Pensioni, scontro Salvini-Berlusconi. Forza Italia difende la legge Fornero
La foglia di fico si chiama programma comune. Consta di due dense paginette suddivise in dieci argomenti che il «tavolo degli esperti» ieri ha trasmesso ai leader del centrodestra. I quali sposteranno qualche virgola, tanto per far vedere chi comanda, e poi metteranno in calce la firma, ciascuno a casa propria, senza cerimonie pubbliche, il minimo indispensabile per giustificare la loro alleanza nei collegi uninominali. Ma poi c’è l’altra gara, quella a chi arriva primo tra Berlusconi e Salvini. E questa competizione nella quota proporzionale spinge i due a marcare le rispettive distanze, a insistere sulle reciproche differenze perfino là dove non ci vorrebbe tanto per mettersi d’accordo. Ad esempio sulle pensioni, terreno di nuovi battibecchi tra Matteo e Silvio. Il primo attacca, il secondo non gli concede il punto. Salvini insiste che la legge Fornero va completamente riscritta; l’ex premier sostiene invece che non tutto di quella riforma è da buttare. Il leader leghista vuole farsi paladino di quanti (tanti) non vogliono attendere la quarta età: dopo 41 anni di lavoro, sostiene, sarebbe giusto tirare i remi in barca. Berlusconi in parte gli dà ragione, ma citando certi suoi amici economisti avverte che è giusto legare l’età pensionabile all’aumento delle prospettive di vita, come dice la Fornero. Insomma, cerca di far passare il rivale per demagogo, meglio affidarsi allo statista di Arcore.
Chi ha lavorato al programma sostiene che in realtà la sintesi è già nero su bianco, e si chiama «flessibilità». Chi vorrà smettere di lavorare in anticipo potrà farlo (ecco l’idea, ispirata da Renato Brunetta), ricevendo una pensione corrispondente a quanto ha versato di contributi nell’arco dell’intera vita lavorativa. Una specie di grande «Ape», ma senza penalizzare troppo chi voglia approfittarne. Su questo criterio di sostenibilità sociale, pare, sono tutti d’accordo, Fratelli d’Italia e «quarta gamba» compresi. Idem sulla «flat tax», che dovrebbe introdurre una sola aliquota Irpef. In apparenza l’ha spuntata Salvini, perché oscillerà tra il 15 e il 20 per cento (Berlusconi l’avrebbe voluta al 23). Però si sussurra che i conti dello Stato torneranno ugualmente e l’Italia non rischierà il default. Come? Cancellando i circa 300 sconti fiscali, che tutti insieme valgono 175 miliardi l’anno. Con una mano si dà e con l’altra, necessariamente, si leva.
Rischio testacoda
Stessa filosofia per quanto riguarda l’Europa: nel programma non sarà scritto di uscire dalla moneta unica, tantomeno dall’Unione; semmai che andranno rivisti i Trattati, impresa epocale. Salvini la interpreta alla Le Pen, menando fendenti verbali contro le istituzioni Ue laddove Berlusconi vuole presentarsi come quello con gli amici importanti, dalla Merkel in giù, e lascia volentieri all’altro la protesta plebea. Gli ultimi sondaggi sul tavolo del Cav sembrerebbero dargli ragione: la linea «responsabile» paga, settimana dopo settimana Forza Italia cannibalizza la Lega. Il partito berlusconiano, secondo Euromedia Research, si avvicina al 18 per cento mentre la Lega non raggiunge il 14. Dunque, per recuperare terreno, Salvini è costretto a spingere sull’acceleratore rischiando i testacoda come sui vaccini. Renzi sostiene che a destra sono bravi a fingere. La verità è che non ci provano nemmeno.
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