La quotidianità del male

Mattia Feltri

Una donna bionda, fra i quaranta e i cinquanta, la si direbbe la donna più innocua del mondo. A una tv locale parla del Napoli e della Juventus, e del centravanti Gonzalo Higuain. «Odio la Juve, devono fare la fine degli ebrei». Attorno ridono. «Nei forni crematori!». Ridono ancora. Poi ci sono altre storie: i ragazzi ebrei delle medie e dei licei che lasciano le scuole delle periferie parigine per la violenza antisemita dei loro compagni islamici, lo studente ebreo di Berlino insultato e picchiato da coetanei di origine araba e turca, l’associazione ebraica Judisk föreningen che chiude nel Nord della Svezia, arresa alle minacce neonaziste.

Storie degli ultimi giorni, ma ce ne sono a centinaia. Che bizzarria: secondo un sondaggio tedesco, gli immigrati islamici sono per la metà antisemiti; ed è in reazione a loro, agli immigrati, che trovano nuove fortune i neonazisti. In attesa di uno scontro finale, condividono una vecchia passione: l’odio per gli ebrei. Una ricerca del Congresso ebraico mondiale scopre che nel 2016 sui social sono stati scritti 382 mila post antisemiti, uno ogni 83 secondi. Ed lì che si capisce tutto: sui social si scrivono cose così, «chi difende l’Europa e il capitalismo è un ebreo», «peggio dell’ebola, peggio degli ebrei», «mia madre è sbronza persa, sta bestemmiando contro gli ebrei». Come l’innocua donna bionda: con disincanto totale, anche quando non c’entra nulla, senza la passione degli scellerati, un normale antisemitismo quotidiano da caduta del tabù. La banalità, diceva Hannah Arendt.
LA STAMPA

 

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