I messaggi opposti sulle tasse

Il presidente del Consiglio ha indicato nel taglio delle «tasse sul lavoro» la priorità del suo programma economico. Solo che l’obiettivo di Paolo Gentiloni si può realizzare in vari modi, perché le tasse sul lavoro le pagano sia le imprese sia i lavoratori. E dunque, fino a quando il premier non entrerà nel dettaglio, andrà avanti, nella maggioranza e perfino nel governo, il dibattito tra chi vorrebbe privilegiare le aziende e chi i dipendenti.

Del resto, il dilemma si era posto anche sotto il governo Renzi, quando si trattò di scegliere tra il bonus da 80 euro per i lavoratori e il taglio di Ires e Irap per le imprese. Ma il problema fu risolto con risolutezza dall’allora premier, che soffocò sul nascere le perplessità dello stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Oggi, invece, Renzi accende da par suo il dibattito, bocciando sia l’ipotesi di un taglio del cuneo fiscale sia quella di un aumento dell’Iva. Per carità, entrambe le posizioni si possono sostenere con validi argomenti, quali quelli illustrati dall’ex premier: dal precedente del governo Prodi che si svenò per tagliare di 5 punti il cuneo e nessuno se ne accorse, al fatto che un aumento dell’Iva potrebbe soffocare i consumi proprio mentre ci sarebbe bisogno di consolidare la timida ripresa dell’economia. Ma non andrebbero dimenticati alcuni elementi, di contenuto e di metodo. Se oggi si discute ancora di come abbassare le tasse sul lavoro, è anche perché le operazioni volute dall’ex premier hanno impegnato un eccesso di risorse rispetto ai risultati ottenuti o sono incompiute.

CORRIERE.IT

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