Grillo, addio a Farage per i liberali In gioco i soldi e le cariche: chi resta senza un gruppo perde 700 mila euro

 

di Emanuele Buzzi

Il denaro, le cariche e il matrimonio che rischia di saltare. Galeotta fu la Brexit. Le frizioni, le incomprensioni tra Ukip e Movimento Cinque Stelle risalgono infatti all’epoca del referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. «Dovevamo anche pensare a un progetto a lungo raggio, non con un orizzonte di due anni», si giustificano i pentastellati. Sei-sette mesi di altalene: prima con alcune promesse degli inglesi (sui ruoli e il peso all’interno del gruppo in vista dell’abbandono dell’Europa) venute poi meno, poi proprio con frizioni reciproche su atteggiamenti e cariche da ridistribuire a metà della legislatura. Uno stallo che ha portato già a fine settembre all’avvio di alcune trattative.

Le trattative

A ordire la trama David Borrelli, il braccio destro di Davide Casaleggio a Bruxelles, il Cinque Stelle che a giugno ha incassato la stima pubblica dell’ex premier Mario Monti (ricordiamo che Scelta civica era schierata con Alde, ndr). Proprio Borrelli concretizza in un mese, un mese e mezzo — dalla fine di novembre alle festività natalizie — la trattativa con i liberali. Una mossa necessariadopo il rifiuto dei Verdi all’ingresso nel gruppo del Movimento. Una mossa tenuta all’oscuro di gran parte della delegazione e concordata in gran segreto con i vertici di Milano e Genova (forte anche del codice di comportamento degli eurodeputati che legittima Grillo di una scelta politica in tal senso).

La strategia e le critiche interne

La tempistica — lanciata bruscamente senza preavviso — è legata gioco forza alla votazione del Parlamento del prossimo 17 gennaio per il nuovo presidente del Parlamento: un modo per pesare nelle contrattazioni. E forse anche per averne un ritorno (indiscrezioni parlano di una possibile vicepresidenza del Parlamento per i pentastellati, con Fabio Massimo Castaldo in pole position). «Ogni matrimonio ha un interesse», ironizza qualche pentastellato. Alcuni, addirittura, citano l’ex capo della Comunicazione, Claudio Messora, che sul suo sito Byoblu rivela come nel 2014 Alde si fosse espresso duramente contro una eventuale alleanza con i Cinque Stelle. L’ala dei falchi preme apertamente per un voto di protesta, c’è chi opta per finire tra i non iscritti a nessun gruppo.

Il nodo economico

Ma è proprio qui che si gioca la vera battaglia ed è qui un nodo (forte) degli interessi in ballo. Interessi economici. Finire tra i non iscritti significherebbe perdere buona parte dei «fondi 400» destinati ai gruppi («circa la metà», dicono fonti interne al Movimento). Si tratta di una cifra di circa 40mila euro all’anno per ogni parlamentare, un tesoretto di circa 680mila euro usati dai pentastellati anche per finanziare attività sul territorio. Un passo che potrebbe mettere in difficoltà i Cinque Stelle. Intanto, però, il post di ieri ha messo a nudo quanto sia frastagliato il panorama degli europarlamentari. Con tensioni ormai non più sotterranee nemmeno a Bruxelles. Con Marco Zanni, Marco Affronte e Daniela Aiuto che hanno votato per rimanere con l’Ukip o hanno espresso perplessità su Alde e altrettanti pronti invece a invocare soluzioni diverse e contrastanti.

CORRIERE.IT

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