Scandalo rimborsi alla Ue: così i partiti euroscettici hanno truffato Strasburgo
dal nostro corrispondente ALBERTO D’ARGENIO
BRUXELLES. Sono loro, i grandi partiti europei che vogliono abbattere l’Unione, al centro delle inchieste per frode ai danni delle casse del Parlamento di Strasburgo: abusano sistematicamente dei soldi Ue per portare a termine i loro disegni politici in patria. Frodi sistemiche, organizzate a livello centrale, come quelle del Front National di Marine Le Pen, dello Ukip di Nigel Farage o del partito Diritto e giustizia del polacco Jaroslaw Kaczynski. Assumono collaboratori con i soldi di Strasburgo ma li impiegano in patria per lavorare al partito. Ci sono anche casi italiani, di singoli eurodeputati del Movimento 5 Stelle, Forza Italia, Lega ed ex Pd. In questo caso senza un disegno di sistema, organizzato dalle forze politiche di appartenenza, ma episodi isolati.
La mappa delle frodi all’Europarlamento tracciata da Repubblica può partire in Francia, con un nuovo e inedito filone di indagini sul Front National di Marine Le Pen. Già nella bufera per i casi legati agli assistenti pagati da Strasburgo ma al lavoro in Francia della candidata all’Eliseo, ora la forza politica che vuole portare Parigi fuori dall’Europa è al centro di un nuovo caso: le autorità europee e transalpine indagano sui contratti degli assistenti di altri big come Louis Aliot, compagno di Marine Le Pen, e Florian Philippot, braccio destro della leader, o del padre, il fondatore dell’Fn Jean-Marie.
Si passa allo Ukip di Nigel Farage, che a breve dovrà restituire circa un milione di euro al Parlamento Ue per i contratti di una serie di assistenti – tra cui la moglie Kirsten – che lavoravano per il partito pur essendo stipendiati da Strasburgo. E poi ancora, le fondazioni dello Ukip, che prendevano fondi Ue per sostenere la politica europea del movimento ma che invece hanno usato i soldi per la campagna del referendum dello scorso giugno su Brexit.
Per finire con il caso di Jaroslaw Kaczynski, dominus politico del governo polacco guidato da Beata Szydlo che usava la signora Bozena Mieszka-Stefanowska, assistente del deputato Tomasz Poreba e quindi pagata da Strasburgo, come badante della madre scomparsa nel 2013. Uno dei casi che riguardano il partito Diritto e giustizia che dovranno essere rimborsati all’Europarlamento.
Tra i dossier italiani quello di Lara Comi, deputata di Forza Italia che ha assunto la madre come assistente parlamentare e ora dovrà restituire i 126 mila euro percepiti dalla signora, Luisa Costa, dal 2009 al 2010. Al centro di un’inchiesta ancora in corso e i cui esiti non sono ancora decisi due eurodeputate grilline: Daniela Aiuto e Laura Agea.
La prima è nel mirino per avere chiesto il rimborso, diverse migliaia di euro, per una mezza dozzina di ricerche che le sarebbero dovute servire per svolgere il mandato europeo ma che in realtà sono state copiate da siti come Wikipedia. La seconda ha assunto come assistente un imprenditore, sospettato di non avere il tempo di svolgere il lavoro relativo la mandato europeo dalla deputata ma al massimo, nella veste di attivista del Movimento, di seguirla nella politica locale.
Al centro di un’inchiesta anche un collaboratore del leghista Mario Borghezio, il viceministro Riccardo Nencini (ex europarlamentare al quale Strasburgo aveva chiesto indietro 455 mila euro ma ha scampato il rimborso grazie alla prescrizione) e il deputato eletto con il Pd, ora Mdp, Antonio
Panzeri, che ha fatto ricorso alla Corte di giustizia europea di fronte alla richiesta di restituire 83 mila euro. Quelli italiani sono casi isolati e spalmati su tre legislature, con la stragrande maggioranza dei 73 parlamentari eletti ogni cinque anni che rispetta alla lettera le regole.