Casette per i terremotati: 18 e piene di bla bla bla
Giorgio Mulè
Dovremmo vivere il tempo della palingenesi della politica, e cioè un tempo del rinnovamento. Un’esigenza di rinascita legata principalmente alla necessità di depotenziare la disaffezione verso il Palazzo e con alcune derivate specifiche per ogni schieramento riassumibili così: nel centrosinistra Matteo Renzi sa di dover riparare al disastro del referendum e alla caduta della sua leadership; i 5Stelle, alla luce dell’avvilente gestione del Campidoglio, sono coscienti della crisi scatenata dall’accusa di incapacità di governare; il centrodestra non può sfuggire all’obbligo di tornare a essere un fronte unito e coeso se vuole riproporsi come forza di governo.
Ad oggi, quel che manca in assoluto è la capacità di adempiere al primo compito che ci si aspetta dalla politica: scrivere un’agenda e rispondere così al compito principale richiesto a chiunque aspiri a guidare il Paese: qual è la visione dell’Italia?
Invece, è il populismo a dettare l’agenda con la rincorsa spasmodica a inseguire l’avversario sul terreno del consenso immediato.
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Valga per tutti il mistificazionismo dei vitalizi, che rappresenta certamente un’odiosa stortura del sistema ma che non dovrebbe essere collocata in cima ai pensieri di partiti e movimenti. E invece il dibattito è tutto concentrato lì con uno scambio interminabile di accuse sterili, di battute ottime per i social network e i programmi televisivi.
Se invece l’agenda fosse quella del Paese reale, tanto per restare ai fatti della stretta attualità, pensate che dopo quasi due lustri non si sarebbe approvata la legge sul fine vita? O che il provvedimento su concorrenza e liberalizzazioni starebbe ancora a galleggiare, non a caso, dentro un minestrone chiamato “decreto milleproroghe“? O che altri correttivi sulla giustizia (ragionevole durata dei processi, intercettazioni, diffamazione) non riuscirebbero a vedere la luce?
Non è “colpa” del bicameralismo se per approvare una legge sono necessari in media almeno sette mesi: la responsabilità è in capo solo e soltanto alla malapolitica. E nulla c’entra il bicameralismo se il terremoto, con la tragedia della gestione dell’emergenza e della ricostruzione, non viene issato dagli schieramenti come vessillo della capacità di dare risposte concrete al Paese.
Ma vi rendete conto che dopo sei mesi sono state consegnate agli sfollati soltanto 18 casette di legno? Che allevatori, artigiani e cittadini senza più un tetto sono ancora abbandonati al loro destino? Quale iniziativa concreta si è vista dopo che Panorama ha fatto ascoltare l’ammissione unilaterale della sconfitta da parte di Vasco Errani, commissario straordinario del governo per la ricostruzione? Nessuna, il vuoto pneumatico.
L’incapacità della politica è rinchiusa tutta in quelle 18 casette di legno perché nessuno ha saputo tagliare le unghie alla burocrazia e nessuno ha pensato di predisporre una reale corsia di emergenza per rimettere in moto le regioni colpite dal sisma. Nell’agenda attuale trovate invece formulette semantiche vuote: al reddito di cittadinanza si oppone il lavoro di cittadinanza. Oppure alla palingenesi si preferisce il palindromo: al Pd si contrappone il Dp. Fino al prossimo insulto sui vitalizi. Mentre la gente dell’Italia centrale crepa, proprio così crepa, mentre guarda una casa che nessuno gli rimette in piedi.
PANORAMA