Manovra, la solita stangata Rincari del 2% sui carburanti
L’unica certezza è che aumenterà il prezzo dei carburanti. Da decidere il quanto, ma l’ipotesi più probabile è un 2%.
In sostanza si anticipa di una decina di mesi l’aumento già previsto dalle clausole di salvaguardia per il 2018 e così, di fatto, si rinuncia alla sterilizzazione degli aumenti futuri.
Gli uffici del ministero dell’Economia sono al lavoro ed entro il mese dovrebbe vedere la luce la prima parte della correzione chiesta dalla Commissione europea. Un terzo dei 3,4 miliardi dovrebbe essere trovato in tempi brevi e nel modo più sicuro. Circa un miliardo e mezzo dagli aumenti delle accise sui carburanti e sulle sigarette. Due punti percentuali, che corrispondono a un euro in più per ogni pieno di una utilitaria, solo per correggere il deficit dello 0,2% rispetto agli obiettivi della legge di bilancio. Un conto scaricato totalmente sulle famiglie e sulle aziende.
L’altra parte della fase uno, è infatti un taglio alle spese, l’unico della manovra, che è tutto tranne che una spending review. Si chiamano tagli semilineari. In sostanza si limita la capacità di spesa della pubblica amministrazione, generalmente quella centrale. La caratteristica di questo tipo di risparmio è che nell’anno successivo si trasformano in spese extra, oppure creano debito commerciale (quello che lo Stato fa nei confronti dei privati).
Altra caratteristica della ricetta scelta dal governo per la manovra, è che l’aumento delle accise sarà permanente. Impossibile tornare indietro. In questo caso significa che le clausole di salvaguardia che gli ultimi governi hanno disinnescato di anno in anno, dal 2018 scatteranno almeno in parte. Quindi via libera agli aumenti per i carburanti e dei tabacchi. Resta il grosso delle clausole, cioè l’aumento Iva che dovrebbe portare l’aliquota ordinaria al 25,9% nel 2019, dall’attuale 22%. L’imposta su beni e servizi non dovrebbe essere toccata dalla manovra che il governo sta preparando. Ma nel governo e dentro la maggioranza in tanti non escludono un aumento, magari parziale, dal prossimo anno.
Più avanti dovrebbe vedere la luce la seconda parte della manovra, cioè la lotta all’evasione che dovrebbe valere poco meno di un miliardo di euro. Capitolo delicato, non tanto dal punto di vista del consenso. Si pensa ad allargare il perimetro di applicazione dello split payment e del reverse charge, cioè del pagamento Iva anticipato per transazioni tra privati e quelle con la Pa ad alcune categorie e forse alla grande distribuzione. Il problema è il via libera della Commissione europea che aveva già bocciato un precedente tentativo. «Stiamo lavorando per superare i rilevi che ci fecero allora», spiega una fonte del ministero.
Il governo deve dare a Bruxelles l’impressione che il recupero dell’evasione fiscale sia un dato strutturale per i prossimi anni. E va letto in questo senso l’annuncio dato ieri con enfasi dal ministro Pier Carlo Padoan e dal direttore dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi. Nel 2016 sono stati riportati nelle casse dello Stato 19 miliardi, la somma più alta mai incassata dalle Entrate, il 30% in più dell’anno precedente (14,2 miliardi nel 2014 e 14,9 miliardi nel 2015). In aumento anche il gettito erariale: le entrate sono volate a 450 miliardi a fronte dei 436 miliardi incassati nel 2015 e dei 419 registrati nel 2014.
Bene anche il canone in bolletta, operazione che «ha funzionato», ha tenuto a sottolineare Orlandi, visto che sono stati incassati circa 2,1 miliardi di euro, con un extragettito, rispetto agli anni precedenti, di circa 500 milioni, nonostante l’importo del canone sia sceso da 113,50 a 100 euro all’anno. Scampato pericolo, visto che in molti temevano un gettito più basso.
IL GIORNALE