Milano (-0,45%) frenata dalle banche, Bper a picco del 7,8%
–di Eleonora Micheli
Chiusura contrastata per le Borse europee (segui qui i listini), che non si sono entusiasmate per i nuovi record aggiornati da Wall Street segui qui i principali indici). Milano ha lasciato sul parterre lo 0,45%, nonostante l’ottimo dato sulla produzione industriale, balzata in avanti a dicembre del 6,6% rispetto all’anno precedente. Nell’intero 2016 è cresciuta dell’1,6%, segnando un record dal 2010. Continua tuttavia a destare preoccupazione lo spread, salito a 193 punti, anche nell’attesa del giudizio di Moody’s sull’Italia.
Le Bper hanno accusato la performance peggiore del paniere principale, scivolando del 7,8% le Bper, sull’onda dei dati 2016 peggiori delle attese. L’utile è crollato del 90% a soli 14,3 milioni rispetto ai 220,7 milioni del 2015, risentendo di poste straordinarie e del contributo al fondo di risoluzione. Così anche la cedola si ridurrà a 6 centesimi, rispetto ai 10 centesimi dell’anno precedente. Sono inoltre andate male le Banco Bpm(-5,3%), nell’attesa del bilancio 2016 (diffuso a mercati chiusi). Unicredit si è riscattata, salendo di mezzo punto percentuale nel quinto giorno di aumento di capitale. Hanno registrato un buon andamento anche le azioni di Salvatore Ferragamoche hanno guadagnato lo 0,77%, sempre sull’onda del piano industriale presentato la scorsa settimana, oltre che degli ottimi numeri presentati dalla francese Kering.
Sul fronte dei cambi, l’euro è scambiato a 1,0632 dollari (ieri a 1,067), mentre l’euro/yen si è attestato a quota 120,53 (da 120,56). Il dollaro/yen è scambiato a 113,37 (da 112,97). E’ in rialzo il petrolio sull’onda delle indicazioni di crescita della domanda stimate dall’Agenzia internazionale dell’energia. Il wti, contratto con consegna ad aprile, ha registrato un progresso dell’1,8%, attestandosi a 53,99 dollari al barile.
A Piazza Affari le banche tornano sotto pressione
Prevalgono gli acquisti sulle Borse europee (segui qui l’andamento degli indici) anche se diversi operatori mettono in guardia dal possibile eccesso di ottimismo, visto che le incertezze di fondo (a partire da quelle legate alle elezioni francesi e tedesche) restano intatte. E l’incertezza si vede tutta a Piazza Affari dove il FTSE MIB viaggia in territorio negativo, con lo scivolone di Bper dopo i dati e con molti titoli bancari estremamente volatili, con gli investitori che tornano a concentrarsi sui problemi del sistema creditizio italiano. La Banca Pop Er è stata sospesa più volte per eccesso di volatilità, dopo aver chiuso il 2016 con un utile crollato del 90% e un dividendo quasi dimezzato, deludendo le attese del mercato. Male anche Banco Bpm che diffonderà oggi i numeri dell’ultimo trimestre. Ha invertito la rotta Mediobanca dopo essere partita in netto rialzo e nonostante abbia comunicato ieri un utile migliore delle attese negli ultimi tre mesi dell’anno. Limita le perdite Ubi Banca che ha registrato una perdita di 75,6 milioni per oneri straordinari e rettifiche su crediti, con la svalutazione netta della quota in Atlante di 52,9 milioni di euro, ma ha confermato il dividendo. Tiene Unicredit al quinto giorno dell’aumento di capitale, che ieri ha comunicato svalutazioni per 13 miliardi come atteso, ricavi per 18,8 mld e perdite per 11,8. Tra gli assicurativi, hanno virato in pesante rosso le Unipolsai e le Unipol: nonostante i dati siano migliori delle stime, l’attività caratteristica è andata peggio del previsto. Fuori dal comparto finanziario, premiata Buzzi Unicem dopo i risultati migliori delle aspettative in termini di redditività e con le stime positive per il prossimo anno. Vendite su Telecom Italia, anche se gli analisti sottolineano che l’apertura dell’istruttoria da parte dell’Antitrust sulla jv con Fastweb nella fibra ottica non dovrebbe avere un impatto sul titolo.
Spread torna a salire in area 190 punti base. Pieno per l’asta BoT
Il Tesoro ha collocato tutti i 6,5 miliardi di euro di Bot annuali con scadenza febbraio 2018, offerti oggi in asta. Il rendimento resta inchiodato sui minimi storici a -0,247%, sostanzialmente invariato rispetto al collocamento dello scorso gennaio, quando il rendimento si era attestato a -0,250%. La domanda è rimasta tonica, con richieste complessive pari a 10,938 miliardi di euro a fronte dei 6,5 miliardi offerti e interamente assegnati. Il rapporto tra domanda e offerta è stato pari a 1,68, in linea on il livello dell’asta del mese scorso. Dopo il calo di ieri, torna a salire il differenziale tra decennale italiano e tedesco e si riporta oltre i 190 punti base. A mercati chiusi l’agenzia di rating Moody’s si pronuncerà sul merito creditizio dell’Italia e della Francia, i cui titoli in questi giorni sono stati particolarmente penalizzati per le vicende politiche interne. Moody’s a dicembre, in seguito alla caduta del governo Renzi, aveva portato l’outlook a negativo da stabile confermando il rating Baa2.
La produzione industriale corre a dicembre
A dicembre 2016 l’indice destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dell’1,4% rispetto a novembre. Nella media del trimestre ottobre-dicembre 2016 la produzione è aumentata dell’1,3% rispetto al trimestre precedente. Lo rende noto l’Istat, precisando che corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2016 l’indice è aumentato in termini tendenziali del 6,6%, i livello più alto da agosto 2011 (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di dicembre 2015). Nella media del 2016 la produzione è cresciuta dell’1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, segnando anche qui il record dal 2010. L’indice destagionalizzato mensile presenta variazioni congiunturali positive in tutti i raggruppamenti; aumentano i beni intermedi( +2,0%), i beni di consumo (+1,5%), i beni strumentali (+1,2%) e, in misura più lieve, l’energia (+0,7%).
Tornano gli acquisti sul dollaro, debole lo yen
Dollaro in salita e yen in deprezzamento, in un contesto di rialzo dei listini azionari (segui qui l’andamento del dollaro contro le principali valute), con il biglietto verde sui massimi da 10 giorni contro la divisa giapponese. A favorire il dollaro le dichiarazioni sugli imminenti tagli alle tasse fatte ieri da Donald Trump. Sotto i riflettori anche l’incontro tra il presidente Usa Donald Trump e quello giapponese Shinzo Abe, che potrebbe segnare un dialogo meno teso tra i due Paesi, dopo l’allentamento della tensione Usa-Cina. Debole anche l’euro (segui qui l’andamento della moneta unica contro le principali divise estere), in seguito all’allargamento dello spread Usa-Germania, salito ai massimi da metà gennaio e con i rischi per la tenuta della divisa unica che restano in primo piano.
Petrolio in rialzo: tagli Opec gennaio a 1 mln barili/giorno
Petrolio in netto rialzo (segui qui l’andamento di Brent e Wti) dopo che l’Agenzia internazionale dell’energia ha detto che la domanda di prodotti petroliferi sta aumentando più del previsto e che i Paesi Opec hanno ridotto la produzione di petrolio di un milione di barili giornalieri nel mese di gennaio rispetto a dicembre. L’Aie nel suo rapporto evidenzia che i Paesi Opec hanno raggiunto il 90% dell’obbiettivo fissato come impegno nell’accordo del novembre scorso che indicava appunto un taglio della produzione, dall’inizio di quest’anno, di 1,2 milioni di barili giornalieri. L’Agenzia inoltre ha alzato le stime sulla domanda globale di petrolio nel 2017 di 0,1 mln di barili al giorno a 1,4 mln di barili al giorno.
Usa: cala a 95,7 pt fiducia consumatori Michigan a metà febbraio, sotto stime
Americani meno fiduciosi sullo stato di salute dell’economia americana a metà febbraio. Secondo quanto riportato dall’Università del Michigan, il dato preliminare sulla fiducia dei consumatori si è attestato a 95,7 punti, in calo dai 98,5 punti di fine gennaio e dai 98,1 punti della lettura preliminare del mese scorso. Il dato è sotto le previsioni degli analisti, che attendevano un valore a 98 punti. Il sottoindice che misura la fiducia sulle condizioni correnti dell’economia si è attestato a 111,2 punti, contro i 111,3 punti di fine gennaio e i 112,5 punti di metà gennaio. Quello che misura la fiducia sulle condizioni future si è attestato a 85,7 punti, contro i 90,3 punti di fine gennaio e gli 88,9 punti della lettura preliminare precedente. Per quanto riguarda l’inflazione, le aspettative a un anno si sono attestate al 3,8%, in aumento dal 2,6% precedente, mentre quelle a cinque anni sono rimaste invariate al 2,5%.
(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)