Fate presto
Ieri a Strasburgo si è aperta l’udienza della Corte europea per i diritti dell’uomo che dovrà decidere sull’agibilità politica di Silvio Berlusconi, decaduto da senatore e dichiarato ineleggibile nel 2013, dopo la discussa e discutibile condanna per evasione fiscale.
La corte dovrà valutare se l’applicazione retroattiva, e con voto palese anziché segreto come da prassi, della legge Severino (che sanziona i parlamentari e gli amministratori condannati) abbia o no leso i diritti dell’imputato. L’udienza è stata breve e sbrigativa, la sentenza dovrebbe arrivare tra circa nove mesi.
Gli avvocati di Berlusconi, decifrando alcuni indizi nelle domande che la corte ha posto alle parti, si dicono ottimisti, Berlusconi pure. Noi, che non siamo principi del foro ma semplici cittadini, lo siamo meno. Non sull’esito, ma per il metodo che già in sé rappresenta un grave danno per la nostra democrazia.
Mi spiego. Da quattro anni la Corte europea ha sul tavolo il ricorso di Berlusconi. Tre anni sono passati di attesa, uno è trascorso dalla fissazione dell’udienza e ora i giudici chiedono altri nove mesi per decidere. E questa sarebbe l’Europa che pretende di dare lezioni di efficienza ai suoi Stati membri, che ci condanna per la lentezza della nostra giustizia? A che serve un’Europa che ci tiene sotto controllo in modo ossessivo e tempestivo i conti ma poi si prende anni e anni per controllare la regolarità della democrazia? Sapendo per di più che tra pochi mesi in Italia si vota e il risultato delle elezioni potrebbe essere condizionato – se non addirittura falsato – dall’infondata esclusione del leader della principale coalizione.
È bello essere europeisti, ma non di un’Europa così. Così lontana dalle esigenze reali dei Paesi membri, tutta regole, regolamenti, burocrati e burocrazie. Per l’Europa dei tecnocrati pil- centrici vale quello che Robert Kennedy disse in un celebre discorso: «Il pil misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull’America, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani». E oggi noi, di fronte alla possibile esclusione di Berlusconi dalle elezioni per ritardo di sentenza, non possiamo dirci orgogliosi di essere europei.
IL GIORNALE