Come proteggerci. Muri e check-in: così cambia la nostra vita

dal nostro corrispondente FEDERICO RAMPINI

NEW YORK. Muraglie nei centri cittadini, barriere contro auto o camion assassini: così fermeremo il prossimo Khalid Masood? Salveremo vite umane, con una nuova escalation di restrizioni e controlli? È uno scenario verosimile dopo Londra. Per fermare i terroristi che usano l’auto come arma di distruzione di massa, avanzano proposte di isolare ermeticamente i centri cittadini, impedire gli accessi vicino ai luoghi di potere, più di quanto non lo siano già. Farà nuovi affari il business delle “barriere architettoniche” che ha qui a New York una delle capitali mondiali: dopo l’11 settembre 2001 sono sorte aziende specializzate nell’inventare e costruire quegli ostacoli alla mobilità che in molte zone di Manhattan (da Wall Street alla Trump Tower) bloccherebbero un camion-bomba. Hanno eliminato gli attentati o li hanno spostati? A San Bernardino (California) due jihadisti colpirono un centro di assistenza ai disabili: forse dovremmo isolare anche quelli dietro muri insormontabili? A Orlando (Florida) la strage avvenne in una discoteca di moda soprattutto fra i gay: vogliamo vietare ai gay di uscire la sera? Ancora non siamo a questi estremi. Ma la direzione di marcia è chiara. Ad ogni strage, come non bastasse il tragico prezzo in vite umane, siamo pronti a immolare qualche altro pezzetto della nostra “way of life”. Eppure è proprio quella – la qualità della nostra vita, tutte le nostre libertà incluse le più banali – che i terroristi vogliono distruggere. Li assecondiamo ogni volta che inventiamo nuove “misure preventive” applicate in realtà a noi stessi. Dall’11 settembre in poi il riflesso è questo: visto che loro ci odiano, a cos’altro possiamo rinunciare?

Quindici anni di vessazioni contro chi viaggia in aereo – abbiamo cominciato con scarpe e liquidi, ora da alcuni aeroporti saranno vietati laptop e tablet – sono un minuscolo prezzo da pagare, se davvero ha evitato un altro 11 settembre. La vita umana non ha prezzo. E tuttavia per chi viaggia molto è un pezzo di vita vera che è stato appropriato da forze di sicurezza, procedure, file, attese; oltre a un senso di paura che la militarizzazione degli aeroporti non dirada. Dai body-scanner alle restrizioni in cabina, dalle stazioni ferroviarie militarizzate ai controlli d’identità pervasivi, l’elenco che pubblichiamo qui a fianco è una mappatura dello slittamento progressivo verso una società diversa da quella in cui abitavamo vent’anni fa.

Il vero interrogativo è capire cosa abbiamo perso in libertà materiali e immateriali, visibili e invisibili; e se tutto ciò serve contro il terrorismo. L’Intelligence e la polizia hanno compiti ingrati, alcuni di loro sono i primi a rischiare la vita; ma hanno la tendenza a combattere l’ultima guerra, non la prossima. Hanno reso più sicuri gli aerei riducendo i dirottamenti: e a Bruxelles-Zaventem un anno fa i terroristi hanno colpito prima degli imbarchi, al di qua della zona di sicurezza. Altrove hanno reclutato complici negli addetti ai bagagli, per infilare l’esplosivo in stiva, è una ipotesi sulle ultime esplosioni in volo di un jet egiziano e uno russo.
Gli edifici governativi tipo Westminster sono già controllatissimi e infatti il 52enne terrorista Khalid Masood non ha usato armi da fuoco, gli sono bastati un Suv e un coltello. Questa settimana un intruso ha scavalcato il recinto della Casa Bianca, malgrado la zona sia chiusa al traffico, fortificata, presidiata dal Secret Service. Alla Casa Bianca accadono incidenti del genere tre o quattro volte all’anno.

La rincorsa dei jihadisti per aggirare controlli e divieti, li porta verso armi sempre più leggere, armi improprie, bersagli imprevedibili. I bambini in passeggino sul lungomare di Nizza. I turisti del mercatino di Natale a Berlino. I pendolari del metrò a Bruxelles. I metal- detector fin dove vogliamo installarli? Gli israeliani sono i più efficienti eppure non hanno evitato uno stillicidio di assalti al pugnale, per strada o sugli autobus. L’attacco avviene a sempre più bassa intensità, un gradino sotto le difese.

L’ossessione della prevenzione evita l’unico aspetto che si urta con resistenze politically correct, e cioè la sfera dell’ideologia, dei valori, che fanno da brodo di coltura della jihad. Intanto salgono i costi invisibili: l’intrusione dell’intelligence nella nostra privacy; la progressiva edificazione di uno Stato di polizia sempre più autonomo. E nel cuore delle liberaldemocrazie occidentali cresce l’attrazione verso modelli autoritari – Putin, Xi Jinping,

Erdogan – che ci indicano nuove ricette. Nello Xinjiang cinese dove la popolazione uigura è a maggioranza musulmana, è scattato il ritiro dei passaporti a tutti. In Cecenia, ci ricorda Donald Trump con ammirazione, Putin non ha esitato a colpire i terroristi punendo i loro familiari.

REP.IT

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