Compravendita senatori, la Corte dei Conti indaga: Berlusconi rischia di pagare di tasca propria
di LORENZO D’ALBERGO
Se Silvio Berlusconi crede che il caso della presunta compravendita di Sergio De Gregorio, ex senatore dell’Italia dei valori, appartenga ormai al passato, si dovrà ricredere. La procura della Corte dei Conti del Lazio ha infatti aperto un fascicolo sui tre milioni di euro finiti nei conti del Movimento Italiani nel Mondo di De Gregorio, passato nel 2007 al centrodestra e tra gli artefici della caduta del secondo governo Prodi. Ora il Cavaliere rischia di pagare di tasca propria gli effetti finanziari di quel tracollo politico. I magistrati contabili sono infatti pronti a chiedergli un maxi-risarcimento per il danno d’immagine subito dallo Stato e per la progressiva crescita dello spread innescata dalla caduta dell’esecutivo di centrosinistra.
L’indagine delle toghe di viale Mazzini è partita dopo la fine del processo penale a carico del leader di Forza Italia. In primo grado, l’8 luglio 2015, Berlusconi era stato condannato a tre anni di reclusione per corruzione dal tribunale di Napoli assieme all’ex direttore dell’Avanti, Valter Lavitola. Poi, in appello, il 20 aprile 2017 era arrivata la prescrizione. Con una pesante nota a margine: per i giudici di secondo grado, l’ex premier “ha pacificamente agito come privato corruttore e non certo come parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni”.
“Le dazioni di denaro effettuate da Berlusconi, tramite Lavitola, a De Gregorio sono state effettuate – si legge ancora nelle motivazioni di quella sentenza – quale corrispettivo della messa a disposizione del senatore e, quindi, della sua rinuncia a determinarsi liberamente nelle attività parlamentari di sua competenza, e non certo come mero finanziamento al Movimento Italiani nel Mondo. Tant’è vero che il 24 gennaio 2008, votando la sfiducia alla maggioranza della quale solo quattro mesi prima faceva parte, De Gregorio contribuì a mettere la parola fine al secondo esecutivo guidato da Romano Prodi”.
A questo punto il dossier è finito alla Corte dei Conti, che ha delegato le indagini alla Finanza sugli effetti della caduta del governo sullo spread. Il 6 maggio 2008, ultimo giorno prima dell’addio del professore, la differenza tra il valore dei Btp italiani e dei Bund tedeschi era fermo a 43,3. Da lì in poi il valore è salito senza soluzione di continuità: alla fine del governo Berlusconi IV era arrivato a 522,8 punti. L’ipotesi dei pm contabili è che il boom possa essere contestato proprio ai protagonisti dell’inciucio.
Ma non è finita qui. Capitolo danno all’immagine: la Corte dei Conti può chiedere fino al doppio del valore della tangente pagata o intascata da un pubblico ufficiale o da un dipendente della pubblica amministrazione. E, sebbene il reato sia caduto in prescrizione, i giudici di secondo grado sono stati molto chiari rispetto alla condotta tenuta da Berlusconi e da De Gregorio: “È del tutto pacifico che Berlusconi abbia agito, direttamente o attraverso Lavitola, con assoluta coscienza di corrompere un senatore, compensando la condotta del pubblico ufficiale contraria ai suoi doveri di parlamentare con l’ingente somma di tre milioni di euro”. Che, raddoppiati, fanno salire l’ipotetico danno erariale a sei milioni di euro.
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