Province con le casse vuote. Chiuse le strade colabrodo per evitare le cause per danni

paolo baroni
roma

«Non abbiamo più voce per fare appelli: sono due anni che gridiamo più o meno nel deserto» protesta Achille Variati, sindaco di Vicenza e presidente dell’Unione delle province italiane. L’Upi ha manifestato a Roma a metà maggio, poi a ridosso della festa della Repubblica ha scritto al presidente Mattarella. Messaggio semplice e chiaro: senza le risorse necessarie a breve non saremo più in grado di garantire i servizi essenziali che ci competono come scuole, strade e ambiente. I numeri parlano chiaro: alle Province è stato tolto un miliardo di euro nel 2015 ed un altro miliardo nel 2016. Per il 2017, visto che la loro abolizione col no al referendum alla fine non è andata in porto, il taglio è stato azzerato, ma all’appello mancano almeno 650 milioni per la sola copertura della spesa corrente delle funzioni fondamentali. Degli oltre 2 miliardi di euro di tasse automobilistiche appena 360 milioni tornano ai territori e non parliamo poi degli investimenti, scesi del 62% tra il 2013 e il 2016 a un miliardo e poco più.

 FOTOGRAFIA DELLO SFASCIO

Eppure a carico delle Province, che nel frattempo han perso 20mila dipendenti, sono rimasti pur sempre 5.179 edifici scolastici (70% senza certificato di prevenzione incendi), ben 130mila chilometri di strade e almeno 30mila tra ponti, viadotti e gallerie.

In base alle rilevazioni dell’Upi già oggi circa 5.000 chilometri di arterie sono chiuse per frane, crolli o smottamenti e su almeno il 52% della rete gli enti sono stati costretti ad inserire un limite di velocità di 30 o 50 chilometri all’ora motivando ragioni di sicurezza. Interventi disperati che in alcuni casi adesso sono impediti perché le amministrazioni non sono nemmeno più in grado di sostenere i costi della segnaletica che si renderebbe necessaria.

 

L’ultima manovrina ha concesso alle Province 100 milioni di euro da destinare alle strade, poi saliti a 170. Ovviamente questi fondi non bastano, perché anche dopo questo contributo c’è ancora un mezzo miliardo da coprire. «Abbiamo strade talmente disastrate che sembrano quelle di Kabul – spiega Variati -. Credo che il Paese meriti qualcosa di più e la politica, quella grande, deve rendersi conto che se non riesce a dare risposte è come se costruisse l’autostrada dell’antipolitica».

 

Sviluppi possibili? Se a breve non accadrà nulla e non arriveranno rapidamente nuovi fondi secondo il presidente dell’Upi «molte altre strade che non presenteranno più condizioni minime di sicurezza verranno chiuse». Intanto, a scopo cautelativo, tutti i presidenti di Provincia hanno consegnato un mese e mezzo fa un esposto alla rispettiva procura illustrando il dettaglio la situazione che si è creata, i pochi fondi disponibili e l’elenco infinto delle spese che dovrebbero invece sostenere.

 

PIÙ BUCHE, PIÙ CAUSE

«Più buche nelle strade significa più danni e di conseguenza molte più cause», avverte la presidente dell’Unione delle Camere Civili, Laura Jannotta. In realtà molte richieste di risarcimento, quelle dove in ballo ci sono cifre più contenute, vengono risolte attraverso tavoli di conciliazione e solo una minima parte finisce in tribunale. Dove però, segnala un esperto di infortunistica stradale come l’avvocato romano Settimio Catalisano, «da un po’ di tempo a questa parte i giudici tendono a tutelare più gli enti, visto che sono in difficoltà coi bilanci, che gli utenti della strada. Che in caso di insuccesso, poi si ritrovano a pagare tutte le spese legali. Per cui ora molti ci pensano due volte prima di intentare causa».

 

ROMA CASO LIMITE

A Roma, da mesi, la situazione ha superato ogni limite. Secondo i dati diffusi nei mesi scorsi dal Codacons sino a tutto il 2016 erano oltre 5.000 le cause per danni intentate contro il Comune di Roma. In particolare risultavano 3.239 sinistri «non in causa», più altri 1.949 incidenti determinanti da buche o scarsa manutenzione del manto stradale approdati invece in tribunale con tempi medi di indennizzo di 6 anni e mezzo e punte che però arrivano anche a 13. «Cinquemila cause – ha commentato il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – rappresentano una spesa immensa per l’amministrazione tra costi legali e indennizzi da riconoscere. Se si provvedesse a rifare le strade a regola d’arte senza ricorrere a rattoppi dell’asfalto, il Comune potrebbe risparmiare centinaia di migliaia di euro l’anno». L’ultimo allarme del Codacons risale oramai a poco più di tre mesi fa. Successo qualcosa nel frattempo? No, anzi sì. «La giunta Raggi ha pensato bene di abbassare a 50, 30 ed in alcuni casi anche 10 km l’ora il limite di velocità lungo le direttrici più critiche, l’Aurelia, la Salaria e la Cristoforo Colombo. In questo modo il Comune si tutela ma questa non può essere la soluzione al problema buche – lamentano i consumatori -. È solo una resa».

LA STAMPA

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