L’aumento di capitale e quelle litigate tra “vecchi” e “nuovi”
La settimana più lunga del Sole 24 Ore è iniziata proprio lunedì scorso con un cda preparatorio dell’operazione di aumento di capitale e di aggiornamento sul lavoro di pulizia e cambiamento che il nuovo ad Franco Moscetti sta portando avanti.
Tra le relazioni da esaminare, anche quella del nuovo Organismo di Vigilanza per il controllo interno che Moscetti ha voluto, composto dal presidente, l’ex pm Gherardo Colombo, dal tributarista Arrigo Berenghi e dall’ex audit Telecom Federico Maurizio D’Andrea. Una ventina di pagine che non piacciono a molti, in particolare ai difensori della linea della continuità quali i consiglieri Luigi Abete e Marcella Panucci, la potente dg di Confindustria. Entrambi sedevano anche nei due precedenti cda del gruppo. Nel corso della riunione sarebbero volate parole grosse, con parecchia tensione. L’indomani sono arrivate, tra l’altro, le dimissioni di un sindaco, Giovanni Maccagnani. Che secondo indiscrezioni sarebbero collegate alle diverse visioni presenti all’interno del cda, anche se mancano conferme. Questo sarebbe il clima che attende ora il prossimo cda, mercoledì 15, decisivo per quantificare l’aumento di capitale che Confindustria vorrebbe limitare il più possibile, entro i 50-60 milioni, per evitare altre tensioni all’interno dell’associazione.
Di certo ieri Moscetti non era al settimo cielo: andare a cercare possibili nuovi soci per investire in un gruppo con gli ex vertici sotto inchiesta, il direttore della corazzata quotidiano pure, e i giornalisti in sciopero permanente non è il massimo per un manager.
Per quanto riguarda la posizione di Napoletano, Confindustria ieri non gli ha rinnovato la fiducia. La cosa non è passata inosservata: l’azionista aspetta un suo passo indietro, magari nella forma dell’autosospensione e forse non da tutte le cariche che ricopre, ma almeno da quelle più operative. Sarebbe la mossa per sbloccare la situazione e andare all’aumento con un direttore ad interim. Perché sceglierne un altro adesso appare invece più complesso. A meno che tutte le componenti di Confindustria non ritrovino una improvvisa unità di intenti su un nome come quello supergettonato di Ferruccio De Bortoli.
IL GIORNALE