Inflazione non preoccupa Bce: avanti con stimoli. Draghi ribadisce: euro irreversibile
Nessun cambio di linea nella politica monetaria della Bce nonostante l’aumento dell’inflazione. Mario Draghi ha ribadito oggi che gli acquisti di titoli di Stato proseguiranno almeno fino alla fine dell’anno, con volumi che da aprile – come previsto – scenderanno da 80 a 60 miliardi di euro al mese. L’attuale orientamento ultra-espansivo di Francoforte è dunque destinato a restare.
Il presidente della Bce, al termine della riunione del Consiglio direttivo, ha rilevato un’accelerazione dell’inflazione ma ha anche sottolineato come al netto delle volatili componenti di energia e alimentare l’aumento dei prezzi al consumo resti contenuto. «Non vediamo – ha detto – un trend convincente di rialzo dell’inflazione sottostante». Lo staff della Bce ha rivisto fortemente al rialzo le stime di inflazione per il 2017 da 1,3 a 1,7% e di poco (da 1,5 a 1,6%) quelle per il 2018, mentre ha lasciato invariata all’1,7% la stima per il 2019.
Il rialzo dell’indice dei prezzi, insomma, è temporaneo ed è «troppo presto – ha sottolineato Draghi – dichiarare la vittoria sul fronte del rischio» di bassa inflazione. Lo staff della Bce ha anche rivisto leggermente al rialzo la stima del Pil nel 2017 (da 1,7 a 1,8%) e nel 2018 (da 1,6 a 1,7%). I rischi al ribasso per l’economia dell’area euro sono meno pronunciati rispetto al passato, ha detto Draghi.
La Bce ha deciso nel dicembre scorso di allungare fino alla fine dell’anno, anche se con importi ridotti a partire da aprile, il suo programma più controverso, l’acquisto di titoli noto come Qe, avviato esattamente due anni fa. Il rimbalzo dell’inflazione, più vigoroso del previsto, e la ripresa dell’economia hanno un po’ cambiato le carte in tavola.
Draghi ha buone ragioni per tenere la barra sulla rotta indicata a dicembre, nonostante l’inizio di pressioni, per ora contenute, dei falchi del suo consiglio (ma assai più forti dall’establishment politico e finanziario tedesco): la risalita dell’inflazione può appunto essere temporanea, quella depurata dell’effetto-petrolio resta stagnante e le aspettative di mercato stanno scendendo da un paio di mesi a questa parte. Alle incognite della politica, la Bce non vorrà aggiungere quella di una banca centrale dal comportamento ondivago. L’istituzione poi (come lo stesso Draghi) ha memoria dei due episodi del 2008 e del 2011, quando una stretta monetaria decretata anzi tempo dovette poi essere invertita, nel secondo caso dal presidente della Bce appena insediato al posto di Jean-Claude Trichet.
Il presidente della Bce ha poi risposto ad alcune domande più politiche dei giornalisti. Riguardo al surplus commerciale tedesco, criticato dal governo americano di Donald Trump, ha detto che «non vede motivo per attaccare la Germania» su questo tema e tantomeno per dire che l’euro è una valuta manipolata. Quanto all’avanzata dei partiti euro-scettici, la Bce guarda « a questi sviluppi con grande attenzione, ma senza alcuna ansia». Draghi ha ribadito che l’euro è «irrevocabile» e ha aggiunto, citando i dati dell’Eurobarometro, che «oltre il 70% della popolazione dell’Eurozona è a favore della permanenza nell’euro, e la percentuale è in rialzo».
Fiammata dello spread BTp/Bund sulle parole del presidente della Bce, Mario Draghi, dopo che in mattinata i decennali italiani avevano recuperato terreno fino a segnare un minimo a 183 punti base. Il differenziale di rendimento tra il decennale benchmark italiano (Isin IT0005210650) e il pari scadenza tedesco è rapidamente salito a 189 punti base per poi riguadagnare terreno in virtu’ delle vendite che stanno colpendo i Bund tedeschi. Il rendimento del decennale italiano è al 2,27%, mentre quello dei Bund si è improvvisamente impennato allo 0,43 per cento.
ILSOLE24ORE