Di Maio: “Diamo a Matteo il tempo che gli serve per compiere il parricidio”
Niente incontri prima delle consultazioni. Niente di niente fino a quando non si libera di Forza Italia. Minaccia di andare al voto? Perfetto, andiamoci subito, ma senza cambiare la legge elettorale». Luigi Di Maio congela apparentemente ogni negoziato con Matteo Salvini, ben consapevole di quanto sia lui sia il leghista sostengono nei colloqui privati con i collaboratori: «Dobbiamo prendere tempo». È il tempo il protagonista di questa lunga soap opera post-elettorale. Ed è soprattutto a Salvini che secondo i 5 Stelle, servirà tempo. Per compiere il parricidio: «Vincerà le elezioni in Friuli, i consensi di Fi crolleranno e allora potrà chiedere a Silvio Berlusconi di farsi da parte». O perlomeno di «consentire di far partire un governo» con il M5S.
La domanda però resta: come si farà da parte Berlusconi? E ancora: chi lo convincerà? Nel M5S è forte la convinzione che alla fine «sarà spinto a fare un passo indietro». «Dirà – sostengono Di Maio e i suoi consiglieri – che lo farà per il bene dell’Italia, che è uno statista e non vuole essere causa dell’impasse». La speranza ovvia in questa fase è che anche il presidente Sergio Mattarella possa avere un ruolo, ed esercitare i poteri di moral suasion.</
Dunque, questo è l’obiettivo. Per centrarlo però serve far passare altre tre settimane, scavallare il 29 aprile (elezioni in Friuli) e il ponte del primo maggio. Servirà anche attraversare indenni un altro, prevedibile, terzo giro di consultazioni al Quirinale. Se non è un vero e proprio patto, è sicuramente un accordo implicito tra Di Maio e Salvini, alle prese con botta e risposta sempre meno gentili. Sono i toni perfetti per la costruzione di un conflitto utile ai reciproci elettorati. Una performance per tenere aperto il sipario, mentre dietro le quinte si consumano le trattative. Le uniche due opzioni che Di Maio considera praticabili sono: 1. Governo con la Lega senza Forza Italia, 2. Governo con il Pd. Il grillino non siederà al tavolo di Salvini prima dell’imminente secondo giro di consultazioni: «Non servirebbe a nulla, il convitato di pietra sarebbe ancora Berlusconi».
E così le schermaglie servono a far maturare le condizioni per convincere Fi a restarsene all’opposizione. Salvini ci proverà, ne è convinto Di Maio, come è certo che il leghista cercherà di fargli rinunciare alla premiership, uno scoglio che per molti grillini è più superabile dell’intesa con Fi. «Sarebbe l’abbraccio mortale» ripetono i vertici del M5S: «Meglio tornare al voto, anche se nessuno lo vuole e nemmeno Mattarella». Ma, nell’eventualità, Di Maio è già pronto a confermare la candidatura di tutti i parlamentari appena eletti. In quel caso verrebbe superata la regola del doppio mandato, come sembra confermare al New York Times il portavoce di Di Maio, Rocco Casalino: «È una possibilità» dice. Contattato dalla Stampa, spiega: «È la nostra regola aurea, per ora non è in discussione».
Di Maio farà passare queste settimane anche con un occhio a quello che succede nel Pd. Il 21 c’è l’Assemblea nazionale che decreterà quanto del partito controlla ancora Matteo Renzi, contrario a un dialogo con il M5S. Ma è nel Lazio che potrebbe nascere un embrione di alleanza. Ieri Davide Barillari, consigliere M5S in Regione, ha elogiato il presidente Nicola Zingaretti: «Non è Renzi, per questo ha vinto. Il rapporto tra noi e lui sta funzionando». Non solo: anche l’avversaria alle ultime elezioni, Roberta Lombardi sta lavorando a un accordo programmatico con Zingaretti, per superare i veti del gruppo renziano del Pd che invece guarda al centrodestra. E non a caso Lombardi è tra le sostenitrici di una più agevole alleanza con il Pd, in chiave anti-berlusconiana.
Ma il magmatico Movimento è sempre pieno di sorprese, pronto a smussare le asperità contro gli avversari quando c’è da farlo. L’impressione è che retrocederà dalla battaglia in Friuli e Di Maio potrebbe fare solo una tappa fugace. Una scelta di non belligeranza in una regione dove il M5S non è andato troppo bene e che farebbe piacere a Salvini. È al Molise, invece, che punta Di Maio. Da ieri è nella piccola regione, «la prima che sarà governata dal M5S» spera il leader. Un tour prima del voto del 22 aprile, con la testa rivolta a Roma e fissa al Colle.
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