Quei voti sporchi a cui Di Maio non rinuncerà

Può capitare a qualsiasi partito di imbattersi, più o meno a sua insaputa, in un candidato che si scopre non avere i requisiti richiesti.

Quando succede c’è poco da fare. Chiuse e depositate le liste, quel signore ha il diritto di stare in corsa e – in caso di elezione – di entrare in Parlamento. Non è bello ma funziona così. Giusto che chi guida il partito se ne dolga e si scusi, ma se la mette giù dura volendo fare credere di essere più puro e morale degli altri, allora alle parole dovrebbero seguire i fatti.

Intendo dire che Di Maio ci sta prendendo in giro anche sui quindici impresentabili che si è ritrovato in lista. Li ha cacciati dal partito, e va bene, ma con i voti dei suoi elettori li porterà comunque in Parlamento a incassare lauti stipendi e tutto il resto che ben conosciamo. Se davvero Di Maio volesse rimediare ai suoi errori di valutazione e non inquinare ulteriormente la politica con furbetti e mascalzoni, avrebbe una sola strada: invitare i suoi sostenitori nei collegi dove si presentano gli espulsi a non andare a votare o a votare scheda bianca. Questo sarebbe l’unico modo per fare pulizia vera, non ce ne sono altri.

Ovviamente Di Maio si guarderà bene dal fare un simile appello. Incasserà i voti sporchi e poi butterà gli scarti (gli impresentabili) nel giardino del vicino, cioè in uno dei tanti gruppi che si formeranno in Parlamento. La spazzatura Cinquestelle non è biodegradabile, vagherà a nostre spese nel recinto della politica e Di Maio lo sa bene. Che almeno smetta di mentire, su questo come sul resto. Dice: io presento programma e squadra, chi ci sta venga con noi a scatola chiusa. Ma ci prende per fessi? Non esiste in natura – giustamente – che un partito appoggi un governo senza poter incidere sui programmi e mettere suoi uomini in alcune delle posizioni chiave.

La verità è che Di Maio pur di entrare nella stanza dei bottoni è disposto a tutto, altro che onestà e purezza. Ci sta, ma basta con la recita stucchevole da primo della classe, del santo che redime i peccatori. Le sue mani sono già sporche come quelle delle persone mediocri ossessionate dai soldi facili e dal potere per il potere. Se i Cinquestelle riescono a rubare quando hanno a disposizione soltanto gli scontrini, figuriamoci cosa potrebbe accadere se dovessero mettere le mani sulla cassaforte del Paese.

IL GIORNALE

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