Renzi riparte dal Lingotto: “Basta paura, è l’arma elettorale degli altri”
“Io ci sono con la forza e l’energia che conoscete, ci sono anche con le mie ferite. Ma ci sono perché ci siete voi”. Esplode la sala in un lungo applauso, sale sul palco il vicesegretario designato Maurizio Martina che non smette di ripetergli “bravo, bravo”: sorride e saluta Matteo Renzi, alla fine del suo discorso di un’ora, ufficialmente ricandidato alla guida del Partito democratico.
Un partito “non liquido, non pesante, ma pensante”, capace di tenere aperti i circoli ma anche di muoversi nella rete: per questo lancia una nuova piattaforma che si chiamerà Bob, da Kennedy. Ma anche quelle che lui stesso ribattezza le “Frattocchie 2.0”, una scuola di politica per 200 giovani a partire dall’anno prossimo. Un partito che non ha paura di sdoganare parole considerate tradizionalmente di destra come “identità e patria”, e capace di affezionarsi di nuovo all’Europa. Se “premier tecnici animati da sentimento antipatriottico e anti italiano” – fa un attacco durissimo a Monti, senza nominarlo – “andavano in Europa con la giustificazione, come a scuola”, dando vita a una fase “che ha forse migliorato i conti pubblici, ma disintegrato l’idea di Europa”, ora è tempo di cambiare la Ue, per volerle ancora bene: la sua prima proposta è l’impegno per ottenere l’elezione diretta del presidente della Commissione, e predestinare il candidato socialista attraverso primarie transnazionali.
Saluta gli ex sindaci Chiamparino e Fassino seduti in prima fila e chiama un applauso per la prima cittadina in carica Appendino, ringrazia l’organizzatore Tommaso Nannicini. E chiede un battimani anche per gli sfidanti, Emiliano e Orlando, con cui evita polemiche. “Gli iscritti al Pd sono 420mila, ci sono stati alcuni problemi”, ammette i casi di polemica nel tesseramento, “ma c’è un popolo indomito, appassionato, che non lascia il futuro dei propri figli a chi sa solo lamentarsi”. La platea si scalda, pronta a partire. La sfida del congresso è lanciata.
LA STAMPA