Archive for Giugno, 2023

Autobiografia di una nazione

martedì, Giugno 13th, 2023

MASSIMO GIANNINI

Alla fine, il Destino ha bussato anche alla sua porta. Non a Villa San Martino, che per quasi trent’anni è stata la quinta suntuosa dove lui stesso aveva trasferito e trasformato per sempre l’esecrato “teatrino della politica”. Ma al San Raffaele, il luogo di una sofferenza fisica che ha negato e fuggito sempre, in un’esistenza epica durata 86 anni che non contemplava la vulnerabilità e la fallibilità degli umani. Alla fine Berlusconi è morto lì, lontano dai suoi cani e dai suoi quadri, in quella lussuosa dependance ospedaliera che ha copiosamente finanziato e che l’ha curato e accudito ogni volta, per la tendinite o l’uveite, per il cancro o il Covid. Fino all’ultima caduta, quella fatale. Silvio, l’Immortale, stavolta non ce l’ha fatta. Non arriverà «fino a 120 anni», come si diceva sicuro di fare grazie ai miracoli del guru Zangrillo.

E commuove rivederlo adesso, in quell’ultima drammatica immagine pubblica del 6 marzo, collegato con la convention azzurra dalla sua magione sanitaria, per salutare e rinnovare l’appello alla vigilia delle amministrative. Gonfio, provato, esitante, con la voce lenta e impastata: «È il vostro affetto e il vostro abbraccio che mi ha consentito di superare una brutta polmonite… Mi raccomando, andiamo avanti così, io sarò con voi, con la stessa passione e lo stesso impegno del 1984…». E invece non c’è riuscito. La malattia se l’è portato via. Con lui se ne va un gigante che, nel bene e nel male, ha fatto la Storia italiana dell’ultimo mezzo secolo. L’ha segnata e plasmata, rinnovata e deformata come nessun altro. Nel suo caso è pressoché impossibile scindere l’essere umano dal leader politico. Ma è uno sforzo doveroso, adesso.

Berlusconi morto, segui le news in diretta di oggi 13 giugno

Sul piano giornalistico, ho criticato e contestato il Cavaliere per più di quattro lustri. C’ero nel ’94, quando la “Repubblica” diretta da Eugenio Scalfari si schierò duramente contro la discesa in campo. C’ero nei vent’anni successivi, quando lo stesso giornale diretto da Ezio Mauro combatté, in nome dei principi della liberaldemocrazia, le leggi ad personam e il conflitto di interessi, il bavaglio ai media e l’attacco alla magistratura, fino alle famose “Dieci domande” di Giuseppe D’Avanzo. Fu uno scontro aspro, irriducibile. Per questo, dal 2015 in poi, mai avrei immaginato di poter ricevere due inviti dal Grande Avversario, a Palazzo Grazioli. Mai avrei pensato di poter trascorrere alcune ore insieme a lui, a scherzare e a ironizzare sul passato, pur mantenendo le rispettive opinioni. Mai avrei creduto di ascoltarlo, mentre mi mostrava due album pieni di fotografie che lo ritraevano insieme ai 100 capitribù libici: «Vede perché non riusciamo a rimettere a posto la Libia? Perché nessuno ha la pazienza di andare a parlare con ciascuno di questi signori!». Mai avrei sognato di ringraziarlo, dopo un’altra chiacchierata, mentre mi salutava con una pacca sulla spalla e con cinque scatole griffate Marinella: «Basta con queste cravattine da comunista che porta, si prenda un po’ di cravatte serie…». Erano larghissime, una dozzina di centimetri. Le ho fatte stringere, le metto ancora. Più simpatico e più empatico di lui, nessuno mai. Più seducente e più voglioso di piacere, piacendosi, nessuno mai.

Ma qui finisce l’umanità, e comincia la politica. E il giudizio cambia, come ho già scritto. Intanto, è inutile scervellarsi su cosa sarà di Forza Italia, su “chi dopo di lui”. Tajani o Ronzulli? Non vi sforzate di immaginare il dopo Berlusconi: come D’Annunzio, ma più triviale e teatrale del Vate, il Cavaliere ha vissuto una “vita inimitabile”. Dunque non replicabile. Si rassegnino figli e famigli, senatori e coordinatori, deputate e fidanzate, badanti e cantanti: al di là dei patrimoni miliardari e dei conti fiduciari, delle ville ottocentesche e delle residenze picaresche, non c’è un’altra eredità da spartire. Il suo finale di partita coincide inevitabilmente con la fine del suo partito.

Berlusconi è esistito anche senza Forza Italia: prima della politica c’erano già sia il costruttore seriale che ha sfornato Milano Due sia il tycoon televisivo che ha stravolto i nostri usi culturali e i nostri consumi commerciali. Ma Forza Italia non sarebbe mai esistita senza Berlusconi. Questo destino inscindibile è l’essenza stessa del “partito personale” che lui ha fondato e plasmato a sua immagine e somiglianza (e nel quale si sono beatamente rispecchiati corrivi cantori e cattivi imitatori, in Italia e nel mondo). Ed è l’effetto naturale e non collaterale dei tre lasciti che il Cavaliere consegna alla Storia italiana.

Il primo lascito è il leaderismo. Cioè la sacralità del comando e la natura octroyée del suo esercizio, dove ogni atto non è negoziato ma concesso dal sovrano al suddito. L’Unto del Signore, auto-investito di un mandato messianico e sempre titanico, è “sceso in campo” con una missione epocale: salvare l’Italia dai comunisti (benché rimanga in eterno il sospetto che l’abbia fatto per salvare se stesso dai processi). Per questo ha inventato dal nulla il “partito di plastica”, trasformando la rete della raccolta Publitalia nella tela del consenso azzurro, e in pochi anni lo ha trasformato nel “partito di Silvio”. Col suo carisma e col suo strapotere, tutto ha deciso e tutto amministrato. Con la sua spregiudicata destrezza e la sua smisurata ricchezza, ha applicato alla politica la regola che Enrico Cuccia adattava alla finanza: «ogni uomo ha un prezzo» (lui di suo ci ha aggiunto anche «ogni donna», come denunciò in una lettera leggendaria la ex consorte Veronica Lario). Nel Palazzo, come al Mercato, tutto si può comprare e vendere: leggi e sentenze, elettori ed eletti, concessioni e condoni.

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Cosa succede a Forza Italia, dopo la morte di Silvio Berlusconi

martedì, Giugno 13th, 2023

di Gianluca Mercuri

La morte di Berlusconi pone al centro dell’attenzione il tema di che cosa accadrà al partito che l’ex premier ha fondato: e il destino della sua creatura può cambiare gli equilibri politici del Paese

Cosa succede a Forza Italia, dopo la morte di Silvio Berlusconi

Questa analisi è apparsa su PrimaOra, la newsletter del Corriere. Per riceverla occorre iscriversi a Il Punto: lo si può fare qui

Che ne sarà, di Forza Italia?

Al di là dei ricordi, della storia, della leggenda, è questo il tema più importante che si pone, nelle ore successive alla morte di Silvio Berlusconi. Perché il destino della creatura dell’ex premier può cambiare gli equilibri politici del Paese.

Punto per punto:

L’erede che non c’è
Non l’ha mai voluto, non l’ha mai avuto: né quando era il capo indiscusso di tutto il centrodestra, né ora che gli era rimasta solo una Forza Italia ridotta a misure small. Per questo ora nel partito predomina lo sconcerto: si aspettava una riunione con il leader, in programma sabato, per definire nuovi incarichi. E ora?

• Senza linea di comando
La situazione la descrive Paola Di Caro, così:

«Le cariche potevano comparire o scomparire in un battito di ciglia, per semplice volere di Berlusconi. E così era stato anche stavolta, con il ribaltone che aveva portato al declassamento di Licia Ronzulli, al rafforzamento della linea governativa di Antonio Tajani e alla crescita della componente vicina a Marta Fascina. Ma già nelle ultime due settimane aveva cominciato a soffiare un vento freddo: ipotesi di scalate da parte della stessa Fascina con i suoi fedelissimi, di rapporti di forza tra lei e Tajani, di un possibile ritorno all’attacco di Ronzulli, di cambiamenti imminenti che lo stesso Berlusconi aveva annunciato ma ancora non siglato. Tutto smentito ma tutto verosimile. E ora?».

• Lo spettro dell’estinzione
Paola, che segue il mondo berlusconiano da sempre, evoca scenari foschi:

«Quello più tragico, su cui alcuni fra gli alleati scommettono e insieme temono, è una fine rapida e immediata dello stesso partito. Una fuga in tutte le direzioni, chi al centro, chi verso la Lega, chi da FdI. Processo che potrebbe essere inevitabile se — fatto cruciale — la famiglia di Berlusconi decidesse di staccare la spina e chiudere i rubinetti di finanziamento al partito, che vive grazie a fidejussioni, quasi 100 milioni»
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Un leader che ha cambiato la politica, i partiti e gli avversari. E adesso? Finisce la Forza Italia di Berlusconi, ma restano quei voti e gli ideali

martedì, Giugno 13th, 2023

L’analisi del direttore del Corriere della Sera sul leader che ha caratterizzato la storia politica italiana degli ultimi 30 anni

Luciano Fontana / CorriereTv

Silvio Berlusconi (morto il 12 giugno all’età di 86 anni, all’ospedale San Raffaele di Milano) è il leader politico che ha seguito tutta la storia politica italiana degli ultimi 30 anni: è stato il leader che ha garantito la continuità al centrodestra. Ha cambiato la politica radicalmente, prima perché ha cercato di mettere insieme l’Italia silenziosa che si è ritrovata sotto alchimie politiche particolari (le alleanze con Bossi e Fini). Per tanti anni ha diviso l’Italia tra berlusconiani e anti-berlusconiani.
Berlusconi ha avuto sempre un rapporto diretto con gli elettori e ha plasmato il suo campo, sapeva semplificare, sapeva “vendere” prima nel campo delle imprese, poi nel campo della politica.
(Luciano Fontana)

CORRIERE.IT

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«È morto Berlusconi»: la folla ad Arcore, il lutto nazionale e il congedo da Milano 2, con un giro in auto per i viali

martedì, Giugno 13th, 2023

di Marco Imarisio

Il leader si è spento alle 9.30 di ieri al San Raffaele L’annuncio dato un’ora più tardi, dopo l’arrivo in ospedale della famiglia. I messaggi del Papa e del Capo dello Stato

 «È morto Berlusconi»: la folla ad Arcore, il lutto nazionale e il congedo da Milano 2, con un giro in auto per i viali

L’unica cosa che non è riuscito a fare durante i suoi 86 anni di vita esagerata, è stata l’ultima. «Questa è la mia casa» ripeteva ai dirigenti Fininvest ai quali mostrava le meraviglie della villa di Arcore. «È qui che voglio andarmene quando arriverà il momento, è qui che voglio essere seppellito con i miei amici e la mia famiglia». Silvio Berlusconi invece è morto alle 9.30 di ieri mattina nella sua stanza al primo piano dell’Ospedale San Raffaele.

Tutti sapevano che era appeso a un filo, perché la diagnosi era infausta per una persona di quell’età, e tutti sapevano che presto sarebbe arrivato il tempo in cui fare i conti con una figura così grande, così importante per questo Paese, un compito che infine sarà riservato più ai libri di storia che alla cronaca del presente. La notizia della scomparsa dell’uomo che fu imprenditore di successo, inventore della televisione privata, presidente più vincente del calcio italiano e non solo di quello, il fondatore di Forza Italia nonché il presidente del Consiglio che più a lungo ha guidato il Paese durante la Seconda repubblica, è in ogni caso arrivata inattesa. Anche perché lui ci aveva abituati bene, con continue risurrezioni, non solo in senso clinico. L’Italia che si è fermata di colpo, non era preparata a dire addio all’uomo che da oltre quarant’anni ha colonizzato il nostro immaginario collettivo, diventandone estasi e ossessione a seconda del giudizio di ognuno. Mai indifferente, mai. La verità è questa. Così tutti ricorderemo dove eravamo e cosa stavamo facendo quando abbiamo saputo, e sono cose che si possono dire di pochi istanti della vita repubblicana.

Berlusconi è morto, aveva 86 anni di Antonio Polito
La vera impresa di Silvio Berlusconi di Aldo Cazzullo
Così fondò Forza Italia e divenne premier di Francesco Verderami
Così rivoluzionò la tv con quaranta persone di Aldo Grasso
Dalla A di amore alla Z di Zelensky: l’alfabeto di Berlusconi di Gian Antonio Stella
Vivere con B. di Massimo Gramellini

Il crollo

Ma morire, morire davvero, è un attimo e basta. Per tutti. Quando succede, non si è mai pronti. La situazione precipita sul finire della notte scorsa. Le sue condizioni si aggravano di colpo. Fino all’ultimo Berlusconi si è sottoposto alla chemioterapia, ha trascorso la penultima notte della sua vita guardando la finale di Champions League. Sperava di farcela anche questa volta, anche se i collaboratori più stretti rivelano ora come fosse sempre più consapevole del fatto che il suo tempo stava per finire.

Il giorno prima dell’ultimo ricovero, aveva fatto un giro in auto per i viali di Milano 2, dove tutto è cominciato, e forse in qualche modo, era una specie di congedo. Ci sperava anche la sua famiglia, naturalmente. Marina e Pier Silvio sono alle prese con una riunione di lavoro quando ricevano la telefonata che li invita a precipitarsi al San Raffaele. Il comunicato ufficiale ci mette un’ora a uscire, perché non era pronto. Davanti alla sua stanza, Marta Fascina si dispera, non ci crede che sia potuto davvero succedere. Alle 9.30 arriva suo fratello Paolo, che entra a bordo della sua auto da un passaggio riservato. Pochi minuti dopo, la primogenita Marina, su una macchina dai vetri oscurati, poi Eleonora, poi Barbara, seguite pochi minuti dopo da Pier Silvio. Un’ora dopo, mentre si rincorrono le voci, la notizia della scomparsa diventa ufficiale. Silvio Berlusconi è morto. E diventa subito chiaro che ci sarà un prima e un dopo. È una giornata come tante, i siti delle principali testate nazionali aprono sulla controffensiva ucraina che avanza, la direzione del Pd, l’economia. Scompare tutto, subito. Se i social sono davvero specchio della società, come qualcuno crede, l’effetto fa impressione. Ogni rumore di fondo tace.

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ADDIO PRESIDENTE

lunedì, Giugno 12th, 2023

Francesco Curridori

Un pezzo di storia se n’è andato. Silvio Berlusconi è morto all’età di 86 anni. Il Cavaliere è morto all’ospedale San Raffaele di Milano dove era ricoverato da venerdì scorso per accertamenti legati alla leucemia mielomonocitica cronica che lo affliggeva da parecchi mesi. Una malattia che lo aveva costretto a un ricovero di 45 giorni, terminato solo il 19 maggio scorso. In mattinata il fratello Paolo e i figli Piersilvio, Barbara, Marina ed Eleonora erano andati a dargli l’ultimo saluto.

Berlusconi ha iniziato la sua carriera nel mondo dell’edilizia e ha costruito le case del futuro. Ha cambiato il modo di fare la televisione. Ha portato il Milan sul “tetto del mondo”. Ha fondato il centrodestra dando una nuova casa ai moderati che l’avevano persa. Silvio Berlusconi è stato un imprenditore e un politico di successo che ha centrato tutti gli obiettivi che si era ripromesso di raggiungere.

Gli esordi di Silvio Berlusconi

Figlio del direttore della Banca Rasini, Luigi, e della stenografa Maria Rosa Bossi, Silvio Berlusconi nasce il 29 settembre 1936 a Milano dove frequenta il liceo classico dai Salesiani di via Copernico. Berlusconi trascorre la giovinezza guadagnandosi da vivere svolgendo lavoretti di ogni tipo, dal venditore di spazzole elettriche porta a porta al cantante sulle navi da crociera nella band dell’amico Fedele Confalonieri. Si dimostra, fin da subito, il classico ‘man-self-made’, un uomo che col suo ingegno riesce, mattone dopo mattone, a disegnare il proprio futuro. Nel 1961 si laurea con 110 e lode all’Università Statale in Legge con una tesi dal titolo “Il contratto di pubblicità per inserzione” e vince una borsa di studio di 2 milioni di lire messa in palio dall’agenzia Manzoni. Una volta ottenuta una garanzia dal banchiere Carlo Rasini, Berlusconi acquista un terreno in via Alciati e, insieme al suo socio, il costruttore Pietro Canali, crea la Cantieri Riuniti Milanesi. Due anni più tardi si mette in proprio e fonda la “Edilnord di Silvio Berlusconi & C.”.

Da Milano 2 all’acquisto de Il Giornale

Nel 1965, dopo un breve fidanzamento, Berlusconi sposa Carla Elvira Lucia Dall’Oglio che aveva conosciuto davanti a una fermata del tram. L’anno dopo nasce la primogenita Maria Elvira, detta Marina, mentre nel 1969 arriverà Pier Silvio. È in questo periodo che sorge Milano 2, un quartiere residenziale avveniristico di 712mila metri quadrati, a Segrate, nella periferia Est di Milano. Ed è dalla sala congressi dell’hotel Jolly di Milano 2 che, nel 1974, con la nascita di Telemilano, parte l’avventura di Berlusconi verso il successo. “La prima trasmissione fu un’intervista fatta in francese e senza traduzione al capo della resistenza curda. Trasmettevamo soprattutto dibattiti politici. Accettarono di venire anche Eugenio Scalfari (che non aveva ancora fondato Repubblica), Giorgio Bocca, Massimo Fini. Qualche film che piratavamo ai preti delle edizioni San Paolo. Berlusconi si faceva sentire di rado”, ricorderà il giornalista Giorgio Medail che prese parte all’impresa. Nel 1976 la Corte Costituzionale apre alle televisioni private, a condizione che trasmettano solo in ambito locale e non a livello nazionale. Telemilano diventa, dunque, “Telemilano 58” un’emittente che si trasforma da tivù via cavo a rete locale che trasmette via etere. Berlusconi decide di produrre dei programmi che, poi, avrebbe venduto alle altre 434 televisioni private esistenti all’epoca che li avrebbero trasmessi quasi in contemporanea (“interconnessione funzionale”). Nel 1977 Silvio Berlusconi salva dal possibile fallimento Il Giornale, fondato dal giornalista Indro Montanelli solo tre anni prima, acquistando inizialmente il 12% e poi il 37,5% delle quote della testata. Il 2 giugno dello stesso anno, l’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone lo nomina Cavaliere del Lavoro.

La nascita di Fininvest

Tra la fine degli ’70 e l’inizio degli anni ’80 Berlusconi ingaggia sia il noto conduttore Mike Bongiorno sia il fidato Adriano Galliani che entra nel ‘team’ dei dirigenti della nascente Canale 5 (ex Telemilano). Il ‘Cavaliere’ si prefigge l’obiettivo di trasmettere i suoi programmi in tutto il territorio nazionale attraverso l’interconnessione funzionale e, affinché il suo piano abbia il successo che merita, acquista Retequattro dalla Mondadori e ItaliaUno da Rusconi. Nel 1984 i pretori di Roma, Torino e Pescara considerano fuori legge l’interconnessione funzionale e oscurano le reti del gruppo Fininvest, la holding creata da Berlusconi nel 1975. A quel punto, a trovare una soluzione fu l’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi che emanò un decreto che consentiva alle televisioni del Cavaliere di continuare a trasmettere in attesa che il Parlamento approvasse la legge Mammì sul riordino del sistema radio-televisivo.

La vita privata del Cavaliere e la sua passione per il calcio

È il 1980 quando Berlusconi al teatro Manzoni di Milano, che aveva acquistato di recente, conosce e si innamora dell’attrice Veronica Lario, nome d’arte di Miriam Bartolini. Cinque anni dopo il Cavaliere divorzia dalla prima moglie Carla Elvira Lucia Dall’Oglio e nel 1990 si risposa con la Lario, dalla quale avrà tre figli: Barbara, Luigi ed Eleonora. Berlusconi, nel 1986, salva il Milan dal fallimento e, grazie ad acute operazioni di mercato e alla nuova filosofia di gioco portata dall’allenatore Arrigo Sacchi, raggiunge dei traguardi inimmaginabili fino a quel momento. Con una difesa solidissima e con il trio olandese delle meraviglie, Marco Van Basten, Frank Rijkaard e Ruud Gullit, il Milan di Sacchi vince il campionato nel 1988, due Coppe dei Campioni, 2 coppe Intercontinentali e 2 Supercoppe europee tra il 1989 e il 1990. Con Fabio Capello, nei primi anni ‘90, il Milan vince 4 scudetti in 5 anni, 1 Champions League, 1 Supercoppa Uefa. I calciatori che componevano quel ‘dream team’ erano noti come gli “invincibili” e ottennero il record di 58 risultati utili consecutivi in Serie A. Un altro ciclo molto importante del Milan berlusconiano è quello inaugurato nel 2001 da Carlo Ancelotti che, sulla panchina rossonera, vince 8 trofei tra cui 1 scudetto, 2 Champions League e 1 Coppa del mondo per club. Berlusconi vende il Milan dopo 31 anni diventando il dirigente più longevo del club e anche quello più vincente di sempre portando in bacheca 29 trofei tra cui 8 scudetti, 5 tra Coppe dei Campioni e Champions League e 2 Coppe Intercontinentali.

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Silvio Berlusconi è morto al San Raffaele

lunedì, Giugno 12th, 2023
Silvio Berlusconi è morto al San Raffaele

Silvio Berlusconi, 86 anni, è morto. L’ex presidente del Consiglio si è spento, questa mattina, intorno alle 9.30. Le sue condizioni di salute sono peggiorate in mattinata. Ricoverato da venerdì scorso per accertamenti legati alla leucemia mielomonocitica cronica di cui soffriva da tempo, i suoi valori non sono migliorati. All’ospedale San Raffaele di Milano sono arrivati a stretto giro, in mattinata, Paolo Berlusconi e poco dopo a bordo di auto diverse i figli Marina, Eleonora, Barbara e Pier Silvio Berlusconi. «Uno dei più grandi ha deciso di salutare, chiedo un minuto di silenzio« sono le prime parole di Salvini

Il Cavaliere è stato ricoverato più volte negli ultimi anni. Prima di quelli di aprile e marzo, è stato stato curato per un’infezione piuttosto seria alle vie urinarie nel gennaio del 2022, nei giorni in cui si eleggeva il Capo dello Stato. Nel settembre del 2020, invece, è stato costretto a restare sotto il controllo dei medici per una polmonite causata dal coronavirus.

Andando ancora più indietro nel tempo, ci sono poi due ricoveri per interventi chirurgici – nel 2019 per rimuovere un’occlusione intestinale e nel 2016 per un’operazione al cuore – e il ricovero del 2009 in seguito all’aggressione subita in piazza Duomo a Milano. E sempre al San Raffaele Berlusconi ha trascorso alcuni periodi anche a causa di un problema agli occhi: l’uveite. È stato ricoverato una prima volta nel marzo del 2013, scatenando forti polemiche dato che si era nel pieno del processo Ruby, e una seconda volta nel novembre del 2014. Nel maggio 1997, inoltre, gli venne rimosso un tumore maligno alla prostata: quell’intervento — grazie all’assoluta privacy garantita dal San Raffaele — rimase segreto, fino a quando lo stesso Cavaliere raccontò pubblicamente il dramma che aveva vissuto e superato.

IL RITRATTO – Addio a Berlusconi, con lui muore la seconda repubblica

POLITICA E GIUSTIZIA – Il Cavaliere e quel suo duello permanente con la giustizia

“L’Italia è il Paese che amo”: la ‘discesa in campo’ di Berlusconi nel 1994

10:57

Renzi: “Oggi l’Italia piange insieme alla famiglia”

«Silvio Berlusconi ha fatto la storia in questo paese. Tanti lo hanno amato, tanti lo hanno odiato: tutti oggi devono riconoscere che il suo impatto sulla vita politica ma anche economica, sportiva, televisiva è stato senza precedenti. Oggi l’italia piange insieme alla famiglia, ai suoi cari, alle sue aziende, al suo partito. A tutti quelli che gli hanno voluto bene il mio abbraccio più affettuoso e più sincero. In queste ore porto con me i ricordi dei nostri incontri, dei tanti consigli, dei nostri accordi, dei nostri scontri. Ma soprattutto di una telefonata in cui silvio, non il presidente, mi ha fatto scendere una lacrima parlando della mamma. Ci mancherai pres, che la terra ti sia lieve». Lo scrive su Twitter Matteo Renzi. 10:57

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Silvio Berlusconi è morto

lunedì, Giugno 12th, 2023

di Antonio Polito

Silvio Berlusconi è morto oggi, all’ospedale San Raffaele di Milano. L’ex premier, leader di Forza Italia e fondatore di Mediaset aveva 86 anni

Silvio Berlusconi è morto

Silvio Berlusconi è morto all’ospedale San Raffaele di Milano. Il leader di Forza Italia e fondatore di Mediaset aveva 86 anni. Berlusconi era tornato al San Raffaele lo scorso venerdì, dopo un lungo ricovero — di 45 giorni — terminato poche settimane fa, a causa di una polmonite e di una leucemia mielomonocitica. In mattinata, il fratello Paolo e i figli erano accorsi in ospedale, dove già si trovava Marta Fascina. Qui sotto, l’articolo firmato da Antonio Polito.


Se si dovesse fare l’anatomia di un istante, nella straordinaria vita di Silvio Berlusconi, forse si dovrebbe scegliere la sera dell’ 8 novembre 2011.

Non il giorno in cui aprì il suo primo cantiere edile, a Brugherio, nel 1964, o fondò la Fininvest, nel 1975, aprendosi la via di un impero televisivo e finanziario che lo rese uno degli uomini più ricchi del mondo. Né il giorno in cui scese in campo, avviandosi a vincere tre elezioni e mezzo e a guidare quattro governi per il tempo record di nove anni. Né la volta che scese con l’elicottero sul campo dell’Arena per inaugurare l’epopea del Milan, che vinse cinque Champions e otto scudetti in trentuno anni.

No. Berlusconi si è preso nella sua vita tanto di quel potere, che il vero magic moment, l’istante da raccontare, è quello in cui l’ha perso.

Le cose stavano così: l’Italia andava a rotoli per via dell’attacco dei mercati al nostro debito pubblico. Spread oltre 500 punti. Merkel e Sarkozy che ridevano in pubblico di lui. L’Europa che aveva paura di affondare insieme all’Italia. Gianfranco Fini si era fatto un partito ed era passato all’opposizione. Otto deputati, tutti ex «fedelissimi», tradiscono il Cavaliere in un voto decisivo, facendogli perdere la maggioranza a Montecitorio.

Ma lui vuole resistere. Non mollare. Non dimettersi da premier. «Così deve fare Berlusconi», gli suggeriscono tutti quelli intorno a lui, che hanno sempre vissuto di luce riflessa e vogliono tenerla accesa. Ma poi arrivano due telefonate. La prima è di Ennio Doris, amico e antico socio in Mediolanum: «Silvio, se non ti dimetti l’Italia crolla». La seconda è del figlio Luigi, che lavora nella City a Londra: «Papà, se l’Italia crolla crollano anche le nostre aziende».

Così il Cavaliere nero, il Caimano che nel film interpretato da Nanni Moretti alla fine sobilla la rivolta popolare pur di non cedere il potere, si dimette accettando la logica inesorabile della politica democratica. E in un solo pomeriggio l’argomento più usato contro di lui, il «conflitto di interessi» tra aziende private e funzione pubblica, si rovescia nel suo contrario. Dopo aver inseguito il potere, secondo i suoi nemici solo per il suo interesse, deve rinunciare al potere anche nel suo interesse.

La dimensione «larger than life», fuori dall’ordinario, della vicenda umana e politica del Cavaliere è tutta nel momento in cui lasciò per sempre Palazzo Chigi (e che lui poi più volte derubricherà a mero «complotto», facendo così torto innanzitutto a se stesso e alla scelta responsabile che fece). A quella giornata a suo modo storica non fecero onore i cori di «buffone, buffone» sotto Palazzo Chigi e le ali di folla festanti davanti al Quirinale per le sue dimissioni. Come nella sera delle monetine a Craxi, si mostrò allora un’Italia capace di codardo oltraggio, dopo lunghi anni di servo encomio.

Perché Berlusconi è stato un fenomeno: volontà di potenza, certo, ma anche necessità storica. Insieme il frutto del male italiano e allo stesso tempo il suo tentativo di cura. Non il malfattore che conquista un popolo ingenuo con dosi da cavallo di imbonimento televisivo, come è stato descritto; ma neanche il salvatore della patria che libera il suo paese dai cosacchi di Occhetto, il primo dei tanti leader della sinistra da lui sconfitti. Piuttosto, nel bene e nel male, il fondatore di una nuova destra e di una nuova politica, con ambizioni liberiste e tratti populisti, che ha fatto scuola nel mondo e ha dominato la scena italiana per un ventennio, anche quando era all’opposizione. E che poi è finita con lui, tant’è che per tornare a vincere ha dovuto cambiare pelle, sesso, età, e incarnarsi in Giorgia Meloni, antropologicamente il suo contrario.

I professionisti dell’antiberlusconismo l’hanno accusato di ogni crimine. Ed è vero che più di venti processi sono stati intentati contro di lui, con imputazioni varie, talvolta particolarmente infamanti, come lo sfruttamento della prostituzione minorile nella persona di Ruby Rubacuori, una delle tante partecipanti alla sarabanda di ragazze che ospitava nelle sue ville; o come il sospetto di collusione con la mafia che ha portato uno dei suoi più grandi amici e compagni d’arme, Marcello Dell’Utri, alla condanna e al carcere; o addirittura l’accusa di aver ordito le stragi del 1993 per accelerare il proprio trionfo politico. Da quasi tutte le imputazioni è uscito assolto, prosciolto o comunque prescritto, anche grazie alle arti dilatorie del suo stuolo di avvocati, guidato dal fido e ormai scomparso Ghedini. E dunque, se si deve credere alla Legge, quella dei giudici e non solo quella dei procuratori, Berlusconi ha compiuto un solo reato: frode fiscale, per cui è stato condannato con sentenza definitiva. Gli è costata una rapida defenestrazione dal Senato, la cui maggioranza del tempo non perse l’occasione e a scrutinio palese ne sancì l’incompatibilità (il Cavaliere ha poi avuto piena riabilitazione giudiziaria, e si è potuto ricandidare ed essere eletto, prima al parlamento europeo e poi di nuovo al Senato, dove ha ripreso il suo posto).

Naturalmente l’uomo non era per niente uno stinco di santo, anzi: aveva i suoi vizi privati e pubblici e sapeva come giocare sporco. C’è chi gliel’ha rimproverato fino all’ultimo, senza pietà, come il suo arci-nemico Carlo De Benedetti, che perfino mentre l’avversario era in ospedale col Covid gli fece sì gli auguri, ma ribadendo che per lui era pur sempre «un imbroglione».

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Quattordicesima, quando arriva e a chi spetta

lunedì, Giugno 12th, 2023

Giuditta Mosca

La quattordicesima viene di norma versata tra il mese di giugno e il mese di luglio ma, non essendo obbligatoria per legge, ne beneficiano i pensionati con determinate requisiti di reddito e i lavoratori dipendenti, laddove previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) o da contratti individuali.

La questione va approfondita perché, mentre per i lavoratori che la percepiscono il calcolo della quattordicesima è tutto sommato semplice, per i pensionati le regole sono diverse.

La quattordicesima per i lavoratori dipendenti

I lavoratori dipendenti, come detto, percepiscono la quattordicesima mensilità solo se prevista dal contratto collettivo o da accordi singoli ma non è escluso che un datore di lavoro possa decidere spontaneamente di erogarla.

Viene versata di norma entro il mese di luglio e, anche in questo caso, le tempistiche sono elencate nei diversi Ccnl. Per esempio, per il terziario il versamento è previsto per la fine di giugno mentre per la logistica entro fine luglio.

Il periodo di maturazione della quattordicesima va dal primo giorno di luglio al 30 giugno e il calcolo viene effettuato sui giorni di lavoro effettivamente prestati all’interno di questo periodo. Chi ha lavorato durante tutto l’anno riceve una quattordicesima piena, ossia in linea con una singola mensilità mentre per gli altri – per esempio per chi è stato assunto durante tale periodo – viene calcolata in quota parte in base ai mesi lavorati.

Il calcolo viene effettuato sullo stipendio e non su elementi aggiuntivi quali la retribuzione per il lavoro straordinario o maggiorazioni a carattere sociale quali, per esempio, gli assegni familiari.

La quattordicesima per i pensionati

Viene erogata dall’Inps ai pensionati che hanno compiuto almeno 64 anni e che hanno un reddito complessivo fino a 1,5 volte il trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti (fino al 2016) e fino a due volte il trattamento minimo annuo del Fondo lavoratori dipendenti (dal 2017), in cifre questo corrisponde rispettivamente a 10.992,93 euro e a 14.657,24 euro (valori per il 2023).

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Roma è piena di rifiuti. E il sindaco disperato chiede scusa ai cittadini

lunedì, Giugno 12th, 2023

Massimo Malpica

Sull’emergenza rifiuti nella capitale arriva il mea culpa del primo cittadino Roberto Gualtieri. Che, ospite di Lucia Annunziata a «Mezz’ora in più», ammette il pasticcio e chiede scusa ai romani. «In alcuni quartieri di Roma – spiega il sindaco alle telecamere del programma di RaiTre – c’è stato un aggravamento delle condizioni di pulizia e me ne scuso». Gualtieri ha poi voluto dettagliare il motivo dell’ennesima crisi nella gestione dei rifiuti nella Città Eterna. Ossia «irregolarità, che Ama (la società del Campidoglio che si occupa del ciclo dei rifiuti, ndr) ha scoperto, nel modo di esternalizzare la manutenzione dei mezzi: si pagava troppo per fare cose che si potevano fare internamente». In conseguenza della magagna, ha proseguito il sindaco, «l’azienda ha cambiato il processo, ha anche licenziato chi era responsabile di queste irregolarità», ma nonostante l’operazione pulizia non tutto è filato liscio. Perché, ha ammesso Gualtieri, «in un cambiamento di questa portata ci sono stati dei problemi in questi giorni nella manutenzione dei mezzi, che quindi in alcuni quartieri non c’erano». Mentre c’era eccome l’immondizia, e nessuno l’ha portata via.

Va anche detto, quanto all’Ama, che «irregolarità» e anomalie sono tutto fuorché episodiche. Solo negli ultimi mesi, prima del caso delle fatture gonfiate per i pezzi di ricambio, e senza contare le migliaia di dipendenti assunti ma in tutto o in parte inabili alle mansioni assegnate, si sono moltiplicati i licenziamenti di netturbini sorpresi a non lavorare. Assenteisti cronici nella migliore delle ipotesi, visto che almeno uno è stato sorpreso dagli investigatori dell’azienda mentre, a bordo del compattatore Ama, se ne andava a zonzo tra cornetterie e sale slot, per concludere il turno notturno con un pisolino e una visita a una prostituta.

Eppure Gualtieri, dopo le scuse e il mea culpa, sceglie di mostrarsi ottimista quanto alle prospettive del servizio in città. Promettendo una capitale più pulita in tempi nemmeno troppo remoti e assicurando che la gestione dei rifiuti della città è già, dal suo punto di vista, «in costante miglioramento». «Tranquillo lo sarò solo quando avremo raggiunto l’obiettivo, ma stiamo sulla strada giusta», spiega a Lucia Annunziata, dicendosi sicuro che «il problema dei rifiuti sarà risolto sicuramente entro la fine del mio mandato, ma io spero che già con il Giubileo, che sarà una sfida, saranno evidenti i miglioramenti». Pure sulla disastratissima Ama, il primo cittadino di Roma rivendica l’avvio di un percorso «di modernizzazione» con cui la giunta capitolina conta di trasformarla «in un’azienda efficiente», il tutto anche «con scossoni e contraccolpi» inevitabili, stando a Gualtieri, «quando si cambiano cose consolidate». Insomma, ha riassunto il sindaco, anche se tra «alti e bassi» le cose starebbero andando meglio: «Stiamo assumendo giovani, abbiamo ridotto il numero di inabili a lavorare sulle strade, il nuovo management sta lavorando con grande determinazione».

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La sinistra riscopre la famiglia allargata

lunedì, Giugno 12th, 2023

Alessandro De Angelis

Chapeau: il “ricongiungimento familiare” di Articolo 1 al Pd è un capolavoro politico di Speranza e Bersani. Mai si era visto: una corrente esce da un partito, fa un percorso per verificare il consenso nella società, che non trova, poi rientra, tornando corrente, nel partito più grande da cui si è scisso, e ne conquista sostanzialmente l’egemonia, nell’ambito di un racconto di un Pd più “di sinistra”, quantomeno a parole.

Sentimenti e parentele a parte, la vicenda è il paradigma della sinistra in questi anni, in cui tutto ruota attorno all’abilità di manovra di nomenklature e gruppi organizzati, slegata dal progetto e dal tema del popolo (ciò che Gramsci aborriva). E all’ineluttabilità di un meccanismo (correntizio), eternamente uguale a se stesso, che è stato il vero punto di collasso. E che Elly Shlein non ha la forza di rompere. In fondo, proprio sulle correnti, si è ritagliata un ruolo da surfista: finge l’estraneità per preservare l’immagine di novità, le utilizza quando come in questo caso sono a favore, non fa mai nulla contro, neanche quando sono contro di lei. Per cui si comprende che nel suo cuore vorrebbe dire basta alle armi a Kiev, ma non può perché c’è Guerini, vorrebbe dire sì alla maternità surrogata, ma non può perché ci sono i cattolici, non vorrebbe il termovalorizzatore, ma c’è Gualtieri.

Si dice: troppo radical (con o senza chic). In verità, c’è solo una chiacchiera, un po’ gauchiste, ma non una linea di vera discontinuità. Emblematico il “siamo a favore del sostegno a Kiev ma contro i proiettili”. Per cui anche l’assemblea di Napoli, esteticamente di sinistra, nella sostanza non è estranea al quel film che, in modo particolarmente efficace, una giornalista senza retropensieri come Concita De Gregorio ha riassunto così: ascolti Elly Schelin per un’ora, poi guardi gli appunti sul taccuino e non c’è nulla. Icastica l’assenza di uno straccio di titolo sui migranti, uno dei terreni, assieme all’insicurezza sociale, su cui le sinistre europee si sono giocate le elezioni (Svezia, Finlandia, ma anche Italia) o se le giocheranno (Spagna).

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