Brexit, gli studenti europei voltano le spalle alle università inglesi

di Caterina Belloni

Le università britanniche non sono più in cima alla lista dei desideri dei giovani europei. A segnalarlo sono gli ultimi dati dell’Ucas, l’organismo che registra le iscrizioni e sovrintende alle procedure per gli studenti. A fine gennaio sono scaduti i termini per la presentazione della domanda per l’anno accademico che inizia il prossimo autunno e i dati segnalano un calo del 7 per cento dei candidati in arrivo dall’Unione europea. Una secca battuta d’arresto, se si considera che nei ultimi dieci anni l’aumento degli allievi europei era stato costante, con il picco del 7,4 per cento in più nel 2014-2015 e mediamente un tasso annuale superiore al 5 per cento. Se a questa «perdita» di ex partner europei si aggiungono il 5 per cento in meno di allievi britannici, il mondo accademico comincia ad avvertire una certa difficoltà. Guardando alle statistiche, si tratta del peggior risultato dal 2012, con 564mila richieste in meno rispetto all’anno precedente. In fondo i rettori delle principali università avevano lanciato l’allarme già all’indomani del referendum per la Brexit, preoccupati per la perdita di allievi di talento, che contribuiscono a rendere il mondo accademico inglese un’eccellenza. Molti degli studenti, infatti, continuano la loro carriera in Gran Bretagna dopo la laurea, tanto come docenti quanto come manager e professionisti. Una tendenza che sembra destinata a ridursi, con svantaggi anche per il paese.

Troppe incognite e rette troppo alte

La responsabile dell’Unione nazionale degli studenti, Sorana Vieru, ha spiegato alla Bbc che a suo parere sono molti i fattori all’origine di questo crollo, dal costo elevato delle tasse di frequenza (in media 9mila sterline l’anno), alla spesa per mantenersi in un paese dove i prezzi degli affitti non accennano a ridursi, fino alla recente riduzione di premi e borse di studio, causata dai tagli del governo, ai quali l’opposizione aveva dato battaglia. Problemi che sono comuni a tutti i potenziali iscritti, ma ai quali si aggiunge, per gli europei, anche il grande dilemma dell’incertezza per le conseguenze della Brexit. Secondo molti a spingere gli allievi di paesi europei ad orientarsi su altre destinazioni, dalla Germania alla Francia, è stata la paura di cominciare un corso di studi nel Regno Unito e poi trovarsi, tra un anno e mezzo o due, in una situazione difficile per via dell’uscita dall’Unione europea. In realtà nel Libro bianco presentato ieri dal governo May si sottolinea che all’interno del piano di riordino dell’immigrazione dall’Ue verranno lasciati spazi privilegiati agli studenti almeno per i prossimi due anni accademici. Ma conquistare una laurea ne richiede tre e se poi si intende prendere un dottorato o seguire un corso di specializzazione i tempi si allungano ancora, costringendo i nuovi iscritti a vivere sulla propria pelle i cambiamenti legati ad accordi e nuove regole d’immigrazione.

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