Duello Alitalia-Regioni. “Penalizzati sugli incentivi”

nicola lillo
roma

La posizione di Alitalia «è chiara. Gli incentivi alle compagnie aeree vanno bene purché siano fatti in piena trasparenza e con regole uguali per tutti». L’ex compagnia di bandiera si sente penalizzata dal trattamento riservato ad alcune società low cost, come Ryanair che riceverebbe fino a 80 milioni di euro all’anno da alcuni aeroporti italiani. Soprattutto nei giorni successivi al caso di Reggio Calabria, dove Alitalia ha chiuso le rotte che perdono 6 milioni di euro all’anno dopo tentativi di intesa andati a vuoto e mancati incentivi da parte degli enti locali. Il presidente della Calabria, Mario Oliverio (vedi intervista a fianco), si dice ora pronto a riaprire un tavolo per discutere la situazione. I tempi però sono stretti e si cercherà una possibile soluzione mercoledì al ministero dei Trasporti.

 La conquista dei cieli

È in corso una battaglia per la conquista dei cieli italiani. Le armi usate sono i prezzi dei biglietti aerei sempre più bassi e l’uso di incentivi spesso pubblici che gli aeroporti periferici controllati dagli enti locali sono disposti a dare alle compagnie a basso costo per farle volare.

A vincere finora in questo scontro sono le low cost. Ryanair è ormai la prima compagnia d’Italia. Da tempo Alitalia ha dovuto cedergli lo scettro e si trova ancora una volta in difficoltà economiche, tanto che ora è impegnata in un’importante opera di riassetto con un nuovo piano industriale che punta anche a competere con le low cost.

 

Impresa in cui credono a Fiumicino, ma che è comunque difficile, soprattutto quando il vettore irlandese continua ad aumentare le rotte nel Paese, 44 quelle nuove nel 2017. Il merito di questo successo va anche ad una parola: «co-marketing», grazie a cui Ryanair si è garantita il “controllo” di alcuni scali periferici che senza la compagnia scomparirebbero dalle cartine. In pratica gli aeroporti finanziano con accordi di marketing il vettore per l’apertura di nuove tratte – fino a 80 milioni di euro annui secondo alcune fonti – per avere in cambio voli quotidiani e milioni di passeggeri. Diverso invece il business della seconda low cost, Easyjet, che punta di più sugli aeroporti principali ottenendo sconti per operare. Questi accordi non sono stati considerati aiuti di Stato da Bruxelles. Molti altri vettori però lavorano in modo esattamente contrario, sono cioè loro a dover pagare per volare. E Alitalia non nasconde il disappunto, mentre Ryanair continua a stipulare accordi. Dal ministero dei Trasporti fanno sapere che «non si fanno differenze di politiche e le condizioni sono uguali per tutti».

 

Contratti segreti

Questo sistema a volte funziona, altre no. Casi di successo sono quelli di Bergamo e Pisa, dove i dettagli dei contratti vengono tenuti riservati. Secondo le stime di Andrea Giuricin, dell’Università Milano Bicocca, si parla di 20 milioni annui di finanziamenti da Orio al Serio e circa 10 dall’aeroporto toscano. «Sono investimenti profittevoli perché è cresciuto il traffico e le società hanno chiuso bilanci in utile», spiega. La formula a volte può essere invece fallimentare: stipulato il contratto tra lo scalo e la compagnia, arriva il boom iniziale, con buone ripercussioni economiche sul territorio, poi il sistema non regge più. Il traffico si stabilizza, arrivano le perdite e i piccoli aeroporti si affannano per rinnovare gli accordi e tenersi il vettore. Gli esiti possibili sono l’addio della compagnia e il fallimento dello scalo oppure si trovano altri fondi e si fanno altri debiti, coi soldi del contribuente.

 

Il contratto in Sicilia

Un esempio in questo senso è quello dell’aeroporto di Trapani, gestito da una società controllata dalla Regione Sicilia che ha rinnovato il contratto di co-marketing da sei milioni di euro in tre anni grazie all’impegno finanziario degli enti locali, dopo la minaccia di Ryanair di lasciare la città. L’aeroporto è gravato da debiti che derivano in gran parte da questi accordi e gli enti locali si sono impegnati ancora una volta per trovare risorse pubbliche e tenere la compagnia sullo scalo, che altrimenti chiuderebbe.

 

Un altro accordo è quello tra la Puglia e Ryanair da 12,6 milioni di euro all’anno per gli aeroporti di Bari e Brindisi, e qui il sistema funziona. Stesso schema a Pescara, il cui aeroporto è in mano alla Regione: Ryanair ha vinto un bando e incasserà oltre 7 milioni per cinque anni. Per Nino Cortorillo, della Filt-Cgil, «alcuni aeroporti periferici sono legati a doppio filo a Ryanair che li vincola e in sua assenza è a rischio la stabilità economica. E’ un’arma di ricatto». Da tempo la compagnia irlandese è finita sotto la lente dei sindacati anche per le condizioni di lavoro dei dipendenti, molti dei quali hanno contratti con una società interinale a Dublino, quindi le tasse non vengono pagate in Italia né viene applicato un contratto nazionale. E per i piloti le condizioni economiche sarebbero diverse da quelle in altre compagnie tradizionali, con stipendi inferiori di circa 4000 euro e senza benefit: i piloti devono pagarsi il training per il brevetto, uniformi, telefono aziendale e il parcheggio.

LA STAMPA

Rating 3.00 out of 5

No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.