bancario a livello nazionale. In caso di crisi di una determinata banca, il Comitato decide il tipo di intervento. Le soluzioni dipendono dalla gravità della situazione. In alcune circostanze può essere sufficiente trovare nuovo capitale. In altre è necessario ricorrere al cosiddetto bail-in, ossia a un salvataggio interno. Si tratta di un cambio radicale rispetto al passato quando le banche venivano salvate con i soldi dei contribuenti europei (bail-out). Con la nuova normativa, infatti, le perdite vengono assorbite in base alla logica della responsabilità: paga di più chi ha maggiormente contribuito al dissesto. Si comincia con gli azionisti che hanno scelto i manager incompetenti; poi i creditori subordinati che hanno comprato prodotti ad alto rischio ma anche ad alto rendimento; infine, i depositanti sopra centomila euro che hanno commesso l’errore di scegliere la banca sbagliata. In questo processo, il Fondo di risoluzione unico entra in gioco solo quando è stato applicato un bail-in minimo, ossia pari all’otto per cento delle passività totali. In altre parole, il Fondo può assorbire le perdite al posto dei creditori solo entro certi limiti. La capacità totale è di circa 55 miliardi di euro. Il terzo pilastro dell’Unione bancaria prevede la creazione di un’assicurazione unica per proteggere i depositanti sotto centomila euro. Ad oggi, essi sono tutelati dai sistemi nazionali che, però, variano, in termini di entità, da Paese a Paese. L’obiettivo è quello di disporre di una copertura più solida e più uniforme. Ciò contribuirebbe ad assicurare parità di condizioni per le banche dell’eurozona. E, quindi, maggiore stabilità. Nonostante ciò, questo sistema comune di protezione dei depositi non è ancora stato introdotto.

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Superbonus, il piano del governo: un pool di banche e società rileverà i 20 miliardi incagliati

martedì, Marzo 28th, 2023

Luca Monticelli

ROMA. Non è proprio una banca, ma ci si avvicina molto. Sarà un veicolo finanziario a partecipazione diffusa ad acquistare quei 20 miliardi di euro di bonus edilizi che le imprese non sono riuscite a cedere alle banche. Questa società darà vita a una piattaforma per incrociare l’acquisto e la vendita dei crediti fiscali tra imprese e banche, e vi giocheranno un ruolo anche le partecipate statali. Tra loro, ad esempio, Enel X, società del gruppo Enel: «Siamo quasi pronti, è questione di poco e potremo dare un decisivo impulso allo sblocco dei decreti incagliati», rivela l’amministratore delegato Francesco Venturini, che così spiega il funzionamento del meccanismo. «Il veicolo finanziario acquista i crediti, li certifica come certi, liquidi ed esigibili da un primo cessionario, ed esegue un ponte per cedere nuovamente tali crediti a terzi secondo il loro calendario di scadenze fiscali, affinché ne abbiano un vantaggio diretto ed immediato».

Insomma, la moral suasion portata avanti dal governo nei giorni scorsi per convincere Unicredit, Poste, Banco Bpm, le principali compagnie assicurative e gli altri istituti ad acquistare i vecchi crediti del Superbonus ha funzionato. Le banche che hanno capienza fiscale riprenderanno a comprarli, sperando di poterli convertire in Btp a 10 anni. Con questo mix di misure, auspica il Mef, si restituisce liquidità al sistema, le migliaia di ditte in difficoltà dovrebbero riuscire a evitare il default e nei cantieri si ricomincerà a lavorare.

Salta invece la possibilità di compensare i crediti con gli F24, i modelli che i clienti delle banche usano per pagare le tasse. «L’utilizzo degli F24 genererebbe sostanziali e rilevantissimi problemi di cassa», spiega il sottosegretario al Tesoro Federico Freni.

La commissione Finanze della Camera ha poi approvato l’emendamento che proroga il Superbonus per le villette fino al 30 settembre 2023. Il nuovo termine – che prolunga la scadenza del 31 marzo – vale per le abitazioni unifamiliari che hanno effettuato entro il 30 settembre 2022 almeno il 30% dei lavori per beneficiare del 110%.

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Francia, decima mobilitazione contro la riforma delle pensioni

martedì, Marzo 28th, 2023

PARIGI. La Francia torna in piazza per la decima mobilitazione contro la riforma delle pensioni, dopo che il governo del presidente, Emmanuel Macron, l’ha approvata senza il voto dell’Assemblea nazionale. Il Paese vivrà un’altra giornata di proteste, scioperi, blocchi e disagi. Accusate di violenza dai manifestanti, le forze dell’ordine si apprestano ad affrontare «una presenza molto più numerosa di giovani», secondo una fonte della polizia che prevede «il doppio o addirittura il triplo» del loro numero rispetto alle precedenti mobilitazioni. Sorprese dall’entità dell’ultima mobilitazione – 1,09 milioni di partecipanti giovedì scorso secondo il governo, più di 3 milioni secondo i sindacati – le autorità prevedono questa volta un totale di 650.000-900.000 manifestanti, di cui 70.000-100.000 a Parigi. Mobilitati 13.000 tra poliziotti e gendarmi, di cui 5.500 nella capitale, un «dispositivo di sicurezza senza precedenti», ha sottolineato in conferenza stampa il ministro dell’Interno, Ge’rald Darmanin, che ha avvertito della possibile presenza a Parigi di «più di 1.000 elementi radicali».

Il traffico ferroviario subirà delle limitazioni: saranno attivi TGV su cinque e un TER su due in media secondo il gestore ferroviario Snfc. Difficoltà anche nei trasporti parigini, dove la RATP ha ridotto il traffico sulla maggior parte delle linee metro e RER. Il 15% delle stazioni di servizio ha esaurito almeno un carburante, soprattutto nell’Ovest e nel Sud del Paese, conseguenza della chiusura di cinque delle sette raffinerie francesi.

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Meloni congela il viaggio in Africa. Assalto della Lega sulla protezione speciale

martedì, Marzo 28th, 2023

Ilario Lombardo Francesco Olivo

Quel viaggio a Tunisi di Giorgia Meloni, che a Palazzo Chigi avevano ipotizzato poco più di tre settimane fa, è stato sospeso. La macchina organizzativa della presidenza del Consiglio partirà solo quando ci sarà maggiore chiarezza sulle condizioni di stabilità del Paese nordafricano. Il governo vuole anche capire cosa faranno gli americani, se permetteranno all’Italia di portare in dote al presidente Kais Saied il finanziamento del Fondo monetario internazionale, al momento congelato. Dalla Farnesina emerge ottimismo, ma la partita resta complicata. Meloni aveva accennato al viaggio subito dopo il colloquio con la prima ministra tunisina Najla Bouden Romdhane, in visita a Roma agli inizi di marzo. La presidente del Consiglio è preoccupata. Gli aggiornamenti dei servizi segreti e del Ministero degli Esteri sono allarmanti. Il flusso dei migranti in partenza dalla fascia sub-sahariana e in transito dalla Tunisia è in aumento e Meloni teme possa diventare «incontrollabile». Anche per questo motivo, a Bruxelles, a margine del Consiglio europeo, ha cercato la sponda di Emmanuel Macron.

I timori di Palazzo Chigi si sono acuiti ieri dallo sviluppo della visita di Paolo Gentiloni, che inizialmente non è stato ricevuto da Saied con la scusa che «un presidente non incontra un commissario europeo». L’incidente diplomatico è stato risolto dopo qualche ora, Gentiloni ha potuto parlare con il capo di Stato nel pomeriggio, anche grazie alla mediazione dell’ambasciatore italiano Fabrizio Saggio. La questione cruciale per la Tunisia, ma anche per l’Italia, resta lo sblocco dei fondi che il Fondo monetario ha congelato con l’argomento che, in sostanza, il Paese nordafricano sta diventando un regime che peraltro non fa le riforme economiche. Ma quei soldi, 1,9 miliardi di dollari, sono decisivi per tentare di evitare il collasso dello Stato con evidenti ricadute sulle partenze dei migranti. Gli americani sembrano irremovibili, ma forse qualcosa si muove. Il governo spera che la telefonata prevista per oggi del ministro degli Esteri Antonio Tajani con il segretario di Stato Usa Antony Blinken possa ammorbidire la posizione di Washington. La proposta italiana, concedere i finanziamenti a rate condizionandoli all’attuazione delle riforme, inizia a far breccia.

C’è anche un fronte di politica interna che preoccupa: la Lega torna alla carica in Parlamento. La conversione del decreto licenziato dal Consiglio dei ministri a Cutro è l’occasione per il Carroccio di riproporre, ancora una volta, la stretta sulla protezione speciale. Si tratta dei permessi di soggiorno per chi, pur non avendo i requisiti della protezione internazionale, non può tornare nel proprio Paese d’origine per pericolo di persecuzione e tortura, per la Lega è un escamotage per una sorta di sanatoria mascherata.

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