Giovani, donne e la voragine Sud. Le tre ferite del lavoro che manca
Il 1 maggio Gianni Rodari lo chiamava “Il più bel giorno di tutta la storia”. Lo era. Oggi il lavoro è profondamente ferito e la lunga crisi che abbiamo attraversato ha aggravato i problemi esistenti da tempo e aumentato le disuguaglianze.
Dal 2014, anno di uscita dalla recessione, l’occupazione è tornata a crescere raggiungendo più o meno i livelli pre-crisi. La crescita però non è riuscita a includere chi era nelle condizioni peggiori e non ha rimarginato tre profonde ferite, quelle inflitte al Sud, alle donne, ai giovani. Ferite da curare con urgenza e con sapienza, perché il tempo passa e potrebbero non rimarginarsi più. Guardiamoci indietro. Alla fine degli anni ’70, i tassi di occupazione maschili di Nord e Sud – entrambi superiori al 70% – non erano molto diversi, solo 3 punti percentuali di differenza a vantaggio del Nord. Questa distanza nel tempo però è cresciuta ed è oggi arrivata a 18 punti, soprattutto a causa della progressiva diminuzione del tasso di occupazione maschile del Mezzogiorno, sceso ormai al 55,9%. Sapete che vuol dire? Non solo che solamente poco più di un uomo su due lavora, ma anche che gli uomini del Sud hanno un tasso di occupazione più basso persino delle donne del Nord. E le donne del Sud, occupate in solo il 32,2% dei casi, in 40 anni si sono allontanate da quelle del Nord, raddoppiando la distanza che le separa. E questo perché al Nord l’occupazione femminile è cresciuta di circa 20 punti percentuali in 40 anni, contro i soli 6 punti registrati al Sud.
Le donne in difficoltà
Oggi la differenza è di 26 punti percentuali e tra le donne di Bologna e Foggia sale a 43 punti. Come siamo arrivati a questa situazione senza adottare strategie adeguate? Nord e Sud, due mondi sempre più distanti e forse con sempre più problemi di comunicazione. Nonostante in Italia le donne abbiano retto meglio all’impatto della crisi e il tasso di occupazione femminile sia di 2 punti più alto di quello del 2007, appena il 49% delle donne lavora. Altro che record dell’occupazione femminile, come si continua a leggere su alcuni giornali. Quale record se si rimane in fondo alla classifica dei Paesi Europei? Per non parlare poi della qualità del lavoro femminile, peggiorata sia al Nord che al Sud. Il part time involontario è aumentato, sono cresciute le professioni non qualificate e sono diminuite quelle tecniche, la conciliazione dei tempi di vita è diventata sempre più difficile, è aumentata la sovra-istruzione ed è cresciuta l’interruzione del lavoro a seguito della nascita dei figli. Al Sud avere una laurea aiuta ancora le donne a trovare lavoro – quasi il 63% delle donne laureate è occupata – ma, contrariamente a quanto si pensa, le laureate sono molte meno che al Nord. Ed è incredibile quanto ciò le penalizzi, visto che una donna del Sud senza laurea ha decisamente poche probabilità di essere occupata e non lo sa: lavora solo il 37,7% delle diplomate e meno del 20% delle donne con la sola licenza media.
I giovani i più penalizzati
La terza grave ferita è quella inflitta ai giovani, consideriamo quelli tra i 25 e i 34 anni. Con la crisi la loro situazione è nettamente peggiorata e non si è ancora registrato un recupero consistente. I giovani sono stati licenziati più spesso degli altri e più raramente sono stati assunti. Falcidiati dal calo delle nascite degli ultimi anni, sono sempre meno e meno presenti sul mercato del lavoro e hanno peggiori condizioni lavorative, maggiore precarietà, più bassi salari.
Ciò è vero al Nord, ma soprattutto al Sud. Il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, nei settori della sanità, dell’istruzione, dei servizi sociali e il non investimento in quello di ricerca e sviluppo li hanno fortemente penalizzati. Rispetto al 2007, il tasso di occupazione dei giovani maschi è diminuito di 11,4 punti percentuali; quello delle giovani donne è sceso di 7 punti, perdendo tutto l’incremento del decennio precedente. L’arretramento è generale e non si limita ai giovani del Sud, nonostante tra questi sia più grave e molto più profondo.
Il tasso di occupazione dei giovani maschi del Sud in 20 anni ha perso quasi 20 punti e la distanza con quelli del Nord ha raggiunto i 30 punti percentuali. Anche tra le giovani il divario si è ampliato. Al Sud il loro tasso di occupazione è ormai la metà di quello delle coetanee settentrionali. E ciò sebbene queste ultime abbiano perso 8 punti di tasso di occupazione, e siano tornate indietro di circa 20 anni. Il problema è serissimo, anche considerando che i dati riportati includono il lavoro irregolare. Il riscatto del nostro Paese deve necessariamente passare per un forte rilancio del lavoro, quello con la L maiuscola, quello che dà dignità alle persone. Dobbiamo essere responsabili, risolvere in fretta l’impasse di governo. Perchè è in gioco la sostenibilità sociale del Paese.
LA STAMPA