La “salvinite” contagia il Paese Ora tutti saltano sul Carroccio

«C’è solo un capitano da nord a sud» lo slogan che campeggia sul pratone racchiude la quintessenza della prima Pontida con una Lega, non più nord, divenuta in pochi mesi di governo e primo partito italiano nei sondaggi.

Catalizzatore ininterrotto di consensi prima e ancor più dopo il 4 marzo, riflesso di un leader che ha plasmato a sua immagine il linguaggio e l’identità del nuovo Carroccio nazionale, intercettando i cuori più lontani. Da tre mesi in luna di miele col Paese, accolto come una star più di Luigi Di Maio, che soffre l’emorragia di consensi pentastellati a favore dell’alleato, il ministro dell’Interno continua ad imbarcare sul suo carro sostenitori. Instancabile nei suoi bagni di selfie, osannato dalla sua folla, dalla «mia gente» che sventola poster e magliette con stampato il ritratto del faccione del capo. A Pontida, per chi c’è fisicamente o solo idealmente, il premier è come se fosse lui. Tanto che quei «Salvini premier» nei cartelli della campagna elettorale conclusa da un pezzo, sono buoni anche oggi.

Un’onda nata verde e poi tinta di blu proprio per allargarsi a macchia d’olio a pezzi di Italia un tempo impensabili. Dopo aver abbattuto i confini della Padania oggi accoglie carovane di sostenitori dalla Sicilia, dalla Calabria – il nuovo feudo del Mezzogiorno dove il leader è stato eletto senatore «conquistando il cuore dei calabresi» – ma anche dalla Campania e dalla Puglia: «Salvini ha chiesto scusa per i cori contro i napoletani. Ora è un partito nazionale, il prossimo raduno nazionale a Roma», dicono i 400 tifosi partenopei arrivati nella città natale leghista dopo nove ore di pullman. Già, tifosi. Devoti al culto di un leader che è il suo partito e viceversa. In tutto 200 corriere, due aerei dalla Sicilia e dalla Sardegna per riunire nella profonda provincia bergamasca il nuovo popolo del «prima gli italiani». «Padri e madri normalissimi», altro che razzisti, ripete Salvini.

Da Palermo a Milano, accanto a barbe tinte di verde ed elmi da vichingo, ci sono crocifissi, anziani, pensionate, lavoratori, giovani con le t-shirt e megafoni. Sono le due facce della Lega, quella di lotta e di governo, che Salvini ingloba nel suo doppio incarico di segretario e ministro, incanalando le passioni e le pulsioni di una forza sovranista in uno slogan rassicurante: «Il buonsenso al governo». Un tetto sotto il quale si sciolgono le differenze di una militanza eterogenea, trasformando agli occhi dei neoleghisti ciò che era «razzista» in qualcosa di «razionale», «giusto». Di buonsenso, appunto. Ong, porti chiusi, «è finita la pacchia», stop al «business dell’immigrazione»: il leader «cattivo» del partito anti élite, indicato come lo spauracchio della stabilità italiana, lo stesso che fino a poco tempo fa in molti negavano di poter votare, continua a portare acqua al Carroccio togliendola agli altri. Dai nuovi militanti del sud a grillini delusi, dagli ex elettori di una sinistra scomparsa a quelli degli alleati Forza Italia e Fdi. Tanto che a Pontida ci sono i governatori del centrodestra, non solo della Lega. Come il governatore siciliano Nello Musumeci, eletto anche con i vessilli azzurri e della Meloni: «Mentre noi ci dividiamo tra Nord e Sud i padrini dell’Europa si dividono il continente, dobbiamo trovare le ragioni che ci uniscono non quelle che ci dividono. È quello che sta facendo Salvini». C’è anche Giovanni Toti, il governatore forzista della Liguria molto vicino al segretario, promotore del partito unico. Scatta un selfie con Salvini e col tridente del nord composto da Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana e Luca Zaia. E twitta: «Storie diverse, bandiere diverse ma un sogno comune, #cambiamoinsiemelItalia».

IL GIORNALE

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