Gentiloni allunga la vita al governo

fabio martini
INVIATO A RIMINI

Nello sterminato hangar della Fiera di Rimini, cinquemila posti a sedere, l’ennesimo presidente del Consiglio in visita al Meeting, viene accompagnato al palco dal “popolo” ciellino con un applauso che dura cinquantacinque secondi, un battimani che si spegne soltanto quando Paolo Gentiloni si siede. Eppure, l’incoraggiamento della platea non è bastato ad indirizzare il presidente del Consiglio verso un discorso compiacente o “empatico”. Gentiloni aveva preparato un discorso che rispondesse all’“epigrafe” della trentottesima edizione del Meeting, una frase di Goethe: «Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo». È stato al tema, con un discorso “alto”, ma non si è limitato a questo.

 

Il Meeting, come sempre, riapre la stagione politico-parlamentare dopo la pausa agostana e anche per questo il premier ha voluto lanciare un messaggio ai “naviganti” del mare politico. E lo ha fatto con una frase apparentemente anodina: «La prossima legge di Bilancio sarà un passaggio chiave per concludere in modo ordinato la legislatura, che è il compito che mi pongo e sul quale impegnerò tutto il governo».

 

Ma conclusione «ordinata», nel “politichese gentiloniano”, significa puntare ad una scadenza in tempi ordinari della legislatura (15 marzo 2018), dunque con elezioni da tenersi nella prima parte della primavera. Tra marzo e aprile. Apparentemente un obiettivo scontato e condiviso. Ma non è così. In una recente intervista a La Stampa il presidente dei deputati del Pd Ettore Rosato ha auspicato una rapida chiusura della legislatura, in altre parole un “auto-scioglimento” subito dopo Natale. Matteo Renzi pensa che, tirandola per le lunghe, il Pd perderebbe voti? Che nella finestra tra gennaio e febbraio potrebbero maturare le condizioni per una legge elettorale sgradita?

 

A Palazzo Chigi naturalmente sono pronti a rimettersi ad un “crono-programma” renziano che accelerasse lo scioglimento delle Camere, ma pensano che farebbe bene al Paese (e anche al Pd) un fine-legislatura «ordinato», soprattutto per una ragione: con gli incentivi fiscali per le assunzioni dei giovani da inserire nella legge di bilancio, è facile immaginare un effetto pressoché immediato nei primi mesi del 2018. Dunque, la parola d’ordine del presidente del Consiglio è una sola: consolidare la ripresina in atto, investendo sugli sgravi fiscali a favore dei giovani. Con risultati concreti da “incassare” già nel primo trimestre del 2018.

 

Quanto alla riforma della riforma elettorale, il governo si tira fuori: Gentiloni non ha mai “brigato” in un senso o nell’altro e anche stavolta farà così. Ma, come sanno bene al Quirinale, per una revisione della legge elettorale (che Mattarella ha apertamente auspicato ma solo nel senso di un’armonizzazione tra le due Camere), l’unico spazio plausibile si aprirebbe proprio nelle settimane successive alla approvazione della legge di stabilità, di solito al traguardo prima di Natale. La discussione parlamentare si riaprirà a metà settembre, ma poco dopo l’apertura della sessione di bilancio, è destinata a spegnere le eventuali velleità “riformiste”, rimandando la possibile apertura dei giochi a gennaio.

 

Nel suo intervento al Meeting Gentiloni, ribadendo quanto preannunciato dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ha definito «misure choc» quelle che poi lui stesso ha indicato come «limitati interventi per accompagnare la crescita, con interventi molto selettivi», incentrati soprattutto sull’accesso dei giovani al mondo del lavoro con «incentivi permanenti, stabili». Sulla legge per lo Ius soli, Gentiloni ha detto che «il governo non deve avere paura di riconoscere diritti e di chiedere rispetto dei doveri anche a chi in Italia è nato e studia nelle nostre scuole». In altre parole il capo del governo “tiene” il punto sul fatto che la legge debba essere approvata, ma fa capire che il governo non si sbraccerà per rimetterla all’ordine del giorno politico. Lasciando la decisione sull’opportunità al Pd e al suo leader Matteo Renzi.

LA STAMPA

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