“Un Cie in ogni Regione Useremo 7mila militari Quelli di Strade sicure”
Nei Cie saranno probabilmente utilizzati i militari di Strade sicure. Anche per il 2017 il governo ha deciso di stanziarne poco più di 7mila.
Ma saranno sufficienti a coprire le esigenze antiterrorismo di tutto il territorio? Lo spiega il sottosegretario alla Difesa Domenico Rossi. «Il rischio attentati c’è – conferma -, ma i soldati sono addestrati».
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha detto ieri che per i Cie, che il governo vuol riaprire in ogni regione, potrebbero essere utilizzati i militari. Ne impiegherete altri oltre a quelli attualmente dedicati all’antiterrorismo?
«Potrebbero essere utilizzati i militari già impegnati nell’operazione Strade sicure, addestrati anche per questi compiti. Per il 2017 ne sono stati confermati 7mila nella legge di Bilancio. L’attenzione, visto il momento delicato, è massima e la Difesa è impegnata, con questi soldati che operano sul territorio nazionale, in stretto contatto con le forze di polizia».
Il capo della polizia Franco Gabrielli, in un’intervista al Giornale, è stato chiaro: il rischio attentati è altissimo anche nel nostro Paese. Lei ha la stessa visione?
«Nessun Paese è a rischio zero, il rischio attentati c’è. Siamo davanti a una minaccia sempre più asimmetrica, un terrorismo più insidioso perché più imprevedibile. Il livello di attenzione in Italia è sempre molto alto. Un esempio sono le misure di sicurezza aggiuntive, concordate con le prefetture, messe in atto durante le festività e volte a contrastare le nuove tecniche usate dai terroristi, come a Berlino. Quindi, siamo vigili, ma continuiamo a vivere come fatto fino a oggi. Non dobbiamo rinunciare alle nostre libertà e lasciare che il fronte del terrore condizioni le nostre scelte. Così faremmo solo un regalo ai terroristi».
Che tipo di terrorismo è quello che abbiamo davanti?
«Prima della mia vita politica ero un militare, ho chiuso la carriera come sottocapo di Stato maggiore dell’esercito. Nel 1974, quando è iniziata la mia carriera, il mio capitano mi portò a qualche chilometro da Gorizia e mi disse: Noi ci schieriamo con i carri armati qua, attaccheranno di là, dobbiamo resistere 36 ore, per poi aggiungere e chiudere con un tempo stimato di sopravvivenza un’ora e mezza. Questo molte volte lo racconto anche ai giovani ufficiali per far capire cosa è cambiato in 40 anni. Oggi abbiamo il Daesh e la minaccia non è più quella del ’74, quando del nostro potenziale nemico conoscevamo tutto. La minaccia di oggi è asimmetrica e indefinita».
Ma i nostri soldati sono preparati a eventuali attacchi?
«Siamo passati, negli anni, da un esercito di leva a un esercito professionale e da 190mila unità, con la legge 244 del 2012, a 150mila per le tre forze armate, che è un numero assolutamente congruente con quella che può essere una minaccia, ma che ci ha fornito anche la possibilità di ritrovare all’interno del budget risorse che venivano assorbite in buona parte dal personale per dedicarle all’investimento e al funzionamento. Sono risorse potenzialmente molto valide».
Il governo punta anche a collaborazioni con la Libia per risolvere il problema immigrazione. Che cosa state facendo?
«Sicuramente molto, in primis con l’operazione, denominata Ippocrate, che prevede lo schieramento di una task force di 300 militari, ma anche attraverso l’impegno in mare. Tanto per dare qualche dato, a dicembre 2016, le imbarcazioni sottratte dalla disponibilità dei trafficanti dal 12 marzo 2015 (inizio di operazione Mare Sicuro) da mezzi della Marina sono 549, di cui 91 barconi, 442 gommoni e 16 barchini. I sospetti scafisti consegnati all’autorità giudiziaria da parte della Marina dal 18 ottobre 2013 (Inizio di operazione Mare Nostrum) ad oggi sono 415».
IL GIORNALE