L’Italia sotto un ponte
Il crollo di un ponte sull’autostrada adriatica, nei pressi di Ancona, che ha provocato la morte di due automobilisti è un incidente tecnico durante i lavori di allargamento della carreggiata.
Ma è anche la metafora di un paese che crolla a pezzi mentre la politica si azzuffa sulla legge elettorale e sulla sfiducia a ministri sfiorati da indagini così così. Proviamo a riepilogare. Di che cosa si è occupato principalmente il governo negli ultimi anni? Riforma costituzionale, e sappiamo com’è andata a finire; banche, e oggi scopriamo che i costi dei salvataggi li pagheranno le vittime, cioè noi; immigrati, cioè di cittadini non italiani ai quali stiamo dando un giorno dopo l’altro corsie preferenziali nell’assistenza, deroghe ai codici civili e penali e per i quali stanziamo risorse che definire importanti è un eufemismo; questioni etiche – unioni e adozioni gay, eutanasia – che sono temi certamente importanti ma che riguardano una percentuale infinitesimale della popolazione; Europa ed euro, in sintesi della cessione di importanti quote di sovranità nazionale.
Il ponte ieri è crollato – uso una metafora – perché da troppo tempo nessuno si occupa più del cittadino tipo, che è bianco, normotipo, etero, si sposta in auto su autostrade pubbliche che ritiene sicure perché ha pagato le tasse e i pedaggi, si fida a mettere i soldi in banca, se sfortunato è pure terremotato e senza casa, e non ne può più di tante cose, tanto è vero che uno su due non va più neppure a votare. Per carità, sapere se Babbo Renzi ha parlato o no con tizio e caio è importante, ma la verità non cambierà le nostre vite. Che invece sono minacciate da chi ieri non ha chiuso al traffico l’autostrada pensando bene di spostare un ponte mentre le auto ci sfrecciavano sotto. Che è un signore che avrà nome e cognome ma che è anche l’intero sistema, avvitato su commissari, controllori, controllati e controllandi.
Tutti che controllano tutti e intanto le tangenti volano e il ponte cade. Che senso ha? Abbiamo passato ore a discutere, a vanvera, del muro di Trump, dei ponti tra culture e religioni e non abbiamo più né interesse né soldi, per occuparci dei ponti (autostradali) e dei muri (delle case crollate col terremoto) che sono la nostra vita. Cambiare l’agenda delle priorità non è più rinviabile.
IL GIORNALE