Visco: l’Italia rischia il burrone. Le coperture per evitare l’aumento Iva in autunno
In attesa di conoscere come verranno finanziate le grandi riforme del fisco e delle pensioni, il governo giallo-verde riparte dai problemi minori, che poi così minori non sono. La sterilizzazione delle clausole di salvaguardia Iva, ad esempio. Di fronte ai commercianti Luigi Di Maio ha promesso che gli aumenti della tassa sui consumi per 12 miliardi nel 2019 non ci saranno. «Il ministro del Tesoro ci sta lavorando», annuisce il vicepremier. Al momento Giovanni Tria è però in altre faccende affaccendato: deve decidere chi nominare alla direzione generale del Tesoro (è girato il nome di Antonio Guglielmi di Mediobanca, autore di un paper sull’uscita dall’euro con il grillino Marcello Minenna), se essere favorevole o meno alla conferma di daniele Franco alla Ragioneria generale dello Stato (ci sono novanta giorni per la legge dello spoil system), dire la sua sui rinnovi alla Cassa depositi e prestiti e incontrare uno ad uno i capi dipartimento di uno dei più grandi ministeri d’Europa.
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«Delle coperture per le clausole ne parliamo attorno ad ottobre», si fa scappare una fonte del Tesoro che chiede di non essere citata. In effetti il tempo non manca, visto che la misura deve essere introdotta al più tardi nella legge Finanziaria d’autunno. In questo momento l’unica tattica possibile è spostare il barattolo più in là, nella speranza che le soluzioni arrivino. Per i mercati il grande equivoco del contratto da cento miliardi di spese per il Paese col terzo debito del mondo non cambia.
Lo testimoniano le nuove tensioni sullo spread fra Btp e Bund, risalito fino a quota 279 punti. Il rendimento dei Btp ha superato il 3 per cento, e i titoli bancari hanno chiuso tutti in forte perdita: spesso ci si dimentica che un bel pezzo del debito italiano è nella pancia degli istituti nostrani.
A precisa domanda il responsabile economia della Lega Claudio Borghi non si scompone: «Come sa ci sono tre modi per finanziare una norma che prevede aumenti Iva. Possiamo aumentare le tasse, ma avrebbe effetti recessivi, possiamo tagliare le spese, ma il rischio è sostanzialmente lo stesso, oppure occorre andare a Bruxelles e guardare nelle palle degli occhi i signori della Commissione». Insomma, Per Borghi la sterilizzazione si fa in deficit, e finisce lì. In fondo è quello che fecero Renzi e Gentiloni. Con un però: né Renzi né Gentiloni avevano la pretesa di finanziare poi un piano da svariate decine di miliardi di euro.
Per il momento la richiesta dell’Europa sui conti del 2019 è in direzione esattamente opposta: l’Italia dovrebbe risparmiare dieci miliardi aggiuntivi, non aumentare l’indebitamento. Tria – in questi giorni piuttosto silenzioso – ha perfettamente chiara la sfida che lo attende. Calcia il barattolo più in là, nella speranza che nel frattempo non finisca nel burrone evocato da Ignazio Visco: «Ci sono vincoli da avere sempre presenti». Per il governatore della Banca d’Italia il problema «non è fare il passo più lungo della gamba ma, quando si fa il passo, fare attenzione che sia ben misurato per non finire nel burrone». Visco lascia intendere che l’opinione pubblica non ha ben chiara la posta in gioco: «Ci siamo quasi assuefatti, ma negli anni scorsi abbiamo subito una crisi peggiore di quella degli anni Trenta». Chi ha visto il ciglio del burrone e se ne è allontanato un minuto prima del volo è stato Alexis Tsipras. Forse dovremmo chiedergli una consulenza.
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