Rai, fumata nera: niente accordo tra M5S e Lega, battaglia sul Tg1
La Rai ha i giorni contati. Vigilanza, cda, direttore generale, presidente tutti scaduti o in scadenza. Il presidente Fico aveva fissato a oggi il limite massimo per la presentazione dei candidati da parte dei partiti e sempre oggi il cda deciderà la data per l’elezione del membro interno Rai. L’11 luglio il Mise dovrà indicare il nome del direttore generale senza parlare della partita in Parlamento. Su tutto pesano le dichiarazioni infuocate e i veti incrociati.
La tensione, sia a viale Mazzini sia a Saxa Rubra si taglia con il coltello, l’accordo non c’è e il modello all’americana, anzi, una Netflix all’italiana sognata da Di Maio, è complicata da realizzarsi senza un preventivo ammodernamento che porti l’Azienda a essere libera di muoversi sul mercato. Una rivoluzione per le tv generaliste che va oltre i facili addii alle lottizzazioni in onore alla meritocrazia. «Frasi che contraddicono la realtà – sostiene Arturo Diaconale del cda – i membri vengono eletti da governo, Camera e Senato, non esiste elezione più politica di questa».
Eppure, se l’accordo non c’è, si può trovare. Tante «nuove Rai» sono state composte a fine luglio, ci sono i tempi anche per i passaggi formali in Vigilanza. Basta che ci sia sintonia nella maggioranza. Una strada impervia che Lega e M5S tentano al rilancio. I pentastellati chiedono il dg e propongono il direttore della prima testata giornalistica condiviso, Tg2 alla Lega e Tg3 a loro. La Lega accoglie con freddezza e rilancia: M5S vuole il direttore generale? A noi il Tg1 e il Tg2. È probabile comunque che nella complicata suddivisione dei direttori di rete e di testata si slitti a settembre per buona pace della guerra alle lottizzazioni in favore del merito.
Una cosa è certa, mentre Salvini ha tanti nomi al suo arco da poter scoccare quando e come vuole, per i pentastellati trovare fedeli di lunga data è pressoché impossibile, a meno che non ci si affidi ai grillini dell’ultima ora, tanti è vero ma poco affidabili.
Visto che Vigilanza e Copasir viaggiano appaiate e che, come consuetudine vuole la presidenza viene affidata alla minoranza, sembra che la prima vada a Forza Italia con Paolo Romani e il Comitato di controllo sui Servizi al Pd con Lorenzo Guerini.
Tornando ai piani alti di viale Mazzini, i nomi cari ai pentastellati continuano a essere quelli di Carlo Freccero, Ferruccio De Bortoli e Milena Gabanelli per la presidenza. Le new entry tra i papabili alla poltrona ben più potente di direttore generale sono Gianmarco Muzzi, socio di Lucio Presta e molto introdotto in Rai, e Fabio Vaccarono attualmente direttore italiano di Google.Tramontate le serie di testa Sky prese in esame ma vicine all’essere scartate. La Lega non vedrebbe male Fabrizio Del Noce in una posizione apicale. Un po’ perché grande esperto di cose Rai per aver ricoperto negli anni vari ruoli, un po’ perché molto legato a Elisa Isoardi, piemontesi entrambi, amici di lunga data e da direttore Del Noce l’ha molto valorizzata. Anche per questo motivo se mai la prima rete dovesse andare alla Lega, questi sarebbe già nelle disponibilità di Ludovico Di Meo, gran lavoratore, che sempre la Isoardi aveva voluto al suo fianco nell’importante passaggio che la vede alla guida della trasmissione più amata dai telespettatori generalisti.
Ma la grande battaglia non si ferma lì. Molto amato dalla Lega è Gennaro Sangiuliano, da anni vicedirettore del Tg1 e grande amico di Salvini. Giusto ieri il ministro ha presentato a Milano l’ultimo scritto di Sangiuliano su Trump. Sangiuliano, conscio del fatto che dovrebbe essere condiviso, già si sta avvicinando a Di Maio, tutti e due partenopei, con i genitori della stessa fede politica e pare calcistica.
In alternativa c’è sempre da spendere il nome di Mario Giordano, in rotta di collisione con l’ex Cav. Per il Tg3 si parla di Alberto Matano, uomo d’immagine: facendo il direttore potrebbe esprimere il suo compito alla Berlinguer, vale a dire marcando il suo tg con la presenza costante in video. Anche se gli M5S in ossequio al principio della meritocrazia potrebbero non rimuovere Luca Mazzà che al Tg3 ha lavorato bene.
Dopo anni di governo Pd, gli esclusi premono, come Gianni Scipione Rossi, che potrebbe essere recuperato. Galloni da direttore in vista anche per Nicola Rao e Paolo Corsini, da sempre di area centrodestra.
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