Maternità, malattia e riposi. La rivoluzione delle partite Iva

andrea rossi
 

La tradizione racconta che Sant’Agostino sia stato il primo free lance della storia, almeno in Occidente. Insegnante privato al servizio dei patrizi romani, stufo di non essere pagato regolarmente, accettò un posto di lavoro «a tempo indeterminato» dal vescovo di Milano, che lo assunse garantendogli la possibilità di studiare e insegnare al riparo delle incertezze economiche.

 Mille e seicento anni dopo l’Italia è a un passo dal primo statuto delle partite Iva. Dopo tre anni di ping pong tra Camera e Senato, due governi e un’infinità di modifiche e limature domani il Senato darà il via libera definitivo al Jobs Act degli autonomi, una legge che riconosce maternità, malattia, e altre forme di tutela a due milioni e mezzo di lavoratori spesso non iscritti ad alcun albo e senza rappresentanza sindacale. Un popolo a metà tra l’indipendenza economica e quella professionale, sempre in bilico.

La legge – 22 articoli – è il frutto del lavoro di Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Bocconi di Milano e presidente dell’Agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro, e dei consiglieri economici di Palazzo Chigi, prima Tommaso Nannicini e poi Marco Leonardi. Garantisce tutele e diritti: non sarà possibile saldare le fatture oltre i 60 giorni; qualunque clausola lo preveda sarà considerata nulla; le spese deducibili per corsi di aggiornamento professionale e orientamento vengono estese a 10 e 5 mila euro; le spese per svolgere un incarico sostenute dal datore di lavoro non andranno a incidere sul reddito della partita Iva; per chi ha un figlio niente astensione obbligatoria, si potrà ricevere l’indennità di maternità pur continuando a lavorare.

 

Negli accordi tra impresa e lavoratore autonomo dovranno essere rigidamente disciplinati i tempi di riposo (il cosiddetto diritto alla disconnessione). E, inoltre, i compensi e le clausole dovranno essere gli stessi dei lavoratori interni all’azienda che svolgono le medesime mansioni. Ancora, si estende anche agli autonomi la disciplina relativa all’abuso di dipendenza economica che disciplina i rapporti tra le imprese e vieta al più forte, vedi le multinazionali, di determinare nei rapporti commerciali un eccessivo squilibrio di diritti e obblighi.

 

La legge introduce, poi, una disciplina più favorevole in caso di malattia, infortunio e gravidanza: in questi casi chi svolge un’attività continuativa per un committente potrà essere garantito. In caso di maternità la lavoratrice autonoma potrà continuare a fatturare percependo l’indennità. Il congedo parentale viene esteso dagli attuali tre a sei mesi e sarà possibile usufruirne entro i tre anni dalla nascita del figlio. In più, la lavoratrice potrà concordare con il committente di essere sostituita da una persona di fiducia in possesso dei requisiti professionali. Per i casi di infortunio o malattia, il rapporto di lavoro con il committente non sarà estinto ma sospeso per un massimo di cinque mesi. Chi è costretto a sospendere il suo rapporto di collaborazione per più di 60 giorni potrà interrompere il versamento dei contributi e dei premi assicurativi per un massimo di due anni.

Il ddl sul lavoro autonomo è coperto con un fondo ad hoc previsto nella legge di stabilità 2016, che da quest’anno stanzia 50 milioni.

LA STAMPA

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