Follia grillina sul Rosatellum: eliminare Berlusconi per legge
Un emendamento al Rosatellum bis che ha il sapore della norma «ad personam» o, meglio, «contra personam».
L’hanno presentato i 5 Stelle, a firma Toninelli, Cecconi, Dadone, Cozzolino, D’Ambrosio e Dieni, suggerendo che «a pena di inammissibilità della lista» non possa «essere indicato quale capo della forza politica ai fini della presente dichiarazione chi in base alle leggi vigenti al momento del deposito del programma elettorale non possa essere candidato e non possa comunque ricoprire la carica di deputato».
Un emendamento sartoriale, che suona come un «regalo di compleanno» al contrario per Silvio Berlusconi, che in attesa che sulla legge Severino – e di conseguenza sulla sua incandidabilità – si pronunci la Corte Europea dei diritti dell’uomo, vedrebbe così inibita la possibilità di partecipare alle elezioni come «capo politico», come prevede l’ultima versione del Rosatellum.
Il tentativo di mettere il bastone tra le ruote al leader di Forza Italia, peraltro, viene a parole negato dai Cinquestelle con una motivazione che però non brilla per tempismo. A dare l’interpretazione originale dell’emendamento per conto dei pentastellati è proprio uno dei firmatari, Danilo Toninelli, che su Twitter spiega come «Vietare di fare premier ai condannati non è anti Berlusconi ma è solo pro legalità. Chi dice di no lo dovrà spiegare a italiani!». Dunque non si tratterebbe di una norma contro l’ex presidente del Consiglio, ma di una scelta «pro legalità» legata all’istinto moralizzatore del MoVimento. Che però arriva appena un giorno dopo la richiesta di rinvio a giudizio per il sindaco grillino di Roma, Virginia Raggi, evento accompagnato da un’alzata di scudi mediatica dei 5 Stelle, che piuttosto che commentare l’intenzione della procura di mandare la prima cittadina alla sbarra con l’accusa di falso hanno preferito esultare per la scelta dei pm di non procedere sull’altra ipotesi di reato, quella di abuso d’ufficio. E nello stesso giorno, ieri appunto, nel quale la giunta della Raggi si è vista bocciare il bilancio consuntivo dal collegio dei revisori di conti di Roma perché «non certificato».
La bandiera della moralità a geometria variabile, insomma, comincia a essere complicata da sventolare, tra inciampi amministrativi e guai giudiziari che coinvolgono, a Roma, la più importante esperienza di governo grillina. Un dettaglio rimarcato dal deputato azzurro Rocco Palese, che, come il suo capogruppo Renato Brunetta, definisce «ridicolo» l’emendamento a 5 Stelle. E ricorda come, appunto, la proposta arrivi «proprio mentre i grillini blindano il sindaco di Roma per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio: come sempre il giustizialismo esasperato logora e colpisce chi lo professa che, inevitabilmente, si ritrova affetto da doppiopesismo».
E sempre nella giornata di ieri, Forza Italia ha anche presentato un suo emendamento alla legge elettorale. Una norma che, diversamente da quella proposta dal M5S, obbliga a indicare come capo di una coalizione tra più partiti «quello della forza politica che ottiene il maggior numero di voti». Un modo per blindare la leadership di Berlusconi contro gli appetiti del segretario del Carroccio, Matteo Salvini, che non fa mistero di ambire a quel ruolo.
IL GIORNALE