Lo Stato non siete voi
Non contento di aver benedetto i vandali che sabato gli hanno sfasciato la città, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris avrebbe detto, in risposta a prefetto e ministro degli Interni che cercavano inutilmente di portarlo alla ragione: «Fatevi gli affari vostri, qui lo Stato sono io», frase peraltro rubata al repertorio con il quale il Re Sole (un Borbone) – con qualche ragione e titolo in più del nostro sindaco – zittiva qualsiasi francese osasse criticarlo durante il suo lungo regno.
A parte che non capisco che cosa ci sia eventualmente da vantarsi nell’essere re di una Napoli allo stremo e sempre più in mano alla camorra (con un sovrano pro teppisti non può che essere così), comunque quella frase fa più paura delle violenze devastatrici. E siccome gli uomini non cambiano, al massimo invecchiando peggiorano, deduciamo che De Magistris la pensasse così anche quando era magistrato («La giustizia sono io»). E, in effetti, dismise la toga volontariamente poche ore prima di essere cacciato per ignominia dopo l’ennesima inchiesta condotta non secondo il codice penale ma secondo il «codice De Magistris», che è tutt’altra cosa rispetto alle leggi condivise.
È vero che un sindaco gode di un’investitura popolare, ma questo non basta a farne un dittatore. Neppure Mattarella, che dello Stato è il capo, può dire: «Lo Stato sono io». Il solo pensarlo – parlo ora in modo astratto, senza alcun riferimento a fatti e persone esistenti – è sintomo di problemi psichiatrici incompatibili con incarichi e cariche pubbliche, neppure se elettive.
Siamo reduci da una stagione in cui il primo ministro, Matteo Renzi, pensava «il governo sono io» e ha dovuto ricredersi. Ancora un po’ e ci lascia le penne definitivamente. De Magistris potrà invece continuare a fare lo spaccone e a pensarla come quelli che spaccano la città e che la pensano esattamente come lui: lo Stato siamo noi, e noi decidiamo chi può parlare e cosa deve dire, altrimenti sono botte. Chi l’avrebbe detto che la grande e martoriata Napoli nelle mani di De Magistris e dei picchiatori amici suoi sarebbe diventata una città fascista, nel senso più deteriore del termine e senza offesa ai fascisti.
IL GIORNALE