Corea del Sud, la presidente destituita dalla Corte costituzionale. Scontri in piazza, due morti
La presidente Park Geun-hye, prima donna al vertice istituzionale più alto della Corea del Sud, è stata rimossa dalla Corte costituzionale che ha confermato all’unanimità (otto voti su otto) l’impeachment approvato il 9 dicembre dal parlamento, completando la prima procedura del genere nella giovane storia democratica del Paese.
La Corte ha certificato il ruolo nefasto della “sciamana” e confidente, Choi Soon-sil, che si è «immischiata in affari di Stato» per colpa di Park, responsabile della ripetuta e continua «fuga di molti documenti riservati». Non solo, ha riconosciuto anche il ruolo coordinato nel premere sulle imprese sudcoreane per l’erogazione di fondi a due dubbie fondazioni promosse da Choi che avrebbero incassato decine di milioni di dollari.
Nel suo giudizio di legittimità e di merito, la Corte ha ravveduto anche alla scrematura del corposo dossier parlamentare rigettando, ad esempio, le accuse di abuso di potere nella nomina di funzionari di governo e le pressioni sulla stampa (in entrambi i casi «per mancanza di prove») o la cosiddetta «fuga dalle responsabilità», come nella tragedia dell’affondamento di aprile 2014 del traghetto Seawol (costato la vita a oltre 300 persone, quasi tutti studenti di liceo), non di «competenza» della Corte.
La parentesi di crisi istituzionale di 92 giorni in cui il premier Hwang Kyo-ahn e stato presidente reggente: secondo la costituzione, nuove elezioni si terranno entro 60 giorni, con ogni probabilità il 9 maggio. L’ex capo delle opposizioni Moon Jae-in, sconfitto da Park nel 2012, è dato da tutti i sondaggi come il favorito, con un gradimento ampiamente superiore al 30%.
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