Roma, stuprata una ragazza finlandese. L’arrestato ha un permesso umanitario
Le quattro di notte tra venerdì e sabato, in via Monzambano a cento metri da via Palestro, fra la stazione Termini e Castro Pretorio, nel centro di Roma, le urla di una ragazza fanno scattare l’allarme: «Aiuto! Polizia!». Da una finestra si affaccia una coppia di anziani che telefona al 113: «Correte, c’è uno stupro!». Iniziano venti minuti da incubo per una 20enne finlandese, violentata, colpita con una pietra e rapinata da S.K. un 22enne bengalese, che verrà poi arrestato nello spazio di una giornata. L’aggressore è in Italia dal 2014 con un permesso umanitario e da qualche giorno lavora come lavapiatti in un ristorante. È la seconda aggressione in poche ore nella Capitale. Alle 10.30 di mattina una turista americana si era salvata, grazie a un passante, dalle molestie di un ivoriano a Colle Oppio, sempre in centro. L’ottobre scorso, nello stesso quadrante di città, una turista australiana era stata stuprata da un romeno.
L’aggressione
Stavolta la vittima è una ragazza «alla pari», ospite da un anno di una famiglia di Roma nord. Fa la baby sitter e impara l’italiano. Venerdì passa la serata allo Yellow Bar di via Palestro assieme a una connazionale e quando è quasi l’alba esce in strada alla ricerca di un taxi. A loro si avvicina il bengalese. Con la futura vittima ha scambiato qualche parola nel locale, uno dei ritrovi più noti degli studenti stranieri che vivono a Roma. S.K. orecchia la conversazione delle due e si offre di dare un passaggio con l’auto che in realtà non ha. La 20enne si fida sebbene l’amica si mostri diffidente. Ma le bastano pochi minuti per cominciare a capire. Il ragazzo prova a baciarla sul collo e ad abbracciarla mentre si incamminano. Lei si spazientisce: «Dov’è l’ auto, dove mi stai portando?».
Le minacce e le botte
L’aggressore la spinge contro un muro, la tiene ferma, raccoglie un sampietrino da terra e la minaccia per farla tacere: «Ti spacco la faccia, ti ammazzo!». Ma lei urla e qualcuno la sente e urla a propria volta di lasciarla stare. Il bengalese non desiste, anzi. La schiaffeggia e la colpisce al petto con la pietra che verrà poi ritrovata dagli agenti della squadra mobile. Lei è come paralizzata. Viene trascinata per qualche decina di metri a ritroso fino a via di Castro Pretorio, più esposta ma meno frequentata. Al riparo di un bus parcheggiato nei pressi di un distributore, la ragazza viene infine violentata, presa a morsi, colpita ancora. Poco lontano c’è una caserma dell’esercito, ma neanche questo è un deterrente.
Riconosciuto dalle foto segnaletiche
Il violentatore si mette in tasca anche 40 euro della vittima e poi si allontana di corsa. Lei, semi incosciente, torna dalla amica che ancora aspetta il taxi. Alle 5.10 parte una nuova chiamata di emergenza: «Hanno stuprato una ragazza, correte» mentre la 20enne viene accompagnata all’Umberto I. Il referto è inequivocabile e colpisce per brutalità anche il personale medico. Le indagini del commissariato Viminale sono rapide. Vengono raccolte le testimonianze dei titolari e degli avventori dello Yellow. Si risale al nome del sospetto e dai faldoni spunta la sua foto. La ragazza lo riconosce e le telecamere che hanno ripreso i due lungo il percorso, forniscono, insieme alle celle telefoniche, tutte le altre conferme. Il pm Cristiana Macchiusi, la stessa del caso delle adolescenti che si prostituivano ai Parioli, ottiene un racconto dettagliato dalla vittima: «Avevo paura di morire, è stato terribile». La polizia controlla i tanti ristoranti del quartiere piazza Fiume dove è segnalato e arresta il 22enne sul posto di lavoro, in via Piave. Intanto, Matteo Salvini invoca la castrazione chimica, Laura Ravetto chiede di abolire la protezione umanitaria e Virginia Raggi tweetta la sua solidarietà alla vittima.
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