Uccide il ladro. Amen
Adesso almeno non chiamiamolo sceriffo. L’uomo, un ristoratore del Lodigiano, che l’altra notte ha sparato, dopo una colluttazione, ai ladri (probabilmente una banda di romeni) che erano entrati in casa sua, merita innanzitutto rispetto.
Nel buio delle tre del mattino, con i famigliari a dormire, ognuno fa quello che gli viene in mente di fare, in quel preciso istante, per difendere ciò che ha e ciò che è. Non è questione di dire «ha fatto bene» o «ha fatto male». Ha fatto, punto. E siccome sono attimi ingiudicabili a freddo il giorno dopo, mi auguro che la giustizia non giudichi, anche se purtroppo ha già messo sotto indagine l’uomo per omicidio volontario, invece che limitarsi a prendere atto che un ladro è morto in un incidente sul lavoro.
Nell’articolo di ieri parlavo di un Paese, il nostro, con una agenda di priorità sbagliata e quindi con una distribuzione delle (poche) risorse a capocchia. Se le forze di polizia hanno organici e straordinari bloccati o distribuiti con il contagocce, è evidente che la sicurezza dei cittadini non è nella parte alta dell’agenda. Se per evitare l’affollamento dei carceri invece che costruirne di nuovi si depenalizzano i reati cosiddetti minori, per cui ladri e balordi girano a piede libero protetti da una sostanziale immunità di Stato, vuole dire che la sicurezza non è ritenuta una emergenza. E la conseguenza di ciò è quello che è successo l’altra notte nel Lodigiano e che purtroppo succede ogni santa notte, con esiti diversi, in tutte le città italiane. Per verificarlo basta leggere i giornali o i siti di informazione locali: sette notizie su dieci riguardano episodi di criminalità – furti, rapine, aggressioni e scippi – compiuti in maggioranza da immigrati.
Se anche il pacifista e buonista Adriano Celentano, che pure è superprotetto dai muri della sua villa bunker in Brianza, dice di aver paura e che così non si può andare avanti, allora vuole dire che abbiamo toccato il fondo. E tanto per cominciare aboliamo la parola «microcriminalità». Perché una somma di «micro» a casa mia fa un «maxi». E perché quando alle tre del mattino ti trovi in casa uno o più ceffi non ti viene in mente di chiedergli se lui ha intenzioni «micro» o «maxi». Se hai un’arma a portata di mano, magari prima spari e poi ti informi. Le nostre vite e le nostre cose sono sempre in cima alla nostra agenda, qualsiasi sia l’opinione dei magistrati e dei politici.