Cinquestelle a caccia di classe dirigente
«Il Movimento 5 Stelle dovrebbe scoprire la responsabilità nazionale e aggregare persone competenti». L’auspicio di Gustavo Zagrebelsky non è rimasto lettera morta. Da due mesi, a partire dal convegno di Ivrea per ricordare Gianroberto Casaleggio, il M5S cerca docenti, magistrati, imprenditori, manager, scienziati. Una «riserva repubblicana» spendibile in ministeri, Authority, istituzioni di garanzia, enti e aziende pubbliche. Il vincolo di militanza varrà per i candidati al Parlamento, non per la squadra di governo. Allo scouting lavorano Grillo, Casaleggio e una manciata di parlamentari su tre canali: nomine, convegni, blog.
Roma docet: senza élite non si governa. Dopo un anno, Virginia Raggi è ancora senza capo di gabinetto. Al Consiglio di Stato si ride ricordando il giorno in cui la sindaca bussò alla porta del presidente Pajno, come a un ufficio di collocamento, chiedendogli un giudice in prestito.
Memori di questo e altri pasticci, Grillo e Casaleggio hanno avocato le nomine nelle aziende municipali, Ama (rifiuti) e Acea (acqua, energia). In pochi mesi sono piovuti centinaia di curricula di manager. Per l’Acea le opzioni ideologiche del Movimento (acqua pubblica) rischiavano di incendiare i rapporti con i soci privati, i francesi di Suez e Caltagirone. Il giro di nomi per la presidenza è stato vorticoso. Un filone cattolico portava all’economista Leonardo Becchetti e al giurista Salvatore Sica.
Emissari della borghesia romana pro Raggi sponsorizzavano altri due giuristi: Vincenzo Zeno Zencovich e Ugo Mattei. Il primo, romano con passato radicale e legami trasversali (assiste la Boschi su Banca Etruria), è il maestro di Pieremilio Sammarco, con cui la Raggi fece pratica legale. Mattei, torinese, padre del referendum sull’acqua (recentemente invitato a parlarne in Vaticano), intrattiene buoni rapporti anche con Chiara Appendino.
Ma Grillo e Casaleggio hanno esautorato la Raggi (i francesi di Suez hanno trattato direttamente con i vertici) collocando alla presidenza Acea l’avvocato di fiducia Luca Lanzalone, genovese. Per l’amministratore delegato, esponenti romani del M5S (gli stessi che si fanno vedere al circolo canottieri Aniene) hanno chiesto consiglio ad Aurelio Regina, già vicepresidente di Confindustria, uomo di raccordo tra i poteri capitolini. Il prescelto è Stefano Antonio Donnarumma, manager noto (arriva dalla multiutility milanese A2A) e gradito a Caltagirone.
Se le scelte in Acea parlano al mondo industriale, quelle in Ama consolidano i rapporti con ambientalisti e cattolici. Come presidente e amministratore è stato designato Lorenzo Bagnacani. Manager emiliano già voluto da Pizzarotti e Appendino per le aziende rifiuti di Parma e Torino, arriva con l’imprimatur di Walter Ganapini, ambientalista storico stimato da Grillo. Anche gli altri due membri del Cda sono esperti del settore: Andrea Masullo è un esponente dell’ambientalismo cattolico romano; Emmanuela Pettinao della fondazione dell’ex ministro verde Edo Ronchi.
Lo scouting nei convegni
Il secondo filone della caccia alla classe dirigente si snoda con convegni tematici. Qualche giorno fa alla Camera hanno dialogato con il M5S gli economisti Mariana Mazzucato (University College London, neokeynesiana stimata anche da D’Alema), Giovanni Dosi (Sant’Anna di Pisa), Pasquale Tridico (Roma Tre) e Corrado Spinella, fisico del Cnr. Ma agli osservatori più smaliziati non è sfuggito un altro nome: Paolo De Ioanna. Consigliere di Stato, capo di gabinetto di Ciampi e Padoa-Schioppa, figura di peso nei Palazzi romani. Poi c’è Vito Cozzoli. Alto funzionario della Camera (era capo di gabinetto allo Sviluppo Economico con Federica Guidi, rimosso da Calenda), alla presentazione del suo libro ha invitato Luigi Di Maio (unico a chiamarlo pubblicamente per nome). Evento ospitato in pompa magna dal Centro studi americani, di cui Gianni De Gennaro è presidente e Cozzoli consigliere (nel suo curriculum rapporti con il governo Usa); il direttore è Paolo Messa, consigliere di amministrazione Rai.
Tra magistrati amministrativi e grand commis, sensori degli equilibri di potere, non mancano quelli stimati dal M5S. Come Sergio Santoro, già capo di gabinetto con Alemanno, e Oberdan Forlenza. Attenti ai segnali: in pochi giorni il Tar Lazio ha assestato un micidiale uno-due (Colosseo e musei) al governo Pd. Dal Consiglio di Stato (dove Renzi non è mai piaciuto) filtra un raffreddamento dei rapporti anche con Maria Elena Boschi. Le attenzioni del M5S verso i magistrati sono molteplici. Al convegno di Ivrea c’era Stebastiano Ardita, pm siciliano che con Piercamillo Davigo ha fondato la corrente togata Autonomia e Indipendenza. All’ultimo momento avevano dato forfait il procuratore di Milano, Francesco Greco, e il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone. Assenze scevre da pregiudizi, tanto che Cantone sarà protagonista del prossimo convegno del M5S, assieme a Davigo e a due magistrati antimafia siciliani: Nino Di Matteo (pm del processo Stato-mafia) e Gioacchino Natoli (fu pm del processo Andreotti, ora è distaccato al ministero della Giustizia).
Mercoledì alla Camera parleranno anche il presidente emerito della Consulta Ugo De Siervo e due membri degli organi di autogoverno dei magistrati amministrativi (Giuseppe Conte) e contabili (Giacinto Della Cananea). Sconosciuti al grande pubblico, non alle élite. Conte è docente a Firenze e allievo di Guido Alpa, storico presidente nazionale degli avvocati. Della Cananea, docente a Tor Vergata e presto bocconiano, è allievo di Sabino Cassese, ministro con Ciampi e poi giudice costituzionale.
Nel mondo giuridico sono state apprezzate le designazioni di Franco Modugno alla Corte costituzionale e Alessio Zaccaria al Csm. Giuristi seri e non carrieristi, chiamati dal M5S senza logiche di appartenenza. Modugno, emerito alla Sapienza, fu interpellato da un deputato grillino mentre guardava in tv una partita della Juve, di cui è tifoso sfegatato. Un suo allievo, Alfonso Celotto (docente a Roma Tre), è al lavoro per dare vita a un think tank indipendente con docenti e magistrati. Celotto è stato anche intervistato sul blog di Grillo, come il presidente emerito della Consulta Valerio Onida e altri esperti: dal fisico Valerio Rossi Albertini ai sociologi del lavoro Domenico De Masi e Giuseppe Della Rocca; dallo scienziato Guido Silvestri al politologo Alberto Aubert. Paolo Magri (direttore dell’Ispi, docente bocconiano e segretario italiano della Commissione Trilateral) è stato relatore al convegno di Ivrea.
Una squadra da costruire
La caccia alla classe dirigente può avere esiti diversi. Quello minimalista: stabilire relazioni con le élite. Quello estremo: tenere in panchina i ragazzotti del Movimento (ambiziosi, non sempre adeguati) e schierare una squadra di governo qualificata e inattaccabile. I sogni proibiti si chiamano Tito Boeri, liberal bocconiano presidente dell’Inps nominato da Renzi con cui manifesta distanza; Tomaso Montanari, storico dell’arte e pupillo di Salvatore Settis, alfiere della gestione pubblica dei beni culturali e neo presidente dell’associazione Libertà e Giustizia; Davigo, Onida o Zagrebelsky. Alla base c’è un ragionamento che un dirigente pubblico, non privo di simpatie grilline, sintetizza così: «Finora il M5S, alla prova del governo, ha dimostrato di non determinare soluzione di continuità: se la città funziona, come Torino, continua a funzionare. Se è un disastro, come Roma, resta un disastro. Il punto, in vista delle elezioni nazionali, è che l’Italia assomiglia più a Roma che a Torino. Anche i grillini se ne sono resi conto».
LA STAMPA